25
Apparenza
Simadè
intrecciava e pettinava con cura i capelli del suo signore. Li stava
adornando
con perle dorate e trecce complesse. Keros, seduto in silenzio davanti
allo
specchio della propria stanza, lo lasciava fare. Il demone, mentre il
principe
si trovava lontano per addestrarsi, era vissuto a palazzo ed aveva
imparato
tutto il necessario per servire al meglio l’erede al trono.
Oltre alla
capigliatura, Simadè aiutò Keros ad indossare la
lunga veste regale,
allacciando con fiocchi e catene il complicato intreccio che la
chiudeva.
“Rispondimi
sinceramente, Simadè” parlò Keros,
scegliendo un orecchino.
“Parlate
pure, altezza” fu la risposta del servo.
“Nella
vita… conta l'apparenza. Dico bene?”.
“L’apparenza?”.
Il
principe
sospirò, mentre l'Incubus ne contornava pesantemente gli
occhi di nero,
rendendoli lievemente spettrali.
“Non
conta
quel che siamo veramente…” riprese Keros
“L'importante è mostrare agli altri
quel che vogliono vedere. Giusto?”.
“Mio
signore… Sinceramente non comprendo del tutto da dove possa
scaturire tale
ragionamento ma… suppongo abbiate ragione. Le persone attorno
a noi si aspettano
determinate cose, determinati atteggiamenti. Insomma… Io non
posso mettermi a
correre nudo per le sale reali, per esempio”.
“E
ti
piacerebbe farlo?”.
“Non
ci ho
mai pensato…”.
Keros
non
parlò e continuò a specchiarsi, trovando strano
quel suo aspetto dopo il tempo
trascorso fra gli angeli.
“Se
posso
avere l'ardire di riportarvi un esempio…” riprese
l’Incubus, finendo di
sistemare i capelli “…durante i miei giorni di
servizio qui a palazzo, mi è
capitato di avere a che fare con il re. Ed in alcune situazioni, era
chiaro che
gli mancavate molto. Era una persona diversa da come si mostra al
popolo. E voi
lo sapete meglio di me. Per governare, mostra il suo lato freddo e
crudele.
Però in realtà non è solo
così, ha molte sfaccettature. Questo vale un po' per
tutti”.
“Il
popolo
si aspetta da me che io sia un principe…”.
“Suppongo
di sì, altezza”.
“Bene.
In
questo caso… Mostrerò loro il principe migliore
che possa esistere!”.
Camminando
lungo il corridoio, con il lungo strascico regale che frusciava sul
pavimento
lucido, Keros riconobbe alcuni suoi colleghi di addestramento. Era
lieto di
vedere che fossero riusciti ad entrare nel corpo delle guardie regali.
Vedendolo, salutarono rispettosamente e si misero
sull’attenti. Il principe
tentennò, provando il desiderio di scambiare quattro
chiacchiere. Ma capì che
gli impegni regali erano ben più urgenti.
Scortato
da
Asmodeo, Keros raggiunse l’ufficio dove Lucifero svolgeva le
sue pratiche. Con
la corona poggiata immediatamente sul tavolo, perché lo
infastidiva sulle
orecchie, il principe iniziò a leggere alcuni documenti.
Azazel, con un
inchino, si mise a spiegare quali fossero le questioni più
importanti da
sbrigare e quali invece potevano essere momentaneamente accantonate.
“Abbiamo
appena ricevuto una richiesta dalla città alleata di
Gehenna” spiegò il demone
messaggero, mostrando la missiva “Richiedono
approvvigionamenti. A quanto pare
il loro raccolto non è stato buono”.
“La
nostra
città è ben fornita?” chiese Keros,
osservando la lettera ed il timbro del
demone che la governava.
“Sissignore.
Certo” annuì Azazel.
“Allora
mandate quanto richiesto. Gli alleati vanno sempre trattati
bene”.
“Provvedo
immediatamente ad inviare l’ordine. Necessito solo del
sigillo regale…”.
Il
principe
scrisse personalmente l’ordine e lo timbrò con
l’anello con inciso il simbolo
del re. Come primo atto da sostituto reggente, si sentiva soddisfatto.
Erano
trascorsi diversi giorni ormai. Lilith, preoccupata, aveva raggiunto re
Lucifero nel mondo umano. Lo aveva trovato, nascosto fra le insenature
della
roccia che portavano alla cascata. Con lo sguardo perso nel vuoto e
rivolto
verso l’alto, il demone cantava. Lilith lo chiamò,
senza risultato.
“Ti
proteggerò”
cantava Lucifero “Passerà il giorno, finiranno i
secoli. Vieni fra le mie
braccia, a noi il tempo non interessa. Ti proteggerò in
eterno. Ogni lacrima,
un bacio. Ogni brivido, un sorriso. In eterno. Quando tutto si
spegnerà,
comprese le stelle, saremo noi l'unica luce. Uniti in un abbraccio
eterno.
Eterno amore”.
“Mio
signore…” mormorò Lilith.
Ancora
più
in apprensione, lei si avvicinò al demone e ne
sfiorò la mano. Lui guardava il
nulla, ebbe un fremito quando percepì il contatto con
Lilith.
“Altezza”
chiamò ancora lei “Tornate a
palazzo…”.
Accompagnò
quelle parole con un abbraccio, poggiando la testa sulla schiena del re
ed
incrociando le mani sul petto. Lui strinse quelle mani, dopo qualche
istante.
“Vi
prego”
sussurrò lei “Venite con me. Lasciate che mi
prenda cura di voi”.
“Mia
cara…”
parlò finalmente il re “A che scopo prendersi cura
di uno come me? Quando sono
caduto, il mio cuore è stato trafitto dalla folgore divina.
Credevo di averlo
perduto, che vi fosse un buco al posto di esso. Lei mi ha ricordato che
non è
così. Lei… Il mio cuore è morto con
lei”.
“Altri
vi
amano, altezza. Il dolore che provare è immenso, non so che
farei se io dovessi
perdervi…”.
“Che
faresti? Dovresti tornare all'Inferno, fra molti altri demoni che ti
venerano”.
“Ma
siete
stato voi a salvarmi, non altri demoni. Siete voi che mi avete accolta,
quando
sono stata cacciata dal paradiso terrestre. So che i nostri sentimenti
sono
diversi da quelli che legavano voi e Sophia,
però…”.
“Sono
fiero
di averti accolta”.
Lucifero
si
sciolse da quell'abbraccio e si allontanò di qualche passo,
senza mai voltarsi
verso di lei.
“Dovreste
tornare a casa. Sapete bene che non potete stare tanto tempo lontano
dagli
inferi”.
“E
che mai
potrebbe capitarmi? Sto soffrendo. Ma che importa? Il dolore fisico non
sarà
mai pari a quello che provo dentro. Il voler piangere e non poterlo
fare è
straziante. E poi…”.
“La
vostra
casa vi attende. Non vi sentireste meglio, squartando qualche anima?
Punendo
peccatori? Oppure…”.
“E
perché?”.
“Perché
siete il Diavolo!” sorrise Lilith “Il potente
signore degli inferi! Voi avete
creato il vostro regno. Avete dato una casa ed uno scopo ai demoni
caduti. È il
vostro orgoglio!”.
“Oh,
Lilith… Io…”.
“Aspetto
con ansia il vostro glorioso ritorno. Siete caduto e per primo vi siete
rialzato. Ora so che riuscirete a fare lo stesso”.
Il
demone
rimase in silenzio. Poi, finalmente, si voltò.
“Questa
volta…” ammise “…rialzarmi
pare impossibile. So che devo farlo. Però… non
ancora. Perdonami, Lilith. Ho bisogno di tempo…”.
Lilith
si
avvicinò, abbracciando di nuovo il suo signore. Rimase in
silenzio, capendo che
il re non aveva bisogno di altre parole, in quel momento.
Dopo
aver
ascoltato i sudditi e terminato ogni noiosa pratica burocratica, Keros
si era
unito agli allenamenti di Asmodeo ed i suoi soldati. Non voleva
dimenticare
quanto appreso durante il periodo trascorso con Astaroth e pensò
che un po' di
combattimento potesse solo aiutarlo a rilassarsi. Tentò di
confrontarsi con
colei che in addestramento l’aveva sconfitto.
“Ma
allora
sei il figlio del re per davvero” ghignò lei,
divertita.
Lui
rispose
usando una tecnica che aveva appreso in Paradiso. Creò una
barriera attorno a
sé, facendo letteralmente rimbalzare indietro la demone che
tentava di
attaccarlo.
“A
questo
ti è servito il periodo di addestramento extra?”
ghignò lei, felice di poter
avere uno scontro interessante.
Asmodeo
osservò il tutto con un sospiro, non sapendo se di fronte
avesse soldati o
bambini.
Lucifero,
solo e nascosto nel buio, non reagì quando
percepì l’avvicinarsi di una
presenza celeste. Gemette sommessamente e tornò ad
accovacciarsi con il viso
rivolto verso la parete rocciosa.
“Fratello…”
lo chiamò l’Arcangelo Mihael, quasi sussurrando.
Il
demone
non gli rispose, e non si voltò.
“Perché
sei
ancora qui, fratello?” insistette l'Arcangelo.
Ancora
silenzio.
“Non
dovresti stare nel mondo umano…” parlò
sempre la creatura celeste.
Il
silenzio. Poi un tuono. E Mihael sospirò.
“Fratello… Volevo
solo dirti che… mi dispiace”.
A
quelle
parole, le orecchie a punta del demone si scossero leggermente.
“Mi
dispiace per come ho reagito” continuò l'Arcangelo
“Non penso davvero che tu
debba morire soffrendo lentamente. E non credo sia stata tua la colpa
della
morte di Sophia. Tu l'amavi. Sono certo che tu l'amassi. Nonostante tu
sia re
dell’Inferno e signore dei demoni, so che tu ne eri
innamorato. E lei era
innamorata di te. Comprendo il tuo dolore e… ti chiedo
scusa”.
Lucifero
girò il viso lentamente. Nel buio, il suo sguardo brillava
di rosso acceso.
Incapace di celare la vera natura, a causa del troppo tempo trascorso
nel regno
umano, mostrava ogni cicatrice e bruciatura.
“Comprendi?”
mormorò, con profonda voce roca.
“Sì”
annuì
Mihael “Anche io ho perso la donna che amavo. E non
c'è giorno che passi senza
che mi chieda se era in mio potere cambiare qualcosa, per impedirne la
morte.
Ogni giorno cerco di capire la ragione per cui siano successe tante
cose”.
“Ed
a che
conclusioni giungi?” rispose il demone, sollevandosi
leggermente.
“Nessuna.
Nessuna che mi soddisfi. So solo che è la volontà
di Dio ma…”.
“Non
la
comprendi? E la cosa non ti fa incazzare?”.
“Incazzare…?”.
“Sì,
incazzare! Perché Dio permette che accadano certe cose?
Perché lasciar morire
chi non lo meritava? Perché punire noi, poveri stronzi
peccatori, tramite chi
ci aveva amato?”.
“Fratello… Io…”.
“Abbiamo
peccato. Peccato in che modo? Lussuria? No, non credo. Noi non volevamo
solo la
carne. Noi eravamo innamorati per davvero, come non capita praticamente
mai in
questo grande universo imperfetto. Siamo stati puniti e
perché? Perché amavamo
qualcuno molto più di quanto non amassimo Lui? Ammettilo,
Mihael. Se te ne
fosse offerta la possibilità, tu rinunceresti a tutto
ciò che sei pur di
riaverla. Rinnegheresti le schiere celesti per lei. Tu ami il padre, ma
non
follemente come ami lei”.
Mihael
rimase in silenzio.
“Io
so che
vuole punirmi” riprese Lucifero “Ha sempre voluto
punirmi. Lui fa il suo
lavoro, ed io il mio. Ma Sophia… che mai centrava Sophia in
tutto questo? Non
sarebbe stata una punizione esemplare indurire il suo cuore, in modo da
impedirle di amarmi ancora? So che Dio può farlo, lo ha
fatto con il faraone
d’Egitto ai tempi dell’Esodo! E allora
perché? Aveva forse compreso che lei
amava me più di quanto non amasse il suo creatore? L'ha
lasciata morire perché
lei doveva amarlo incondizionatamente, senza dividere tali sentimenti
con me?
Sophia era devota. Era intelligente. Era speciale. Ma disgraziatamente
il suo
cuore apparteneva interamente a me. Ed è morta. Questo mi fa
incazzare
tantissimo”.
“Fratello,
tu…”.
“Anche
tu
devi provare lo stesso. Devi, almeno in qualche angolo di quel tuo
cervellino
circondato da aureola, provare rabbia. Devi, cazzo!”.
Il
demone
si alzò in piedi, e Mihael trattenne il fiato qualche
istante: l'aspetto del
fratello maggiore era spaventoso. Inoltre era visibilmente fuori di
sé.
“Non
sono
qui per farmi aggredire” si affrettò a dire
l'Arcangelo “Vorrei solo che
tornassi a casa tua”.
“E
perché?
Guarda che l’Inferno funziona anche se io non ci sono. Le
preziose anime che ci
spedisci vengono comunque punite”.
“Non
è
questo che mi preoccupa”.
“E
allora
che vuoi? Papà ti sgrida se mi lasci gironzolare nel mondo
dei suoi preziosi
figli prediletti?”.
“Un
Arcangelo non può essere in pensiero per suo
fratello?”.
“Se
è un
fratello demone, non è tanto normale…”.
“Torna
a
casa. Per favore. Comprendo il tuo dolore ma è vivendo la
tua vita che
riuscirai ad andare avanti. Credi forse che lei ti avrebbe voluto qui,
così?
Non ha forse sempre espresso il desiderio che tu sia felice?”.
Lucifero
tornò ad accucciarsi, avvolgendosi in parte dalle ali. Era
vero, Sophia voleva
la sua felicità. Però non riusciva proprio a
capire come avrebbe potuto essere
di nuovo felice. Girò ancora gli occhi verso Mihael.
Percepì un velo di
tristezza, che un tempo non c’era.
“È
tutta
apparenza, vero?” mormorò.
“Che
cosa?”
si accigliò Mihael.
“Tutto.
Noi
non vogliamo combatterci. Noi non siamo felici.
Eppure…”.
“Eppure
questa è la nostra vita. È nostro compito trovare
qualcosa che ci renda felici.
Che ci renda orgogliosi di esistere”.
“Tu
lo hai
trovato quel qualcosa?”.
“Qualcuno.
Si chiama Keros. Mio figlio”.
Lucifero
rimase visibilmente stupito da quella risposta.
“Mio
figlio…” riprese Mihael “È la
prova vivente che a volte le cose non vanno come
ci aspetta. A volte, sbagliando, succedono cose meravigliose. Mi
rattrista
saperlo all’Inferno, e mi rattristano molte altre cose, ma
che dovrei fare?
Piangere per l’eternità? No. Io sono l'Arcangelo
Mihael, creato dal fuoco così
come tu fosti plasmato con la prima luce delle stelle. Dio mi ha generato per giudicare e
punire
le anime impure ed è quello che farò, fino alla
fine dei tempi. Tutti si
aspettano da me che sia irreprensibile e senza peccato. Lo sappiamo
entrambi
che non è così, ma è così
che mi mostro. È così che voglio che mi vedano.
Tu e
Sophia eravate stelle gemelle. So bene che la sua sofferenza era anche
la tua.
Ma tu devi mostrarti forte e potente, o il tuo stesso regno ti
schiaccerà. Se
la rabbia ti da la forza per fare questo, allora sii il più
furioso del
creato”.
“Keros… Lui
è…”.
“Lui
ti
ammira. Lui ti vuole bene”.
“Lo
so…”.
“Fratello… Sai
bene quanto me come funziona questo mondo. È immutato da
tanto tempo. Vuoi
cambiarlo? Non lo farai di certo restando lì a fissare il
muro”.
Lucifero
tornò a voltarsi, dando le spalle a Mihael. Non parlando
più, ignorando
l'Arcangelo, dopo un po' udì il fratello minore andarsene.
Si girò e capì di
essere di nuovo solo, con soltanto una piuma arancio abbandonata a
fargli
compagnia.
Il
principe
Keros aveva appena scoperto che i gemelli che tanto lo avevano
tormentato in
allenamento erano figli di Asmodeo. Lo aveva scoperto perché
il generale lo
aveva ringraziato, per aver salvato la vita al figlio.
“Contro
quella bestia feroce…” narrava il gemello rimasto
con un corno solo “…non ha
esitato a salvarmi”.
Asmodeo,
appreso l’accaduto, aveva subito ringraziato il principe.
“Ora
siamo
pari” aveva sorriso Keros “Tu, Asmodeo, mi hai
salvato dalle fiamme quando ero
neonato. Senza si te, non sarei qui. In cambio, si può dire,
ho salvato tuo
figlio. Non devi ringraziarmi, ti ho solo restituito il favore”.
Con
un
inchino, il generale aveva risposto a quel sorriso ed a quelle frasi.
Poi aveva
lasciato i giovani a discutere fra loro, percependo solo vagamente
qualche
frase riguardante delle femmine che svenivano al solo pensiero di poter
parlare
con il principe.
“Ma
tu hai
una donna?” chiese il gemello con entrambe le corna.
“Non
sono
un po' troppo giovane per trovarmi una compagna fissa?”
storse il naso Keros.
“Guarda… Mia
sorella si è già prenotata” rise
l’altro gemello.
“Grazie
per
il pensiero” ghignò il principe “Ma al
momento avere una fidanzata è l’ultimo
dei miei programmi”.
“Facci
un
fischio quando cambierai idea. Sai… Prima o poi un erede al
regno lo dovrai
dare. Fra quanto pensi di agire in quel senso?”.
“Fra
duemila
anni o giù di lì. E comunque sappiate che nemmeno
il re mi stressa al riguardo,
perché mai dovreste farlo voi?!”.
“Perché
Astaroth ci ha insegnato ad essere pettegoli!” risero
all’unisono, poi
facendosi seri di botto quando notarono l’arrivo di Azazel.
“Vogliate
scusarmi, altezza” si inchinò il messaggero
“Ho una missiva da riferire
urgentemente. E privatamente”.
Keros
capì
che la questione doveva essere piuttosto seria ed annuì,
seguendo Azazel
all’interno del palazzo reale.
“Altezza…”
esordì il messaggero, una volta che lui ed il principe
furono lontani da
orecchie indiscrete “È giunta voce di un prossimo
attacco al ducato di Sheol”.
“Da
parte
di chi?!”.
“Non
lo
sappiamo. È una città alleata ed ha voluto
comunicarci l’approssimarsi alle sue
mura di un esercito non identificato. A quanto pare anche piuttosto
vasto”.
“Chiamami
Asmodeo. Voglio tenga pronti dei soldati, in caso servissero rinforzi.
Nel
frattempo, esigo messaggeri in continuo movimento. Dobbiamo sapere di
chi si
tratta, chi attacca, di che numeri parliamo e se la cosa potrebbe
coinvolgere
anche altri territori oltre al ducato”.
“Sissignore!”.
Azazel
si
allontanò in fretta e Keros sedette sulla sedia dove sempre
sedeva Lucifero.
“Andiamo…”
gemette “…una guerra? No, una guerra
no!”.
Aggiornamento
di febbraio! Ne arriverà presto
un altro, ora che ho terminato l’altra storia a cui stavo
lavorando (“Diario
segreto di Lucifero"). Ciao!!