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Autore: Echocide    14/02/2018    6 recensioni
Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente, benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente.
Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò, ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore.
Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata.
Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei ormai aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti.
Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato.
Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto...
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La bella e la bestia
Personaggi: Marinette Dupain-Cheng, Adrien Agreste, Altri
Genere: romantico, fantasy
Rating: G
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.684 (Fidipù)
Note: Come sempre, per i ringraziamenti, ci vediamo alla fine del capitolo.

 

Plagg si lisciò il pizzetto, osservando l'enorme sala dai muri candidi e le rifiniture dorate completamente illuminata dalla luce del sole, le tende trasparenti si muovevano appena nella brezza, gli specchi erano lucidati e rimandavano il riflesso della la servitù si affaccendava per la stanza, sistemando i tavoli che occupavano gran parte della stanza.
Non gli sembrava vero di vedere nuovamente il castello all'antico splendore, di rivedere i suoi amici e compagni di lavoro nella loro forma umana e non come semplici suppellettili che si muovevano: «E' tutto magnifico. Non trovi?» mormorò una voce femminile, facendolo voltare appena e osservare la giovane donna che lo aveva appena affiancato: lo sguardo di Tikki era rivolto verso la sala, i lunghi capelli rossi erano legati in quell'austero chignon, in cui lei era solita tenerli e il vestito chiaro, con lo scollo quadrato, le fasciava il corpo: «Cosa stai guardando, maniaco?»
«Ehi, stavo notando che ti sono rimaste un po' di curve di quando eri una…» Plagg non poté finire la frase, avvertendo il dolore sulla guancia destra e ritrovandosi a fissare un punto dalla parte opposta, mentre il bruciore si espandeva lungo il suo volto: «Tikki!»
«Tu. Stupido maniaco!»
«Era un complimento!»
«In quale universo era un complimento quello?»
«Nel mio, mon petit fromage» dichiarò Plagg, prendendole una mano e portandosela alle labbra, sfiorandole con le delicatezza le nocche, tenendo lo sguardo in quello di lei e notando il disappunto che le si era dipinto sul volto: «Che cosa ho detto?»
«Mon petit fromage? Sei serio?»
«Sai che amo il formaggio e tu sei il tipo che più preferisco.»
«Il tipo che preferisci è il camembert…» Tikki spalancò la bocca, tirando via la mano da quelle di Plagg e portandosela al cuore insieme all'altra: «Mi stai dicendo che puzzo come il camembert?»
«Ma mon coeur, non ho detto questo…»
Plagg la fissò, mentre si raccoglieva le gonne e si voltava, camminando velocemente e raggiungendo la porta del salone, senza degnarlo di un secondo sguardo: ah, quella donna! L'avrebbe fatto diventare matto e, sinceramente, l'amava anche per questo.
«E' pazza di me» commentò, scuotendo il capo e sorridendo appena, mentre Nooroo lo affiancava e lo fissava con quella certa luce negli occhi, la stessa che poteva avere quando assecondava un malato di mente: «Fa solo la ritrosa.»
«Se lo dici tu…»
 
 
«E così la bella sposò il suo principe e vissero felici e contenti» Marinette si fermò, osservando i bambini seduti davanti a lei e sorridendo, mentre guardava gli occhi adoranti dei piccoli e tirava su le gambe, posando i piedi sulla panchina.
«Ma il principe era veramente fatto di metallo e carne, prima che la maledizione fosse sciolta?» domandò una delle bambine, inclinando la testa e fissandola: «Ed è stato veramente l'amore a sciogliere tutto?»
«Sì, Manon» mormorò Marinette, adocchiando un movimento e osservando il giovane che stava salendo i pochi gradini che portavano al gazebo: si era allontanata dalla festa nuziale, dopo l'ennesimo ballo e aveva cercato un po' di rifugio in quella parte del giardino, venendo attorniata dai piccoli ospiti che volevano sapere qualcosa della magica storia fra il principe Adrien e la bella Marinette.
Perché sì, fra le tante cose che Adrien le aveva omesso durante il suo primo soggiorno al castello, c'era anche il fatto che lui era un principe e niente meno che quello di Parigi, una carica ormai andata perduta dato che la città era sotto il potere dei Bourgeois.
Ad Adrien non era interessato riprendere il potere della famiglia e aveva lasciato esattamente tutto come era, Marinette aveva accettato la sua decisione, sebbene il piccolo sogno di sbattere in faccia a Chloé Bourgeois il fatto che fosse principessa di Parigi era nato.
Forse un giorno l'avrebbe fatto…
Forse.
«Ed io che credevo che avrei dovuto tirarti fuori dall'officina» dichiarò Adrien allegro, palesando la sua presenza ai piccoli e fissando la sua novella moglie: «Tikki ha portato la torta» continuò, osservando il piccolo pubblico della sua novella sposa e sorridendo alle grida piene di euforia che l'annuncio portò: si fece da parte, lasciando passare i bambini e osservandoli mentre correvano verso il castello e i dolci che li attendevano all'interno. Scosse il capo, riportando l'attenzione sulla moglie e trovandola mentre lo fissava interessata, il volto poggiato sulle ginocchia e il lungo abito colore crema che creava una cascata di stoffa attorno alla panchina; lo scollo quadrato dava un timido accenno del senno, stretto nel corsetto e i capelli scuri erano stati acconciati e impreziositi con roselline della stessa tonalità dell'abito. Era semplicemente bellissima.
Adrien salì gli ultimi gradini che lo separavano dalla novella sposa, rendendosi conto che anche lei lo fissava con lo stesso interesse e trasporto: «Cosa c'è?» le domandò, avvicinandosi e fermandosi davanti a lei, chinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie: «Sembri che…»
«Hai mai pensato a qualche arto in metallo?»
«No, Marinette. Abbiamo già fatto questo discorso» mormorò Adrien, sedendosi accanto a lei e spintonandola appena, osservandola perdere leggermente l'equilibrio e fissarlo male: «Per quanto io sia innamorato di te e farei qualsiasi cosa, l'amputazione non rientra fra queste.»
«Ma potrei occuparmi della tua manutenzione.»
«Ti ho detto di no.»
«Ma…»
«Marinette.»
«Un dito, magari?»
«Marinette no» dichiarò il ragazzo, alzandosi e osservandola mentre si scostava le lunghe gonne dell'abito, adocchiando gli scarponi che la ragazza aveva messo sotto il delicato ed elegante abito: «Quindi era per quelli che Mikko ha urlato stamattina?»
«No, ha urlato perché mi sono avvicinata all'abito mentre ero ancora sporca di fuliggine e olio per motori» borbottò Marinette, tirandosi su e sistemando meglio la gonna: «Ero certa che le sarebbe venuto un infarto: aveva il volto completamente rosso e aveva una vena che le pulsava in fronte.»
Adrien sorrise, allungando le mani e prendendo quelle della moglie fra le sue portandosele alle labbra, sfiorandole con delicatezza le nocche: «Che cosa stavi facendo in officina stamattina?» domandò, tirandola appena verso di sé e avvertendo sul volto il fiato caldo di lei: «Sei una cosa impossibile, andare in officina nel giorno delle tue nozze…»
«Dovevamo fare il primo lancio del Speriamo che non cadi uno» dichiarò Marinette, liberando una mano e sfiorando il volto del giovane con le nocche, un gesto che era ormai diventato loro: «Vooxi aveva detto che oggi il vento era perfetto.»
«E' la macchina volante che stavi progettando?»
«Proprio quella?»
«E com'è andato il volo di prova?»
«E' caduto» decretò la ragazza, passandosi la lingua sulle labbra e lasciando andare un respiro: «Forse abbiamo calibrato male il peso. Sono ancora lontana dal poter costruire un dirigibile…»
Adrien le passò le mani attorno alla vita, portandole indietro una ciocca, sfuggita all'acconciatura elaborata, e sorridendole: «Beh, avrai tutto il tempo che vuoi per provarci e ogni genere di materiale. Chiedi e ti sarà dato, principessa.»
«Te l'ho già detto che ti amo?»
«Mh. No. Oggi ancora no» Adrien le sorrise, chinandosi e sfiorandole le labbra con le proprie, invitandola a dischiudere la bocca e approfondendo il bacio, mentre la stringeva maggiormente contro di sé: «Pensi che qualcuno ci verrà a cercare, se scappiamo?» le bisbigliò, staccandosi da lei, giusto per riprendere un attimo il fiato, prima di continuare il bacio da dove l'aveva interrotto.
«Non lo so. Dove vuoi andare?»
«Beh, tesoro. In camera da letto ovviamente.»
«Oh.»
«Non sono una bestia, che fa certe attività all'aperto.»
«No, infatti. Non sei una bestia. No, no.»
«Sento un velato sarcasmo nelle tue parole, principessina.»
«Oh. Solo velato? Vogliamo parlare del nostro primo incontro? Mi hai fatto venire un infarto.»
«In verità ti ho fatto svenire da quanto ero bello» dichiarò Adrien, chinandosi e prendendo la moglie fra le braccia, cercando di raccapezzarsi fra gli strati di stoffa e sorridendo ai gridolini della giovane: «E poi ti ho portato in camera da letto in questo modo. Vogliamo ripetere il tutto?»
«Ci sto.»
 
 
Sophie osservò la giovane coppia, rimanendo nascosta fra le piante e sorridendo: «Te l'avevo detto che tutto sarebbe andato bene» commentò la voce maschile al suo fianco, facendola voltare e accentuare il sorriso: Gabriel era in piedi accanto a lei, il volto dai lineamenti severi rivolti verso il figlio e bello come il giorno che l'aveva conosciuto: «Non ho mai dubitato un giorno su quei due.»
«Non è vero» commentò la donna, scuotendo il capo: «Per un attimo hai tentennato anche tu.»
«Era per farti compagnia.»
Sophie storse le labbra, lasciando andare un sospiro e tornando a fissare la coppia: «Pensi che staranno bene? Che saranno felici?»
«Il loro amore sarà come una di quelle fiabe che leggevi ad Adrien da piccolo, prima di sparire nella foresta» commentò Gabriel passandole un braccio attorno alle spalle e tirandola a sé: «Quindi sì, nostro figlio e la fanciulla che ama, vivranno felici e contenti.»
«A meno che una fata non li maledica di nuovo.»
«Sophie, per l'amore del cielo, no.»
L'urlo acuto di uno degli ospiti, bloccò la donna mentre spostava l'attenzione sulla ragazza che, non molto lontano dal punto in cui era, stava maltrattando un povero servitore che aveva avuto l'ardire di non prestarle troppa attenzione.
Sophie inspirò, stringendo le mani e decretando dentro di sé che quella snob avesse veramente bisogno di una lezione: aveva saputo che era una ragazza di Parigi, invitata da Marinette sebbene questa le avesse sempre reso la vita un inferno, decretando così che la sua nuora aveva un gran cuore oppure una certa inclinazione al masochismo.
Doveva ancora decidere.
Ma quella tipa…
Oh, sentiva le dita prudere dal bisogno di lanciarle addosso una maledizione, di vederla trasformata nell'orrida creatura che era e vedere cosa avrebbe fatto.
«Però potrei farlo con quella biondina laggiù, mi sembra che abbia…»
«Sophie, è il matrimonio di nostro figlio, non ci saranno maledizioni o altro!»
«D'accordo, d'accordo.»
«Sophie.»
«Portami lontano da quella ragazza, ti prego» mormorò Sophie, socchiudendo gli occhi e inspirando profondamente più e più volte, mentre si dirigeva nella parte opposta del giardino ove si era spostata parte del ricevimento: «Prometto che lascerò che questa giornata si concluda come nella migliore delle favole.»
«Ovvero, amore mio?»
«Beh, con il classico 'E vissero tutti felici e contenti'.»


Devo ammetterlo: io non volevo scrivere questa storia e la ragazza, che me l'aveva richiesta, ha dovuto faticare non poco per convincermi. C'era già un qualcosa di simile, ispirato a questa favola sebbene abbandonato a se stesso e non volevo venire accusata di copiare o di prendere idee altrui. Insomma, c'è stato bisogno di un bel lavoro di convincimento, prima che cominciassi a buttar giù quasi un anno fa il prologo di questa storia.
E adesso, a quasi undici mesi esatti di distanza, si è conclusa e devo dire grazie a quella ragazza che mi ha permesso di gettarmi in questa avventura, dove alla favola che tanto ho amato da bambina (avevo un librone gigantesco, che facevo fatica a portarmi dietro, con tutte le favole e quella de La bella e la bestia era quella che adoravo leggere, sebbene non capissi perché era così differente al cartone animato che avevo visto. Quando sono stata più grande, poi, ho scoperto che la Disney aveva fatto una sua versione della storia e che ne esistevano altre) e, forse, già da questo dovevo capire quanto sarei stata connessa alla Francia: non solo per natali, ma anche per passione.
Alla mia favola preferita, ho anche aggiunto un genere che amo, lo steampunk, sebbene si veda veramente poco e sia solo un contorno al tutto.
E' stato un bel viaggio - e lo so, non lo finisco a rotolamento nel letto, ma...beh, volevo mantenere quell'atmosfera di fiaba che ho cercato di dare - e un po' è strano che si concluda. Non dovrò più dire: cavolo! Devo aggiornare anche La bella e la bestia, impazzire perché è lungo come titolo e abbreviarlo con B&B nei piani mensili che mi faccio.
Un altro viaggio si è concluso ma, ovviamente, il tempo di sistemare i bagagli e uno nuovo comincerà, sperando che tutti voi che leggete, che mi supportate e sopportate, siate nuovamente con me.
Ci vediamo alla prossima avventura
Echocide
 
 

 

 

   
 
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