Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Ricorda la storia  |      
Autore: SellyLuna    12/02/2018    3 recensioni
Rimasero così, l’uno accanto all’altra, in silenzio, mentre osservavano Parigi coperta dal manto notturno, brulicare di mille luci, la più maestosa di tutte era sempre lei, la Tour Eiffel.
«Sai, loro non sanno cosa si stanno perdendo» constatò dopo un po’ l’eroe in tuta nera.
Inizio a capirlo. Pensò lei.
«Non pensiamo a loro. Teniamoli fuori. Non si meritano il nostro tempo e nemmeno i nostri pensieri» continuò il giovane «Ora siamo solo noi due: Marinette e Chat Noir.»
Il ragazzo volse la testa verso di lei e la osservò con decisione. Le allungò la mano, invitandola con un lieve cenno del viso ad afferrarla, come a suggellare un patto.
[MariChat ♥ ]
[Spoiler seconda stagione!]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Only us

 

 

 

 

 

«Plagg

Era notte fonda. Il bagliore lunare proveniva dalle ampie vetrate della camera e gli permetteva di vedere dove il suo kwami si era coricato per la notte: si era acciambellato sul suo cuscino, poco vicino al suo viso e Adrien aveva sempre pensato che così vegliasse i suoi sogni.

«Uh? Cosa?» gli rispose lo spiritello, assonnato e infastidito. Aprì un occhio e lo puntò sul ragazzo.

Il giovane era a conoscenza di quanto il piccolo felino detestasse essere destato dal suo meritato riposo per delle sciocchezze, per questo Adrien aveva resistito per buoni quarantacinque minuti, poi non riuscendo a venire a capo del suo dilemma, si era risolto a chiedere aiuto al suo amico magico.

Forse in due riusciamo a trovare una risposta. Così poi posso tornare a dormire.

 A volte invidiava Plagg, perché non aveva molte preoccupazioni – all’eccetto del Camembert – o, se anche ne avesse avute, riusciva a fare in modo che queste non intaccassero le sue ore di sonno.

«Stavo pensando a Marinette» gli rivelò poi.

E ti pareva.

Se non era lei, era Ladybug – e in realtà non cambiava un granché. Sempre a lei erano rivolti i suoi pensieri.

Peccato non capisca di amarla.

Avrebbero potuto evitare molte seccature, incomprensioni e sofferenze inutili, invece il suo protetto non era molto sveglio – la scusante che prima di allora non aveva avuto una vita sociale iniziava a non reggere più.

Fece un suono d’assenso, come per avvertirlo che aveva la sua attenzione.

«Non capisco proprio! Chi è quello stupido che la fa soffrire così. Vorrei proprio saperlo. Lei che ha sempre un sorriso per tutti, sempre così dolce e gentile, non se lo merita, no.»

Si era infervorato un po’, notò in seguito Adrien, vergognandosene anche, ma non aveva potuto farne a meno: quello era davvero un imbecille a non capire che con il suo comportamento le stava facendo del male; non aveva mai visto Marinette così abbattuta, come se le avessero rubato tutta la gioia e la speranza dai suoi luminosi occhi blu, non poteva accettarlo, lo faceva imbestialire e non sapeva spiegarselo. Forse era il suo lato protettivo che aveva preso il sopravvento…

Ah se solo sapessi… ti mangeresti le mani!

Plagg non poteva far altro che ascoltare in silenzio il suo portatore, mordendosi la lingua per non dare voce ai suoi veri pensieri.

Bramava dirgli la verità, ma forse Tikki aveva ragione: era ancora troppo presto e se lui si fosse lasciato scappare quel nome che tanto desiderava conoscere, non era sicuro di fare loro un favore, aveva lo strano presentimento che, invece, avrebbe causato solo guai. Per questo motivo, sarebbe stato solo un osservatore.

Certo che li becchiamo proprio con il lanternino. 

Che fosse per l’epoca in cui vivevano, per i loro principi o per mera stupidità, c’era sempre qualcosa che li teneva separati e ci volevano anni prima che si ritrovassero, si accettassero e infine amassero liberamente e pienamente, nelle migliori delle ipotesi. Poi c’erano quelle volte in cui –

No, non è il momento di pensarci.

Scosse energicamente la piccola testa.

«E…?» lo incitò proseguire la millenaria divinità.

«Non è giusto!»

Il mondo era pieno di ingiustizie, ma fino a che il giovane modello non avesse avuto tutto il quadro della situazione, era difficile che comprendesse.

«Devo fare qualcosa» continuava intanto l’altro, deciso.

«Sarebbe a dire?» gli chiese delucidazioni, temendo che potesse peggiorare quella condizione già precaria di suo.

«Deve sapere che io ci sono. Se ha bisogno d’aiuto, può rivolgersi a me. A questo servono gli amici, dopotutto» concluse, soddisfatto.

Vide i suoi occhi brillare, risoluti: aveva preso una decisione; era convinto di fare la cosa giusta, di fare del bene a Marinette. Come poteva infrangere queste sue convinzioni?

«Grazie per la chiacchierata, Plagg. Buona notte» e, più sereno, si sdraiò nuovamente a letto, con nuove aspettative per l’indomani.

«Te ne pentirai…» sussurrò, tristemente, Plagg.

I suoi Chat Noir dovevano imparare la lezione sempre nei peggiori dei modi, rimanendo sempre scottati.

È la sfortuna che mi porto appresso.

Non c’era nulla da fare; per quanto ci mettesse lo zampino, ne uscivano sempre dei disastri.

 

 

 

◊◊◊

 

 

 

Marinette si svegliò più assonnata del solito, come se non avesse dormito affatto e, caduto l’occhio sull’ammasso aggrovigliato che erano le sue coperte, rammentò. Quella notte si era girata e rigirata più volte, senza tregua: si sentiva in colpa per Chat. Non conosceva la reale portata dei suoi sentimenti per il suo alter-ego, mai aveva pensato che fosse sincero, credeva che scherzasse ma aveva imparato che il suo collega non prendeva sotto gamba le emozioni di chi gli stava vicino.

Che sciocca sono stata!

Se solo si fosse soffermata di più sui suoi gesti, se avesse dato loro il giusto peso, forse avrebbe potuto evitare certe incomprensioni e sofferenze.

Da qualsiasi punto si considerava la faccenda, risultava comunque lei la cattiva, perché non poteva ricambiare i suoi sentimenti, giacché nel suo cuore c’era un altro ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi smeraldo, che al loro primo chiarimento l’aveva conquistata.

Quale ragazza non avrebbe sentito il cuore battere impetuoso come il tuono, sotto la pioggia, mentre quell’angelo dalla risata incantevole ti offriva il suo ombrello per ripararti dall’acquazzone?

 Forse se non avesse incontrato Adrien, si sarebbe innamorata di Chat.

E lui mi avrebbe amato lo stesso? O sarei stata io quella a struggermi d’amore per qualcuno che non mi considera?

Non che si allontanasse poi molto dalla realtà: Adrien non l’aveva ritenuta nulla più di un’amica, lo aveva sentito pronunciare quelle parole a Kagami e Marinette non credeva possibile che potesse, un giorno, innamorarsi di lei; ne era troppo convinto.

Sospirò mestamente.

«Buongiorno, Marinette!» la raggiunse la vocetta allegra di Tikki.

Ah, come vorrei essere come lei…

«Buongiorno a te» le rispose, incerta «Speriamo almeno che lo sia…»

Quell’ultimo commento venne captato dalle antenne della coccinella.

«Marinette, ci sono un sacco di ragioni per sorridere alla vita!»

Ed ecco la mia personale ramanzina di prima mattina.

«Ha dei genitori amorevoli che non ti fanno mancare nulla, hai moltissimi amici che ti stanno aspettando a scuola. Oggi è una bellissima giornata, guarda che sole che c’è fuori!»

Tikki riusciva sempre a risollevarle il morale, a farle riscoprire tutto quello che aveva per non concentrarsi solo su quello che le mancava e le sarebbe piaciuto; voleva farle capire quanto era fortunata. E lo era davvero, anche e soprattutto ad avere quella piccola kwami coccinella che la spronava sempre.

«Hai ragione, Tikki. Come sempre» le sorrise, complice. «Grazie.»

Con ritrovato entusiasmo, scese dal letto per andare a prepararsi. Dopo una colazione in famiglia e baci e abbracci affettuosi, la giovane uscì di casa alla volta della scuola.

Nel cortile trovò la sua migliore amica Alya ad aspettarla.

«Ehi Marinette!» la salutò.

Col sorriso sulle labbra, le si avvicinò. «Come va?» si sentì domandare.

«Bene, dai» le rispose, rimanendo sul vago: non le accennò della sua nottata, poiché non voleva farla preoccupare inutilmente. «E tu?»

«Alla grande!»

Non l’aveva mai vista triste, la sua amica era un vulcano di energia, era contagiosa, riusciva a farle dimenticare le sue preoccupazioni con la sua chiacchiera entusiasta riguardo al suo blog e ai suoi piani per avere le risposte che tanto desiderava da Ladybug e Chat Noir. Era una ragazza caparbia, lottava con sentimento per quello in cui credeva: Marinette aveva visto bene, in Alya c’era un’eroina che attendeva di rivelarsi al mondo.

«Guarda chi c’è!» la riportò alla realtà l’amica, indicando verso la strada. Videro fermarsi una macchina lussuosa, da cui scese il loro famoso compagno di classe. Marinette rimase incantata dalla sua bellezza.

Sa di avere quell’effetto sul gentil sesso?

«Su, va’ da lui!» la spintonò lievemente in avanti.

«Per dirgli cosa, scusa? Lo sai che sono una frana!»

«Per imparare, dovrai pur iniziare da qualche parte, no?»

Non aveva tutti i torti, Alya, solo che lei non si era preparata, non si sentiva pronta e non era nemmeno sicura di avere abbastanza buona sorte dalla sua.

«Adrikins

Fortunatamente ci pensò Chloé a salvarla da una figuraccia certa; sospirò sollevata, mentre la figlia del sindaco si fiondava ad abbracciare il suo amico d’infanzia, come se non lo vedesse da una vita.

Adrien la salutò, affabile come sempre e entrò con lei nell’edificio scolastico.

Marinette si preparò a prendere la stessa direzione, quando il suo campo visivo venne colmato da un’espressione contrariata.

«Che c’è?» domandò, allora, alla compagna di banco.

«Lo sai benissimo. Davvero, Marinette, a volte non ti capisco proprio. Se non ti butti, non potrai mai fare progressi.»

La blogger era dispiaciuta per l’ennesimo fallimento dell’amica – anche se aveva il sentore che non si era nemmeno impegnata quella volta, come se si fosse arresa in partenza e non ne comprendeva il motivo.

«Non credo funzionerà, tutto qui» le rivelò timidamente.

«Certo, se non ci provi nemmeno!»

«No, Alya, non hai capito: Adrien mi vede solo come un’amica.»

Come era stato difficile sputare quella verità, perché nonostante tutto faceva ancora un gran male e non aveva la certezza di guarire del tutto da quella ferita; sarebbe rimasta per sempre una piccola e invisibile cicatrice sul suo cuore.

«Questo non ti vieta di passare del tempo con lui. Chissà magari così si accorge di amarti. Non si può mai sapere» le fece l’occhiolino, incoraggiante.

L’aspirante stilista non se la sentì di smorzare l’entusiasmo dell’altra e con un flebile «Se lo dici tu» si avviò verso la loro classe, mentre risuonava l’ultima campanella.

Quel giorno avrebbe dovuto fare in modo di avvicinarsi al giovane Agreste o almeno tentare, altrimenti Alya si sarebbe insospettita; non voleva avere il suo fiato sul collo, perché l’avrebbe tartassata tutto il tempo per farsi spiegare le ragioni delle sue azioni.

Sospirò. Si prospettava una giornata impegnativa, non pensava di avere abbastanza energie per sopravvivere, senza contare le possibili akumatizzazioni di Papillon.

Speriamo che oggi faccia il bravo.

 E Marinette nonostante tutto aveva provato, ma ogni volta che tentava di approcciarsi al ragazzo, c’era sempre qualcosa o qualcuno che riusciva a catturare la sua attenzione. E lei, internamente, tirava un sospiro di sollievo.

Trovando lo sguardo di Alya, alzava le spalle, rivolgendole un sorriso come a dirle che faceva lo stesso, sarebbe andata meglio la volta successiva.

L’amica si rabbuiava, lanciandole un’occhiata indagatrice, come se non credesse affatto che Marinette avesse speso tutte le sue energie nella riuscita della missione, come se in qualche modo c’entrasse con la sua ripetuta e proverbiale iella.

Alla ragazza dispiaceva un po’ che Alya, fra tutti, dubitasse di lei: era consapevole che quello era un tratto distintivo dell’amica che l’avrebbe resa un giorno un’ottima reporter, solo non condivideva che lo impiegasse nella loro amicizia.

In un’altra circostanza avrebbe fatto i salti di gioia nel poter essere scelta come compagna di ricerca da Adrien, così da avere l’opportunità di passare più tempo con il ragazzo, quel giorno tuttavia preferì non togliere quella possibilità a Nino, che vedeva già poco l’amico a causa degli innumerevoli impegni del modello di casa Agreste.

E il vedere i due giovani scambiarsi parole entusiaste le confermò di aver fatto la cosa giusta, lei era felice così.

Alya non riuscì a tenerle per molto il broncio, ormai la conosceva e sapeva che, se non si era fatta avanti, aveva i suoi buoni motivi – anche se a lei sconosciuti.

Ma aveva ancora tempo per entrare nelle grazie di Adrien- e Alya era convinta che presto o tardi il giovane erede del marchio Agreste avrebbe notato la dolce Marinette.

La mattinata stava volgendo al termine e la ragazza l’avrebbe etichettata come un normalissimo e noiosissimo giorno di scuola, in cui non accadeva nulla di eclatante – ormai era abituata –, se non fosse stato che ci fu un imprevisto, un cambio di rotta.

Prima di uscire dal portone della scuola, la ragazza venne fermata da Adrien Agreste in persona.

«Marinette, aspetta! Hai un minuto?»

Per te ho tutta la vita. 

Cosa poteva mai rispondere alla sua cotta? Non poteva certo negargli nulla, no?

«C-certo. Cosa è successo?» dopo l’iniziale tartagliamento, la invase il dubbio che fosse capitato qualcosa di grave di cui era all’oscuro.

«Nulla. Volevo solo palarti. Con il tuo permesso…» sotto il suo sguardo, si fece tutto ad un tratto timido, come se rivalutasse quella scelta.

«Ti ascolto» gli offrì un sorriso, che bastò all’altro per risolversi nella sua intenzione.

«Beh… ecco come dire…» e dal momentaneo imbarazzo si grattò dietro la nuca «Ultimamente mi sei sembrata un po’ triste. E volevo dirti che io ci sono, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare. È questo che fanno gli amici, no?»

Se n’è accorto?

 Marinette non pensava di essere stata così prevedibile, credeva di essere stata in grado di mascherare i suoi veri sentimenti.

«Grazie. Mi fa piacere saperlo.»

Non era sicura se il sorriso che gli aveva donato sembrasse verosimile a uno di gratitudine, poiché ancora una volta udire da Adrien che lei non era altro che un’amica era stata l’ennesima stilettata al cuore.

Il ragazzo la guardò con affetto, la salutò con uno dei suoi luminosi sorrisi – quante ragazze avrà fatto innamorare? – ,prima di voltarsi e dirigersi all’auto che lo stava attendendo.

Si sorprese a non versare nemmeno una lacrima per la cocente delusione: che le avesse già finite tutte?

 

 

 

◊◊◊

 

 

 

«Oh Tikki, sono proprio fortunata in amore, eh» sospirò la giovane portatrice del Miraculous della Coccinella.

«Perché dici così?» le si avvicinò subito la piccola divinità.

«Il ragazzo che amo mi vede solo come un’amica» le rispose, mentre estraeva un libro dallo zaino e lo apriva alla pagina in cui vi erano gli esercizi assegnati «E sarà sempre così» si svilì, lasciando cadere la testa su quelle pagine stampate.

A Tikki dispiaceva moltissimo vedere la sua giovane amica umana così depressa e, da quando era diventata cosciente dei sentimenti di Chat per Ladybug e aveva avuto la conferma che non era il tipo di ragazza che poteva catturare l’interesse di Adrien, era più difficile scorgere un vero sorriso sul suo viso delicato. Soffriva per amore, era un dolore profondo, non un inutile capriccio o un’esagerazione adolescenziale; lo percepiva distintamente, il suo cuore in frantumi e Tikki avrebbe voluto dirle che tutta quella sofferenza era inutile, ma non poteva, non ancora.

Stava per farle presente che non sapevano cosa il futuro aveva in serbo per lei, che le cose sarebbero cambiate, non doveva abbattersi così, aveva una vita davanti a sé, quando entrambe udirono un’esplosione.

«Che succede?» Marinette alzò di scatto la testa, all’erta.

Il kwami le lanciò un’occhiata altrettanto perplessa. Si fiondarono sul terrazzino e all’ennesimo boato riuscirono a localizzare da dove proveniva.

E nemmeno per oggi Papillon ci dà un po’ di tregua. Deve davvero trovarsi un hobby più salutare.

«Tikki, è il nostro momento. Trasformami!»

 

 

 

◊◊◊

 

 

 

Giunta sul luogo dello scontro, trovò Chat Noir intento a fronteggiare un akumatizzato davvero singolare, che dava particolarmente nell’occhio non solo per il netto contrasto di colori del suo abito che avrebbe fatto accapponare la pelle anche al miglior stilista del mondo, ma anche per la mise in sé, era la più particolare e antifunzionale che avesse mai visto. Quel tipo aveva dei gusti davvero strani e non riusciva a comprendere come Papillon permettesse una cosa del genere, ma in fondo al loro nemico importava solo arrivare al tanto e bramato risultato, il come era indifferente.

Apprese, inoltre, che quell’individuo aveva idee molto strambe, aveva una visione tutta sua del mondo e amava far esplodere le cose.

Perché proprio oggi un tipo del genere?

Non aveva la testa per affrontare un tale visionario e Marinette sapeva bene – lo aveva imparato a sue spese – che era sconsigliabile prendere alla leggera un qualsiasi loro avversario, anche quello che appariva il più innocuo.

«Ehi, my Lady. Ti aggiungi alla festa?» l’accolse il suo partner, regalandole un sorriso e un occhiolino.

Come riuscisse a infilare una battuta di spirito tra una parata e l’altra, rimaneva un mistero per lei. Ma Chat era fatto così e riusciva sempre a cavarsela, in un modo o nell’altro – e nelle occasioni più critiche interveniva lei: erano una squadra, si proteggevano le spalle l’un l’altra.

Mentre schivavano un altro attacco, la ragazza lasciò vagare lo sguardo sull’akumatizzato alla ricerca dell’oggetto maledetto, ma non lo individuò: aveva bisogno di più tempo o forse di capire cosa lo avesse spinto ad accettare i poteri di Papillon.

«Allora, Bugaboo, come va con quel ragazzo?» si sentì domandare da Chat, mentre riparavano dietro a un vicolo per fare il punto della situazione.

Sentì in lontananza l’uomo chiamare i loro nomi.

«Ma ti sembra il momento?» s’infervorò non poco.

Non aveva ancora capito come sconfiggere il dinamitardo e Chat aveva il coraggio di informarsi sulla sua vita sentimentale, come se stessero prendendo tè e biscotti invece di essere nel bel mezzo di uno scontro.

Il ragazzo gatto protese le mani davanti a sé in segno di resa e abbassò lievemente le orecchie: non si aspettava una risposta così dura da parte dell’eroina.

«Piuttosto concentriamoci sulla battaglia.»

«Comme vous voulez, Mademoiselle» le sorrise senza allegria.

La ragazza gli fece un cenno con la testa, prima di uscire dal loro momentaneo nascondiglio per mettere fine a quella pazzia.

 

 

 

◊◊◊

 

 

 

Era stato estenuante: l’akuma si era annidata nel piccolo gemello destro, che era occultato magistralmente dalla sua veste.

Era sfinita, quella battaglia era stata la più sfiancante di tutte, Marinette non desiderava altro che sprofondare sul suo letto e lasciarsi cullare fino al dolce oblio, ma non poteva, perché sulla sua scrivania l’attendeva il libro di fisica con esercizi complicatissimi. Quella materia non era il suo forte.

Che voglia!

 Avrebbe fatto in qualche modo o almeno era quello che sperava; passare ore e ore su quegli argomenti scientifici non l’allietava particolarmente. Sarebbe stato un lungo pomeriggio, mai come allora aveva desiderato che giungesse presto l’ora di cena.

Purtroppo non era riuscita a completare tutti i compiti prima di cena, così le toccò finirli prima di andare a letto.

Era così concentrata a capire cosa le chiedesse l’esercizio numero tredici che quasi non udì un leggero bussare.

Istintivamente levò la testa verso la finestra –  ringraziando chiunque fosse l’artefice di quella improvvisa e benvoluta distrazione.

I suoi occhi ne incontrarono un paio verde smeraldo molto familiare: Chat Noir era venuto a farle visita e per un breve istante si raggelò sul posto, in ansia.

Che cosa vorrà mai?

Quella era una sorpresa inaspettata, l’aveva spiazzata, ma aveva imparato che dal suo collega poteva attendersi di tutto: era un maestro nel sorprendere il prossimo.

Intanto il giovane fece segno alla ragazza per capire se fosse benvenuto.

Marinette si riprese dalla momentanea trance e, sempre a gesti, lo invitò a aspettarla fuori, lo avrebbe raggiunto in un attimo. Cercò una maglia per coprirsi, perché la sera si alzava un venticello piuttosto freschetto.

Una volta all’aria aperta, scoprì Chat darle le spalle, alla ringhiera, mentre puntava lo sguardo all’orizzonte, assorto. Aveva quasi timore a richiamare la sua attenzione, come se così facendo invadesse i suoi pensieri.

Non servì, perché fu proprio Chat a voltarsi in sua direzione, come se avesse percepito la sua vicinanza, probabilmente grazie ai suoi sensi da felino.

«Ehi» le disse, insicuro. Pochissime volte lo aveva visto così vulnerabile e ogni volta riusciva sempre a destabilizzarla.

«Ehi» gli rispose con lo stesso tono.

«Come va?» si premurò di sapere.

«Bene, anche se potrebbe andare meglio» questa volta fu lei a dirigere lo sguardo lontano, come se volesse fuggire da qualcosa.

L’eroe era combattuto se rompere o meno quel silenzio, osando chiederle di più. Infine, dopo attimi di silenzio, decise di riprendere parola.

«E con i tuoi problemi di cuore? Va un po’ meglio?» tentò.

La studentessa buttò un occhio al suo visitatore per cercare di capire quali erano le sue reali intenzioni: era sinceramente interessato alla sua condizione e anche molto incerto, probabilmente temeva di averla offesa con la sua richiesta, forse non era sicuro se poteva trattare un argomento simile e soprattutto non aveva idea di come fare senza risultare inopportuno.

E lei? Cosa gli avrebbe risposto? Gli avrebbe detto la verità o avrebbe indorato la pillola?

«Insomma» optò per una via di mezzo «Quel ragazzo non proverà mai gli stessi sentimenti che io provo per lui. Vorrei tanto arrabbiarmi, ma non posso. È troppo carino e gentile, sai? Si preoccupa per me.»

Adrien non la vedeva nello stesso modo: per lui quel disgraziato non era affatto gentile e carino, se continuava a farla soffrire così. Perché era così cieco? Era proprio uno stupido.

«E tu? Con Ladybug?» si arrischiò a domandargli. Sapeva come era andata, ma Marinette non doveva conoscere quello che era successo tra i due.

«Ladybug è stata sincera con me. Mi ha confessato che il suo cuore batte già per qualcuno, ma non ha voluto dirmi il nome del ragazzo misterioso. Ma sono sicuro che prima o poi si accorgerà quanto mi ami e non potrà fare altro che correre da me» accompagnò quest’ultima affermazione con un occhiolino, sorridendo.

«Come fai?» le scappò.

«A fare cosa?»

«A essere così positivo. È davvero ammirevole.»

E lo pensava davvero: se lei avesse avuto anche solo la metà della stessa positività di Chat, forse non si sarebbe arresa con Adrien, ma avrebbe continuato a tentare fino a ottenere un qualche risultato.  

«Grazie. È tutto quello che ho. Ma non è facile: anch’io sento il dolore del rifiuto» le rivelò.

Doveva immaginarlo; tuttavia era lodevole come riuscisse a dominare la sofferenza, come non si lasciasse guidare da essa; avrebbe dovuto imparare dal suo partner. Era un ragazzo molto sensibile, ma anche molto forte e paziente. Era la prima volta che scorgeva questi suoi lati.

Rimasero così, l’uno accanto all’altra, in silenzio, mentre osservavano Parigi coperta dal manto notturno, brulicare di mille luci, la più maestosa di tutte era sempre lei, la Tour Eiffel.

«Sai, loro non sanno cosa si stanno perdendo» constatò dopo un po’ l’eroe in tuta nera.

Inizio a capirlo. Pensò lei.

«Non pensiamo a loro. Teniamoli fuori. Non si meritano il nostro tempo e nemmeno i nostri pensieri» continuò il giovane «Ora siamo solo noi due: Marinette e Chat Noir.»

Il ragazzo volse la testa verso di lei e la osservò con decisione. Le allungò la mano, invitandola con un lieve cenno del viso ad afferrarla, come a suggellare un patto.

Marinette la fissò qualche secondo, pensierosa.

Che ripercussioni avrebbe avuto quel gesto? La sua mente era già pronta a formare mille scenari tutti che vedevano il mondo in fiamme, ma forse non avrebbe dovuto preoccuparsi troppo. Doveva imparare a prendere la vita un po’ come veniva, accettare le occasioni che le offriva, così decise di iniziare quella sera, sul suo balcone, con Chat Noir.

Prese la sua mano e gli sorrise, complice e fiduciosa.

Per un primo istante, Adrien rimase stranito dall’energia con cui la ragazza accettò la sua proposta, poi si lasciò invadere dalla contentezza, che le mostrò con un largo sorriso.

«Principessa, che ne dici se tu ed io ce ne andassimo da qualche parte, qui nell’incantevole Parigi?» le propose, mentre delicatamente la prendeva in braccio come se fosse una fanciulla in pericolo o come fosse una sposa. A quel pensiero  la ragazza percepì un inusuale calore alle gote.  

Subito lei gli cinse il collo e posò dolcemente la testa sul suo petto, da cui sentì provenire una musica segreta e ammaliante, che la rilassò durante il tragitto sui tetti di Parigi, in una serata magica.

Chiuse gli occhi, sentendosi a casa.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonsalve a tutti! ^^

Sono tornata. C: Pensavate di esservi liberati di me e invece… XD

Ad ogni modo, sono molto felice di essere riuscita a scrivere questa shot, da collocarsi dopo l’episodio 9 “Glaciator”.

Spero possa piacervi. Fatemi presente se qualcosa non va o se non vi convince. ;)

Ad esempio io non sono sicura di aver scritto bene la parte dell’akumatizzato, mi rendo conto che sono stata abbastanza vaga nelle descrizioni. È per dare a voi la libertà di immaginarlo come meglio credete nella sua stranezza – e beh anche perché non avevo un’idea ben precisa del suo aspetto. So che doveva essere strano e che amava le esplosioni.

Kaboom! Rico sei tu? Scusate, ho sbagliato fandom. Il mio subconscio mi sta mandando segnali che forse sento la mancanza dei Pinguini di Madagascar? O.o

Avrei un’ultima cosa da aggiungere: avrete notato che spesso utilizzo Bugaboo e non Buginette o Insettina. E ora vi spiego il perché. Insettina non mi piace particolarmente, mentre su Buginette ho un headcanon, che forse anche altri hanno. Ho pensato che Chat chiami così la sua Lady, solo quando sa che è Marinette, così può dire il suo nome, ma senza farlo in realtà. Ah, che pensiero contorto. XD  Mi avete capito lo stesso, sì? O.o

Che altro? Diffondete la MariChat! Amo troppo questa ship e spero di essere riuscita a descriverla degnamente. A voi l’ardua sentenza! :D

Come sempre, suggerimenti, consigli e critiche costruttive sono ben accetti. C:

Grazie per l’attenzione.

Alla prossima! ;)

Selly

 

 

 

  

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: SellyLuna