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Autore: _MoonFlower02_    13/02/2018    3 recensioni
One Shot RinHaru scritta in un momento di ispirazione. Spero vi piaccia ^^
~Dal testo:
-"Haruka"-
Lo chiamò Rin apaticamente. Il diretto interessato aprì lentamente gli occhi e li puntò in quelli del rosso, che notò la loro lucidità.
-"R-Rin?"-
Disse lentamente Haru dopo qualche secondo, per poi continuare:
-"Cosa ci fai qui?"-
-"Potrei chiederti la stessa cosa. Non ti sembra un po' tardi per una nuotata?"-
Rispose ironicamente Rin, ghignando e non accennando al fatto che Haru fosse ancora vestito.
L'altro non disse niente ma espirò e richiuse lentamente gli occhi, prima di andare a fondo.~
Storia scritta al di fuori delle stagioni e dalla trama, non contiene spoiler.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rin stava giusto prendendo le ultime cose dal suo armadietto quando, attraverso la finestra che dava sulla piscina, vide una figura camminare lungo il bordo. Teneva la testa bassa, con i capelli che gli coprivano gli occhi, e aveva un'andatura leggermente barcollante. Indossava solo una canotta blu e un paio di pantaloncini neri. Non ci mise comunque molto a capire che era Haruka. Non lo vedeva da un bel po', da quando il suo "gruppetto di amici" si era sciolto. 
– Tsk – emise solo Rin prima di aprire la porta. Si voltò un'ultima volta e sgranò gli occhi quando vide che l'altro era salito sul muretto. Cosa aveva intenzione di fare, questa volta? Era tardi ormai, la piscina stava per chiudere e non c'era tempo per una nuotata. Haruka si lasciò cadere in avanti sbattendo contro la superficie dell'acqua. Lo schiaffo rimbombò per tutta la grande sala e a quello si unì anche il suono dei passi veloci di Rin, che correva verso di lui. Cosa stava facendo? Non poteva arrivare lì all'ultimo e buttarsi in acqua completamente vestito.  
Ora Haru galleggiava nella vasca, con solo il viso fuori dall'acqua, e teneva gli occhi chiusi.
– Haruka – lo chiamò Rin apaticamente. Il diretto interessato aprì lentamente gli occhi e li puntò in quelli del rosso, che notò la loro lucidità. 
– R-Rin? – disse lentamente Haru dopo qualche secondo
– Cosa ci fai qui?
– Potrei chiederti la stessa cosa. Non ti sembra un po' tardi per una nuotata? – continuò ironicamente Rin ghignando e non accennando al fatto che Haru fosse ancora vestito. 
L'altro non disse niente ma espirò e richiuse lentamente gli occhi, prima di andare a fondo. 
– H-Haru?
Il ghigno di Rin sparì, lasciando posto a curiosità e preoccupazione. Visto che il ragazzo non accennava a riemergere, il rosso si sfilò velocemente le maglia e si tuffò in acqua. Afferrò Haruka avvolgendolo con un braccio e tornò in superficie. Ora che lo toccava, notò che la sua pelle scottava. 
Si avvicinò al bordo e si assicurò che Haru ci fosse attaccato.
– Haru...? Haru!
Lui tossì e riaprì gli occhi, guardando Rin senza capire. Ora che erano così vicini, il rosso comprese che Haruka non stava bene. Era caldo e i suoi occhi blu sembravano veramente fatti di acqua da quanto erano lucidi. 
– Cosa... Cos'è successo?
– Ti sei buttato in acqua e sei affondato come un sasso, ecco cos'è successo. Haru, hai la febbre. Vai a casa.
– Mi spiace ma non... Non credo di riuscire a guidare – rispose Haruka abbassando lo sguardo.
Vedere il ragazzo ridotto in quello stato gli faceva quasi pena e decise di aiutarlo in nome della loro amicizia passata.
Lo aiutò ad uscire dalla vasca e lo portò alla sua macchina. Faticava a stare in piedi, così Rin dovette aiutarlo. Quando si sedette sul sedile, Haru crollò addormentato. Rin lo coprì con un asciugamano asciutto per non fargli sentire troppo il freddo e poi partì. Dopo una mezz'oretta di viaggio si fermarono e, dopo aver parcheggiato, il rosso aiutò Haru ad alzarsi. Si mise il suo braccio sulle spalle ed entrarono in casa.

                                                             ༄༄༄༄༄

Quando il ragazzo aprì di nuovo gli occhi si trovò sdraiato su un divano. Ricordava solo di essere andato in piscina per una nuotata nonostante non si sentisse bene e poi aveva qualche ricordo sfocato. L'acqua che lo avvolgeva, qualcuno che lo afferrava e poi... Poi una conversazione sulle macchine, forse? 
Veniva sorretto da qualcuno e camminava verso una casa. I ricordi andavano e venivano e riusciva a mettere a fuoco solo le parti in cui era cosciente. 
Una voce familiare gli parlava e sembrava fargli la predica, ma con una punta di divertimento nella voce. Poi ricordava di aver ricevuto dei vestiti asciutti. Vedeva anche due mani che gli sfilavano la maglia bagnata. Poi il buio più totale. 
Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse finito. La sua testa sembrava voler esplodere e, oltre ad essere debole, si sentiva anche stordito. 
– Finalmente sveglio? O forse è come le altre volte che lo sembravi e basta?
Haruka voltò la testa in direzione della voce e sgranò gli occhi nel vedere Rin in piedi sulla porta della cucina con una tazza in mano. 
– Thé?
Haru cercò di sollevarsi sui gomiti ma la vista gli si oscurò e si lasciò cadere di nuovo sui morbidi cuscini. Riportò gli occhi sull'altro che lo guardava, per poi sussurrare un "No grazie".
– Cos'è successo? Perché sono qui?
– Beh... In realtà non lo so. Ti ho visto in piscina un paio d'ore fa e ti ho praticamente salvato la vita. Poi mi hai detto di non riuscire a guidare e così eccoci qui – rispose il rosso ghignando.
– Perché non mi hai lasciato a casa mia?
Rin tornò serio:
– So che i tuoi genitori non ci sono e non mi sembrava il caso di lasciarti da solo in questo stato.
Haru si mise un braccio sugli occhi, cercando di coprire la luce accecante sopra di lui. Ci furono degli attimi di silenzio e poi il ragazzo parlò di nuovo:
– Grazie.
Disse semplicemente. Non poteva vederlo, ma era certo che Rin avesse sorriso.
– Ora però vorrei sapere cos'è successo esattamente.
Haru disse queste parole abbassando di poco il braccio, abbastanza da vedere Rin sedersi sulla poltrona alla sua destra. Questi alzò le spalle.
– Dopo essere usciti dalla piscina ti ho portato a casa in macchina. A proposito, i sedili ci metteranno un bel po' ad asciugarsi. Poi ti ho dato dei vestiti puliti, che stai indossando ora. Eri talmente fuso da non riuscire nemmeno a cambiarti, ho dovuto aiutarti io.
Haru giurò di averlo visto arrossire leggermente mentre abbassava lo sguardo, ma forse era solo la febbre a giocargli brutti scherzi. In effetti, nemmeno lui si sentiva propriamente a suo agio. 
– Dopo averti sistemato sul divano sei crollato e ho avuto il tempo di asciugarmi. Tutto qui.
–Che ora è?
– Quasi le 23.
– Mhh... Dovrei essere a casa a quest'ora, potresti riaccompagnarmi?
– Te lo ripeto: non ti lascio da solo con questa febbre. Hai già rischiato di annegare una volta. Cosa ci facevi lì, a proposito?
– Non lo so, non ero in me. E poi... L'acqua mi ha sempre fatto sentire meglio.
– Tranne quando sei debole. In quel caso prende il sopravvento e sei finito.
Ci fu parecchio silenzio tra i due, successivamente. Il rosso si alzò e tornò poco dopo con una panno umido e un termometro. 
– Ora che sei sveglio puoi misurarti la febbre.
– Okay.
Detto questo Rin porse l'oggetto all'altro e poi si sporse per sistemargli la stoffa sulla fronte. Haruka poteva sentire il respiro caldo dell'altro sul suo viso. Sapeva di thé.
Il ragazzo arrossì, sperando che Rin lo attribuisse alla febbre. Per un po' si godette il fresco dell'acqua che gli colava sulle guance, ma purtroppo l'impacco si scaldò velocemente a contatto con la sua fronte bollente.
Poco dopo, Rin riprese il termometro e lo esaminò. Subito dopo fischiò:
– Cavolo Haru, segna quasi 40! Come facevi a reggerti in piedi?
Si avvicinò di nuovo e rimosse il panno dalla fronte dell'altro. Poi poggiò le labbra su di essa. Ancora una volta Haruka avvampò e il rosso si ritirò subito, imbarazzato. Abituato con sua sorella ormai era un gesto istintivo.
Rin parlò con una voce più bassa del solito, piuttosto preoccupata:
– Avevo capito subito che scottavi, ma non pensavo fosse così grave.
Poi fece per andarsene:
– Io sono nella stanza accanto se hai bisogno di qualcosa. Ora è meglio se dormi un po'.
– Rin?
– Mhh?
– Perché stai facendo tutto questo per me? Non ci parliamo da mesi.
Il ragazzo sembrò pensarci sù, per poi alzare le spalle:
– È che sono troppo buono. Non riesco a vedere gli amici febbricitanti affogare senza fare niente.
Gli occhi di Haru ebbero un guizzo:
– Quindi ora siamo amici?
L'altro rimase zitto.
– Comunque grazie. Non so se gli altri avrebbero fatto la stessa cosa.
Il rosso sospirò:
– Loro sono i tuoi migliori amici e lo saranno sempre. Non importa cosa succede.
– Ma io non li merito. Non ho impedito a Nagisa di trasferirsi lontano, non sono stato abbastanza vicino a Makoto quando i suoi hanno divorziato, non ho avvertito Rei di stare lontano da quei ragazzi... A quanto pare non sono mai stato veramente loro amico.
– Smettila di incolparti, stai straparlando a causa della febbre.
– No, non è vero. L'ho sempre pensato. Da quando loro se ne sono andati, sono rimasto solo. Alcune volte sto intere giornate senza spiccicare parola con nessuno, a pensare a tutti gli errori che ho fatto.
Haru sorrise senza allegria. Rin rimase in silenzio. Non avrebbe mai pensato che un ragazzo come lui potesse tenersi dentro tanta sofferenza. Gli occhi malinconici del ragazzo erano piantati sul soffitto e il rosso non sapeva più cosa dire. Spostò il peso da un piede all'altro, nervosamente. L'altro se ne accorse:
– Scusa, non volevo metterti a disagio. Hai fatto tanto per me e ti ringrazio. Non dovrei annoiarti con i miei problemi.
– Davvero, Nanase? Tu non vedevi l'ora di sfogarti con qualcuno, non è vero?
– No, io...
Il ragazzo ebbe un giramento di testa e sprofondò nei cuscini. Aveva gli occhi semiaperti e tutto attorno a lui girava. Sentiva la voce lontana di Rin che lo chiamava:
– Haru-chan, HARU-CHAN! Stai bene?
Si tirò un po' su e si strinse la testa con una mano. In quel momento avrebbe voluto solo che smettesse di implodere. 
– Da quanto tempo non mi chiamavi così.
Disse poi abbozzando un sorriso, che si trasformò subito in una smorfia di dolore. 
– Non mi sembra il momento adatto per rivivere i ricordi, Haru. Cosa devo fare?
– Hai già fatto abbastanza, vai a dormire.
– Sei sicuro?
– Sì, vai.
Non troppo convinto, l'altro si avviò verso la sua stanza spegnendo le luci. Dette un'occhiata alla sveglia, che segnava le 00:06.

                                                             ༄༄༄༄༄                         

Rin non riusciva a prendere sonno: nonostante fosse stanco troppi pensieri gli affollavano la mente, rendendogli impossibile dormire. Non capiva come tutto il tempo passato senza neanche vedere Haru fosse come sparito. Gli sembrava di essere tornato bambino, quando la loro amicizia contava qualcosa e si prendevano cura l'uno dell'altro.
Guardò di nuovo la sveglia: 2:32. 
Si alzò, ormai rassegnato, e si avviò silenziosamente verso la cucina. Accese la luce e controllò il ragazzo nella stanza accanto. Sembrava dormire, lui. Aprì il frigo e prese una bottiglietta d'acqua fresca. Quando ebbe bevuto si voltò, ma sbatté contro qualcosa. Rin si spaventò a morte e dell'acqua finì sul pavimento.
– H-Haru? Cosa ci fai qui? Mi hai fatto prendere un colpo! Ti ho visto dormire, come hai fatto ad arrivare così silenziosamente?
L'altro teneva gli occhi bassi e non rispose. Un altro capogiro gli fece perdere l'equilibrio e barcollò in avanti. Rin lo afferrò evitandogli la caduta e constatò:
– La febbre non è ancora scesa, eh? Non dovresti alzarti. Se non ci fossi stato io avresti potuto farti male.
Haru rispose, ancora appoggiato a Rin:
– Se non ci fossi stato tu sarei morto.
– Beh... Ero solo nel posto giusto al momento giusto...
Fu la risposta un po' imbarazzata del rosso.
– No, Rin. Ti devo la vita.
– Continui a straparlare.
– Forse sì, forse no... Ormai non lo so più neanche io.
– Ma sei così sconnesso ogni volta che ti sale la febbre? – ribatté Rin sospirando. 
– In realtà pensò sia colpa tua. La febbre mi annebbia la mente e quando ci sei tu non riesco a ragionare.
– E questo perché...?
Haru alzò finalmente gli occhi e Rin vide per la prima volta l'oceano che vi era racchiuso. Si sentiva a disagio sotto lo sguardo languido del ragazzo, che non rispondeva alla domanda. In realtà, aveva piuttosto paura della risposta. Mosse le braccia facendo capire all'altro che era meglio spostarsi, ma quello non lo fece. Rimaneva appoggiato a lui e lo fissava, con uno sguardo imperscrutabile. Si avvicinò lentamente al viso di Rin, che stranamente non si tirò indietro. Haru si fermò a pochi centimetri dal viso del rosso e spostò gli occhi sulle sue labbra. Rin sembrava un po' a disagio, ma rimase immobile. I due si avvicinarono ancora e, in un momento, le loro labbra furono unite. 
Haru sembrò emettere un sospiro sollevato e Rin si sentì insolitamente bene. Nonostante la febbre, Haru sapeva di menta e salsedine. 
Quando si staccarono, poco dopo, avevano entrambi il fiatone. Haru si raddrizzò, continuando a guardare il rosso negli occhi.
– Ecco perché – disse dopo un po'. Rin continuava a fissarlo, senza riuscire a dire niente. Sentiva ancora il sapore di Haru e si rese conto di aver sempre voluto scoprire quale fosse.
– Hai idea di cosa tu abbia fatto? – disse Rin poco dopo con un tono che lasciò sorpreso l'altro.
– Come? – chiese infatti il corvino, stupito.
– Tu... Tu non capisci. Da quando mi sono allontanato da voi ho iniziato a soffrire. Mi manca nuotare con voi, mi manca nuotare con te. Mi mancano gli allenamenti insieme, i tornei, le frecciatine,... Ma non mi manca solo questo. Mi manchi tu.
Haru abbassò lo sguardo e sorrise. Sorrise di cuore, come non faceva da tanto tempo:
– Anche tu mi manchi. Perché avrei acconsentito a gareggiare nella staffetta, sennò? Non hai idea di quanto io abbia sofferto quando hai detto che non avremmo nuotato insieme, mai più.
– E tu non hai idea di quanto abbia sofferto io dicendolo.
Rin si era avvicinato, fermandosi a pochi centimetri dall’altro.
– Preferirei morire che smettere di nuotare con te, Haru.
– Ora chi è che esagera?
Rispose il corvino, venendo poi zittito dalle labbra di Rin premute sulle sue.
Quello non era il loro primo bacio, ma di sicuro non sarebbe stato nemmeno l’ultimo.

   
 
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