Quiete
di utopiche sentenze, atto I
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Questa storia
partecipa all’iniziativa You Raise
Me Up – Love Songs Contest indetta da Fanwriter.it e Torre di Carta.
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Prompt:
17. L’amore esiste (F. Michielin).
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N.
parole:
360 (trecentosessanta) secondo Word.
Dopo
il nostro primo incontro –
un vero disastro, per quel che ne
fu –
me lo chiedesti spesso, tra qualche gomitata ben assestata, rantolii
sdegnati e
le mie gote arrossate. Se la mia vita non valesse più
d’esser vissuta, se una bellezza
occhialuta come me avesse senza
esitazioni rinunciato alle meraviglie del mondo.
Se
per davvero mi sarei buttata
giù da quel cornicione sul tetto della scuola, o se si
trattasse solo di un
pretesto per adescarti.
Chi
eri tu, con la sfrontatezza
di permetterti di sindacare la mia
decisione, per irrompere su quel dannato pianerottolo e urlare a pieni
polmoni
che questa è un’esistenza da non sprecare,
l’unica che abbiamo e di cui
conserveremo la memoria nell’infinito che ci attende?
Un’irregolarità,
come me. Ecco cos’eri,
cosa sei e cosa sarai per il resto dei tuoi giorni.
Sei
davvero fastidioso.
Non facevo che ripetertelo.
Per
la tua gentilezza, le
fantasie perverse e l’ossessione per gli occhiali, che
probabilmente non capirò
mai. Per il desiderio che avevi, emarginato da tutti e circondato solo
da
guerrieri caparbi e preparati a morire, di arginare la tua
mostruosità e vivere
come un adolescente qualunque. Per la testardaggine che mi ha stretto
tra le
braccia sprofondando nell’oblio, perché siamo
tutti soli ma non dobbiamo, se
non lo vogliamo.
Mia
madre non mi ha mai
raccontato troppe favole, quand’ero piccola. La
realtà era ben altra, cruda (senza
perdono, se sei un’anima nera). Forse è per
questo che tutti quei ‘e
vissero per sempre felici e contenti’ mi hanno sempre
affascinata, ma mai
illusa.
Per
me, non mi sarei mai
aspettata un lieto fine.
Perciò,
mentre varco la porta e
osservo l’appartamento nella penombra pomeridiana, non faccio
alcun rumore nel
richiuderla e dirigermi in cucina. I sacchetti pesano – la
plastica mi creerà
una saetta scarlatta sul palmo, vicina all’altra che
custodisce la mia
maledizione – ma li adagio con cura sul tavolo. Tendo
l’orecchio. Dormi ancora,
forse la febbre si è abbassata. Allora raccolgo i capelli
con qualche sparuta
forcina e mi appresto a sfidare i fornelli, territorio a me proibito ma
che per
te sono disposta a violare. Mi scappa un sorriso.
Come
tu hai fatto per me.
→
note dell’autrice | Buon
pomeriggio a tutti! Devo dire che non facevo tappa in
sezione dal lontano 2015 (mammamia, come passa il tempo), quando
pubblicai
questa storiella qui attraverso questo profilo. Eh, sì, sono
cambiate molte
cose da allora. Ma non mi perdo in dettagli; sebbene il dono della
sintesi non
sia mai stato veramente mio, non credo ci sia bisogno di inutili
digressioni
sulla storia... se non il fatto che a san Valentino (festa che se non
fosse per
il mio nome non considererei minimamente) non serve dilettarsi in
chissà quale
celebrazione. A volte sono le piccole cose a essere le più
apprezzate, quei
pensieri nati con il solo scopo di rendersi felice l’un
l’altro senza
pretendere niente in cambio. O più semplicemente, prendersi
cura della persona
amata in serenità. La pompa magna, beh, non è
sempre necessaria.
Detto
ciò (mai ebbi
intenzione di sciorinarvi un sermone in materia, eh), #spreadthelove.
♥
piuma.