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Autore: Fauna96    12/02/2018    2 recensioni
What If/Dark!Nathaniel
Fu colpita dalla giovinezza di quel viso, per prima cosa, poi dalle rughe che già segnavano la fronte scoperta; venne squadrata da capo a piedi, senza che l’ombra di un’emozione gli passasse sul volto, nemmeno un fugace compiacimento.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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If you think this has a happy ending, you haven’t been paying attention
 

Kitty era senza fiato; il fianco pulsava e doleva sia per la corsa che per la ferita inflittale dal lupo, ma lei non poteva controllare quanto profonda fosse: non aveva più la torcia e non avrebbe comunque osato accendere neppure la luce più flebile. Tremando, si accasciò sul pavimento del capannone: tanto valeva riposarsi fino a che non fosse stato chiaro. Posò la guancia a terra e non si mosse più.
 

Nei lunghi anni passati sotto la maestranza di Simon Lovelace, attuale Primo Ministro, John Mandrake aveva imparato non poche cose, tanto sulla magia quanto sulle persone. E aveva notato questo: un uomo di potere, diciamo un ministro, è circondato da una gran quantità di sottoposti; tra tutti costoro, solo uno sarà considerato il suo assistente personale, il suo più fidato collaboratore; e a questi verranno affidati compiti incredibilmente ridicoli, per esempio ritirare lo smoking dalla lavanderia. Da bambino, John si era domandato più volte perché invece non scegliere un altro e affidare all’assistente compiti più importanti. Poi, aveva capito: qualunque sottoposto un minimo competente avrebbe potuto condurre un’operazione delicata, ma solo il più fidato avrebbe potuto presenziare a quel noiosissimo party al posto del suo superiore, e selezionare le informazioni con accuratezza.
Perciò, quando il suo maestro lo mandava a risolvere “qualche seccatura” al posto suo, John non si offendeva, anzi, ne era orgoglioso: Simon Lovelace si fidava di lui. La seccatura in questione era ascoltare il sottosegretario Underwood lagnarsi del poco personale che aveva a disposizione per sradicare il mercato nero di oggetti magici. Il demone di Mandrake una volta aveva definito Underwood “un maneggione tutto abracadabra” e, se avesse avuto l’abitudine di esternare la propria opinione ai servi, Mandrake avrebbe espresso il suo accordo di tutto cuore; invece, si era limitato a dirgli di tacere, ma senza troppa asprezza. Aveva ascoltato ben di peggio, da Bartimeus.
Inevitabilmente, si trovò a domandarsi come sarebbe andata l’operazione di quella notte, di cui aveva affidato il comando proprio a Bartimeus. Gli aveva dato gli ordini con precisione maniacale, perché non poteva permettersi di fallire. Non era questione di compiacere il suo maestro e ministro, no, lui doveva estirpare quei sovversivi: per il bene dello Stato e per se stesso, per scrollarsi di dosso l’etichetta di favorito e dimostrare che John Mandrake era degno di sedere dietro quella scrivania.
 

- Piano, idioti! Non vedete che è ferita? Chi lo sente quello là se ci muore durante la cattura? –
Kitty avvertì prima la voce, secca e gracchiante; poi la debolezza che sembrava essersi impadronita di tutte le membra; infine, si accorse di non essere più sdraiata sul pavimento freddo, ma di essere stata sollevata e che qualcuno la reggeva per i vestiti.
- Guardate che macello... sangue, dappertutto! –
- Capo, ma siamo sicuri che è viva? –
Kitty sentì delle dita come di pietra afferrarla per il mento e alzarle il viso, ma non sentì alcun respiro sulla faccia; solo con grande sforzo riuscì a schiudere le palpebre e vide quel che sembrava un gargoyle saltato giù dalla cattedrale di Westminster osservarla. Non riuscì a vedere chi o cosa la tenesse sollevata, ma colse macchie scure per terra.
- Viva e vegeta – stabilì il gargoyle in tono soddisfatto. – Un po’ malmessa ma sopravvivrà –
Dopodiché, calò di nuovo il buio su Kitty.
 
Quando si risvegliò, la situazione non era cambiata poi molto: era nuovamente in una stanzetta senza finestre, spoglia, salvo per la branda su cui era distesa; la testa le ronzava spiacevolmente, ma scoprì che la sua ferita era stata medicata, e tutte le sue armi scomparse.
Non ci voleva un genio per capire che era stata catturata e arrestata da demoni del governo; la domanda era quanto tempo l’avrebbero lasciata lì a macerarsi prima di condurla a un processo sommario. O forse direttamente alla sua condanna: chi si preoccupava più della formalità, tanto?
Scoprì di provare una sorta di gelida rassegnazione invece della paura che si sarebbe aspettata: stava per morire, dopotutto, e non sapeva né come né quando; eppure non voleva far altro che starsene lì seduta nell’oscurità, a riflettere. Era tanto che non si sentiva così tranquilla: niente tensione o ansia o adrenalina che le pompava nelle vene; ormai era finita.
- I miei complimenti per la calma – commentò qualcuno, e Kitty trasalì: nel muro, in precedenza solido e senza la minima fessura, si era aperto quello che Kitty immaginò essere un portale; come appoggiato allo stipite di una porta, c’era un ragazzino in jeans e felpa, gli occhi luccicanti nella penombra. – Sai, non tutti riescono a restare così lucidi, una volta catturati – proseguì, squadrandola con attenzione – Ho visto delle belle scenate, qua dentro -.
Kitty tenne la bocca sigillata; non aveva alcun desiderio di dargli corda né lo avrebbe sottovalutato per l’aspetto così inoffensivo: aveva visto amici fatti a pezzi da una graziosa bambina.
Al luccichio degli occhi si aggiunse quello dei denti e Kitty non poté fare a meno di deglutire; ma non distolse lo sguardo.
- Forza: sei attesa, signorina –
Un processo, dunque. Kitty si alzò, ancora malferma per la stanchezza e la fame, e si avvicinò al demone. Buffo, ora che lo vedeva meglio, il sorriso che le era sembrato famelico si attenuava in una sorta di malinconica amarezza.
Dita fredde le strinsero il polso senza farle male e Kitty si lasciò guidare dal demone attraverso il portale: non era molto diverso dall’attraversare un breve corridoio buio o un tunnel sotterraneo. In men che non si dica, si trovarono in una stanza diversa, occupata da un uomo.
Poteva essere una qualunque stanza di interrogatori dato che c’erano un tavolo e due sedie, e sembrava completamente isolata, come la sua cella. Kitty ne fu vagamente sorpresa: a cosa serviva un interrogatorio? Era convinta li avessero uccisi o catturati tutti... Spostò lo sguardo sull’uomo in completo grigio, che le dava le spalle: era più alto di lei, le mani infilate con noncuranza nelle tasche dei pantaloni. Kitty era sicura li avesse percepiti entrare, ma non si voltò finché il demone diede un colpo di tosse e in uno scocciato – Padrone! –
Con deliberata lentezza, il mago si voltò. Fosse stata in un’altra situazione, Kitty probabilmente avrebbe riso per l’esasperata teatralità.
Fu colpita dalla giovinezza di quel viso, per prima cosa, poi dalle rughe che già segnavano la fronte scoperta; venne squadrata da capo a piedi, senza che l’ombra di un’emozione gli passasse sul volto, nemmeno un fugace compiacimento.
Dopo quelle che parvero ore, il mago parlò: - Bartimeus, resta qui, pronto a intervenire in qualsiasi caso. Signorina Jones, prego – le rivolse un ampio gesto per invitarla a sedere e Kitty obbedì; con la coda dell’occhio vide il ragazzino sedersi a gambe incrociate accanto a dove prima si era aperto il portale.
- Signorina Jones – ripeté il mago – Mi chiamo John Mandrake; probabilmente avrà sentito parlare di me – Kitty fece del suo meglio per non alzare un sopracciglio: non conoscere il nome di Mandrake sarebbe stato come ignorare che Londra era la capitale. Solo che... non si era aspettata fosse davvero così giovane. Sotto l’odio per lui e per tutto ciò che rappresentava, si accorse di provare una stilla di paura: forse per la consapevolezza di ciò che quel ragazzo aveva fatto, o forse per quegli occhi assolutamente impenetrabili e quasi indifferenti.
- Ho seguito lei e i suoi compagni per molto tempo – proseguì Mandrake – O meglio, le vostre tracce. Lei è stata un’abile avversaria, signorina Jones, ed è solo per questo che voglio farle un’offerta – il volto di Kitty restò di pietra. – Non sono uno sciocco: lei faceva parte della cellula principale, ma non dubito che ce ne siano altre. Io voglio sapere tutto su ogni singolo membro e collaboratore, voglio che risponda a tutte le mie domande. In cambio, sono sicuro che il Primo Ministro le concederà la grazia... e forse anche di più -.
Kitty parlò per la prima volta: - E se rifiuto? –
Un’ombra minacciosa sfiorò il volto del mago. – Otterrò comunque ciò che voglio, signorina. Ma temo che i metodi dei miei demoni possano essere... indelicati, rispetto ai miei -.
Lo sguardo di Kitty scivolò nuovamente sull’espressione annoiata del ragazzino.
Deglutì. – No -.
- Prego? –
- Ho detto no. È un idiota se ha anche solo pensato che avrei potuto rispondere diversamente -.
Seguì un silenzio agghiacciante.
- Mi sembra sia stata esauriente, a dir poco -.
Gli occhi di Mandrake saettarono in direzione del demone. – Non ricordo di averti ordinato di commentare, Bartimeus –
Del tutto irrazionalmente, Kitty avvertì una fitta di paura per quel demone dalla bocca larga: il tono del mago le aveva mandato dei brividi lungo la schiena. Bartimeus, tuttavia, pareva non averlo notato: fece uno sberleffo al padrone e aggiunse: - Non so, magari avevi bisogno di una spiegazione. Mi parevi un po’ sconvolto, forse perché qualcuno ti ha detto no... –
Mandrake pronunciò una parola che Kitty non comprese e un attimo dopo il demone si piegava in due come colpito da un pugno allo stomaco.
- Signorina Jones – e Kitty sussultò, distogliendo lo sguardo dal ragazzino sofferente – Mi spiace, mi spiace davvero. Speravo di poter collaborare con lei... ma la scelta, dopotutto, è solo sua –
Kitty lo fissò con aperto disprezzo. – Ho già deciso tempo fa, signor Mandrake -.
 
Mandrake non aveva mentito a Kitty Jones: gli spiaceva davvero che non avesse voluto collaborare, non tanto per le informazioni quanto per il fatto che era una persona intelligente e in gamba e sarebbe stata di estrema utilità al governo. Certo, non era da sottovalutare, era pur sempre una terrorista, ma con le giuste precauzioni... Ma era inutile rimuginarci su: lei aveva deciso e Mandrake non era tipo da piangere sul latte versato; inoltre, tra la massa ottusa dei comuni c’era sicuramente qualcun altro sveglio e possibilmente utile.
- Stiamo abbassando sempre più la fascia d’età, eh? Tra un po’ inizieremo a giustiziare anche i dodicenni? –
Mandrake non alzò nemmeno gli occhi dal documento. – Se necessario, sì. E mi sembra davvero il colmo che un demone voglia discutere di ciò che è giusto o sbagliato. Quanti esseri umani hai ucciso? – non si premurò nemmeno di aspettare una risposta – Sei Congedato, comunque –
Gli occhi scuri del jinn erano caverne nere e impenetrabili. Disse: - Molti meno di quanti avrei potuto. A differenza tua -.
Il mago alzò finalmente lo sguardo: il ragazzo dalla pelle scura era, come sempre, magrissimo, sprezzante... disgustato. Quand’era bambino, la cosa lo aveva turbato senza una precisa ragione.     – Perché ti importa tanto? – sbottò infine. Erano anni che si conoscevano, e anni che Bartimeus si comportava nello stesso modo, criticando con quel fare quasi moraleggiante che ben poco si addiceva a un demone.
- Perché importa a te? – ritorse il demone e, senza aggiungere altro, si lasciò assorbire dal pavimento.






Ahem. Ricordate che nell'Amuleto Lovelace dice a Nathaniel una cosa tipo "ah, fossi stato mio allievo avremmo fatto grandi cose assieme"? Bene, questo è quel che sarebbe successo, ovvero un Nathaniel che non è Nathaniel, dato che è cresciuto senza la signora Underwood e senza la signora Lutyens, che ha messo il potere davanti a ogni cosa. E chiaramente Lovelace è riuscito a concludere il colpo di stato, c'è stato un gran marasma e la Resistenza si è fatta molto più agguerrita. Underwood c'è perchè non sarebbe mai stato invitato a Heddleham Hall, dunque è sopravvissuto; e c'è anche Bart perché sì. 
Questa storia è nel cassetto da un po'... consideratela un esperimento, volevo vedere cosa sarei riuscita a far combinare al povero Nat; e se ve lo state chiedendo, sì, qualche leggerissimo rimorso di coscienza c'è, perché non penso sia cattivo in partenza, solo deviato.
Dopo questo sproloquio, vi saluto! A presto (spero).

PS: il titolo è una citazione dal Trono di Spade; non ricordo quale episodio, vi basti sapere che la dice quel simpaticone di Ramsay Bolton.

 
  
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