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Autore: _Phobos_    18/02/2018    2 recensioni
[Eldarya]
Penso di non essere l'unica che, giocando a questo otome game, abbia storto il naso parecchie volte sulle azioni decise senza molta logica -a volte- del nostro avatar. Per questo motivo vorrei tentare di riscrivere episodio per episodio stando fedele alla trama, ma scegliendo le azioni e le frasi che personalmente escono spontanee.
D'altronde chi non ha pensato di farlo almeno una volta?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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*Grazie per aver cliccato su questo capitolo iniziale!
Prima di farvi iniziare la lettura ci tengo a precisare che questa FF è dedicata solo alla route di Ezarel.
Come già anticipato, la trama rimarrà totalmente fedele a quella degli episodi e sarà riportata per ogni capitolo ma verranno principlamente riportati i miei pensieri in base ai contesti nei quali la protagonista si trova.
Vi lascio immergere nel mio mare di parole, buona lettura!*



Adoro fare brevi passeggiate mattutine nei dintorni della foresta. Non ho iniziato a fare quelle camminate per un motivo preciso, semplicemente sono sempre stata troppo pigra per fare altro e al tempo stesso ne approfitto per schiarirmi un po’ le idee.
Uscire di giorno mi fa stare maggiormente serena in quanto posso osservare e scrutare cosa il bosco nasconde al suo interno. L’idea di attraversarlo per non riuscire più ad uscirvi o, peggio, se per assurdo mi fossi imbattuta in qualche creatura mitologica sarei stramazzata al suolo nel giro di un paio di secondi.
Il periodo in cui mi trovavo era uno dei più significativi siccome ben presto avrei finito gli studi e avrei potuto dedicarmi pienamente al mondo del lavoro, gioivo al solo pensiero di avere una mia autonomia! Eppure l’idea di separarmi da molti amici mi faceva sentire male…
Sbuffai pensando che se i rapporti con loro si fossero rotti sarebbe stato per un valido motivo, o almeno così doveva essere.
La mia mente riuscì a liberarsi di quell’ipotesi grazie ad un insolito fenomeno che l’aveva catturata: posto in mezzo ad alcuni alberi, un singolare cerchio formato da oggetti bianchi era baciato dal Sole.
Non potei fare a meno di domandarmi chi avesse messo quegli affari lì per terra, a che scopo poi?
Mi sorpresi nel provare sentimenti così contrastanti: da un lato volevo spingermi oltre le mie paure ed osservare più da vicino il cerchio, dall’altro la mia prudenza stava gridando di proseguire
Andiamo, che mi può succedere?” pensai tentando di farmi coraggio.
Staccai il piede destro dal terreno ancora tentennante, prendendo un po’ più di sicurezza passo dopo passo. Per tutto il corto tragitto venni perennemente scossa da piccoli brividi di paura: quella foresta aveva un che di sinistro e non mi piaceva affatto. Non mi sarebbe mai piaciuta, ecco qual era la realtà.
Se spuntasse all’improvviso uno di quei… cosi?
Lanciai qualche occhiata scrutatrice tra i tronchi contorti degli antichi alberi. Rassicurata dal fatto che nulla si mosse, prestai più attenzione a quei strani sassi bianchi rimanendo ancora più sconcertata: erano funghi.
Perplessa mi chiesi cosa ci potesse fare un perfetto cerchio di funghi in una zona boscosa non molto importante come quella, giunsi alla conclusione che potesse essere stata una bravata ideata da qualche gruppo di ragazzini burloni.
E se invece li avessero messi in quella disposizione loro?” rabbrividii.
Mossi la testa scuotendola velocemente per dissipare in fretta quella idea: nel movimento goffo mi trovai a perdere leggermente l’equilibrio e finii, nel cercare un nuovo appoggio, per mettere un piede dentro la strana forma assunta dai funghi.
Rapidamente, un numero impressionante di lucciole si manifestò intorno a me svolazzando in una danza ipnotica. Pian piano le piccole luci che erano solite avere nel loro corpo si fecero sempre più intense fino a diventare fastidiosamente accecanti, coprendomi del tutto la visuale.
Scossi le braccia nel vano tentativo di cacciarle e , fortunatamente, non ci volle molto prima che queste mi lasciassero stare. Ben presto scoprii che, però, non ero più nei dintorni del bosco che tanto non sopportavo ma ero finita inspiegabilmente in una grande sala che non avevo mai visto.
Come ho fatto a finire qui?” pensai angosciata.
Girai su me stessa più volte in modo da studiare in modo più minuzioso l’ambiente che mi circondava: era una stanza circolare molto illuminata, il soffitto era decorato da graziosi movimenti geometrici tuttavia ciò che era davvero degno di nota lo avevo davanti.
Un grosso blocco formato da un cristallo dalla colorazione azzurra , avvolto da un’insolita luce azzurrina, mi lasciò con la bocca aperta.
Provai subito l’impulso di toccarlo, sarebbe stato un peccato non approfittare di quell’occasione. Sorrisi pensando alla tranquillità che mi aveva fatto provare quella pietra, normalmente non avrei abbassato i sensi di guardia, eppure qualcosa mi diceva che potevo fidarmi.
Allungai lentamente la mano pensando a quali altre sensazioni mi avrebbe fatto provare quell’oggetto inanimato, ignara di tutto ciò che la sorte aveva in serbo per me.



-Hey!- il grido si levò per tutta la stanza –Chi sei tu e come sei arrivata fin qui?- trillò preoccupata.
Ritrassi immediatamente la mano, sobbalzando spaesata.
Portai le braccia in alto, nemmeno fossi un ladro colto in un sostanzioso furto, e con molta lentezza mi voltai verso la donna che era appena entrata nella sala.
Gli occhi mi si illuminarono appena vidi la sua coda folta e meravigliosa dal colore blu notte con delicati riflessi blu, come le orecchie, e giudicando il modo il cui si muoveva non c’erano dubbi sul fatto che mi trovavo davanti ad una creatura della mitologia giapponese.
-Ti ho fatto una domanda, rispondi! Ti mandano i Templari, per caso? O i massoni?- chiese con un tono aggressivo.
Mi ricomposi in fretta, ancora meravigliata dalla vista dell’essere del quale avevo tanto letto sui libri. Tentai di far scemare il sorriso che si era come bloccato sulla mia bocca senza successo siccome alla ragazza-volpe non sfuggì ed un’espressione minacciosa, in risposta al mio comportamento, non tardò ad arrivare.
-Non so di cosa stai parlando, ma sei una Kitsune non è vero?- la adulai.
La sua faccia si contorse in una smorfia di disapprovazione e, non riuscii a spiegarmi come, dalla lanterna che teneva ben salda in mano, fece fuoriuscire una potente fiammata dal color ghiaccio. Sorprendentemente non rimasi scioccata, piuttosto meravigliata da quello che la ragazza-volpe sapeva fare.
-Rispondi!- tuonò nervosa.
Tornai alla realtà, smettendo di fantasticare su quali altre capacità avesse, sbrigandomi a rispondere alla sua insistente richiesta. Indubbiamente ammiravo quella creatura però non ci tenevo ad avere ustioni sul corpo.
-C’era un cerchio di funghi nella foresta, per sbaglio ho messo un piede dentro e…-
Un rumore bloccò la fine del mio racconto.
Entrambe ci trovammo a sussultare non capendo cosa potesse aver causato il tonfo e da che parte il botto provenisse.
-Ora che altro sta succedendo?- chiese spazientita.
Alzai le spalle in quanto non sapevo che risposta darle, speranzosa di vedere un altro dei suoi poteri in azione per individuare seduta stante il problema.
Sospirò affranta e…
-Jamon! Conosci la procedura, io vado a vedere da cosa è stato causato quel rumore- cinguettò stizzita.
Inclinai leggermente la testa non riuscendo a capire con chi ce l’avesse e soprattutto di quale procedura stesse parlando, ma ben presto i miei occhi iniziarono nuovamente a luccicare per la vista di un’altra creatura: Jamon, colui che la giovane aveva appena tirato in causa.
-Di che procedura parli?- provai a chiedere un po’ intimorita dalla stazza della creatura appena palesata.
La Kitsune mi ignorò completamente, preferendo muoversi ad uscire dalla stanza per andare chissà dove: restai sola con quello che aveva l’aspetto di essere un orco.
Senza dirmi niente mi agguantò il braccio ed iniziò, non molto galantemente, a trascinarmi verso la direzione dalla quale si era volatilizzata la donna. Non opposi alcuna resistenza siccome ero divertita dalla situazione in cui ero capitata.
Fin da bambina sognavo di poter incontrare fate, sirene, orchi, insomma tutti questi personaggi!
Eccetto… loro.
Scossi la testa e cercai di pensare ad altro, concentrandomi sul buffo ciuffo rosso in testa a Jamon che dava un tocco vivace al suo colorito marrone.
-Di un po’- provai ad instaurare un dialogo –Per caso ci sono più razze di orchi? Non ricordo che Shrek avesse il viso simile al tuo- conclusi.
Mi guardò di sbieco lanciandomi un’occhiata interrogativa, probabilmente non aveva capito a chi mi riferissi e il suo grugnito di disapprovazione me lo fece capire chiaro e tondo.
 
Continuammo a camminare per diverse altre stanze fino ad arrivare in una dall’apparenza più tetra che conduceva, purtroppo, a delle scale dall’aspetto poco rassicurante. Erano immerse in un ambiente più scuro rispetto ai precedenti, prive di finestre che avrebbero potuto illuminare i gradini ripidi.
Non feci storie nello scendere la scalinata infernale per il semplice timore che mi potesse far rotolare giù, non curandosi affatto della mia salute.
-Dove stiamo andando?- chiesi preoccupata.
Un grugnito riecheggiò nella sua gola e di nuovo Jamon non si degnò di rivolgermi la parola, troppo preso dal portare a termine la famosa procedura che la ragazza-volpe aveva dettato.
Sperai con tutto il cuore di arrivare il prima possibile alla fine di quelle scale tremende: le mie gambe iniziarono a reclamare il troppo moto alle quali erano costrette, non essendo abituate.
Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo quando, finalmente, toccai di nuovo il terreno ma ben preso il sollievo lasciò posto all’inquietudine.
Senza darmi il tempo di osservare bene il nuovo scenario in cui mi aveva condotta, l’orco mi spintonò in una cella ammonendomi di non muovermi come se, quel piccolo gabbiotto, mi lasciasse ampie possibilità di movimento.
-Miiko dire tu no muovere!- ordinò cercando di assumere la stessa aria minacciosa della donna.
Un sorriso divertito mi scappò dalla bocca vista l’espressione poco convincente della mastodontica creatura e, forse indispettito dalla mia reazione, mi voltò le spalle recandosi verso la scalinata a chiocciola pronto a risalire nelle stanze più confortevoli.
Appena realizzai di trovarmi completamente sola in un luogo nel quale non riuscivo bene a riconoscere cosa ci fosse effettivamente, il panico mi pervase.
-Non è leale! Non puoi lasciarmi qui da sola! Hey!- urlai facendo quanto più baccano possibile.
Non attirai di certo la sua di attenzione, ma catturai quella di una creatura dai lineamenti distorti che emerse dall’acqua verdognola dello stagno situato non molto lontano dalla gabbia nella quale mi trovavo.
Balzai indietro, spaventata dalla sola idea dell’aspetto che poteva avere l’essere che mi fissava con un ghigno malvagio quasi volesse mettermi in guardia sulla sorte alla quale sarei andata incontro.
Inaspettatamente quella cosa si rituffò nell’acqua stagnate. Mi ritrovai a ringraziare tutte le divinità di cui ricordavo il nome per avermi risparmiata, ma inizia sul serio a chiedermi quanto tempo sarei durata lì dentro. Sarebbero stati così clementi da portarmi del cibo o anche solo di assicurarsi che stessi bene?
Stanca di tutto quello che mi era capitato mi appoggiai con le spalle alle fredde sbarre che mi circondavano, lasciandomi cadere sul suolo con il sedere: tanto valeva riposarsi un po’ invece di sprecare energie inutilmente.
Quel posto non mi piaceva proprio, era addirittura peggio della foresta che mi trasse in inganno, ma avevo ancora un briciolo di speranza e mi aggrappai a quella per ritrovare positività: avevo visto dal vivo una Kitsune ed un orco, perché mai non sarebbe dovuta spuntare dal nulla una Fata Madrina che mi avrebbe tratta in salvo?
Speriamo sia una fata e un elfo terrificante…” mi trovai a pensare in un attimo.
   
 
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