Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    15/02/2018    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25

Apparenza

 

Simadè intrecciava e pettinava con cura i capelli del suo signore. Li stava adornando con perle dorate e trecce complesse. Keros, seduto in silenzio davanti allo specchio della propria stanza, lo lasciava fare. Il demone, mentre il principe si trovava lontano per addestrarsi, era vissuto a palazzo ed aveva imparato tutto il necessario per servire al meglio l’erede al trono. Oltre alla capigliatura, Simadè aiutò Keros ad indossare la lunga veste regale, allacciando con fiocchi e catene il complicato intreccio che la chiudeva.

“Rispondimi sinceramente, Simadè” parlò Keros, scegliendo un orecchino.

“Parlate pure, altezza” fu la risposta del servo.

“Nella vita… conta l'apparenza. Dico bene?”.

“L’apparenza?”.

Il principe sospirò, mentre l'Incubus ne contornava pesantemente gli occhi di nero, rendendoli lievemente spettrali.

“Non conta quel che siamo veramente…” riprese Keros “L'importante è mostrare agli altri quel che vogliono vedere. Giusto?”.

“Mio signore… Sinceramente non comprendo del tutto da dove possa scaturire tale ragionamento ma… suppongo abbiate ragione. Le persone attorno a noi si aspettano determinate cose, determinati atteggiamenti. Insomma… Io non posso mettermi a correre nudo per le sale reali, per esempio”.

“E ti piacerebbe farlo?”.

“Non ci ho mai pensato…”.

Keros non parlò e continuò a specchiarsi, trovando strano quel suo aspetto dopo il tempo trascorso fra gli angeli.

“Se posso avere l'ardire di riportarvi un esempio…” riprese l’Incubus, finendo di sistemare i capelli “…durante i miei giorni di servizio qui a palazzo, mi è capitato di avere a che fare con il re. Ed in alcune situazioni, era chiaro che gli mancavate molto. Era una persona diversa da come si mostra al popolo. E voi lo sapete meglio di me. Per governare, mostra il suo lato freddo e crudele. Però in realtà non è solo così, ha molte sfaccettature. Questo vale un po' per tutti”.

“Il popolo si aspetta da me che io sia un principe…”.

“Suppongo di sì, altezza”.

“Bene. In questo caso… Mostrerò loro il principe migliore che possa esistere!”.

 

Camminando lungo il corridoio, con il lungo strascico regale che frusciava sul pavimento lucido, Keros riconobbe alcuni suoi colleghi di addestramento. Era lieto di vedere che fossero riusciti ad entrare nel corpo delle guardie regali. Vedendolo, salutarono rispettosamente e si misero sull’attenti. Il principe tentennò, provando il desiderio di scambiare quattro chiacchiere. Ma capì che gli impegni regali erano ben più urgenti.

Scortato da Asmodeo, Keros raggiunse l’ufficio dove Lucifero svolgeva le sue pratiche. Con la corona poggiata immediatamente sul tavolo, perché lo infastidiva sulle orecchie, il principe iniziò a leggere alcuni documenti. Azazel, con un inchino, si mise a spiegare quali fossero le questioni più importanti da sbrigare e quali invece potevano essere momentaneamente accantonate.

“Abbiamo appena ricevuto una richiesta dalla città alleata di Gehenna” spiegò il demone messaggero, mostrando la missiva “Richiedono approvvigionamenti. A quanto pare il loro raccolto non è stato buono”.

“La nostra città è ben fornita?” chiese Keros, osservando la lettera ed il timbro del demone che la governava.

“Sissignore. Certo” annuì Azazel.

“Allora mandate quanto richiesto. Gli alleati vanno sempre trattati bene”.

“Provvedo immediatamente ad inviare l’ordine. Necessito solo del sigillo regale…”.

Il principe scrisse personalmente l’ordine e lo timbrò con l’anello con inciso il simbolo del re. Come primo atto da sostituto reggente, si sentiva soddisfatto.

 

Erano trascorsi diversi giorni ormai. Lilith, preoccupata, aveva raggiunto re Lucifero nel mondo umano. Lo aveva trovato, nascosto fra le insenature della roccia che portavano alla cascata. Con lo sguardo perso nel vuoto e rivolto verso l’alto, il demone cantava. Lilith lo chiamò, senza risultato.

“Ti proteggerò” cantava Lucifero “Passerà il giorno, finiranno i secoli. Vieni fra le mie braccia, a noi il tempo non interessa. Ti proteggerò in eterno. Ogni lacrima, un bacio. Ogni brivido, un sorriso. In eterno. Quando tutto si spegnerà, comprese le stelle, saremo noi l'unica luce. Uniti in un abbraccio eterno. Eterno amore”.

“Mio signore…” mormorò Lilith.

Ancora più in apprensione, lei si avvicinò al demone e ne sfiorò la mano. Lui guardava il nulla, ebbe un fremito quando percepì il contatto con Lilith.

“Altezza” chiamò ancora lei “Tornate a palazzo…”.

Accompagnò quelle parole con un abbraccio, poggiando la testa sulla schiena del re ed incrociando le mani sul petto. Lui strinse quelle mani, dopo qualche istante.

“Vi prego” sussurrò lei “Venite con me. Lasciate che mi prenda cura di voi”.

“Mia cara…” parlò finalmente il re “A che scopo prendersi cura di uno come me? Quando sono caduto, il mio cuore è stato trafitto dalla folgore divina. Credevo di averlo perduto, che vi fosse un buco al posto di esso. Lei mi ha ricordato che non è così. Lei… Il mio cuore è morto con lei”.

“Altri vi amano, altezza. Il dolore che provare è immenso, non so che farei se io dovessi perdervi…”.

“Che faresti? Dovresti tornare all'Inferno, fra molti altri demoni che ti venerano”.

“Ma siete stato voi a salvarmi, non altri demoni. Siete voi che mi avete accolta, quando sono stata cacciata dal paradiso terrestre. So che i nostri sentimenti sono diversi da quelli che legavano voi e Sophia, però…”.

“Sono fiero di averti accolta”.

Lucifero si sciolse da quell'abbraccio e si allontanò di qualche passo, senza mai voltarsi verso di lei.

“Dovreste tornare a casa. Sapete bene che non potete stare tanto tempo lontano dagli inferi”.

“E che mai potrebbe capitarmi? Sto soffrendo. Ma che importa? Il dolore fisico non sarà mai pari a quello che provo dentro. Il voler piangere e non poterlo fare è straziante. E poi…”.

“La vostra casa vi attende. Non vi sentireste meglio, squartando qualche anima? Punendo peccatori? Oppure…”.

“E perché?”.

“Perché siete il Diavolo!” sorrise Lilith “Il potente signore degli inferi! Voi avete creato il vostro regno. Avete dato una casa ed uno scopo ai demoni caduti. È il vostro orgoglio!”.

“Oh, Lilith… Io…”.

“Aspetto con ansia il vostro glorioso ritorno. Siete caduto e per primo vi siete rialzato. Ora so che riuscirete a fare lo stesso”.

Il demone rimase in silenzio. Poi, finalmente, si voltò.

“Questa volta…” ammise “…rialzarmi pare impossibile. So che devo farlo. Però… non ancora. Perdonami, Lilith. Ho bisogno di tempo…”.

Lilith si avvicinò, abbracciando di nuovo il suo signore. Rimase in silenzio, capendo che il re non aveva bisogno di altre parole, in quel momento.

 

Dopo aver ascoltato i sudditi e terminato ogni noiosa pratica burocratica, Keros si era unito agli allenamenti di Asmodeo ed i suoi soldati. Non voleva dimenticare quanto appreso durante il periodo trascorso con Astaroth e pensò che un po' di combattimento potesse solo aiutarlo a rilassarsi. Tentò di confrontarsi con colei che in addestramento l’aveva sconfitto.

“Ma allora sei il figlio del re per davvero” ghignò lei, divertita.

Lui rispose usando una tecnica che aveva appreso in Paradiso. Creò una barriera attorno a sé, facendo letteralmente rimbalzare indietro la demone che tentava di attaccarlo.

“A questo ti è servito il periodo di addestramento extra?” ghignò lei, felice di poter avere uno scontro interessante.

Asmodeo osservò il tutto con un sospiro, non sapendo se di fronte avesse soldati o bambini.

 

Lucifero, solo e nascosto nel buio, non reagì quando percepì l’avvicinarsi di una presenza celeste. Gemette sommessamente e tornò ad accovacciarsi con il viso rivolto verso la parete rocciosa.

“Fratello…” lo chiamò l’Arcangelo Mihael, quasi sussurrando.

Il demone non gli rispose, e non si voltò.

“Perché sei ancora qui, fratello?” insistette l'Arcangelo.

Ancora silenzio.

“Non dovresti stare nel mondo umano…” parlò sempre la creatura celeste.

Il silenzio. Poi un tuono. E Mihael sospirò.

“Fratello… Volevo solo dirti che… mi dispiace”.

A quelle parole, le orecchie a punta del demone si scossero leggermente.

“Mi dispiace per come ho reagito” continuò l'Arcangelo “Non penso davvero che tu debba morire soffrendo lentamente. E non credo sia stata tua la colpa della morte di Sophia. Tu l'amavi. Sono certo che tu l'amassi. Nonostante tu sia re dell’Inferno e signore dei demoni, so che tu ne eri innamorato. E lei era innamorata di te. Comprendo il tuo dolore e… ti chiedo scusa”.

Lucifero girò il viso lentamente. Nel buio, il suo sguardo brillava di rosso acceso. Incapace di celare la vera natura, a causa del troppo tempo trascorso nel regno umano, mostrava ogni cicatrice e bruciatura.

“Comprendi?” mormorò, con profonda voce roca.

“Sì” annuì Mihael “Anche io ho perso la donna che amavo. E non c'è giorno che passi senza che mi chieda se era in mio potere cambiare qualcosa, per impedirne la morte. Ogni giorno cerco di capire la ragione per cui siano successe tante cose”.

“Ed a che conclusioni giungi?” rispose il demone, sollevandosi leggermente.

“Nessuna. Nessuna che mi soddisfi. So solo che è la volontà di Dio ma…”.

“Non la comprendi? E la cosa non ti fa incazzare?”.

“Incazzare…?”.

“Sì, incazzare! Perché Dio permette che accadano certe cose? Perché lasciar morire chi non lo meritava? Perché punire noi, poveri stronzi peccatori, tramite chi ci aveva amato?”.

“Fratello… Io…”.

“Abbiamo peccato. Peccato in che modo? Lussuria? No, non credo. Noi non volevamo solo la carne. Noi eravamo innamorati per davvero, come non capita praticamente mai in questo grande universo imperfetto. Siamo stati puniti e perché? Perché amavamo qualcuno molto più di quanto non amassimo Lui? Ammettilo, Mihael. Se te ne fosse offerta la possibilità, tu rinunceresti a tutto ciò che sei pur di riaverla. Rinnegheresti le schiere celesti per lei. Tu ami il padre, ma non follemente come ami lei”.

Mihael rimase in silenzio.

“Io so che vuole punirmi” riprese Lucifero “Ha sempre voluto punirmi. Lui fa il suo lavoro, ed io il mio. Ma Sophia… che mai centrava Sophia in tutto questo? Non sarebbe stata una punizione esemplare indurire il suo cuore, in modo da impedirle di amarmi ancora? So che Dio può farlo, lo ha fatto con il faraone d’Egitto ai tempi dell’Esodo! E allora perché? Aveva forse compreso che lei amava me più di quanto non amasse il suo creatore? L'ha lasciata morire perché lei doveva amarlo incondizionatamente, senza dividere tali sentimenti con me? Sophia era devota. Era intelligente. Era speciale. Ma disgraziatamente il suo cuore apparteneva interamente a me. Ed è morta. Questo mi fa incazzare tantissimo”.

“Fratello, tu…”.

“Anche tu devi provare lo stesso. Devi, almeno in qualche angolo di quel tuo cervellino circondato da aureola, provare rabbia. Devi, cazzo!”.

Il demone si alzò in piedi, e Mihael trattenne il fiato qualche istante: l'aspetto del fratello maggiore era spaventoso. Inoltre era visibilmente fuori di sé.

“Non sono qui per farmi aggredire” si affrettò a dire l'Arcangelo “Vorrei solo che tornassi a casa tua”.

“E perché? Guarda che l’Inferno funziona anche se io non ci sono. Le preziose anime che ci spedisci vengono comunque punite”.

“Non è questo che mi preoccupa”.

“E allora che vuoi? Papà ti sgrida se mi lasci gironzolare nel mondo dei suoi preziosi figli prediletti?”.

“Un Arcangelo non può essere in pensiero per suo fratello?”.

“Se è un fratello demone, non è tanto normale…”.

“Torna a casa. Per favore. Comprendo il tuo dolore ma è vivendo la tua vita che riuscirai ad andare avanti. Credi forse che lei ti avrebbe voluto qui, così? Non ha forse sempre espresso il desiderio che tu sia felice?”.

Lucifero tornò ad accucciarsi, avvolgendosi in parte dalle ali. Era vero, Sophia voleva la sua felicità. Però non riusciva proprio a capire come avrebbe potuto essere di nuovo felice. Girò ancora gli occhi verso Mihael. Percepì un velo di tristezza, che un tempo non c’era.

“È tutta apparenza, vero?” mormorò.

“Che cosa?” si accigliò Mihael.

“Tutto. Noi non vogliamo combatterci. Noi non siamo felici. Eppure…”.

“Eppure questa è la nostra vita. È nostro compito trovare qualcosa che ci renda felici. Che ci renda orgogliosi di esistere”.

“Tu lo hai trovato quel qualcosa?”.

“Qualcuno. Si chiama Keros. Mio figlio”.

Lucifero rimase visibilmente stupito da quella risposta.

“Mio figlio…” riprese Mihael “È la prova vivente che a volte le cose non vanno come ci aspetta. A volte, sbagliando, succedono cose meravigliose. Mi rattrista saperlo all’Inferno, e mi rattristano molte altre cose, ma che dovrei fare? Piangere per l’eternità? No. Io sono l'Arcangelo Mihael, creato dal fuoco così come tu fosti plasmato con la prima luce delle stelle. Dio mi ha generato per giudicare e punire le anime impure ed è quello che farò, fino alla fine dei tempi. Tutti si aspettano da me che sia irreprensibile e senza peccato. Lo sappiamo entrambi che non è così, ma è così che mi mostro. È così che voglio che mi vedano. Tu e Sophia eravate stelle gemelle. So bene che la sua sofferenza era anche la tua. Ma tu devi mostrarti forte e potente, o il tuo stesso regno ti schiaccerà. Se la rabbia ti da la forza per fare questo, allora sii il più furioso del creato”.

“Keros… Lui è…”.

“Lui ti ammira. Lui ti vuole bene”.

“Lo so…”.

“Fratello… Sai bene quanto me come funziona questo mondo. È immutato da tanto tempo. Vuoi cambiarlo? Non lo farai di certo restando lì a fissare il muro”.

Lucifero tornò a voltarsi, dando le spalle a Mihael. Non parlando più, ignorando l'Arcangelo, dopo un po' udì il fratello minore andarsene. Si girò e capì di essere di nuovo solo, con soltanto una piuma arancio abbandonata a fargli compagnia.

 

Il principe Keros aveva appena scoperto che i gemelli che tanto lo avevano tormentato in allenamento erano figli di Asmodeo. Lo aveva scoperto perché il generale lo aveva ringraziato, per aver salvato la vita al figlio.

“Contro quella bestia feroce…” narrava il gemello rimasto con un corno solo “…non ha esitato a salvarmi”.

Asmodeo, appreso l’accaduto, aveva subito ringraziato il principe.

“Ora siamo pari” aveva sorriso Keros “Tu, Asmodeo, mi hai salvato dalle fiamme quando ero neonato. Senza si te, non sarei qui. In cambio, si può dire, ho salvato tuo figlio. Non devi ringraziarmi, ti ho solo restituito il favore”.

Con un inchino, il generale aveva risposto a quel sorriso ed a quelle frasi. Poi aveva lasciato i giovani a discutere fra loro, percependo solo vagamente qualche frase riguardante delle femmine che svenivano al solo pensiero di poter parlare con il principe.

“Ma tu hai una donna?” chiese il gemello con entrambe le corna.

“Non sono un po' troppo giovane per trovarmi una compagna fissa?” storse il naso Keros.

“Guarda… Mia sorella si è già prenotata” rise l’altro gemello.

“Grazie per il pensiero” ghignò il principe “Ma al momento avere una fidanzata è l’ultimo dei miei programmi”.

“Facci un fischio quando cambierai idea. Sai… Prima o poi un erede al regno lo dovrai dare. Fra quanto pensi di agire in quel senso?”.

“Fra duemila anni o giù di lì. E comunque sappiate che nemmeno il re mi stressa al riguardo, perché mai dovreste farlo voi?!”.

“Perché Astaroth ci ha insegnato ad essere pettegoli!” risero all’unisono, poi facendosi seri di botto quando notarono l’arrivo di Azazel.

“Vogliate scusarmi, altezza” si inchinò il messaggero “Ho una missiva da riferire urgentemente. E privatamente”.

Keros capì che la questione doveva essere piuttosto seria ed annuì, seguendo Azazel all’interno del palazzo reale.

“Altezza…” esordì il messaggero, una volta che lui ed il principe furono lontani da orecchie indiscrete “È giunta voce di un prossimo attacco al ducato di Sheol”.

“Da parte di chi?!”.

“Non lo sappiamo. È una città alleata ed ha voluto comunicarci l’approssimarsi alle sue mura di un esercito non identificato. A quanto pare anche piuttosto vasto”.

“Chiamami Asmodeo. Voglio tenga pronti dei soldati, in caso servissero rinforzi. Nel frattempo, esigo messaggeri in continuo movimento. Dobbiamo sapere di chi si tratta, chi attacca, di che numeri parliamo e se la cosa potrebbe coinvolgere anche altri territori oltre al ducato”.

“Sissignore!”.

Azazel si allontanò in fretta e Keros sedette sulla sedia dove sempre sedeva Lucifero.

“Andiamo…” gemette “…una guerra? No, una guerra no!”.

 

Aggiornamento di febbraio! Ne arriverà presto un altro, ora che ho terminato l’altra storia a cui stavo lavorando (“Diario segreto di Lucifero"). Ciao!!

   
 
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