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Autore: RaidenCold    15/02/2018    5 recensioni
Violate è una giovane di Asgard, giunta nel Jamir per allenarsi e scoprire i segreti del cosmo, assieme al misterioso Shivalik, ragazzo originario di quelle terre.
Durante un pomeriggio di studi, la calma del villaggio nel quale vivono viene spezzata da alcuni misteriosi invasori: i due ragazzi combatteranno contro di essi, e nel farlo si imbatteranno in un lato nascosto della loro personalità, un lato pericoloso annidato nei loro animi, ormai pronto a uscire...
nota: la storia si inserisce nella continuity della serie "L-Iconoclast" (precisamente dopo il quinto atto, ma non è necessario aver letto tale opera per poter fruire di questo racconto)
PS: Dedico questa storia alla mia amica Bloodydream, come regalo di compleanno ;)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Violate
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Una grande landa polverosa, un cielo nero solcato da lampi cremisi;

non c’era vento, l’aria era pesante, e non si vedeva nessuna forma di vita.

Violate camminava, cercando di andarsene da quel luogo lugubre, poi aumentò il passo ed infine si ritrovò a correre a perdifiato: sentiva qualcosa dietro di sé, ma non poteva voltarsi.

Senza rendersene conto era finita nel luogo più buio di quel mondo, e vedendo solo oscurità provò a guardarsi attorno, scordandosi per un attimo della presenza alle sue spalle: infine, quando fu troppo tardi per scappare, vide la bestia affondare le sue fauci su di lei, facendola a pezzi.

 

Si svegliò di soprassalto: era fradicia e respirava con affanno.

Dopo alcuni istanti si rese conto che, attraverso le tapparelle, alcuni pallidi raggi di sole fendevano la stanza; si alzò dal letto, ed andò a cambiarsi i vestiti.

 

Verso le dieci del mattino, Violate uscì di casa e subito vide poco lontano, seduto su una panchina, un ragazzo dai capelli bruni e arruffati: indossava dei pantaloni neri attillati, e un lungo cappotto bianco in pelle che accentuava il suo fisico slanciato.

“Bungiorno.” - la salutò pacatamente accennando un mezzo sorriso.

“Buon dì Shivalik!” - rispose lei avvicinandosi, e quel punto il ragazzo si alzò in piedi.

“Andiamo, c’è molto lavoro da fare.” - e quel punto si incamminò.

Violate lo seguì, trovandosi immediatamente immersa nella vita pulsante del villaggio, fatta di botteghe e mercati di ogni genere, e monaci buddisti che camminavano in processione verso i templi recitando i propri mantra: nascosta tra le vette dell’Himalaya, il Jamir era una regione del mondo dove il tempo sembrava essersi fermato ad alcuni secoli prima, e l’unica cosa che sembra aver in comune dalla lontana Asgard, patria della ragazza, era il costante freddo pungente.

 

La biblioteca era ampia, talmente grande che una vita intera probabilmente non sarebbe bastata per leggere tutti i libri presenti al suo interno.

Violate sfogliava delicatamente le pagine ingiallite di un antico manoscritto, e non si rese conto che Shivalik si era appena seduto accanto a lui.

“Cosa ti turba?”

Violate sussultò sorpresa, poi sbuffò e diede un colpetto sul braccio del ragazzo:

“Niente…”

“Ancora incubi?”

“Sempre più spesso.”
“Ti va di parlarne?”

“Non molto.”
“Sempre di poche parole, Violate la fiera guerriera di Asgard, terra dei ghiacci!” - disse canzonandola, riuscendo a farla ridere un poco.

“Non lo so perché, ma mi sembra di essere costantemente inseguita da una specie di ombra, e ho come la sensazione che qualcuno voglia farmi del male…”

“Forse il tuo cosmo è un po’ intorbidito…”

“Forse; a proposito di questo, più tardi ci alleniamo?”

“Certamente, ma prima ho bisogno che tu mi dia una mano: su, finisci quel tomo, io intanto termino la sua controparte.”

Detto ciò Shivalik aprì un altro volume, gemello a quello che Violate stava leggendo, ma dai contenuti leggermente diversi.
“Shiv…”

“Sì?”

“Mi spieghi perché è così importante questo Garuda?”

“Per il gioiello del villaggio.” - rispose il ragazzo senza staccare lo sguardo dalle pagine ingiallite del libro.

“Ok, ho capito la storia del gioiello, ma perché proprio il Garuda? Chi è che ha creato questo oggetto?”

“La leggenda dice che alcuni monaci veneravano tale uccello solare come un dio, e costruirono in suo onore una statua di ossidiana benedetta dallo stesso Garuda, che avrebbe dato grande ricchezza e conoscenza a chiunque lo possedesse.”

“E tu cosa pensi?”
“Che leggenda e realtà difficilmente collidono… però c’è un cosmo dormiente che permea il villaggio, e anche le zone circostanti, ed è certamente legato al gioiello.”

“Allora perché non andiamo nella grotta sacra?”

“Non sei ancora pronta, e nemmeno io lo sono.”

“Quando allora?”

“Quando il maestro Lhasa lo deciderà.”

Violate sbuffò:
“Cioè quando saremo due vecchi grigi e stanchi…”

“Che problema c’è?”
“Io voglio essere un cavaliere…”
“E lo sarai, quando il maestro Lhasa lo deciderà.”

“Il maestro Lhasa qua, il maestro Lhasa là… perché non te lo sposi?”

“Perché non chiudi quella bocca?”

“Ma come, dici che parlo poco e ora devo tacere?”

“Già, parli poco, e a sproposito, ora torna al lavoro.”

Violate gli diede un altro colpetto sul braccio:
“Scemo…”

 

Il sole stava iniziando a tramontare, e Shivalik si era alzato per accendere gli imponenti lampadari di giada della biblioteca, i quali le avrebbero dato una luce potente ma non invasiva, adatta ad una lettura prolungata.

“Shiv…” - udì il ragazzo quella voce simile a un lamento.”
“Cosa?”

“Non dovevamo allenarci oggi?”
“Lo so scusami, ma non pensavo che questi testi fossero così impegnativi.”
“Ho fame…”

“Patan dovrebbe arrivare a breve.”

“Che porta?”
“Pollo fritto.”

“Gnam…”

Shivalik guardò la porta della biblioteca: per tutto il giorno nessuno l’aveva varcata.
“Il maestro non si è ancora fatto vedere…”

Fece per tornare nella sala principale, quando vide arrivare attraverso le vetrate smeraldine una piccola figura incappucciata tutta trafelata: era un uomo di mezza età, con un viso squadrato e due piccoli baffetti sotto le narici.

“Patan…!” - esclamò aprendo la porta per accogliere il vecchio amico.
“Oh Shivalik…” - l’uomo prese una sedia e si sedette.

“Che succede? Pare tu abbia visto un fantasma!”

“Oh magari un fantasma ragazzo mio, magari…” - rispose asciugandosi il sudore del viso con un panno.
Violate fece la sua comparsa nella stanza:

“Patan! Tutto bene?”
“No signorina mia, è successo un fatto terribile, oh povero signor Lhasa, avesse avuto qualche anno di meno…”
“Cos’è successo al maestro?” - gli si rivolse turbato Shivalik.

“Dei farabutti si sono presentati poco meno di un’ora fa alle porta sud del villaggio, armati di mitra, e hanno cominciato a sparare alla folla, oh quanta povera gente ha perso la vita!”
“Santo cielo…”- commentò il ragazzo - “E il maestro?”
“Ha tentato di fermarli naturalmente, ma quei maledetti avevano degli ostaggi, e il maestro Lhasa ha dovuto sottostare alle loro richieste.”

Shivalik si portò la mano sul mento con aria rimuginante:
“Cercavano il gioiello vero?”

“Sì, non l’hanno detto esplicitamente, ma parlavano di una grotta. Ad ogni modo, prima di andarsene hanno lasciato alcuni uomini di guardia, e stanno giustiziando dei poveri innocenti!”
“Accidenti a te Patan, perché non lo hai detto subito?!”
“P-Perdono!”

Shivalik varcò lesto la porta, e Violate lo seguì:
“Fate attenzione!” - urlò loro l’uomo - “Se solo fossi anch’io un guerriero e non solo un umile bibliotecario…”

 

 

Tutti si erano radunati in un ampio piazzale:

“Dì le tue ultime preghiere!”
“Perché lo fate?!” - urlò la vecchia donna.”
“Silenzio, voi siete i nostri prigionieri, e ci divertiamo come ci pare!” - rispose l’uomo sghignazzando, seguito dai suoi compari.

Erano vestiti con una divisa nera imbottita, ed erano armati fino ai denti.

Il soldato puntò la canna del fucile alla tempia della donna:
“Forse ti ucciderò, magari prima violento le tue figlie che dici?”
“Animale…!”

L’uomo fece un cenno ed i suoi compagni presero dalla folla inginocchiata due giovani ragazze con la forza, e le condussero accanto a lui:
“Da chi iniziamo ragazzi?”

“Inizia da me figlio di puttana!”
Prima che potesse voltarsi il pugno di Violate lo colpì in pieno volto: l’urto fu talmente forte che diversi denti del soldato guizzarono via a parecchi metri di distanza. Subito gli altri fecero per imbracciare le armi, ma vennero travolti da un turbine violento che li scaraventò in ogni direzione: Shivalik, più veloce del suono, aveva messo KO con facilità tutti quei malfattori.

Violate prese il soldato per la collottola:
“Chi sei?”

L’uomo le sputò in faccia:
“Non te lo dico troia!”

Prontamente Violate gli assestò una testata sulla bocca, facendogli perdere altri denti:
“Rispondi ho giuro che ti rompo ogni osso che hai in corpo!”
“Abbaia, abbaia stupida cagna, che intanto il mio signore Pura si sarà già impadronito del Garuda!” - ridacchiò lui.

Violate lo sbatté violentemente a terra:
“Lascialo, dobbiamo aiutare il maestro.” - e a quel punto Shivalik si rivolse alla folla - “Adesso siete voi i prigionieri, e loro si divertiranno come gli pare.”

Violate e Shivalik partirono dunque verso la grotta, mentre gli abitanti del villaggio ripagarono gli aggressori con la medesima moneta che era stata loro offerta.

 

Il sole era ormai calato, ed i due correvano per la montagna illuminati solo dalla luce delle stelle:

“Cos’era quello?” - disse Shivalik.
“Quello cosa?”
“Quando hai aggredito il soldato… avevi una rabbia in corpo smisurata, avresti potuto ucciderlo.”

“Avrei, ma non l’ho fatto.”

“Non devi cedere così alle passioni, Violate.”
“E cosa avrei dovuto fare, guardare mentre quei bastardi violentavano e uccidevano impuniti?”

“Non sto dicendo questo, però ti invito a tenere a freno gli impulsi, poiché una mossa sbagliata potrebbe costare la vita a te o a qualcuno che cerchi di salvare.”

A quel punto la ragazza tacque per alcuni istanti.

“Shiv…”
“Sì?”

“Che cosa accadrà ai soldati?”
“Di norma gli assassini vengono incarcerati a vita… tuttavia credo che gli abitanti del villaggio li linceranno.”

“Ed è una cosa brutta?”
“La violenza non ridarà loro le persone care.”

Violate chinò il capo riflettendo sulla natura del loro discorso.

“Sai…” - le si rivolse il ragazzo cercando di cambiare argomento - “… i miei genitori sono morti in quella grotta.”

“Come?”

“Pensavano di poterci entrare e trovare il tesoro, ma così non è stato; ero molto piccolo, e da allora il maestro Lhasa si è occupato di me.”

Violate ascoltava colpita: Shivalik era tutto sommato un chiaccherone, ma raramente parlava della sua vita privata.

“Lui non ci ha mai messo piede in quella grotta, perché sapeva dell’enorme potere celato al suo interno: i miei non lo ascoltarono e il prezzo di tale ardimento fu la loro stessa vita. Non possiamo permettere che il maestro faccia la loro stessa fine…”

Giunsero dinnanzi alla scura ed ampia entrata della grotta, e Violate gli mise una mano sulla spalla:
“Andrà tutto bene: io sarò con te.”

 

 

La grotta di Garuda era una gigantesca cavità dentro la montagna, umida e piena di colonne e stalattiti formatesi dalle acque che da secoli gocciolavano in quel luogo; era antichissima e tutti al villaggio ne parlavano da sempre, anche se ben pochi intimoriti dal potere del dio uccello vi ci si avventuravano.

Eppure, in quell’antro così vasto, il capo dei soldati – con indossa la loro medesima uniforme, ma di diverse taglie più grande – sembrava tutt’altro che piccolo: Pura era un colosso, alto come una casa, glabro come un neonato e pallido come un morto.

“Dovremmo esserci ormai, eh vecchio?” - tuonò con la sua voce cavernosa.

“Non lo so, nonostante la mia lunga vita non ho avuto mai modo di vedere il Garuda coi miei occhi.”

Il maestro Lhasa era un uomo assai anziano, con una setosa barba bianca e lunghi capelli lisci del medesimo colore, legati in una coda da un fermaglio dorato; indossava una tunica arancione, le cui maniche gialle pendevano fino a coprire le punta delle sue vecchie dita raggrinzite. Eppure nonostante l’età, aveva un viso liscio e pacioso, che ispirava sicurezza e allegria: ma in quel momento c’era ben poco da stare allegri.

“Servo dei Naga, che cosa speri di ottenere?”

“Zitto vecchio bastardo, non ti ho chiesto nulla!” - e detto ciò lo colpì all’addome con uno dei suoi giganteschi pugni.

“Scommetto che ti fa rabbia dover incassare e basta eh? Dicono che nonostante l’età tu sia un abile guerriero… peccato non ti serva a niente, perché se alzi anche solo un dito su di me o sui miei uomini, al villaggio arriverà subito l’ordine di sterminare tutti! Capito? Non rimarrà niente, solo cenere e ossa!”
All’improvviso, i soldati attorno a Pura e al maestro caddero a terra gemendo per il dolore:
“Oh, dovevo immaginare avessi degli allievi!”

Per nulla intimorito, Pura si rivolse a Shivalik e Violate con una risatina beffarda:
“Complimenti, avete sbaragliato tutti i miei uomini!”

Shivalik lo guardò minacciosamente

“Al villaggio non c’è più nessuno con un fucile tra le mani, non puoi più ricattarci: arrenditi.”

L’uomo digrignò i denti incollerito:
“Non è ancora finita! Forse affrontare i miei uomini sarà stato uno gioco da ragazzi, ma io sono di tutt’altra pasta…”

Shivalik e Violate si guardarono sconcertati:
“Shiv, lo senti anche tu?”

“Sì…”
“E’ un cosmo!”

L’uomo scattò e colpì Shivalik con un poderoso pugno, scaraventandolo su una parete rocciosa:
“Io sono un servo dei Naga, gli dei serpente da sempre in lotta con Garuda, e da loro ricevo la mia forza!”

Il maestro e Violate si misero in guardia:
“Noi ti fermeremo…” - disse il vecchio.

“Fatevi sotto!”

 

Shivalik riaprì lentamente gli occhi: il colpo lo aveva stordito, ma di fatto non aveva riportato alcun danno significativo.

Fece per alzarsi, quando il suo sguardo si posò a pochi metri da lui, su un misterioso oggetto che nel buio della grotta brillava di una fioca luce violacea:

“Non può essere…”

 

I tre guerrieri si scambiavano raffiche di colpi senza sosta, quando ad un certo punto il vecchio maestro notò l’allievo rialzarsi, e subito dopo il bagliore violaceo in lontananza; fece un balzo all’indietro separandosi dalla mischia, ed accorse verso Shivalik.

A quel punto anche Pura e Violate notarono la scena:
“Il Garuda, finalmente!” - sogghignò l’uomo pregustando la preda.

“Non ti permetteremo mai di prenderlo!”

“Oh ragazzina, appena avrò quel tesoro e tutto il suo potere nelle mie mani, ti farò tante di quelle cose terribili che la tua mente neppure può concepire…!”

Gli attacchi di Pura si fecero più intensi e la ragazza iniziò ad arretrare: trovatasi infine con le spalle al muro, non le restò che incassare i colpi del titano, fino a caderne vittima.

“Sai combattere, te lo concedo… ma io ho alle spalle anni di lotte, che hanno rafforzato i miei sensi ed il mio cosmo.” - e detto ciò l’uomo si voltò ed andò verso la luce.

“E a cosa ti hanno portato?” - tossì la ragazza.

Pura si fermò e ruotò il collo mostrando un perverso ghigno di soddisfazione:
“Ho preso tutto quel che volevo, e nessuno ha potuto fermarmi, basta evitare certe seccature, e poi nessuno può darti noia: quanti uomini ho ucciso mentre violentavo le loro mogli dinnanzi ai figli! Peccato tu non abbia un marito che possa vedere quel che ti farò dopo… ma forse posso tagliare le palpebre al tuo amichetto così sarà costretto ad ammirarmi mentre faccio di te la mia puttana!”

E detto ciò si rimise in marcia.

Violate giaceva terra riversa in una pozza di sangue, di cui i suoi capelli corvini erano ormai pregni: i muscoli le facevano male, a faticava a respirare.

Sentiva un’ombra calare su di sé, ed in principio pensò si trattasse dell’ala nera della morte, ma capì non era proprio così: un fuoco nero iniziò a divampare dentro di lei.

Le comparve la bestia, ma questa volta non volle fuggire, e si lasciò travolgere da essa: non doveva più avere paura dell’oscurità, essendo questa ora parte di lei.

 

 

Shivalik giunse dinnanzi al tesoro: una statua nera ed elaborata, raffigurante, seppur in modo leggermente stilizzato, il leggendario Garuda.

“Ottimo lavoro, mio prezioso allievo.”
“Maest…”

Shivalik stava voltandosi, quando sentì qualcosa affondare in mezzo alla schiena; poco dopo vide oltrepassare, con la mano insozzata di sangue, il vecchio maestro.

“Ho passato tutta la vita a cercare questo tesoro, e sapevo che mi avresti aiutato a trovarlo prima o poi, Shivalik.”
“P-Perché?” -ansimò sibilante.
“Niente di personale, ma ormai la mia vita è al tramonto, ed io non voglio morire: si dice che questo tesoro doni la vita eterna. Mi spiace che tu sia il mio ennesimo allievo a pagarne le conseguenze.”

Il ragazzo sgranò gli occhi e lo guardò con aria interrogativa:

“Molti prima di te ho inviato in questo luogo cercando il tesoro di Garuda, e nessuno vi ha mai fatto ritorno.”

“I miei genitori…”

“Anche loro ahimè sono caduti, ho pianto per loro, erano brave persone; ho agito per paura.”

“C-che ne è di tutti i vostri insegnamenti… sulla calma, sul non abbandonarsi alle passioni e alla sofferenza?”

“Funzionano fino a un certo punto, ovvero fino a quando non ti rendi conto dell’oblio che ti aspetta. Viviamo, moriamo, ed i deboli sottomettono i forti, così è sempre stato e sempre sarà: ci sarà sempre un Pura pronto a spadroneggiare su un villaggio indifeso. L’unica cosa che capisci con la dottrina della privazione della sofferenza, è che non ha senso preoccuparsi del bene altrui, perché fino a ché il mondo sarà calpestato dai malvagi, allora la fiducia negli uomini sarà sempre una delusione.”

“No questo non potete essere voi, non il mio maestro così saggio e benevolo…!” - detto ciò sputò un copioso getto di sangue.
“Hai detto, Shivalik, che gli uomini di Pura che erano al villaggio sono stati fermati, ma che ne è di loro?”
“P-penso verranno giustiziati dalla folla…”

“Ed è sbagliato?”
“Dovrebbero essere processati!”
“Allora sono malvagi?”
“Come?”
“Sono malvagi, quegli innocenti che si vendicano?”
“Sono come i loro carnefici ora…”
“No, non ora soltanto, perché, vedi,lo sono sempre stati: tale è la natura umana. Dovremmo forse condannarla dunque? Quando c’è dolore e violenza, sfuma il confine tra bene e male.”

“Io proprio non capisco…”
“Ed è un peccato; ora accetta serenamente la morte, mio allievo, affinché tu possa riunirti coi tuoi cari.”

Shivalik si accasciò al suolo, mentre il sangue sgorgava a fiotti dalla ferita, e le ombre scendevano su di lui:

«Morte… la paura della morte guida il maestro Lhasa. Ma non è solo quella… l’uomo, sì, l’uomo è il suo fallimento… però forse non è tutto sbagliato. Uomini giusti, uomini sbagliati, chi può giudicarli se il confine diventa così labile ove c’è sofferenza?»

A quel punto si sentì pervadere dentro da una morsa bruciante, e nelle sue orecchie fischiò come il ruggito di un’aquila: si ritrovò in una valle nera, scrutato da due occhi azzurri come l’oceano, ed altrettanto sconfinati e profondi.

«Tu li giudicherai, giudice infernale.»

La statua prese a brillare ancora più intensamente, fino ad accecare Lhasa con un lampo: quando riuscì a vederci di nuovo, il Garuda era sparito.

“No… non può essere! Ho atteso cinquant’anni per questo momento, dove sei finito Garuda?!”

“Perché scalpiti tanto, vecchio, sono dietro di te.”

L’anziano si voltò e sconvolto vide il suo allievo bardato di una nera armatura scintillante, dalle fattezze del divino Garuda:
“Ora capisco, non è una statua ma un’armatura…!
“Surplice.” - tuonò il ragazzo: la sua voce era imponente e ferma.
“Come?”

“Questa armatura si chiama Surplice, ed è un dono del signore degli inferi, Ade.”
“Ade? Un dio greco qui nel Jamir? Che vai dicendo, Shivalik!”
“Shivalik? No, l’uomo avente tale nome è morto: colui che hai dinnanzi è Eaco, della Stella del Cielo intrepido.”

A quel punto il vecchio rabbrividì:
“Tu sei una delle centotto stelle malefiche…!”
“Tutto ciò che sapevate su questo tesoro è una menzogna: per secoli avete venerato una stella di morte con lodi e preghiere.”

Il ragazzo iniziò a bruciare il proprio cosmo, ora divenuto pesante e mortifero, ed il vecchio si sentì soffocare:
“Shivalik fermati, non utilizzare questo potere, non ti porterà a niente!”

“Chiami ancora questo Shivalik, ma egli è estraneo alla mia persona.”

“Rinuncia alla vendetta ragazzo, non diventare come me!”

A quel punto il ragazzo esplose in una risata plateale:
“Ti sbagli, non provo alcun sentimento nei tuoi confronti, ho appena superato concetti fastidiosi come vendetta e tradimento, ciò per cui ti sto punendo ora è un crimine assai più grave: hai tentato di impadronirti di qualcosa del supremo Ade.”

“Come può un dio voler la mia vita per così poco?”
“La tua stoltezza conferma la tua condanna, ma siccome sono un magistrato degli inferi e non le passioni ma le leggi dei morti smuovono le mie azioni, ti concederò una morte indolore, poiché qualcosa di buono lo hai fatto durante questi anni: i giovani tributi morti per mano della Surplice hanno ravvivato la stella malefica della Surplice, ed anticipato il suo risveglio. Hai contribuito alla crescita dell’esercito infernale, e ti spetta la più generosa ricompensa che io possa assegnarti.”

“Non…”

Prima di poter pronunciare qualunque cosa avesse da dire, Lhasa cadde a terra privo di vita: il suo volto un tempo sereno era adesso deformato da un lacerante terrore.

“Cala il sipario su un vecchio sciocco che troppo tardi ha compreso quanto fosse grande la paura della morte.”

 

 

“M-maledetta…”

Violate colpì nuovamente con un calcio il torace dell’uomo, che gridò di dolore.

“Violate.”

La ragazza si voltò, vedendo il giudice e la sua nera armatura infernale:
“Dunque anche tu sei uno Specter, Shiv…”

“Il mio nome è Eaco da adesso.”

La ragazza si inginocchiò prostrandosi:
“Violate di Behemoth, Stella del Cielo solitario, al vostro servizio sommo gigante.”

Eaco guardò Pura appoggiato ad una parete, coperto di sangue e con entrambe le gambe spezzate:
“Vedo che anche senza la tua Surplice hai dato a questo miserabile ciò che si meritava.”

“Chi cazzo sei porco bastardo?!” - gli urlò Pura.

“Devo mozzargli la lingua?”

“No Violate, non sarà necessario.”
“Non ho paura di morire!” - ridacchiò l’uomo.

“E fai bene, poiché in questo momento la morte è l’unica cosa di cui andrai in cerca: ti rilegherò in un’illusione infinita, dove le anime di coloro che hai fatto soffrire ti strazieranno in quelli che ti sembreranno anni interminabili, mentre lentamente il tuo corpo morirà di inedia.”

“Pensi di fare la cosa giusta ragazzino? Vendica tutti quegli innocenti, andiamo, ma non riporterai in vita nessuno di loro!”

Il ragazzo lo guardò sorridendo:
“Non confondere la sentenza di un giudice infernale con un volgare impulso: quello che stai per ricevere è un castigo divino.”

Infine, sul volto di Pura comparve un’espressione di sconforto:
“Un castigo divino?”

Illusione galattica.”

Pura vide comparire attorno a sé grandi occhi violacei senza palpebre: i loro sguardi erano come rasoi taglienti che lentamente si insinuavano nelle sue carni e nella sua mente. Quando il suo cervello fu completamente pervaso dall’illusione, egli si trovò dinnanzi, come gli era stato detto, una folla di persone mutilate e sfregiate, che gli si avvicinava ringhiando minacciosa: il tormento di Pura poteva finalmente avere inizio.

 

I due uscirono fuori dalla grotta e rividero le stelle:
“Che cosa ne sarà ora di noi?” - chiese Violate.

“Prima di tutto recupereremo la tua Surplice, poi ci uniremo agli altri Specter, ed allora muoveremo guerra ad Atena.”

La ragazza osservò il giudice, la cui armatura scintillava di una luce sinistra ma al contempo bellissima:
“Eaco.”

“Sì?”

“Sarò la tua ombra dovunque andrai, non avere paura di calpestarmi: darò la mia vita per te se necessario.”

Eaco a quel punto l’abbracciò:
“Non devi essere la mia ombra: sii piuttosto le mie ali.”

In quel lungo abbraccio, entrambi si chiesero dove finisse la persona e dove iniziasse lo Specter: Shivalik e le vecchia Violate erano davvero morti?

Il ragazzo accarezzò i capelli corvini di lei, ed entrambi compresero che qualunque fosse la risposta, l’uno ci sarebbe sempre stato per l’altra.

   
 
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