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Autore: Collide    13/02/2018    0 recensioni
Il cammino di una ragazza attraverso gli anni e gli affetti che l'hanno resa ciò che è ora.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante fosse ancora Settembre quella mattina c'era una brezza fredda per la strada. Alla fermata del pullman la bambina si strinse nel piccolo cappotto e alzò lo sguardo verso il nonno che le teneva lo zaino.
“Sei emozionata?” le disse lui accennando un sorriso.
Lei era molto nervosa, era il primo giorno nella nuova scuola, la sua famiglia si era appena trasferita in quella nuova piccola cittadina. Non conosceva nessuno e aveva paura che non sarebbe andata d'accordo con gli altri bambini, ma il sorriso del nonno che le infondeva fiducia quindi dopo un piccolo respiro sorrise a sua volta e rispose “Si, ma andrà bene. Vero Nonno?”
“Certo!"  in quel momento il pullman stava accostando alla fermata e il nonno le mise il grosso zaino sulle spalle "Io sarò qui ad aspettarti quando tornerai a casa! In bocca al lupo Trapola”.
Con l'enorme zaino sulle spalle si apprestò a salire sul pullman e trovò posto in terza fila. Nonostante l'emozione era curiosa di conoscere i suoi nuovi compagni e sperava di trovare tanti nuovi amici. Il pullman si accostò alla fermata successiva e altri bambini salirono.
Un bambino un po cicciottello si sedette di fianco a lei, lì in terza fila:
“Ciao, sei nuova? Io sono Leonardo”

 

La sveglia stava suonando e Antea allungò il braccio per spegnerla. Aprì gli occhi e rimase qualche secondo in contemplazione degli stucchi sul soffitto. Il sogno appena interrotto l'aveva lasciata in uno stato di turbamento, non riusciva però a identificarne la causa. Si convinse che il motivo fosse di aver sognato suo nonno, le mancava terribilmente, dopotutto non era la prima volta che dopo averlo sognato si sentiva triste. Il nonno materno l'aveva praticamente cresciuta, i suo genitori avevano sempre lavorato molto e quindi spesso e volentieri lei rimaneva a casa dei nonni, erano loro ad accompagnarla a scuola e a farla giocare, era stato il nonno ad insegnarle ad andare in bicicletta. Fu un brutto colpo quando anni prima il nonno era venuto a mancare. Ora Antea abitava sopra la casa dei nonni materni con il suo compagno, in parte per dare un' occhio alla nonna rimasta sola e in parte perché quella era la casa dov'era cresciuta ed era uno dei pochi posti dove si sentiva completamente a casa, sopratutto dopo il divorzio de suoi genitori.


Dopo essersi ripresa si alzò e strisciando i piedi si diresse verso la cucina, doveva assolutamente assumere una dose di caffeina. Accese la macchinetta e intanto andò in bagno a prepararsi per la giornata. Cinque minuti dopo sorseggiava il suo caffè mentre decideva come vestirsi, optò per un paio di pantaloni neri, una camicetta bordeaux con un cardigan e degli stivaletti. Si vestì, era perfettamente in orario.
Mentre guidava per arrivare in ufficio non riusciva a smettere di pensare al sogno. Non le capitava spesso di fare sogni di questo tipo, solitamente sognava il lavoro o cose molto strane, non le era mai capitato di sognare un fatto realmente accaduto.


Antea lavorava in uno studio di architettura di una città che distava 20 minuti da dove abitava. Si era laureata da poco e lavorava lì da qualche anno, da prima di finire l'università. Le sarebbe piaciuto andare avanti a studiare ma non poteva permetterselo quindi approfittò del lavoro che le avevano proposto al termine del tirocinio universitario. Alcune volte si pentiva di quella decisione, ma non avrebbe potuto fare altrimenti, se non fosse per quel lavoro non avrebbe potuto andare via di casa, e negli ultimi anni aveva bisogno di trovare un posto tutto suo.
Dopo il divorzio dei suoi genitori lei decise di rimanere con suo padre e così fece anche sua sorella minore. Mentre studiava si occupava più che poteva della casa e della sua famiglia cercando sempre di essere un punto di riferimento per la sorella.
Lei e sua sorella Marianna erano molto legate. Antea aveva reagito al divorzio dimostrando forza, indipendenza e coraggio, la sorella invece aveva fatto fatica ad accettarlo. Il padre aveva reagito nella mado peggiore, si era ritrovato da un giorno all'altro da solo, e reagì cercando di controllare tutto quello che lo circondava, con scarso successo.

 

Parcheggiò sotto lo studio e prima di aprire la portiera per scendere dalla macchina vide sul telefono la luce che indicava una nuova mail, era del suo capo:
- Buongiorno Antea,
io arrivo appena posso, tra poco dovrebbe arrivare un nuovo cliente. Fallo accomodare e inizia a capire cosa deve fare.
Scusa per il ritardo. A dopo.
Carlo -

Non era la prima volta che si ritrovava a gestire una situazione del genere, avrebbe preferito ricevere un preavviso ma come al solito era impossibile nel suo lavoro avere una scalette precisa del da farsi, in parte per la disorganizzazione generale del suo capo, in parte per la natura mutevole del suo lavoro e per i cambi di idea dei clienti.
Salì in ufficio e iniziò a mettere ordine tra i documenti che erano stati abbandonati la sera prima in sala riunioni. Aveva appena finito di sistemare il possibile quando suonò il citofono e si rese conto che Carlo non le aveva detto neanche il nome del nuovo cliente, avrebbe dovuto fare la gaffe chiedendolo direttamente a lui.
Quando il portone si aprì Antea si accorse che non avrebbe dovuto chiedere il nome...
“Leonardo...”
“Antea..”

   
 
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