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Autore: Eneri_Mess    14/02/2018    2 recensioni
Lance, dopo quasi un anno terrestre, si ritrovò davanti il brutto muso del suo rivale per eccellenza, lo stesso muso che aveva preso a pugni e per cui era stato sbattuto fuori dalle file divine dell’esercito e degradato a lavoro di Cupido.
[Per l'iniziativa San Valentine's Secret Lover di Voltron LD - IT]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa all’iniziativa “San Valentine’s Secret Lover” organizzata da Voltron Legendary Defender - IT.
Scritta per Fer H Mertens!

Crosspostata per il Cow-t, quinta settimana.
Prompt: Rivali
Numero Parole: 4995





 

Lance si ricordava di Keith. Oh sì, se lo ricordava molto bene.

Keith Kogane, promettente in tutto e angioletto prediletto di Takashi Shirogane, arcangelo per cui metà del Paradiso spasimava e l’altra metà aspirava trasognante di seguirne le orme. Ma quella era un’altra storia.

Lance, dopo quasi un anno terrestre, si ritrovò davanti il brutto muso del suo rivale per eccellenza, lo stesso muso che aveva preso a pugni e per cui era stato sbattuto fuori dalle file divine dell’esercito e degradato a lavoro di Cupido.

Ok, se avesse dovuto ammetterlo, tutto sommato era stato un cambiamento in positivo. Aveva scoperto di avere una certa vocazione per il nuovo incarico, oltre a diversi vantaggi.

Punto primo, era un tiratore scelto, dote che gli era valsa l’(auto)nomina di Sharpshooter - gli altri Cupido in realtà lo chiamavano melodrammaticamente Right in the Kokoro, ma con la loro invidia Lance ci si lisciava i capelli la mattina.

Punto secondo, osservare le persone innamorarsi gli risollevava sempre la giornata, forse per via di tutte le telenovelas e film romantici che aveva visto insieme a sua madre e sua nonna quando era vivo. A volte succedevano delle vere e proprie Love Comedy stile Pretty Woman, o Il matrimonio del mio migliore amico o ancora Ricatto d’Amore. E tutto per merito suo.

Certi giorni si sentiva al pari di una Musa ispiratrice, quando non solo vedeva sbocciare l’amore grazie alle sue frecce, ma coglieva anche le persone intorno accorgersi talvolta di quello che stava succedendo. Era così bello vedere le sue creazioni fatte coppie innamorate ammirate anche da semplici passanti, o ancora meglio invidiate dai suoi colleghi di lavoro, così pigri che la percentuale di divorzi e coppie che troncavano malamente stava preoccupantemente aumentando.

Ma tornando alla realtà, Lance si ritrovò davanti Keith un mese prima dell’evento più importante per tutta la società cupidica e degli innamorati. San Valentino era alle porte e Coran, capo della sezione Cupido, doveva essere in vena di scherzare quando lo chiamò per un “incarico speciale”.

« Lui è Keith. Ha discusso con uno dei Principati e lo hanno spedito qua da noi come punizione disciplinare. Non capisco perché finiscono col mandarci sempre combina guai... e poi si lamentano che l’amore vada a rotoli! »

Ma né Lance né Keith stavano ascoltando il dramma di Coran. Lance perché si stava rifiutando di connettere incarico speciale con l’arrivo di Keith, o anche solo la presenza del “promettente futuro arcangelo” lì in quella che era diventata la sua oasi felice.

Keith che invece, braccia incrociate, sguardo imperscrutabilmente imbronciato, dimostrava di essere contento quanto un gatto buttato in mezzo a un cumulo di neve. E non sembrava aver minimamente preso in considerazione Lance.

« … quindi, considerando che San Valentino è il prossimo mese e che dobbiamo far quadrare i bilanci in qualche maniera, ho deciso che i Cupido lavoreranno in coppia e ti affido Keith perché tu lo istruisca. La sua prova pratica è stata mediocre, ma dobbiamo tenercelo finché non si saranno calmate le acque e tu Lancey sei il migliore che ho in campo al momento »

« Non sono stato addestrato a tirare frecc- »

« COSA!? » Lance parlò sopra al suo rivale di sempre, lì nella vita ultraterrena, agitando le mani per aria e quasi colpendolo. « Coran non puoi essere serio! Io non ci lavoro con lui! È per colpa sua se sono finito qui! »

« Io non ti conosco » fu la lapidaria replica di Keith, messosi in disparte di fianco a loro.

Lance sentì l’indignazione colpirlo come un centro al Luna Park.

« Eravamo insieme nella divisione Garrison! Alle dipendenze di Iverson! »

« Davvero? Eri un angelo dell’esercito? »

« Sì! Eravamo… rivali! Lance e Keith, testa a testa! Ti ho preso a pugni una volta! »

Keith lo guardò per la prima volta come se finalmente lo riuscisse a inquadrare e la sua memoria si stesse svegliando.

« Mi ricordo di te. Eri un cadetto »

« Be’, ora grazie a te sono il migliore qui! »

Coran richiamò la loro attenzione, battendo le mani insieme con uno schiocco sonoro.

« Grazie Lance per aver sottolineato i tuoi meriti. A questo proposito, Keith è affidato a te. Il suo punteggio di successi farà media col tuo a San Valentino! Vi auguro di non deludermi! »



 

Lance non era mai stato all’Inferno. Tuttavia, con tutte le imprecazioni che aveva lanciato nelle ultime tre settimane, a volte facendosi scappare un Santo o due, si sorprese che non gli fosse arrivata una qualche nota disciplinare dai Piani Alti e una vacanza in direttissima nel terzo girone del settimo cerchio.

« Per l’ennesima volta yankee, mettici sentimento! »

« Al diavolo! »

La freccia si piantò sulla spalla del bersaglio, un tipo in giacca e cravatta che stava correndo sotto la pioggia tenendosi la ventiquattrore sulla testa a mo’ di ombrello, per poi dissolversi qualche istante dopo. L’uomo si bloccò, girandosi a guardare se qualcuno lo avesse urtato, ma nella folla di passanti con l’ombrello non incontrò lo sguardo di nessuno. Riprese a correre.

« Aah, non andremo da nessuna parte di questo passo! Dammi qua e sta’ a guardare »

Lance afferrò l'arco di Keith e prese una freccia dalla faretra - com’erano all’antica nella sezione Cupido, non capiva perché non passassero a mezzi meno antiquati. Puntò di nuovo l’uomo in completo, prese un respiro, mirò e scoccò. In rapida successione, senza neanche controllare di aver fatto c’entro nel petto del tizio, incoccò una seconda freccia e ritrovò nella folla l’ombrello con la fantasia di un anguria che stava andando nella direzione opposta.

« Bang! » mormorò, un attimo prima di lasciare andare la corda.

Un sibilo nell'aria, anche la seconda freccia andò a segno e, semplicemente, successe qualcosa. O come adorava dire Lance:

« L’amore è servito! »

Keith rimase a fissare la scena. L’uomo tornò sui suoi passi, come se avesse dimenticato qualcosa. La donna si voltò, cercando qualcuno nella folla. Si incontrarono. Per com’erano lontani i due Cupido, la conversazione fu impossibile da capire, ma lei gli offrì riparo sotto lo sgargiante ombrello; nel grigiore generale della strada e del tempo, lui sorrise come non pareva fare da tempo.

« Visto? È questione di sentimento. Ma anche di polso. A seconda di dove colpisci le probabilità che funzioni aumentano! Però a questo proposito dipende anche dal tipo di persona che hai davanti. Ci sono storie che è meglio che comincino con la testa - e si picchiettò la tempia, senza perdere l’aria da maestrino - e a volte altre che potrebbero iniziare con una botta e via, se mi capisci »

Ma Keith aveva di nuovo il muso lungo di un bambino che si lambicca perché la forma a stella non entra nella sagoma del quadrato.

« Tutto questo è stupido »

Lance roteò gli occhi. Ecco la risposta di Keith alla vita, l’universo e tutto quanto. Non si sforzava neanche di capire o immaginare. Lo afferrò per un polso, trascinandolo sul bordo del palazzo su cui si erano sistemati. Anche se pioveva, l’acqua non li sfiorava, trovandosi nella loro forma metafisica.

« Seguimi e non fare storie »

Con un balzo saltarono giù dal tetto, planando fino ad atterrare sul ciglio del marciapiede. La coppia che avevano appena fatto incontrare era entrata in una caffetteria all'angolo, sistemandosi a uno dei tavolini vicini alla vetrata. Stavano già chiacchierando davanti a un caffè e un tè, lasciati essenzialmente intonsi a fumare.

Keith osservò come l’espressione di Lance si fosse ammorbidita e osservasse la scena neanche stesse leggendo un libro che conosceva a memoria, ma in grado di farlo sempre palpitare dall’emozione. Ancora una volta, non capì.

« Lei sta finendo un corso per web designer, anche se la sua vocazione è l’arte, pittura in particolare, ma di recente sta sperimentando il disegno digitale e le sta dando parecchia soddisfazione. Cerca di ottimizzare la sua passione con un lavoro concreto perché le piace poter essere indipendente e avere i soldi per i suoi interessi. Lui è da poco diventato socio di uno studio di avvocati. La sua aspirazione era di lavorare nell’ufficio del procuratore, ma ha ripiegato quando gli è stato offerto questo nuovo posto. I suoi vivono in un’altra città, lui si è trasferito per fare carriera, ma gli mancano le sue radici e così da poco ha preso un gatto »

Keith annuì, senza capire. Erano le stesse informazioni che avevano letto quella mattina nei file assegnati, nulla di nuovo. Tuttavia, per come le aveva elencate Lance, suonavano molto diversamente. Come se ci tenesse, come se, a tutti gli effetti, fossero l’estratto di una qualche storia.

« A lei piace il tè. Senza zucchero, latte o limone. Bollente, da scottarsi. Lui è più da caffellatte, ma si è abituato a bere caffè espresso perché è sempre di fretta. Però non rinuncia a due cucchiaini di zucchero »

Ora Keith era disorientato e tornò a fissare i loro due obiettivi in cerca di quei dettagli. Avevano i visi vagamente arrossati dal cambio di temperatura tra fuori e dentro, le mani che giocherellavano con la rispettiva tazza e tazzina, ma lo sguardo che non si staccava da quello dell’altro. 

« Queste cose non c’erano nel fascicolo » obiettò, ma si sentì anche stupido. Si sentiva molto stupido da tre settimane, perché quell’incarico da Cupido era ridicolo. C’erano angeli impiegati a dare la caccia a demoni, mentre lui se ne andava in giro a scoccare frecce e tentare vanamente di far scoppiare la scintilla dell’amore tra due persone. E neanche ci riusciva. Era Lance, l’ex cadetto con cui una volta si era azzuffato e di cui ancora non ricordava molto, che stava facendo il lavoro per entrambi. Da come lo faceva, sembrava tutto così semplice: incoccare, mirare, lasciare. E puff, ecco due perfetti sconosciuti entrare improvvisamente in sintonia. Il tutto era enormemente frustrante e imbarazzante per Keith.

Comunque, Lance ignorò la sua constatazione, troppo preso a fissare la sua nuova opera d’arte in divenire. I due nella caffetteria si erano appena sfiorati, per sbaglio, cercando di prendere un biscotto dal piattino.

« Sai cosa hanno in comune? » riprese, con un sospiro soddisfatto, tornando finalmente a guardare Keith in faccia. Il moretto si fermò prima di fare un cenno di diniego. Era arrabbiato con se stesso e anche con la nonchalance di Lance, e non voleva dargli corda. Ma anche senza replica, incurante dell’espressione del suo “allievo”, l’altro angelo continuò.

« A entrambi piace la pioggia »

Successero varie cose in quel momento. La prima, fu il silenzio tra di loro. Lance tornò a guardare la vetrina, canticchiando le parole di una canzone in spagnolo che Keith non colse. La seconda, fu che Keith non colse la canzone perché rimase imbambolato a fissare Lance, il rumore delle gocce del maltempo che divenne l’unica cosa su cui il suo udito si concentrò, assordante e battente come se avesse le risposte alle parole di Lance. La terza, però, fu che qualcosa si smosse, dentro di lui, all’altezza di quel cuore che Lance tanto reputava importante. O forse fu più in basso, nello stomaco. O gli formicolò tra le spalle. Qualunque cosa fosse, incomprensibile, gli fece sentire caldo lungo il collo e a salire, nel guardare Lance.

Stupido. Tutto era così stupido.

« Chi si innamorerebbe di questo tempaccio? » borbottò Keith, abbassando lo sguardo, cercando di trovare qualcos’altro su cui concentrarsi, ma la verità fu che finì anche lui a fissare la neo coppia nella caffetteria. Lui stava ridendo, i capelli ancora umidi di pioggia, lei sorrideva nel portarsi una ciocca dietro l’orecchio, le loro dita così vicine che Keith poteva già immaginarle intrecciate. Era così che Lance pre-vedeva l’amore?

« Io. Io amo la pioggia » Lance sbuffò, piazzandosi nel suo campo visivo con le mani sui fianchi, il busto in avanti e il viso all’insù, per guardarlo dal basso verso l’alto. « A ogni modo, abbiamo questioni più urgenti qui. Tu ancora non riesci a far innamorare due persone e tra una settimana è San Valentino. Non intendo macchiare il mio record personale perché le tue frecce fanno cilecca. Quindi ora si fa come dico io »

Keith avrebbe volentieri piantato le mani in faccia a Lance per allontanarlo da sé, ma la stessa sensazione serpeggiante, senza senso, lo inchiodò a fissare Lance negli occhi. Erano blu, un bel blu, che si sposava con il tono scuro della pelle. La sua risposta tardò ad arrivare, tanto che Lance sollevò interrogativamente un sopracciglio.

« … bene. Cosa vuoi fare? » domandò Keith con voce poco incoraggiante. Per sé, perché Lance non sembrava disposto ad accettare un no.

« Terapia d’urto. Domani, pic nic al parco. Al pranzo ci penso io, tu mettiti degli abiti civili civili e molla a casa quel coltellaccio che ti porti dietro. Vediamo di farti provare qualche emozione »




 

Al parco fu un disastro. Era Febbraio e il prato era freddo e umiciddio, la coperta anche se spessa poco utile, e Keith odiava apparire nella sua forma fisica e ritrovarsi con gli sguardi della gente addosso, soprattutto con Lance che si era preso parecchia confidenza, dal passargli un braccio sulle spalle a trascinarlo in giro per la mano. E proprio Lance, al contrario, sembrava il classico tipo estroverso che sorrideva - e ci provava - con tutti.

La mattinata fu densa di spiegazioni sull’amore, citazioni da canzoni, poeti, film, romanzi; Lance indicò persone su persone che passavano, descrivendo il loro stato sentimentale come se avesse di ognuno un fascicolo. Questa cosa Keith non riusciva a capirla.

« Come ci riesci? »

« A fare cosa? »

« A dire… a capire tutte queste cose sulla gente »

Lance sorrise, poggiando le braccia sulle gambe piegate, seguite dal mento. I suoi occhi vagarono sugli avventori al parco, imbacuccati in cappotti, sciarpe e guanti colorati e, come davanti alla caffetteria, sembrarono in grado di scrutare ben oltre gli strati di vestiti e le espressioni del volto.

Quando Lance si girò nella sua direzione, con un plateale ghignetto sul viso esotico, Keith si sentì nudo.

« Intendi tipo… immaginare che preferisci il caffè nero e forte? Perché ti aiuta a svegliarti quando hai difficoltà a dormire? Anche se scatti se ti chiamano sull’attenti? » iniziò a elencare faceto, per ogni menzione sollevando un dito della mano, pur rimanendo nella stessa posizione con le braccia intorno alle gambe. Keith, al suo fianco, anche troppo vicino, aveva l’espressione di un condannato all’ergastolo. « Non ti tagli i capelli perché ti dimentichi; preferisci la doccia alla vasca; ti piacciono i gatti anche se… ho idea che il tuo animale preferito sia un altro, molto più grosso, mmh… strano, magari andiamo allo zoo la prossima volta. E… oh, ma sei anche un golosone! »

Il rossore raggiunse Keith in posti dove non pensava neanche di poter provare imbarazzo.

« Come diavolo sai- Chi- »

Lance si fece serio improvvisamente, scrutando Keith nelle sue iridi violacee, pronto a rivelare un segreto inconfessabile.

« È giusto che tu lo sappia. Non lo sa nessuno… » si chinò in avanti, dimezzando la distanza tra di loro e Keith sentì di doversi avvicinare a sua volta, dubbioso e ammantato nel suo cipiglio ancora imbarazzato e sempre spigoloso. Lance si schiarì la voce, leccandosi le labbra. Keith non perse un movimento. « Devi sapere che io… ecco io... »

La suspance stava ammazzando i nervi scoperti di Keith, ancora col sangue a pulsargli nelle orecchie per le rivelazioni azzeccate da Lance, mentre quest’ultimo sembrava aver perso il filo del discorso, imbambolato a fissarlo.

« Tu cosa? » incalzò Keith, sentendo il calore della loro vicinanza.

Lance si ridiede un tono, svegliandosi dall’impasse. Tornò ad avere una faccia fin troppo drammatica.

« … io sono Batman »

A Lance ci volle quasi un’ora per riuscire a farsi parlare di nuovo da Keith, rincorrendolo per mezza città dopo che l’angelo si fu alzato per piantarlo in asso e averlo minacciato alla giugulare con una delle frecce.

« Dai, pace, su, stavo scherzando. Lo so che non hai senso dell’umorismo »

Keith era pericolosamente vicino al dargli fuoco con lo sguardo. Lance alzò le mani a resa, o a difesa.

« Ce l’ho davvero un segreto, ok? Niente di eclatante, una cosa da angeli alla fine. Oddio, non così comune. Comunque, sono un empatico. Trucco svelato! Contento? Mi odi ancora? »

« Non ti odio » disse per prima cosa, in automatico, senza pensarci. Poi aggiustò il tiro. « Leggi la mente degli altri? »

« No no, figuriamoci, si impazzisce con una cosa del genere. Diciamo che percepisco le emozioni e formulo delle ipotesi »

« Non ha senso questa cosa. Ipotesi? Ci hai preso in pieno prima »

Lance si grattò la nuca, guardando da un’altra parte, torturandosi il labbro con i denti.

« Ok, confessione… almeno per la prima parte non ho dovuto tirare troppo a indovinare. Il caffè ti ho visto berlo un sacco di volte, solo che tu non te ne sei mai accorto. Riguardo al dormire male, è cosa nota. I tuoi compagni di camerata non ti hanno mai amato particolarmente e ne parlavano in continuazione, di come ti agiti nel sonno, anche se comunque mi è capitato una volta di finire nel tuo stesso dormitorio e vederlo di persona. E ho anche assistito al tuo scattare sull’attenti con appena due ore di sonno, senza battere ciglio »

La voce di Lance si spense e lui si arrischiò a guardare verso Keith, come un ladro pentito.

« Non mi ricordo… di te » farfugliò Keith, preso in contropiede da quelle rivelazioni. Era come se Lance ci fosse sempre stato e lui non se ne fosse mai reso conto. Lance fece spallucce. Era acqua passata.

« Però sulle altre informazioni personali ci ho preso, giusto? »

Keith assentì.

« Allora, qual è il tuo animale preferito, se al primo posto non c’è il gatto… ? »

Lo scambio di sguardi che intercorse tra i due era quello delle tacite promesse. Dillo a qualcuno e ti ammazzo, in sostanza. Keith sbuffò.

« … mi piacciono gli ippopotami »

 

Lance gli aveva lasciato un biglietto per la sera del tredici Febbraio.

Ci vediamo davanti al Sunshine alle 8.30.
Vestiti casual e niente pugnale.
Puntuale!

Lance era in ritardo di circa venti minuti quando Keith sentì un frullio d’ali inconfondibile, un rumore metallico e un’imprecazione. Dal vicolo di fianco al locale apparve Lance, sorridente anche se si massaggiava un ginocchio.

« Avevo delle scartoffie in arretrato che Coran voleva compilate prima di domani » si giustificò, anche se Keith non aprì bocca sul ritardo.

« Che cosa dobbiamo fare? » chiese invece.

Il fatto che Lance si fosse tirato su in tutta la sua altezza, spalle dritte, petto in fuori, posa da eroe e maglietta con scritto I can feel your halo e più piccolo in basso … and your dirty secrets sotto il parka invernale, non fu rassicurante.

« Cenare! »

« … cenare? » Keith si sentiva un idiota a ripetere quello che diceva Lance, ma era più forte di lui, meccanico, perché ogni cosa di Lance era fuori dai suoi schemi.

« Yep. Noi due, in questo posticino romantico, alla soglia dell’evento più importante per noi Distributori D’Amore! … no, ok, “distributori” suona proprio male. Diffusori? No, neanche, poi passiamo per dei profumatori d’ambiente. Comunque. In quanto Cupido, domani sarà una giornata intensa e questo è il mio ultimo tentativo di farti provare un briciolo di empatia per questo incarico… ho detto davvero empatia? »

« Ma-- Credevo avessimo finito il mio addestramento ieri! » protestò Keith, agitandosi improvvisamente. Con la coda dell’occhio adocchiò il locale di fianco a loro, con una grande insegna in giallo splendente, decorazioni rosse cuoriforme e fiori ovunque.

« Punto primo, per citare mia nonna e un sacco di saggi prima di lei, non si finisce mai di imparare. E tu ancora di strada in questo campo ne hai da fare. Se le coppie che colpisci rimarranno insieme più di tre mesi sarà un traguardo! Punto secondo… prendila come una lezione extra. Qualcosa per caricari. A mezzanotte cominciamo la ronda di ventiquattr’ore e io voglio fare il miglior punteggio di sempre! »

Alzò la mano per un batti cinque, ma Keith non si mosse dalla sua posizione con le braccia abbandonate lungo i fianchi.

« … e quindi? »

« E quindi adesso entriamo, ci sediamo alla prenotazione Klance - sì, ho mischiano i nostri nomi, sul momento non mi è venuto niente di meglio - e scegli dal menù quello che ti pare! Scommetto del filetto, al sangue. Poche verdure, più patate arrosto. Comunque, offre Coran, anche se ancora non lo sa »

Lance fece per dirigersi verso l’ingresso, ma Keith lo bloccò per un braccio con ancora un filino di non ho capito che traspariva a lettere cubitali sulla sua faccia.

« Ma perché? »

« Perché… » Lance guardò ovunque, meno che Keith, in cerca di ispirazione. « … puoi imparare qualcosa sui sentimenti anche andando a cena con qualcuno! Il cibo è uno dei momenti di condivisione massima. Domani la giornata sarà piena di pranzi e cene romantiche. Questa cosa non te l’ho spiegata »

Alla fine riuscì a trascinare Keith dentro al Sunshine. Lance conosceva tutto e tutti come al solito; salutò calorosamente sia la caposala che il cuoco, presentò Keith come la sua attuale conquista e si fece promettere un trattamento speciale visto che era quasi San Valentino.

Keith si sedette sul divanetto a semicerchio del tavolo neanche fosse stato ricoperto di spine. Si guardò intorno, vagliando la sala come gli avevano insegnato all’accademia, cercando vie di fuga, punti deboli nella struttura, oggetti che potessero tornare utili in uno scontro.

« RIlassati » mormorò Lance, anche se dalla posa delle spalle un filo di tensione era evidente anche in lui. La mascherò seppellendo il naso nel menù. « Ecco guarda, hanno il filetto tra i piatti del giorno! »

« Ci sono solo coppie » l’osservazione di Keith costrinse Lance a mollare la sua copertura, dando un’occhiata in giro. L’atmosfera era tranquilla, c’era un chiacchiericcio non fastidioso, appartato, e dove non si parlava c’erano sguardi e musica d’ambiente di sottofondo. Su ogni tavolino c’era una candela accesa e una decorazione a tema San Valentino. Le coppie erano le più varie, in realtà anche un papà con la figlia e una nonna col nipote, oltre a due amici in un angolo e due ragazze, con ancora la divisa del lavoro, intende a raccontarsi animatamente qualcosa.

Lance sorrise.

« Rilassati » ripeté, e lo disse anche a se stesso, sistemandosi con la schiena contro lo schienale più comodamente e voltando il capo verso Keith. Misurò con lo sguardo la distanza che li separava. Non era poi tanta, poteva piegare un po’ la gamba di lato e lo avrebbe toccato. « Non tutte le coppie di San Valentino sono mmh… canoniche. L’amore ha un milione di sfumature e si riflette in altrettanti tipi diversi di relazioni. È affetto tra famigliari, tra amici e tra colleghi » e con un gesto ampio indicò alcuni dei tavoli appena scrutati. « È bello vedere come le persone colgano l’occasione per festeggiare a modo loro una festività millantata per coppiette innamorate »

Lance si aspettava un’altra delle espressioni di Keith in cui esprimeva i suoi dubbi sull’aver compreso le sue parole, ma ne scoprì una nuova. Una nuova che si persa a osservare. C’era della malinconia, insieme alla voglia di capire. Stava scrutando intensamente i tavoli con le coppie non innamorate e Lance colse il momento, con la scusa di cambiare punto di vista, per portarsi più vicino, quasi a sfiorarlo. Keith non si scostò, perso altrove con la mente.

« Hai trovato qualcosa che ti ispira? » non ricevendo risposta, Lance continuò. « Per esempio… I tuoi nonni ti hanno mai portato fuori per occasioni simili, quando eri vivo? Io e mia nonna lo facevamo spesso. Ero la sua briciola - ero il più piccolo in casa, prima dell’arrivo dei miei nipoti - e quando mio nonno è morto ero io a chiederle di uscire. Finsi anche di essere la nuova fiamma di mia sorella una volta, per far ingelosire il ragazzo che le piaceva. Fu davvero divertente! »

« Non avevo una famiglia in vita » rispose in fine il moretto, lasciandosi scivolare contro lo schienale della seduta, tornando a una faccia più da Keith, come se fosse un argomento a cui era avvezzo, nulla di nuovo o incidente.

« Oh… Oh. Accidenti. Questa cosa non l’avevo percepita » mormorò Lance, grattandosi nervosamente la nuca. « Scusami. P-Parliamo d’altro? »

Keith lo scrutò negli occhi e fu il turno di Lance di sentirsi vagamente intrappolato.

« In questo mese non hai fatto altro che parlarmi d’amore. Mi hai ripetuto in continuazione che far innamorare due persone è questione di sentimento » sbuffò, incrociando le braccia, abbassando lo sguardo per fissare un punto impreciso del tavolo. « Non ho mai provato… non mi sono mai innamorato. Ero un orfano in vita e sono diventato un soldato dopo la morte. Fine. Non ne so niente di amore e non posso essere un Cupido, a questo punto. Domani non funzionerà »

Lance fece cenno al cameriere di aspettare per prendere le loro ordinazioni. Prese un respiro profondo, prima di cercare le parole da usare con Keith, non aspettandosi la piega presa dal discorso.

« So che vuoi bene a Shiro » Keith alzò di scatto la testa a sentire il nome. Lance si affrettò ad andare avanti nel discorso, anche se era incerto dei passi che stava per fare. « Vi vedevo alla Garrison. Quando eri con lui, non eri il classico Kogane-Musone o Kogane-Sono-Il-Migliore. Shiro riesce a farti essere… qualcun altro. Te stesso forse? Comunque, Shiro riesce a farti sorridere » e non era una domanda, nonostante Keith ebbe quasi l’impulso di rispondere, ma Lance proseguì. « Non so quanto lui sia importante per te- »

« È come un fratello »

« -Ok, gli vuoi bene come un fratello » Lance si tirò un po’ indietro per lasciare libera la visuale a Keith e indicargli col pollice di nuovo le coppie di prima. « Quei due ragazzi che chiacchierano davanti alla birra e al bicchiere di vino potreste essere tu e Shiro, pensaci. Due amici che hanno scelto un posto qualsiasi per parlare e stare insieme, anche se addobbato per San Valentino. Non sei incapace nell’amore, forse non conosci i modi per esprimerlo, è diverso. A ogni modo, detto tra noi, se tu non fossi capace di provare dell’affetto verso qualcuno, dubito che ai Piani Alti ti avrebbero fatto reincarnare in un angelo. È tipo una regola non scritta. Puoi dare la caccia ai demoni e farti un bagno di sangue con loro, ma senza un briciolo di compassione saresti finito Giù, non Su » e sottolineò il tutto indicando i rispettivi piani metafisici post mortem. « Inoltre, niente e nessuno ti vieta di allargare i tuoi orizzonti affettivi verso qualcun altro che non sia Shiro. Non sei un maestro dei rapporti sociali, lo abbiamo capito, ma posso aiutarti io. Potresti conoscere gente nuova e intraprendere altre relazioni, ecco »

Keith si prese qualche secondo per registrare e processare il discorso. Qualche secondo in cui il suo cipiglio si acuì talmente tanto che Lance fu pronto a tapparsi le orecchie all’arrivo della sfuriata.

Ma quando Keith ebbe raggiunto un personale verdetto, Lance si ritrovò a fare i conti con un inaspettato salto carpiato all’indietro del proprio cuore; Keith gli stava sorridendo, sorrideva, a lui, apertamente, senza guizzi agli angoli degli occhi o ghigni arroganti. Sorrideva non poi tanto maldestramente, anche con lo sguardo.

L’empatia di Lance subì un override, impantandosi nelle emozioni che gli arrivarono tutte insieme. Quando poi Keith parlò, Lance pregò il proprio ex Angelo Custode - che non aveva fatto un gran lavoro in vita - affinché non arrossisse furiosamente.

« Tipo... cominciare con te? »

Oggettivamente, Lance sapeva che era una frase detta con innocenza da Keith, probabilmente il re del non capisco i doppi sensi, i giochi di parole e tutto il resto, ma il suo petto tentò di nuovo un’acrobazia, coinvolgendo anche lo stomaco. Perché per lui fu quanto una proposta… proposta. Di quelle che giornalmente sentiva dalle sue coppiette innamorate.

Un conto era avere a che fare con il Keith scorbutico, testardo e brusco, il tipo che riusciva in ogni simulazione o missione, e neanche se ne vantava, perché era così superiore da non dover interagire con il resto della plebaglia. Sull’altro versante, ora, dopo solo un mese passato gomito a gomito a spiegargli cosa fosse l’amor che move il sole e l’altre stelle - citazione presa più terra terra, senza allegorie - Lance si ritrovava la metà di Keith che non conosceva. La metà che pareva sempre essere stata appannaggio di Takashi Shirogane e che Lance, ai tempi della Garrison, vedeva e non capiva, andando continuamente in conflitto con se stesso. Quella parte di Keith che per tanto tempo aveva invaso i suoi pensieri, rivalità o meno.

« Lance? »

Lance si accorse di essersi bloccato a metà di qualsiasi cosa stesse facendo, la bocca aperta come un pesce. Annuì, senza riuscire a smettere di fissare Keith. Erano vicini, parecchio. Il calore che Lance sentiva doveva essere quello di Keith, e si chiese se la sensazione fosse reciproca. Le loro dita erano a un passo dal toccarsi.

« Io… credo dovremmo iniziare a ordinare la cena o non faremo in tempo a prepararci per la ronda »

L’assenso di Keith fu secco, anche se quando abbassò il viso verso il menù a Lance non sfuggì un piccolo avanzo del sorriso più ampio di prima.

Ok, l’aveva combinata grossa. Perché empatia o meno, certe avvisaglie le sapeva riconoscere a occhi chiusi.

 

« Ehi Lance… domani farò più centri di te. Non ho intenzione di farmi battere »





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Questa storia è nata da una chiacchierata con Giorgia G. e ha preso vita tra ieri e oggi per mancanza di tempo. Mi scuso per gli errori, le citazioni a casissimo e l'inconcludenza... il contesto poteva anche essere carino, magari trattato meglio çwç 
Però, ora, voglio Lance cupido *love* e qualcuno vada a salvare Keith! 
Dedicata anche a Yuki Delleran che se ne è subito innamorata =) 

 
   
 
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