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Autore: Alpha54    12/02/2018    3 recensioni
Una rielaborazione della storia di Evangelion, a partire dal paradossale rapporto tra Asuka e Shinji. Tutto ricomincia dal loro momento cardine, dal quale entreranno in una spirale di desiderio e disgusto, piacere e sofferenza, amore e odio. Amare sè stessi, e odiare il proprio prossimo. Odiare sè stessi, e amare il proprio prossimo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Misato Katsuragi, Rei Ayanami, Ryoji Kaji, Shinji Ikari
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 2 - ...Nec Sine Te.
 
Asuka sbattè con violenza la porta della propria camera dietro di sè. 
 
Aveva una gran voglia di farlo, una gran voglia di sfogo.
 
Nulla era andato come le era piaciuto pensare.
 
Voleva dimostrare a se stessa che non avesse bisogno di nessuno.
 
Che non avesse bisogno di lui.
 
Ma Shinji...
 
Il modo in cui l'aveva stretta.
 
Il modo in cui l'aveva baciata.
 
Si sentiva desiderata. Amata.
 
La cosa le pareva impossibile. Ancora di più, era frustrante.
 
Una vita trascorsa all'insegna della forza, ed erano bastate le labbra di un qualsiasi idiota per farla sciogliere.
 
Come se fosse una stupida ragazzina. 
 
Era irritante! Irritante! Irritante!
 
Lui era irritante! Lei stessa lo era!
 
Tutto era irritante!
 
Sentiva un enorme vuoto dentro lo stomaco, consapevole di aver incenerito anni e anni di dolori e sacrifici nel nulla. Un enorme vuoto per aver tradito il signor Kaji. Ancora più vuota si sentiva perché il signor Kaji la tradiva con Misato. E l'idiota che l'aveva baciata era un pilota di Eva. Proprio come lei. Forse anche migliore di lei. Eppure non riusciva ad odiarlo. Nè a schifarlo.
 
Tutt'altro... non era poi così male infondo. 
 
Cosa?
 
Aspetta, cosa?
 
Nononononononono
 
Non poteva essere vero! Non poteva! No!
 
Avrebbe voluto picchiarsi. Picchiarsi ancora. Ancora e ancora.
 
Semplicemente non riusciva neanche a soffrire, perché quel gigantesco, vacuo, cratere in lei era in realtà pieno, stracolmo del sorriso di Shinji, delle labbra di Shinji, delle mani di Shinji. La faceva sentire bene, ma detestava l'idea.
 
E ciò la portava ad odiarsi ancora di più.
 
Che schifo
 
Si tirò i capelli quanto più forte potesse nella speranza di poter scacciare via tutto quello che avesse dentro, interrotta solo dalle voci che le pareva di sentire. Dall'altra stanza, si libravano nell'aria. 
 
Shinji e Kaji. 
 
Aveva paura di guardare Shinji. Paura, perché non sapeva cosa gli avrebbe fatto. Non tanto temeva l'idea di ferirlo, quanto piuttosto il pensiero di quel suo corpo tanto caldo e confortevole contro il suo. E il desiderio di volerlo ancora.
 
No, si fece forza, ricordando il signor Kaji. Ogni sua attenzione sarebbe stata rivolta a lui. Non avrebbe dovuto neanche calcolare l'esistenza di Shinji. Non lo avrebbe dovuto fare mai più. 
 
E quel bacio sarebbe solo stata acqua passata...
 
Uscì dalla stanza, e brividi di freddo le percorsero la schiena.
 
Aveva paura di sbagliarsi, ma, ancora di più, provava un profondo terrore all'idea di avere ragione.
 
.
.
.
 
"Forza, coraggio. Ci siamo quasi."
 
Al suono di questa voce, Shinji accorse subito all'ingresso. Fu accolto dalla vista di una Misato sfinita dall'alcool, incapace ormai perfino di tenersi in piedi. 
 
La sua tutrice pareva aver diversi problemi con l'alcool. Non era certamente la prima volta in cui la trovava in questo stato, e dunque si chiese come fosse possibile che ci ricascasse puntualmente. Chissà, magari lo faceva apposta, anche se Shinji faticava a comprenderne la ragione. Gli adulti erano incomprensibili. 
 
Lui e Kaji la aiutarono a coricarsi, e Shinji notò che l'uomo aveva sorriso tutto il tempo. Qualunque relazione li avesse legati in passato, e qualunque li legasse ora, era certo che ci fosse una forte passione amorosa da ambo i lati. E perché allora continuavano a pretendere che non ci fosse niente tra di loro? Per un attimo, Shinji si sentì incredibilmente stupido, ma non seppe spiegarselo.
 
Sentì una soffice scarica di passi farsi strada lungo la cucina fino all'ingresso dove si trovavano. 
 
Asuka. 
 
Certamente, l'unica ragione per cui avrebbe mai potuto farsi viva era il signor Kaji. 
 
Poi la delusione decadde, ed effettivamente tornò lui il ricordo del bacio.
 
Non era mai terminato.
 
Forse avrebbe potuto riuscire nell'andare avanti. Forse avrebbe potuto riuscire nel non fuggire. 
 
Ma certo!
 
Ci era riuscito! Non era fuggito! 
 
Il suo volto s'illuminò debolmente.
 
Però... pretendeva delle spiegazioni. Lei aveva deciso di baciarlo.
 
Aveva deciso di baciare lui. 
 
Shinji Ikari.
 
Ma era ovvio! Aveva detto che si annoiava!
 
Era per quello! Solo ed esclusivamente!
 
Però pareva le piacesse...
 
No.
 
Non era possibile esserne tanto sicuri. Dopotutto si parlava di Asuka.
 
Asuka era incomprensibile.
 
Shinji la percepiva distante.
 
Perciò, non ne era sicuro. 
 
Soprattutto in virtù dello spettacolo servito ai suoi occhi.
 
Asuaka era appiccicata al signor Kaji, stretta saldamente al suo braccio. E ora continuava a pesare sull'uomo, facendo pressa per poter passare quanto più tempo con lui. 
 
Ma il signor Kaji la ignorava. 
 
Per forza. 
 
Shinji era infastidito dal comportamento di lei, anche e soprattutto per quello che avevano appena fatto insieme.
 
Come poteva baciarlo per poi rinnegarlo in questo modo?
 
Eh?
 
Rinnegarlo? Lo aveva pensato veramente? 
 
Che presuntuoso, come se fosse mai appartenuto a lei in primo luogo.
 
Però gli sarebbe piaciuto. 
 
E quasi ci aveva provato a sperare.
 
Prima di questo.
 
Gli tremavano le mani. Poi sobbalzarono.
 
La porta si era chiusa.
 
"Profuma... di lavanda."
 
Seppur non potesse vederla in volto, poteva chiaramente palpare la sua amarezza. Solo ora potè accorgersi della ferita lungo la mano. Era poco più che un graffio, ma Shinji avrebbe voluto avere spiegazioni. Avrebbe voluto, ma non avrebbe voluto. Perché aveva paura di chiedere. Aveva paura di parlare. Di sapere. Di guardare. Aveva paura di tutto. I pochi metri che separavano i due si fecero sempre più larghi. Ora, erano lontani miglia e miglia, ma Shinji ancora poteva sentire il peso dell'aria tra di loro, che non faceva che aumentare.
Dapprima si sentiva tanto sicuro. E ora muoveva a pietà.
 
Solo allora lei si voltò. Il fiato di lui gli si mozzò in gola. Pareva esasperatamente decisa. Lo spinse ferocemente contro la parete, chiudendo poi lo spazio che li separava. 
 
Erano ora stretti l'uno all'altra, Asuka tremava tra le sue braccia, e Shinji tremava ancora di più. Non poteva vedere nulla oltre la coltre rossastra di fuoco che le inondava il cranio. Le loro maglie erano un tripudio umido e caldo di tessuti, ingarbugliate nel sudore e tra loro stesse. Normalmente Shinji ne avrebbe provato fastidio, ma la situazione lo escludeva. 
 
"Ti odio..."
 
"Eh?"
 
Gli si mozzò ancora il fiato in gola. Asuka lo stava baciando ancora. 
 
ancora
ancora
ancora
e ancora
 
Non assomigliava affatto al bacio di prima. Questo era brutale. 
 
Intenso. 
 
Infuocato. 
 
Disperato.
 
Shinji a malapena poteva rispondere, giacché la scarsa esperienza e lo stordimento gli impedivano ogni decisione che volesse prendere. Ora come ora, però, Shinji non avrebbe preso alcuna decisione. Troppa era, infatti, la paura.
 
Occasionalmente, dolci "Ti odio" sgorgavano dalle labbra di lei, pesanti come piombo, neri come petrolio, lenti nella loro discesa lungo la lingua di Shinji fino al cuore, dove sedimentavano abbondantemente.  
 
Poco per volta, il ritmo rallentò, finché lei non accostò la testa contro il petto di Shinji. Pareva estremamente turbata, eppure lui non poteva figurarsene la ragione.
 
Ancora una volta ingannò se stesso, pensando che avrebbe voluto parlarle. In realtà, provava un autentico terrore al solo pensiero. 
 
Terrore. Quell'astio premonitore che sentiamo nei confronti del dolore. 
 
In realtà, sperava che fosse lei a parlargli.
 
Aspettò
 
Aspettò 
 
Aspettò 
 
Aspettò tanto che quasi si dimenticò di tutto.
 
La Nerv... suo padre... la signorina Misato... il signor Kaji... Ayanami... l'Eva... Toujj... Kensuke... la signorina Ritsuko... il vicecomandante... 
 
Osava addirittura pensare di essersi perfino dimenticato di Asuka. Ancora una volta, Shinji non riuscì a non precipitare tra le voragini del suo animo di sabbie mobili. Ancora una volta, il calore di questo abbraccio era motivo di gioia, non tanto perché in due ci si riscalda di più, quanto piuttosto perché si sentiva amato. E non aveva importanza chi ci fosse dall'altro lato, perché quell'amore era per se stesso. Per lui solo. 
 
Se si sentiva amato, era perchè qualcuno lo amava. Era amato, e tutto il resto non aveva importanza. Neanche la persona che lo avrebbe amato, e che lui avrebbe dovuto amare. D'altra parte però... qual'era stata la prima volta in cui qualcuno lo aveva fatto sentire così? Ci pensò su, e si ricordò di sua madre.
 
.
.
.
 
Asuka provava un freddo pungente. Era racchiusa tra le braccia di Shinji, timidamente strette alle sue spalle, ma non poteva sentire alcun calore. Piuttosto, si concentrava sull'umido fresco del sudore tra le loro maglie, sul pavimento gelido, sulla patina di ghiaccio negli occhi di Shinji. 
 
Perché non vuoi amarmi?
 
Strinse ancora più forte Shinji al pensiero, perché detestava pensieri di questo genere, ma intanto rimpianse anche questo, proprio perché aveva deciso di abbracciarlo ancora più forte. 
 
Io ti detesto.
 
Lo detestava, ma non riusciva a stare senza di lui. Non riusciva a capire. 
 
Come ne avrebbe giovato continuando a stringersi a lui a quel modo? Non sarebbe accaduto nulla, lui non avrebbe fatto nulla, non avrebbe risposto.
 
Eppure, si disse, lui mi ha baciata. Mi ha baciata! Mi ha guardata! Io sono stata amata!
 
Ma chi voleva prendere in giro? Non era stata amata da nessuno. 
 
Shinji non la amava. Il signor Kaji non la amava. Il papà non la amava. La mamma... non la amava.
 
Nessuno la amava. Nessuno la guardava. 
 
Eppure... la ragione per cui ora era pietosamente stretta al suo collo, non era forse per fuggire dalla sofferenza? Non era forse perché era stata rifiutata dal signor Kaji? Non era forse perché aveva già trovato conforto in questo contatto, e sperava di trovarlo ancora?
 
Se solo Shinji avesse fatto qualcosa...
 
Allora non lo avrebbe odiato.
 
Poi si ricordò che il motivo per cui si stava rifugiando in Shinji era proprio perché il signor Kaji l'aveva rifiutata. E non capì. Cosa stava facendo qui? 
 
Che cosa stava facendo della sua vita?
 
Se stava trovando, anzi, attivamente cercando la felicità all'infuori dell'Eva, all'infuori dell'essere adulta, all'infuori degli altri, che senso avrebbe avuto tutto?
 
Eppure, Shinji non era forse un'altra persona? Certo che lo era. 
 
Ciò lo includeva ne "gli altri."
 
Gli altri.
 
Le persone a noi vicine. Il proprio prossimo. 
 
Per la prima volta, non avevano importanza. Per la prima volta, non cercava l'amore nel merito, ma nell'atto incondizionato di amare.
 
O più corretto, nell'atto incondizionato di essere amati.
 
Perché ciò che stava facendo ora non era altro che essere amata. 
 
Essere amata...
 
Ma questo freddo... e Shinji... lui non la stava amando. Non la stava guardando. Riusciva a sentirlo. Lui non la amava! Lui la odiava! Lui voleva che lei morisse! 
 
E allora perché poteva sentirsi così fottutamente voluta?
 
Alzò un attimo la testa, solo per intravedere il viso di Shinji. 
 
Perché somigliava tanto al viso del signor Kaji?
 
Tu non c'entri nulla con lui! Tu non sei lui! Stai lontanto! 
 
Provava con tutte le sue forze a separare l'immagine di Shinji e quella del signor Kaji. Avrebbe davvero voluto vederle come persone diverse, eppure ora i loro volti si sovrapponevano, e ne risultava una smorfia particolarmente confusa. 
 
E lentamente, il volto di Kaji andava dissolvendosi. Lasciava anzi spazio al volto del piccolo Shinji, non uno, ma dieci, cento, mille. Migliaia e migliaia di Shinji dentro di lei. Una sovrabbondanza vomitevole. 
 
Eppure, ora non esisteva altro. 
 
Seppur la facesse sentire così male. 
 
Seppur la facesse sentire così bene. 
 
IO TI ODIO!
 
.
.
.
 
Shinji spalancò gli occhi. Ora Asuka tremava a pochi passi da lui. Aveva le braccia strette alle sue proprie spalle, come se provasse un grande freddo. I capelli erano in disordine. Gli occhi parevano sciogliersi da un momento all'altro. I vestiti fradici di sudore. Mai prima d'ora l'aveva vista così. 
 
"Asu-"
 
"Non dire niente."
 
"E-eh? Asuka... io volevo solo..."
 
"Non parlarmi ho detto."
 
"Asuka... io voglio aiutarti..."
 
"Se vuoi aiutarmi, stai quanto più possibile lontano da me. Sono stata chiara?"
 
"Ma io..."
 
"Vattene! Vattene vattene vattene! Vai via... ti prego... lontano dalla mia vita..."
 
"Ma io volevo solo-"
 
"Tu non volevi niente! Niente! Tu riesci solo a pensare al tuo solo piacere! Non t'importa nulla degli altri! Non t'importa nulla di me! Io ti odio! TI ODIO TI ODIO TI ODIO!"
 
"Scusa..."
 
"Queste non sono scuse sincere! Stai solo fuggendo! Ancora! Stai solo cercando di proteggere te stesso. A te non importa niente di me."
 
"Certo che mi importa..."
 
"No."
"E pensare che mi sono aperta in questo modo a te... e pensare che lo sto facendo proprio adesso... le cose che ti ho lasciato vedere... le parole che ti ho lasciato sentire... mi sento sporca... nuda... "
 
"BASTA! Smettila! Se ti disgusta tanto avvicinarti a me, se mi odi tanto, allora vattene!"
 
"Ma sentilo! Che ipocrita! E che bugiardo."
 
"Non sono un bugiardo. Sei tu piuttosto che fingi di avvicinarti a me per poi troncare ogni mia aspettativa! Anche con quel bacio, io avevo creduto di  aver trovato un motivo di gioia! E invece... si è rivelato essere solo motivo di sofferenza. Io odio la sofferenza. E se la sofferenza può scaturire anche da momenti come questi, allora non voglio viverli affatto."
 
"Che ragionamento idiota. Il tuo è solo un atteggiamento autonichilistico, volto però a preservare te stesso. Sei pietoso, Third Children!"
 
Shinji parve essere sull'orlo di un pianto sconsolato. Strinse però i pugni, digrignò i denti e smorzò il singhiozzio. Alzò la testa e fissò negli occhi di cristallo la rossa.
 
"Basta, Asuka. Continuando così, rischieremo solo di far svegliare la signorina Misato. Io vado a dormire."
 
"Eh...?"
 
Si sentí una porta chiudersi fiaccamente, e poco dopo un'altra porta sbattere furiosamente. 
.
.
.
 
Ancora una volta, Shinji si trovava nel suo letto.
Ancora una volta, Asuka si trovava nel suo letto.
 
Il letto era molto freddo.
 
C'erano molte coperte, accatastate, ingarbugliate, ma non offrivano alcun conforto nè calore. 
 
Erano solo massa. Erano solo sostanza.
 
E sul corpo fragile, erano solo pressione.
 
Erano solo ansia.
 
Erano solo solo dolore.
 
Shinji, per suo rimpianto, era immerso nel mondo del suo SDAT.
Asuka, per suo rimpianto, era immersa nel suo proprio mondo.
 
Avrebbe voluto non piangere, ma qualche lacrima sfuggì ai suoi occhi vitrei.
Avrebbe voluto piangere, ma nessuna lacrima sarebbe potuta formarsi.
 
TI ODIO - l'aveva sentita dire.
TI ODIO - gli aveva detto.
 
E ora il suo cuore era in pena.
 
Perché sapeva di essere odiato.
Perche sapeva di aver odiato.
 
Ciò significava che non era amato.
Ciò significava che non aveva amato.
 
Nessuno lo amava.
Non amava nessuno.
 
Perciò, tutti lo odiavano.
Perciò, odiava tutti.
 
Sapeva bene, però, che così anche lui avrebbe finito per odiare gli altri.
Sapeva bene, però, che così anche gli altri avrebbero finito per odiarla.
 
Pensò ad Asuka.
Pensò a Shinji.
 
Non capiva se fosse lui quello odiato, o se la odiasse.
Non capiva se lo odiasse, o se fosse lei quella odiata.
 
Il bacio
 
Quello poteva forse essere chiamato odio?
 
Certamente tra loro non scorreva altro che odio.
 
Tale era quel bacio?
 
Non capiva.
 
Eppure, quando decise di premere le labbra contro quelle dell'altro, sapeva che voleva compiere un atto di amore.
 
Fosse dare o ricevere, attivo o passivo, amore era e amore rimaneva.
 
Realizzando ciò, non meno la sua mente andava aggrovigliandosi.
 
Che il confine tra amore e odio era ben più sottile di quanto non immaginasse.
   
 
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