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Autore: Jade Tisdale    18/02/2018    0 recensioni
Raccolta di flashfic e one-shot sulla coppia Nyssara.
«Ti amo.»
«Platonicamente parlando, intendi.»
Sara scosse lievemente la testa, abbozzando un sorriso imbarazzato. «No. Ti amo e basta.»
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Nyssa al Ghul, Sarah Lance
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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#8 Prompt: Person B’s ex trying to warn Person A about B right in front of the both of them. After a very long explanation about B’s unsavory nature and questionable past, Person A just nonchalantly replies “I know” and kisses B deeply. 

 

(Un)lucky girl

 

 

Quella mattina, Nyssa si era svegliata con un brutto presentimento. Non avrebbe saputo spiegare a parole la sensazione che provava, ma quel giorno la sfortuna sembrava perseguitarla. Non solo aveva rovesciato il sale e rotto uno specchietto da borsetta, ma adesso non riusciva nemmeno a trovare il suo cellulare.
«È venerdì tredici» constatò la mora dopo aver dato una rapida occhiata al calendario. «Ecco perché mi stanno capitando tutte queste disgrazie.»
«Non ti credevo così superstiziosa, sai?»
Nyssa inarcò entrambe le sopracciglia. «Non sono superstiziosa. Sono solo...»
«Fissata.» La bionda si fece improvvisamente seria. «Questa storia della sfortuna ti sta sfuggendo di mano. Forse dovresti solo rilassarti un po’.»
«Rilassarmi? Te lo ripeto, Sara, è venerdì tredici. E io non trovo il mio telefono. Dove cavolo l’ho messo?»
«Ascolta, fa’ un respiro profondo» le suggerì l’amata, accarezzandole lievemente il braccio sinistro. «Perché non andiamo a fare un giro al centro commerciale?»
«Non trovo il mio telefono!» ribadì la mora, in preda al panico. «Se mi chiamano dal lavoro è un casino. Sai che è solo quello il motivo per cui voglio trovarlo. E adesso vuoi che esca insieme a te?»
Sara corrugò la fronte. «Uhm, sai, è solo un venerdì pomeriggio qualsiasi. E noi siamo una normalissima coppia americana che passa tutta la settimana al lavoro o chiusa in casa. Quindi sì, hai ragione, è proprio bizzarro che io ti chieda di uscire l’unico giorno in cui entrambe siamo libere!»
Nel sentire quelle parole, Nyssa sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «Hai ragione. Perdonami. È solo che questa storia della sfortuna mi sta mandando fuori di testa.»
«Mi spieghi come mai sei così terrorizzata da queste credenze popolari?»
«Non sono terrorizzata» puntualizzò l’altra, puntando l’indice in direzione di Sara. «È solo che... Non ho avuto dei precedenti piacevoli. Quando ero bambina, Talia mi raccontava sempre la storia di un guerriero che aveva osato sfidare nostro padre un venerdì tredici di tanti anni fa. Non era particolarmente forte, ma mio padre era diventato la Testa del Demonio da poco, perciò nessuno si sarebbe aspettato tanta brutalità da parte sua.»
«Cosa gli capitò?» domandò Sara, ricordando amaramente il giorno della sua iniziazione e il modo in cui Ra’s aveva deciso di mostrarle la sua vera forza.
«Se non ricordo male, ci fu una sanguinosa lotta, e nonostante lo sfidante stesse per vincere, improvvisamente ha perso l’equilibrio, un candelabro gli è caduto addosso ed è morto carbonizzato.»
Sara inarcò un sopracciglio con fare confuso. «E questo dovrebbe avere a che fare con il venerdì tredici?»
«Aveva portato con sé un gatto nero» spiegò Nyssa, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «In pratica è come se si fosse portato la sfortuna da casa. Lo sanno tutti che nel Medioevo chi possedeva gatti neri veniva condannato al rogo per stregoneria.»
«Io no» ammise Canary con nonchalance. «Storia medievale non era una delle mie materie preferite al liceo.»
«Lo vedo» sospirò l’altra, incrociando meccanicamente le braccia. «Allora, vogliamo andare al centro commerciale prima che cambi idea?»
Sara annuì, con un sorriso che si estendeva da un orecchio all’altro.



Come previsto, il centro commerciale era pieno di persone, tanto che Nyssa e Sara furono costrette a trovare riparo in una caffetteria per non essere investite dalla folla.
«Aspetteremo qui fino a quando la calca non sarà diminuita» propose la bionda, levandosi la sciarpa dal collo. «Ti va?»
Questa volta, fu Nyssa ad annuire. «Mi scoccia solo non aver trovato il telefono.»
«Se preferisci chiamare il tuo capo per sicurezza, puoi sempre usare il mio cellulare.»
Nyssa fu tentata di dire di sì, ma poi scosse la testa. Era il primo pomeriggio che lei e Sara potevano trascorrere in tranquillità da settimane, e non avrebbe permesso al suo esigente capo di farle fare altri straordinari. Ora voleva solo trascorrere del tempo con la donna che amava.
«No» disse con un lieve sorriso. «Va bene così.»
A quella risposta, Sara arrossì appena ‒ o forse era a causa del freddo invernale ‒, dopodiché si sedette al tavolo e attirò l’attenzione di una cameriera per poter ordinare.
Più o meno due caffè, una cioccolata calda e una brioche al cioccolato dopo, qualcuno si avvicinò al loro tavolo. Nyssa alzò lo sguardo convinta che si trattasse nuovamente della cameriera, ma, con sua grande sorpresa, si ritrovò faccia a faccia con un volto a lei noto.
«Ma guarda un po’» esclamò una voce femminile, fingendosi sorpresa. «Chi si rivede.»
La figlia di Ra’s al Ghul deglutì con forza, incredula di ciò che i suoi occhi stavano guardando. Sì diede un pizzicotto sul braccio, per poi constatare che non era un sogno, ma la realtà. Non riusciva a crederci.
«Nyssa! Quanto tempo!» La donna si sporse in avanti darle un abbraccio, che lei ricambiò con scarso entusiasmo. «Qual buon vento ti porta in America?»
«Potrei farti la stessa domanda» sibilò Nyssa con un sorriso tirato.
Sara le osservò restando in silenzio. La donna aveva due profondi occhi verdi, un caschetto rosso che donava al suo viso la forma di un cuore e un sorriso smagliante ‒ e forse anche un po’ finto. Non l’aveva mai vista prima, ma poteva immaginare chi fosse.
«Beh, io sono qui per lavoro. Immagino che lo stesso valga per te. O mi sbaglio?»
Nyssa digrignò i denti. Respira, Nyssa, respira, si ripeté nella testa. Non osò incrociare lo sguardo di Sara, ma immaginò che anche lei stesse pensando la stessa cosa.
Prima che potesse formulare una risposta, la donna si voltò proprio verso la bionda, illuminandosi di colpo. «E tu chi sei?» esclamò, sprizzando gioia da tutti i pori.
Sara lanciò una rapida occhiata a Nyssa, la quale si affrettò a rispondere per lei.
«È la mia ragazza. Si chiama Sara e...»
«Mamma mia, quant’è carina! Piacere di conoscerti, Sara! Io sono Myriah e, beh... immagino che Nyssa ti abbia parlato molto di me.»
«Il piacere è tutto mio. Ma a dire la verità, non ti ho mai sentita nominare» mentì astutamente Canary.
Quel commento fece inasprire ancora di più la donna, cosa che fece divertire Sara più di prima.
«È davvero strano, soprattutto considerando che sono stata la sua relazione più lunga. Siamo state insieme quanto, un anno? Forse due, se non contiamo i sei mesi in cui non ti sei fatta più vedere.»
Nyssa si portò una mano alla radice del naso. Stava facendo il possibile per mantenere la calma, ma più i minuti passavano, più le risultava difficile.
D’altro canto, Sara non sembrava della stessa opinione. Guardò dritto negli occhi prima Myriah, poi Nyssa, la mascella contratta e un sopracciglio alzato. La sua relazione più lunga? Ma lo sa che stiamo insieme da otto anni noi due?
In risposta all’occhiata di Sara, Nyssa inspirò profondamente. Stai calma. Me ne occupo io.
Sara sembrò comprendere i suoi pensieri, perché subito dopo annuì decisa.
«Vedi, Myriah, io e Sara siamo un po’ di fretta. È stato un vero piacere rivederti dopo tutto questo tempo, ma adesso dobbiamo proprio andare.»
«Il piacere è stato tutto mio. Spero solo che la tua Sara non ci resterà male quanto me quando scoprirà chi sei veramente.»
Sara si voltò di scatto in direzione di Myriah, congelandola coi suoi grandi occhi di ghiaccio. «Che cos’hai detto?»
«Myriah, adesso basta» l’ammonì Nyssa, quasi sussurrando per non farsi sentire dagli altri clienti del locale. «Anche se sono passati più di dieci anni, non mi stupisce che tu serbi ancora rancore per me. D’altronde, sei sempre stata una vipera più velenosa di un serpente a sonagli. Ma questo non è né il luogo, né il momento adatto per fare la stronza.»
La donna dalla folta chioma rossa puntò i tacchi a terra, visibilmente contrariata e offesa. Malgrado il rimprovero di Nyssa, però, continuò a tastare il terreno.
«Volevo solo metterla in guardia» continuò, rivolgendosi a Sara. «Immagino che adesso le cose siano cambiate, visto che ti sei trasferita in America. Ma le hai mai parlato del tuo passato... discutibile
La figlia di Ra’s al Ghul deglutì impercettibilmente, mentre Myriah si faceva largo in un mare di ricordi che lei avrebbe tanto voluto dimenticare.
«Ti ha mai detto che suo padre è a capo di una setta? E che ci siamo conosciute durante uno dei suoi “incarichi”? Insomma, se qualcuno che ci fosse passato prima di me mi avesse messa in guardia sulla sua natura sgradevole, probabilmente sarei scappata a gambe filate.»
Seguì un silenzio di tomba che lasciò sulle spine sia Nyssa che Myriah. Sara mantenne lo sguardo fisso su quest’ultima, indecisa sul da farsi. Poi, con estrema nonchalance, scrollò le spalle e rispose con un semplice «Lo so» che fece venire la pelle d’oca alla sua interlocutrice. Si avvicinò a lei di qualche passo, e quando fu sicura di essere a pochi centimetri di distanza dal suo orecchio, le sussurrò qualcosa di comprensibile soltanto a loro due.
Subito dopo si sporse verso Nyssa e la baciò appassionatamente, incurante degli sguardi incuriositi dei clienti e di quello terrorizzato di Myriah.



«Indovina un po’ chi ha trovato il tuo telefono?»
Nyssa alzò di colpo lo sguardo, mentre un enorme sorriso le contornava le labbra. «Non. Ci. Credo. Dove diavolo era?»
«Nel cesto della biancheria sporca. L’hai dimenticato nella tasca dei jeans.»
«E ovviamente la batteria era morta, ecco perché non squillava» constatò la mora, stringendo trionfante il cellulare tra le mani. «Grazie, habibti.»
«Prego. Insomma, dopo quanto accaduto oggi, direi che questa è la prima cosa buona che ci capita.»
Mentre lo diceva, Sara sorrise senza rendersene conto, dopodiché si sedette accanto a Nyssa sul divano, poggiando la testa sulla sua spalla.
«Sapevo che Myriah era una stronza, ma non immaginavo fino a questo punto» rivelò Sara, mentre l’amata le accarezzava dolcemente i capelli. «Io non rivelerei mai a nessuno la tua vera identità. Mai.»
«Lo so. Ma non siamo tutti uguali. E sì, Myriah è una grandissima stronza, ma in parte ha avuto i suoi motivi per farlo.»
Sara alzò un poco lo sguardo, incontrando quello abbattuto di Nyssa. «Tu non hai fatto nulla. Myriah aveva la sua vita, e tu la tua. Era logico che non avrebbe funzionato. L’unica opzione plausibile, era che lei si unisse alla Lega, ma sappiamo entrambe che non sarebbe mai accaduto. Non si sarebbe rovinata la manicure per niente al mondo.»
Nyssa scoppiò a ridere di gusto, ma dopo pochi istanti si fece nuovamente esitante. «Ti ho mai raccontato cos’è successo quella notte? La notte in cui l’ho lasciata?»
«Sei sgusciata fuori dal letto e te ne sei andata via senza lasciarle nemmeno un biglietto. Come ho fatto io quando sono tornata a Starling City» ammise Sara, rimembrando con malinconia quanto accaduto. «Dopo tutti questi anni, è ancora arrabbiata? Tu mi hai perdonata dopo pochi mesi.»
«Lo so, ma... Myriah è diversa. Farle un torto equivale a rimanere nella sua lista nera per il resto della vita. Ma comunque, non intendevo quello. Mi riferivo a ciò che è successo prima che sgattaiolassi via mentre lei dormiva.»
La bionda ruotò appena la testa di lato, concentrandosi sulle parole di Nyssa. «Allora no. Non credo che tu me ne abbia mai parlato.»
La figlia di Ra’s prese un respiro profondo, poggiando la mano destra su quella di Sara. «Quella sera, prima di metterci a letto, abbiamo litigato. Pesantemente. A causa dei vari impegni con la Lega, non le avevo fatto avere mie notizie per oltre sei mesi, ed era logico che fosse arrabbiata. Ero tornata per lasciarla, perché sapevo che quella storia non avrebbe avuto un lieto fine. Myriah era arrabbiatissima con me, ma quando iniziai a parlare si ricredette, mi disse che mi amava da morire e che non voleva che finisse in quel modo. Non sapevo cosa fare. Non volevo lasciarla, ma al tempo stesso sapevo che sarebbe stata una follia mantenere una relazione a distanza con la vita che conducevo. Così, le rivelai tutto. Chi ero veramente, chi era mio padre, cosa fosse la Lega degli Assassini e il mio ruolo al suo interno. Lei mi rise in faccia, convinta che mi fossi inventata tutto. Ma quando le proposi di unirsi a noi, capì che non stavo scherzando. Iniziò a urlare e a dirmi cose senza senso, ma sapevo che era solo scioccata per quello che le avevo detto. D’altronde, aveva appena scoperto che la sua ragazza era un’assassina: come biasimarla?» Nyssa sospirò appena, e Sara le strinse la mano per incoraggiarla a proseguire. «Alla fine decidemmo di dormirci su. Ma io non dormii affatto, quella notte. Sapevo che Myriah non sarebbe mai diventata un membro della Lega per nessun motivo al mondo, e di certo non avrei mai rinunciato al mio diritto di nascita per una come lei. Innamorata sì, ma di certo non così stupida.»
Sara rise a labbra strette, ma tornò subito seria. «Per me l’avresti fatto.»
Nyssa le accarezzò la guancia con la mano libera. «Ma tu non sei Myriah.»
Canary arrossì lievemente. «Già. Nemmeno tu, per fortuna.» Si scostò distrattamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per poi dedicare a Nyssa uno sguardo malizioso.«Comunque quella del serpente a sonagli mi è piaciuta.»
«Sì? Allora potremmo aggiungerla alla nostra raccolta di frecciatine, così la prossima volta che incontreremo di nuovo Myriah saremo preparate.»
Sara scoppiò a ridere fragorosamente, senza lasciare andare la mano di Nyssa. «Adesso mi è chiaro come facesse a sapere del tuo coinvolgimento con la Lega. Sono contenta che tu me l’abbia detto.»
«Anche io» rivelò l’amata, avvicinandosi al viso di Sara. «E a proposito di rivelazioni, non mi hai ancora spiegato cos’hai detto a Myriah sottovoce. Quando mi hai baciata è diventata pallidissima.»
Sara rise sotto ai baffi, ma non ci mise molto a cedere. «Le ho detto la verità. E cioè che anch’io, come te, facevo parte della Lega, un tempo.»
Nyssa inarcò un sopracciglio. «Solo questo?»
«Beh... forse mi sono lasciata sfuggire una piccola, insignificante minaccia.» Si sporse appena in avanti, quanto bastava per catturare le labbra di Nyssa tra le proprie per qualche secondo. «Diciamo che, se mai dovessimo incontrarla di nuovo, non ti darà più fastidio.»
Nyssa sorrise sulle sue labbra. «È per questo che ti amo così tanto, Sara Lance.»
E il bacio che seguì ne fu la prova più lampante.

   
 
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