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Autore: supersara    17/02/2018    10 recensioni
Fanfiction scritta per il contest Special February indetto dal gruppo Takahashi fanfiction Italia.
Soulmate AU, ovvero un mondo totalmente simile al nostro, l'unica differenza sta nel fatto che le persone vedono in bianco e in nero finché non incontrano la loro anima gemella, a quel punto la loro vista si sblocca e iniziano a vedere i colori.
Spero di avervi incuriosito ;)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Koga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Carnevale a Venezia
 

 
Credo di poter dire di aver sempre avuto una vita felice: i miei genitori mi hanno amato tantissimo, gli amici non mi sono mai mancati, e mi sono inserito bene nella società. Insomma, posso senza dubbio ritenermi soddisfatto.
Fin da quando ne ho memoria, ricordo le carezze di mia madre, che sorridente cercava di raccontarmi com’erano i colori. Si basava sulle sensazioni: diceva che il rosso sapeva di amore, l’azzurro era freddo come l’acqua del mare, mentre il dorato era il suo colore preferito, perché era caldo e stava nei miei occhi e in quelli di mio padre.
Spesso mi sedevo sulle ginocchia di papà, e lui mi diceva che il mondo era fatto così: tutti vedevano in bianco e nero, tranne coloro che avevano incontrato la loro anima gemella. Soltanto la vista di quella persona in particolare, portava il colore nel proprio mondo. Mio padre non l’aveva trovata subito, del resto non tutti potevano essere così fortunati: si era sposato, aveva avuto un figlio, ma il suo precedente matrimonio era finito, e fu a quel punto che incontrò mia madre, e il mondo per entrambi si tinse di tutte le sfumature esistenti in natura. Non era detto che l’anima gemella potesse essere la stessa, spesso soltanto una delle parti risvegliava la vista, mentre l’altra no.
I miei genitori erano stati fortunati, ed erano ottimisti: mi dicevano che avrei visto anche io i colori un giorno, ma a scuola ci hanno sempre insegnato a non contare troppo su una simile eventualità, e che si poteva vivere tranquillamente anche in bianco e nero. Dovevano dirci quelle cose, perché molti morivano senza aver visto mai nessun colore, e appigliarsi a un tale desiderio poteva essere deleterio.
In cuor mio desideravo tanto vedere il mondo in tutte le sue sfumature, ma ero anche rassegnato, e di sicuro non mi sarei mai aspettato che i colori per me potessero giungere così presto.
-Ma è meraviglioso, Inuyasha!- il sorriso entusiasta di Kagome era una delle cose più belle che avessi mai visto -Vincere un viaggio a Venezia durante la settimana del Carnevale! Non sto più nella pelle!- i suoi capelli erano scuri e il marrone dei suoi occhi era splendido, così come il colore della sua pelle. Kagome era bellissima, dolce, intelligente, e soprattutto mi voleva bene davvero.
-Poi due biglietti sono davvero una fortuna! Non vedo l’ora di andarci!- se mi avessero chiesto di scegliere la mia anima gemella, avrei senza dubbio fatto il suo nome. Profumava di buono, era morbida, quando l’abbracciavo sembrava che il suo corpo fosse stato creato per stare a contatto con il mio. Insomma, Kagome era perfetta… eppure…
-Ehm… veramente io pensavo di andarci con Koga!- lo dissi ridendo, cercando di mascherare l’imbarazzo con l’ilarità. Lei rise assieme a me, ma in un secondo momento si rese conto del fatto che stessi dicendo sul serio.
-Ah- finì col rispondere, il suo volto si era tinto di rosso.
Dopo quelle pesanti rivelazioni tornai a casa sconfitto, al fianco del mio orribile, inseparabile, dannatissimo migliore amico.
-Secondo te devo portare il costume a Venezia? Credo che ci si sposti nuotando!- era pessimo, stupido, puzzolente e molesto. Non aveva nulla a che vedere con Kagome! Insomma, abbracciare lui era totalmente diverso, a partire dal fatto che fosse più alto e più grosso di me! Non sarebbe stata più indicata una fanciulla da proteggere? Sì, lo sarebbe stata! Ed era per quel motivo che mi chiedevo il perché, da quando lo avevo conosciuto al corso di basket, all’età di soli tredici anni, il mondo per me si era riempito di colori.
-Ci si sposta in gondola! Non nuotando! Idiota!- avevo alzato la voce perché ero arrabbiato con lui. Apparentemente non avevo motivi per esserlo: avevo vinto un viaggio per due persone e gli avevo chiesto di accompagnarmi, lui era stato anche felice di dirmi di sì. Ero arrabbiato perché ero attratto da lui, e non riuscivo ad accettarlo. Avevo tenuto a tutti segreto il fatto che riuscissi a vedere i colori; se ne erano accorti solo i miei genitori, ma dopo aver fatto qualche domanda di routine avevano capito che non volessi parlarne, e mi avevano lasciato in pace.
-Ma che cosa vuoi, botolo?! Ho chiesto una cosa, non serve essere così acidi!- ovviamente mi rispose per le rime. Non era di certo un tipo empatico di quelli che si mettevano a capire i tuoi sentimenti.
-Lascia perdere il costume, lupastro- mi limitai a rispondere.
-Tsk!- fece lui alzando la testa con aria di superiorità e guardando nel lato opposto al mio. Era un vizio che avevamo entrambi quando ci sentivamo offesi, del resto dopo dieci anni di amicizia era ovvio che avessimo espressioni in comune.
Cosa stavo facendo? Perché gli avevo chiesto di venire con me? Mi ero sempre ripromesso di non dirgli la verità, di non far capire a nessuno che fosse lui la mia anima gemella, eppure non riuscivo a sparire dalla sua vita. Non potevo separarmi da lui, la sua presenza era diventata fondamentale, ed era impossibile che cambiasse qualcosa.
Venezia era una città meravigliosa: edifici antichi, vicoli suggestivi, atmosfera romantica… non che potessi farmene molto dell’atmosfera: come ho già detto non avevo intenzione di espormi con Koga. Quell’idiota aveva tanto insisto per fare un giro in gondola, e anche se non ero dell’umore giusto, alla fine, ho dovuto assecondarlo. Lo stavo osservando mentre teneva un piede sulla punta della gondola, aveva il ginocchio piegato e le mani sui fianchi, e se ne stava in posa, come se stesse conquistando la città.
-Ragazzo, potresti sederti in un modo sicuro?- il gondoliere parlava inglese, e sia io che quel lupo da strapazzo lo capivamo bene, ma per lui era più comodo fingere di non saperlo. Dopo svariate riprese, il povero conducente si era rassegnato a lasciarlo fare.
-Ehi, botolo!- mi chiamò improvvisamente -Mi stavo chiedendo… perché non sei venuto qui con la tua ragazza?- deglutii nervosamente ma cercai di darmi un contegno.
-Io e Kagome ci siamo lasciati- mi limitai a rispondere. Era la verità del resto: dopo averle comunicato che avrei passato la settimana di vacanza che avevo vinto, con il mio migliore amico anziché con lei, persino una ragazza comprensiva come Kagome aveva finito col perdere la pazienza.
Koga si voltò a guardarmi con sospetto, senza abbandonare la posizione.
-Ultimamente sei più strano del solito! Te ne stai lì rannicchiato nell’angolo, come un cane bastonato! Perché vi siete lasciati?- ammetto che mi sorprese il fatto che si fosse accorto del mio cambio d’umore.
-Evidentemente non eravamo fatti per stare insieme!- provai a tagliare corto.
Con uno scatto di cui solo lui era capace, mi venne incontro e mi afferrò per il colletto della camicia.
-Senti botolo, non ti sopporto più! Adesso mi dici che cos’hai che non va, o ti affogo!- il gondoliere cominciò a farfugliare qualcosa in italiano, ma lo ignorammo.
Gli afferrai il braccio e glielo strinsi così forte che dovette mollare la presa.
-Non è nulla che ti riguarda!- mentii.
Ero più frustrato che mai. Non riuscivo a far finta di niente: una parte di me voleva tanto sputargli in faccia la verità, vederlo inorridire mentre diceva qualcosa come “mi fai schifo!”, “frocio di merda!”, o peggio. Anche se affrontarlo una volta per tutte sarebbe stato comunque meglio che tacere per sempre.
Il gondoliere disse qualcosa, sempre riguardo a Koga che doveva sedersi, ma era l’ultimo dei nostri interessi.
Gli occhi azzurri del mio dannatissimo migliore amico mi stavano facendo impazzire: sembrava che volesse leggermi l’anima, che in tutti i modi cercasse di cavarmi fuori la verità. Non potevo dirgli nulla, perché ero un codardo, e avevo paura di perderlo. Non potevo accettare che sparisse dalla mia vita.
-Cagnaccio, tu…- un’ombra oscurò il sole, e mi resi conto del fatto che stessimo passando sotto un ponticello, ma Koga era girato di spalle, e non riuscì a vedere il cemento che impietosamente si scagliò contro la sua nuca, facendolo cadere in acqua.
Il gondoliere chiese aiuto, cercò di recuperarlo, con il remo, poi gridò qualcosa come: -Ghe n'ho le bale piene!- (traduzione: ne ho le palle piene [di questi due]!).
Il lupastro sapeva nuotare benissimo, ma la botta in testa doveva averlo fatto svenire. Mi gettai quindi in acqua per recuperarlo, e grazie al cielo ci misi pochi secondi, anche se nella mia mente sembrarono un tempo infinito.
Il conducente mi aiutò a tirarlo su, e quando fummo di nuovo in gondola cercai di farlo riprendere con qualche schiaffo sul viso, ma sembrava tutto in inutile. Avevo fatto un corso di primo soccorso tempo addietro, ma di sicuro non mi sarei mai aspetto di dover mettere in pratica quello che avevo imparato, specialmente sul mio migliore amico! Senza perdere altro tempo mi posizionai su di lui, e inizia a esercitare una forte pressione sul suo sterno, per diverse volte. A quel punto gli alzai la testa e poggiai le labbra sulle sue, iniziando la respirazione bocca a bocca. Ero preoccupato, non mi era mai capitato di essere così in ansia in tutta la mia vita, e speravo che iniziasse a tossire, che si svegliasse, ma non andò affatto così. Sentii la sua lingua che si faceva timidamente spazio nella mia bocca, e in un primo momento chiusi gli occhi, godendomi l’attimo. Poi li riaprii di scatto, con un’espressione sconvolta, e mi accorsi che Koga mi stava guardando allo stesso modo. Ci separammo di scatto e tossimmo entrambi: i nostri volti erano diventati purpurei, mentre il gondoliere, ormai sicuro che il lupastro stesse bene, ci guardava quasi annoiato.
-C… come va?- mi feci coraggio a chiedere.
-B… bene! Cavolo! Per un attimo ho visto tutto blu! Non mi ero accorto di stare in acqua!-
Risi nervosamente, ma poi mi resi conto di quello che aveva detto.
-In che senso hai visto blu?- domandai.
Lui si irrigidì, e credo che per la prima volta nella sua vita non sapesse cosa dire.
-Vedi a colori?- mi decisi a chiedere.
Koga abbassò lo sguardo per qualche secondo. Il gondoliere intanto ci stava riportando sulla terra ferma, borbottando imprecazioni in italiano.
-Sì- confessò senza guardami neanche, per poi aggiungere con voce tremante -da dici anni ormai-
Non sapevo cosa pensare, dire o fare.
Anche lui era come me, e se era da dieci anni, allora probabilmente ero stato io a risvegliare la sua vista, così come lui lo aveva fatto con me. Non potevo esserne sicuro, e il dubbio mi stava uccidendo.
-Sono stato…- iniziai a dire, il cuore mi batteva talmente forte che temevo lo stesse sentendo anche lui -io?-
Mi sentii pervaso da una gioia assurda quando lo vidi annuire. Non era per niente facile quella situazione: in un attimo stavamo mandando all’aria dieci anni di silenzi.
-Per me è lo stesso- mi decisi a confessare.
Dopo qualche secondo mi diede una pacca sulla spalla, con una cerca titubanza, e disse: -Lo sospettavo, ma volevo sentirtelo dire-
Ecco perché era così petulante con le sue domande. Calò un silenzio di tomba, che mantenemmo finché non toccammo terra. Alcune persone mascherate gironzolavano allegre per la città, mentre noi restavamo fermi, l’uno di fronte all’altro, incapaci di guardarci negli occhi.
-Botolo- iniziò a dire Koga -tu sei un ragazzo-
-Ma va?!- commentai sarcastico.
-Sì, però… insomma, non è che possiamo scegliere di chi innamorarci!- io non ero bravo con le parole, ma sicuramente lui era peggio di me. Quella situazione era davvero assurda.
-Mi odi?- finì col chiedermi.
-Ma che dici! No!- fu la mia risposta immediata.
-Ti faccio schifo?- lo guardai incredulo, e per la prima volta mi resi conto che tutti i problemi che mi ero fatto per anni, li avesse affrontati anche lui.
-No- mormorai facendomi coraggio e afferrando la sua mano. Le dita di Koga si strinsero attorno alla mie, in un timido ma rassicurante contatto. Era strano, mi sentivo come se fossi frenato, e in effetti era così… si trattava pur sempre del mio migliore amico!
-Scusa per prima. Non volevo… si insomma, metterci la lingua!-
-Scusa tu… sono stato insopportabile in questi giorni. Comunque sei fradicio!-
-Sì, e ho anche freddo, per la miseria!-
Sorridemmo entrambi della situazione.
Da quel momento in poi ci venne tutto naturale, com’era sempre stato. Tornammo al nostro albergo, parlammo a lungo di tutto quello che non c’eravamo mai detti. Rivelargli finalmente quei segreti fu come togliermi un peso dal cuore. Per lui sembrava essere lo stesso, e questo mi rendeva anche più felice.
Alla fine ci aravamo sdraiati sul letto a guardare il soffitto, sereni nonostante tutto.
-Cosa faremo adesso?- chiese Koga d’un tratto.
Alzai le spalle, ero rilassato.
-Ci imbucheremo a una festa in maschera, ci divertiremo, berremo, mangeremo… e poi faremo quello che abbiamo sempre fatto: staremo insieme!-


SSS (SuperSaraSpace): Hola! Grazie per essere giunti fin qui u.u non è che questa storia mi soddisfi poi molto, ma ci tenevo a scrivere su di loro perché ultimamente li sto shippando tantissimo <3 vi chiedo scusa per eventuali errori che potreste aver trovato nel testo, ma non ho avuto molto tempo per rileggere T^T un bacione a tutti e ancora grazie!
  
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