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Autore: ValeS96    16/02/2018    4 recensioni
«Era il 6 gennaio 1482. Fu quel giorno che Claude Frollo, arcidiacono di Notre-Dame, vide per la prima volta la zingara Esmeralda.»
- Terza classificata al Contest Multifandom “True Colours (of Your Soul)” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp -
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Claude Frollo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Anche il velluto brucia se il fuoco lo sfiora


 





C’era grande festa sulla piazza antistante alla Cattedrale di Notre-Dame quella mattina.
Il sole baciava con raggi tenui un piccolo palco di legno sul sagrato, allestito maldestramente per l’occasione. Un grande telo rosso ne ricopriva una parte, cosicché dall’alto nessuno sarebbe riuscito a vedere chiaramente cosa vi si svolgesse. L’unica cosa sicura erano le esclamazioni della folla, le urla e gli strepiti e i fischi.
In una delle torri della Cattedrale, un uomo con una veste di velluto nero era avvolto nella penombra, ricurvo sul suo tavolo in legno e circondato da fogli gremiti di parole. Lì accanto era posata una boccetta scura quasi vuota, in cui l’uomo intingeva freneticamente la sua penna.
La piccola stanza era avvolta da un odore di cera, pergamena, inchiostro e pietra.
Nessun barlume della gioia della piazza sembrava filtrare attraverso le piccole finestre, nemmeno il sole sembrava voler penetrare quel vetro.
Gentaglia.
Con uno scatto nervoso, l’uomo ficcò la penna nella boccetta e sbuffando si diresse verso la finestra. I suoi occhi scuri scrutarono in basso, sulla piazza.
Non vedeva altro che popolani gretti e un palco squallido in cui pareva qualcuno si stesse esibendo.
Aguzzò la vista nel tentativo di capire di chi si trattasse, immaginando fosse quel poeta, Pierre Gringoire.
Rimase lì, preso da insolita curiosità, nonostante il richiamo delle sue pergamene fosse più allettante del fracasso del popolo.
Presto sopraggiunse una musica nuova, esotica; sembrava rumore di tamburelli. Serrò le labbra.
Maledetti zingari.
Stava per dirigersi verso la scala per andare dal Capitano, quando qualcosa lo fermò.
Una chioma nera volteggiava sul palco, oltre la tenda; una gonna girava vorticosamente, circondata dagli sguardi estasiati degli uomini del popolo; una ragazza di carnagione scura ballava e batteva con la mano il suo piccolo tamburello.
Era il 6 gennaio 1482. Fu quel giorno che Claude Frollo, arcidiacono di Notre-Dame, vide per la prima volta la zingara Esmeralda.

E non fu l’unica volta in cui si scoprì a osservarla dalla finestra del suo studio.


 
*


La Cattedrale di Notre-Dame era deserta e avvolta nella penombra, le imponenti vetrate non proiettavano più alcun colore.
Tra le panche impolverate e impregnate dell’odore di cera e incenso si aggirava Claude Frollo, solo.
C’era qualcosa di imponente in lui, era un po’ come la Cattedrale in cui viveva: regale, maestoso, composto, austero, freddo. Era parte di quell’edificio, era il suo fantasma e il suo custode, celava reliquie, cunicoli, stanze chiuse a chiave, segreti nascosti tra incenso e polvere.
La sua veste di velluto lo avvolgeva e strisciava dietro di lui, mentre camminava. Le dita affusolate sfioravano il legno delle panche, portando con sé un sottile strato di polvere, le strofinava lievemente e continuava.
Ma c’era qualcosa di diverso quel giorno: nella testa aleggiava ancora l’immagine di Esmeralda, i suoi capelli, la sua gonna, quello che non avrebbe dovuto vedere, le sue forme avvolte nella stoffa grezza e fine al tempo stesso. Non era riuscito a togliersi dalla testa tutte quelle sensazioni, e nemmeno in quel momento e in quel luogo gli era possibile.
Nel legno ruvido cercava la pelle morbida di Esmeralda. Era tutta una questione di sensibilità; sentiva le sue dita sfiorare il legno freddo, insinuarsi nelle scanalature, nelle imperfezioni, seguire le curvature della forma, percepire le piccole schegge pungergli i polpastrelli.
Fu un lampo.
La zingara volteggiava nei fumi dell’incenso che salivano verso l’alto, tra le colonne i suoi capelli neri ondeggiavano al suo movimento, le scivolavano sul collo sottile, lo coprivano e lo scoprivano. La gonna seguiva quella danza vorticosa e mostrava agli occhi colpevoli le caviglie, le gambe, le cosce.
Togli quella gonna.
Si portò le mani al volto e si inginocchiò sul velluto rosso.
Un’energia sopita per troppo tempo iniziava a manifestarsi in tutta la sua potenza e lo eccitava, terribilmente. Il profumo della cera non era più di candele su candelabri d’oro, ma di stoppini consumati in stanze sporche dove uomini e donne facevano l’amore, l’odore del legno era quello dei letti su cui tutto ciò si consumava tra gemiti e scricchiolii, l’aroma dell’incenso sugli altari erano gli esotici fumi inebrianti delle zingare.
Avvertiva scosse che lo percorrevano da capo a piedi, come spasmi che lo incatenavano nel suo desiderio, corpo e mente ora fusi in un’unica intensa sensazione.
Chiuso in una trappola, le girava intorno e nulla di lei gli sfuggiva.
Esplose in una smania incontenibile di toccare i suoi vestiti sgualciti, strapparli, e poi sentirla sotto le dita, sfiorarla, percorrere ogni spazio di pelle scoperta e vederla tremare sotto di sé.
Ora serrava i pugni con tanta forza da far sbiancare le nocche, ora si aggrappava con le unghie al velluto scarlatto, a denti stretti, combattendo inerme una battaglia persa.
Il fuoco incendiava ogni senso, lei era ovunque, gli bruciava nelle vene, gli scottava la carne, gli consumava il senno, fiammeggiante come l’Inferno da cui era sorta per torturarlo.
Esmeralda
ti voglio.
Voleva stringere la zingara e sentirla contro di sé, spingere e possederla lì, su quel velluto rosso così sbagliato, sbagliato come lui, un nero uomo di Chiesa che si eccitava al solo pensiero di una donna. Tutte quelle inutili letture che tanto amava, di dame bianche, composte e pudiche, cosa valevano ora? Cosa valevano se esisteva Esmeralda, la sua pelle scura, la sua chioma nera come la pece, sinuosa come una serpe, così piccola ma così attraente da fargli perdere la ragione? Cosa importava delle promesse, dei giuramenti, dei voti, se Esmeralda ballava scalza sul sagrato?
Perché inginocchiarsi sul velluto quando un uomo può sdraiarsi su un corpo di donna?
Trattenne un gemito, mordendosi il labbro.
Sentì in bocca l’acre sapore del sangue.




 
  
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