Perfetta
Alex salì le scale correndo ed entrò
nella sala principale del DEO con il cuore che batteva rapido.
“Codice Red!” Urlò facendo sobbalzare
i tecnici alle loro postazioni. J’onn si voltò, a sua volta sorpreso. “Kara è
stata infettata, ha distrutto il mio auricolare e il telefono, bloccandomi
nella Sala Reperti.” Spiegò in fretta. “Dobbiamo avvisare Mon-El e Imra,
subito!”
“Perché?” Chiese J’onn, dopo aver
fatto un cenno affermativo a Winn che iniziò subito a digitare sul computer.
“Le sue ultime parole erano molto
chiare: Vado a prendermi quello che è mio.” Il viso di Alex era teso,
spaventato.
“Avremmo dovuto verificare meglio
quel maledetto reperto kryptoniano prima di lasciare che Kara si avvicinasse.”
J’onn strinse le labbra, furioso con se stesso per quell’errore.
Mon-El comparve sullo schermo
principale, l’aria tranquilla.
“Cosa succede, cos’è un codice Red?” Chiese.
“Kryptonite rossa. Kara è stata
esposta alla kryptonite rossa.” Spiegò rapida Alex. “Quando succede perde il
controllo e…” Scosse la testa, troppo preoccupata. “Potrebbe venire lì, fare
del male a Imra. Non è in lei.” Tentò di chiarire. “Anzi… strano che non ci sia
già, ci ho messo dieci minuti a bypassare il sistema di chiusura della porta in
Sala Reperti.” Concluse.
“Qua non è arrivato nessuno.” Intervenne Brainiac. “Supergirl
può fare il giro del mondo in quindici secondi netti, quindi, se questo fosse
il suo obbiettivo, sarebbe già qua.”
“Concordo.” Approvò J’onn. “Dobbiamo
trovarla e in fretta.” Affermò poi, guardando Winn.
“Il suo rilevatore è spento, deve
averlo distrutto prima di lasciare la base.” Disse. “Ho iniziato la ricerca per
rintracciare i kryptoniani, ma ci vorrà del tempo…”
“Quanto?” Chiese Alex, le braccia
incrociate.
“Dalle tre alle cinque ore.”
“Posso farlo più velocemente, se utilizzo il potere di calcolo della
nostra nave.” Ci
tenne a precisare Brainiac. “Ma per farlo
dobbiamo interrompere l’aggiornamento…”
“Non è necessario, i nostri computer possono…”
Lo interruppe Winn, come sempre picato nel sentirsi sorpassato.
“Faremo da soli, grazie. La
riparazione della nave è importante.” Fermò la discussione J’onn. “Ora, agente
Danvers, rifletti: cosa, Kara, potrebbe andare a prendersi?”
Kara tamburellò sul suo braccio, il
mento alto, l’aria irritata.
Il flash illuminò la stanza e
un’ulteriore smorfia si dipinse sul suo volto.
“James.” Disse e il suo tono fece
alzare un sopracciglio sorpreso al ragazzo. “Capisco che ti abbiano dato un
Pulitzer per una foto sfocata, ma potresti fare di meglio, non credi?”
Il ragazzo aprì la bocca sorpreso.
“Kara!” La riprese però una voce che
la fece immediatamente sorridere.
“Scusa Lena, ma con te come soggetto
anche un incapace potrebbe fare belle foto. Invece James ti sta mettendo in
imbarazzo. Posa sbagliata, abito sbagliato, capelli sbagliati.” Disse.
“Oh… ehm…” Lena passò lo sguardo dal
ragazzo a Kara, incapace di trovare una risposta adeguata a quella critica
diretta al giovane e così anomala sulle labbra della sua migliore amica.
“Stai bene?” Chiese però James, alla
ragazza.
“Mai stata meglio.” Rispose lei
secca. Lui annuì, ma la sua fronte si corrugò.
Scattò un altro paio di foto, ma alla
fine si voltò verso Kara che tamburellava il pavimento con il piede.
“Vuoi aggiungere qualcosa?” Chiese.
“Sì.” Kara sorrise e si fece avanti.
Lena la osservò avvicinarsi e non poté fare a meno di notare il trucco diverso,
l’acconciatura nuova e la gonna stretta decisamente non nello stile di Kara.
“Capelli raccolti.” Decretò, la donna,
decisa. Poi, dopo aver ricevuto un cenno di assenso di Lena, le passò le mani
tra i capelli scuri raccogliendoli e fissandoli in alto, con una bacchetta
presa dalla sua stessa acconciatura, lasciando solo qualche ciocca ricaderle
sulle spalle. “Meglio.” Disse facendo un passo indietro e osservandola. Lena
arrossì, suo malgrado, sotto quello sguardo.
Bussarono alla porta della stanza che
alla CatCo usavano come set fotografico e James la aprì.
“Al settore sport aspettano una
risposta riguardo al servizio su quel caso di doping.” Spiegò Eve, lanciando
uno sguardo all’interno, nel notare Lena sorrise. “Buongiorno miss Luthor.”
Disse, arrossendo un pochino.
“Buongiorno, Eve.” Rispose la donna
con un sorriso.
Kara incrociò le braccia, spostandosi
di modo da mettersi in mostra.
“Scommetto che James deve salire,
subito, non è vero, Eve?” Il suo tono mise subito sull’attenti Eve.
“Sì, sì, ehm… sarebbe assolutamente
il caso.” Aggiunse e Kara annuì, soddisfatta, aveva istruito Eve in maniera
molto chiara.
“Devo finire…” Iniziò però James.
“Ci penso io.” Tagliò di netto la
protesta Kara. “Ci vuole poco per fare meglio di te.” Specificò. “È evidente
che hai perso il tocco, ormai sei un uomo da scrivania.”
James portò la mani ai fianchi,
sporgendo il torace, era offeso e mostrava la sua forza nell’unico modo che
conosceva. Kara scoppiò a ridere. Avrebbe potuto spezzargli ogni osso del corpo
con un solo battito delle mani.
“Kara…” La mano di Lena si appoggiò
alla sua spalla e lei si voltò, un sorriso sicuro sulle labbra.
“Ci penso io a te.” Assicurò. “James,
vai a lavorare, il tuo capo ti guarda.” Gli fece l’occhiolino e lui scosse la
testa, ma alla fine lasciò la stanza. Kara aspettò che la porta si chiudesse,
poi fece ruotare la chiave.
“Ora…” Si voltò verso Lena. “Facciamo
questo servizio fotografico.” Affermò e il suo tono basso fece accelerare il
cuore di Lena. Sorrise, consapevole. “Sarà facile.” Assicurò.
“Oh, oh.” Alex attirò su di sé lo
sguardo di tutti i presenti.
“Cosa?” Chiese Winn.
“Oh, oh, oh.” Ripeté la ragazza
afferrando il telefono.
“Agente Danvers…” Alex alzò un dito
zittendo il direttore del DEO che incrociò le braccia con una faccia piena di
disapprovazione, ma rimase in silenzio.
“James?” Disse Alex e sia Winn che
J’onn alzarono un sopracciglio. “Kara è lì con te?”
Kara camminava lentamente in cerchio,
al centro del quale vi era Lena.
“I capelli vanno bene.” Decretò. “Ma
dobbiamo fare qualcosa per il trucco.” Tornò alla sua borsa e ne estrasse un
fazzoletto poi si avvicinò a Lena. Gli occhi fissi su di lei, sulle sue labbra,
rosse, troppo rosse. Lentamente alzò la mano e passò il fazzoletto sulla sua
bocca. Sentiva il cuore di Lena battere veloce, sentiva la sua respirazione
accelerata, eppure la donna non diceva nulla. Era una preda, la sua preda. Kara
sorrise alzando gli occhi e scontrandosi con quelli di Lena. Oh… il suo cuore
ebbe un sobbalzo, corrugò la fronte, sorpresa da quella reazione, lei era la
cacciatrice, si ricordò, eppure quegli occhi erano ammalianti…
Si tirò indietro e porse a Lena un
rossetto dai colori più tenui.
“Prova questo.” Disse, ma non suonò
come un ordine e lei si voltò indispettita da se stessa.
“Non sapevo ti intendessi di
fotografia.” La voce di Lena era diversa dal solito, ma conteneva una traccia
di ironia, quella che usava sempre per proteggersi.
Sembrava che la sua preda tentasse di
togliersi di dosso la rete da lei intessuta per intrappolarla, inutile.
“Mi intendo di te.” Rispose e poi
sorrise. “Vogliamo un servizio fotografico che mostri te, non la Luthor, ma
Lena.”
“Io sono quella Luthor.” Precisò la
donna, ma vi era un brivido nella sua voce, al suo super orecchio non sfuggì
l’esitazione.
“Certo, ma sei anche molto di più.”
La guardò e poi spostò le luci della sala, le allontanò da Lena creando un
ambiente più intimo, ora la giovane Luthor era al centro di un alone di luce e
non sembrava più un ricercato con il faro della polizia puntato addosso.
“E cosa sono, Kara Danvers?” Domandò
allora lei, tendendole il rossetto, che colorava ora le sue labbra.
“Una bellissima donna, forte,
coraggiosa… e fragile, umana, vera.” Mormorò. Aveva preso il rossetto dalla sua
mano, ma le sue dita avevano esitato, accarezzando quelle della Luthor.
I loro occhi si incontrarono di nuovo
e Kara percepì un cambiamento nell’aria, vi era una nuova tensione ora.
“Kara…” Il tono di Lena era acuto,
come quando mostrava tutta la sua fragilità.
Lei si fece avanti, entrando a sua
volta nel cerchio di luce.
“Sì?” Chiese, anzi soffiò, gli occhi
che sfuggivano, suo malgrado verso le labbra della ragazza, una tentazione, una
debolezza.
Il telefono squillò e Lena sobbalzò.
Kara si tirò indietro, infastidita. Se non fosse stato per la presenza di Lena
avrebbe distrutto quel primitivo attrezzo in un solo istante.
“Scusami, potrebbe essere
importante.” Lena si alzò dallo sgabello al centro dell’alone chiaro e
raggiunse la sua borsa, estrasse il telefono e lesse in fretta il messaggio. I
suo cuore accelerò un pochino e Kara corrugò la fronte.
“Problemi?” Chiese. Se qualcun altro
accelerava il cuore a Lena doveva saperlo, e subito.
“Niente di grave.”
“Il tuo cuore ha accelerato.”
Constatò lei e Lena ruotò lo sguardo fino a fissarlo su di lei, un sopracciglio
inarcato.
“Avevamo detto niente riferimenti al
tuo essere super, salvo emergenze mondiali.”
Kara posò le mani sui fianchi. Era
vero, Lena le aveva chiesto di essere normale con lei, normale in tutti i
sensi, dovevano preservare il loro legame. Kara le aveva spiegato, le lacrime
agli occhi, il perché non le avesse detto chi era per davvero: aveva voluto
preservare la sua ancora di umanità. Ecco cos’era Lena, più di una conoscente,
più di un’amica, Lena era un pilastro nella sua vita caotica. Ma quelli erano
discorsi di Kara Danvers, la ragazza debole che lei non voleva essere.
“Sono quella che sono.” Disse, alzando
il mento. “E il tuo cuore ha accelerato.”
“Mi è arrivato un messaggio da tua
sorella.” Spiegò e Kara corrugò la fronte.
“Cosa ti ha detto?” Domandò, facendo
un passo verso di lei.
“Che sei stata esposta a della
kryptonite rossa.” Ammise Lena e Kara inclinò la testa.
“Hai paura di me, adesso?” Chiese e
sentì il cuore di Lena fare di nuovo un balzo, la ragazza sorrise, rendendosi
conto che a Kara non era sfuggito.
“No.” Disse.
“Cosa ti hanno chiesto di fare?”
Indagò Kara.
“Trattenerti il tempo necessario a
loro per raggiungerti.” Spiegò Lena. Tese l’orecchio e sentì James parlare
concitatamente con Alex al telefono. Voleva intervenire lui, senza aspettare
rinforzi. Sciocco.
“Bene, allora, intratteniamoci.”
Disse, un sorriso divertito sulle labbra. “Togli la giacca.” Ordinò poi a Lena
che alzò di nuovo un sopracciglio. Non aveva paura, lo si vedeva chiaramente, e
questo divertì Kara. Se solo avesse saputo cosa poteva fare…
“L’ultima volta ho buttato il mio
capo dal balcone.” Si vantò, ma non ottenne da Lena neppure un piccolo
sussulto.
“Lo so.” Disse soltanto la donna, le
braccia incrociate. “Non sarebbe la prima volt che faccio un volo dal balcone
e, quella volta, tu, mi hai preso, quindi…” Si strinse nelle spalle.
Era ancora fuori dal cerchio di luce,
in ombra.
Kara le annuì piano, non voleva
buttarla giù dal balcone, voleva altro da lei.
“Togli la giacca.” Ripeté.
“Non credo di avere caldo.” Rispose
Lena, nel chiaro intento di contrapporsi a lei. Kara sorrise.
“La giacca ti da un’aria di serietà e
di potere, io voglio fotografarti al naturale, la camicia manterrà parte della
tua aurea, senza renderti rigida e inflessibile, voglio vedere il tuo lato
morbido.” Spiegò. Lena scosse la testa e Kara sorrise. “Se non lo fai me ne
andrò e il DEO non mi troverà qua quando farà irruzione.”
“Mi stai ricattando?” Le chiese Lena,
le braccia bel strette attorno al corpo.
“No, sto trattando la resa. Tu hai il
potere di risolvere questa… crisi.” Agitò le dita, formando delle immaginarie
virgolette attorno all’ultima parola. “Sta a te decidere cosa fare.”
Lena rifletté per alcuni secondi, a
Kara sembrava quasi di sentire la sua brillante mente vagliare le possibilità.
“Di cosa hai paura? Non di me, hai
affermato, dunque?” Insistette.
“Ho paura di quello che potresti fare
per poi pentirti.” Ammise infine la donna. Kara ruotò la testa, distogliendo lo
sguardo e nascondendolo nell’ombra. Un’altra debolezza, ma lo sguardo di Lena
era difficile da sostenere, persino per lei, una dea tra gli umani.
“Sono solo foto.” Replicò, sistemandosi
dietro alla macchina fotografica, posata sul suo treppiede.
Lena esitò ancora un istante, poi
sfilò la giacca, la lasciò cadere a terra e si sistemò di nuovo al centro della
luce, sullo sgabello.
Kara osservò all’interno
dell’obbiettivo, Lena aveva gli occhi fissi su di lei. Kara scattò una volta,
poi una seconda.
“No.” Decretò, insoddisfatta. La
raggiunse e le posò la mano sotto al mento, poi delicatamente ruotò il viso
della giovane verso destra. La sua mano esitò. Kara chiuse a pugno la seconda,
abbandonata lungo il corpo, poi la aprì, senza più esitare alzò entrambe le
mani sfiorando il bottone più il alto della camicia di Lena.
“Non credo che sia una buona idea…”
Mormorò la donna.
Eccolo di nuovo, il cuore accelerato,
il respiro leggermente alterato. Ma le sue mani corsero a fermare quelle di
Kara, ferme, asciutte, sicure.
“Voglio…” Kara scosse la testa, poi
scostò le mani infastidita. Lei prendeva ciò che voleva! Lei era una dea! Lei
non poteva esitare, non poteva sottostare alla volontà di un debole essere
umano. Tornò a guardare Lena. “Voglio che tu faccia ciò che desidero.” Chiarì.
Lena rimase immobile, poi sorrise.
“Non funziona così.” Disse. “Io non
sono tua, non lo sarò mai.” Kara strinse i denti, furibonda.
“Tu sei mia! Lo sei sempre stata, dal
primo momento in cui hai posato lo sguardo su di me e mi hai desiderata!”
Affermò.
“No.” Le rispose con calma e serenità
Lena. “Non è così che funziona, e lo sai.”
“E come funziona allora?” Domandò, in
collera. “Tu, piccolo essere umano, credi di poter dettare legge a me? Tu che
dovresti supplicare per la mia attenzione, mi rifiuti qualcosa?”
Lena raddrizzò la schiena e la testa.
“Sì.”
“Sì?” Domandò ancora Kara. “Avevamo
un accordo!”
“Chiedi con gentilezza e, magari,
deciderò di acconsentire.” Lena si sistemò meglio sullo sgabello, calma nella
sua pozza di luce, quanto Kara era furiosa nell’ombra.
“Io non chiedo, io ordino!” Sbraitò.
“Io prendo ciò che voglio!” Aggiunse, ma non fece neppure un passo verso Lena
che sorrise.
“Sono qua, eppure non fai nulla,
dimmi, potente dea, perché esiti?”
“Perché…” Kara strinse i denti,
furibonda. Perché non poteva… non con Lena. Poteva gettare Cat Grant dal
palazzo, poteva dire cattiverie alla sorella, poteva picchiare J’onn, ma non
poteva strappare di dosso a Lena la camicia, come non poteva prendere per sé
quelle labbra che tanto desiderava.
“Chiedi con gentilezza, Kara Zor-El.”
Suggerì Lena e lei fece una smorfia nel sentire un brivido al solo suono del
proprio vero nome sulle labbra della Luthor.
“Va bene, giochiamo al tuo gioco.”
Accettò, conscia che stava cedendo, ma incapace di impedirsi di farlo. “Posso
sbottonare la tua camicia?”
Lena acconsentì con un cenno della
testa. Kara rimase immobile, indecisa, poi cedette ed entrò nel cerchio di
luce. Alzò di nuovo le mani, aveva gli occhi di Lena su di lei, ma evitò di
incrociarli, sapeva che avrebbe perso se li avesse incrociati, perso che cosa,
neppure lei lo sapeva.
Fece scattare il primo bottone, poi
il secondo, lentamente. Scendendo lungo l’addome di Lena. Il suo profumo che
invadeva l’aria attorno a lei si mescolò con un nuovo aroma, più intenso, più
personale, il vero profumo di Lena, non soffocato dal costoso prodotto che
indossava ogni giorno.
Kara chiuse gli occhi ispirando,
lasciandosi accarezzare da quella scoperta, facendone tesoro, incastonandola in
una parte sicura della sua memoria. Quando riaprì gli occhi il suo sguardo
cadde sulla bianca pelle che aveva esposto, perlacea, perfetta, la curva del
seno, racchiuso nel tessuto verde del reggiseno, era perfetta.
La sua mano indugiò a pochi
centimetri dalla pancia di Lena, poi continuò a sbottonare la camicia,
ignorando il desiderio di scoprire se la pelle di Lena era morbida quanto
immaginava.
Quando ebbe finito rialzò lo sguardo
e notò le guance leggermente arrossate di Lena.
“Non credevo che i Luthor potessero
arrossire.” Commentò e Lena sorrise, priva di vergogna.
“Non credevo che gli El fossero
capaci di sbottonare una camicia senza far saltare i bottoni.” Replicò e Kara
dovette sorridere a sua volta.
“Carina.” Ammise. Fece qualche passo,
tornando dietro alla macchina fotografica.
“Lo sai che queste foto non potranno
mai vedere la luce, vero?” Domandò Lena e Kara sorrise divertita.
“Credi che permetterei a qualcuno di
metterci gli occhi addosso?” Replicò. “Questo è per me, solo per i miei occhi.”
Assicurò. “Ora, Lena, ruota verso destra. Per favore.” Aggiunse nel vedere il
sopracciglio della Luthor alzarsi. Lena sorrise alla rapida aggiunta e obbedì.
Kara poteva vedere, attraverso
l’obbiettivo, il petto di Lena alzarsi e abbassarsi nel lento ritmo della
respirazione. Scattò due foto, poi la sua mente la tradì e lei si chiese come
fosse osservarla mentre il cuore di Lena correva veloce e il suo respiro si
faceva corto, bisognoso di ossigeno.
“Ancora qualcosa che non va?” Chiese
Lena, quando la vide fermarsi e guardarla.
“Sei perfetta.” Dichiarò però lei. Ed
era vero, la camicia, aperta, morbida sulle spalle, il reggiseno verde, una
ciocca di capelli scuri, che sfuggiva dal suo disordinato chignon e cadeva
sulla sua spalla, nuda, i suoi occhi che brillavano esaltati dalla luce o forse
dalla situazione.
“Perfetta?” Chiese Lena e il suo
cuore accelerò quando alzò le mani e lasciò lentamente scivolare la camicia
verso terra. “Perfetta?” Ripeté, alzandosi e sbottonando i pantaloni che
raggiunsero la camicia per terra.
“Lena…” La richiamò lei. Il suo cuore
batteva veloce, era confusa, sapeva ciò che voleva, sapeva perché era lì,
eppure tutto il suo coraggio sembrava… sparito.
“Hai ragione, ti voglio dalla prima volta
che ho posato lo sguardo su di te.” Mormorò la donna, mentre scendeva dai
tacchi e li spingeva via. “Ora, lo so che è la kryptonite a parlare, ma… se
questo deve essere solo un momento, allora che sia davvero… perfetto.”
“Lena...” Tentò di nuovo lei. La sua
gola era secca, ogni suo senso sembrava esplodere, saturo della semplice
presenza della donna davanti a lei. Il suo profumo, il suo sguardo, la sua
voce… solo… solo non conosceva il suo sapore.
“Volevi Lena, solo Lena? Allora
scatta questa foto, Kara.” Era nuda ora, nuda davanti a lei, vulnerabile eppure
così irresistibilmente forte. Quella, quella era l’essenza di Lena: forte,
seducente, decisa, ma anche fragile, dolce, vulnerabile.
Senza neanche guardare scattò la
foto, consapevole che sarebbe stata perfetta e che nessuna l’avrebbe vista mai.
Allungò la mano e distrusse la macchina fotografica accartocciandola,
distruggendo ogni possibilità di estrarre da lei anche solo un pixel.
Gli occhi di Lena erano fissi nei
suoi, il cuore della donna era calmo, ma accelerò quando lei fece un passo
avanti, poi un secondo.
“Lena, sono… sono solo io…”
La donna sbatté le palpebre,
sorpresa.
“L’effetto è finito…” Si spiegò Kara.
“Sono stata esposta ad una quantità minima e per poco tempo, non l’ho neppure
inalata.” Aggiunse, il tono basso, mogio.
Lena afferrò la camicia, infilandola
veloce, poi indossò le mutandine e i pantaloni.
“Bene.” Disse, soltanto.
“Mi… mi dispiace per…”
“No.” La donna alzò gli occhi
fissandola. “No, non mi hai fatto male, non è successo nulla che non volessi
succedesse.” La rassicurò.
“Non è lo stesso per me.” Affermò
però Kara. Lena accusò il colpo questa volta, gli occhi che si abbassavano le
mani che correvano a chiudere la camicia.
“Allora dispiace a me.” Disse, ma
Kara scosse la testa, prendendole le mani e fermandola nel suo rapido
rivestirsi.
“No, non hai capito.” Mormorò. Il suo
tono dolce fece alzare lo sguardo a Lena, i loro occhi si cercarono e si
trovarono. “La kryptonite rossa è… una brutta sostanza, mi fa fare e dire cose
che non vorrei fare e dire, ma che… profondamente dentro di me, sento. Tira
fuori la mia rabbia, la mia solitudine, la mia arroganza.” Con delicatezza
appoggiò la fronte a quella di Lena. “Me ne vergogno, ma è così… questa volta,
però… ha tirato fuori un desiderio, un desiderio profondo e nascosto persino a
me stessa.”
“Kara, non devi spiegarmi…” La
giovane kryptoniana le posò con delicatezza il dito sulla labbra, fermando le
sue parole.
“Te.” Ammise. “Ti desidero in ogni
forma possibile. Ti voglio come amica, come confidente, come alleata e… come
amante.” Arrossì alle sue stesse parole, ma fu confortata nel vedere un ampio
sorriso illuminare il viso di Lena e un rossore simile al suo colorarle il
viso.
“Non è la kryptonite a parlare, vero?
Non è solo un inganno il tuo?” Domandò però, titubante, Lena.
“Non escludo che tutto questo
coraggio sia dovuto ad un effetto residuo dell’esposizione a quel particolare
tipo di radiazioni, ma… quello che provo è vero. Quello che sento è vero.”
Lena si morse il labbro e Kara percepì
un violento calore espandersi nel suo ventre.
“Li sentirai arrivare?” Domandò piano
Lena, appena un sussurro.
“Sì.” Assicurò Kara, la voce
tremante. La donna sicura che aveva chiuso la stanza e chiesto a Lena di
spogliarsi per lei era scomparsa, ora vi era solo la timida Kara.
Lena le accarezzò il viso,
delicatamente, poi scese lungo il suo corpo sbottonando la camicia nera,
attillata che la donna aveva indossano sotto l’impulso della kryptonite rossa.
Kara tremò sotto il suo tocco, ma non si sottrasse. Le dita di Lena si
ritrovarono presto ad accarezzare il suo ventre piatto, passando sui suoi
addominali.
“Lena…” Ansimò, quando la donna le
sbottonò la severa gonna grigia.
“Vuoi fermarti?” Le chiese allora la
Luthor, soffiando le parole nelle sue orecchie, prendendole la mano,
appoggiandola al proprio ventre e facendola risalire, fino a quando Kara non si
ritrovò a stringerle un seno, la testa che girava un poco per la sensazione
troppo intensa.
“No…” Ammise e sentì Lena sorridere,
sembrava sicura, controllata, ma la pelle della donna si increspava sotto le
sue sensibilissime dita e il suo cuore era un ritmico pulsare nelle sue
orecchie.
La mano della giovane non esitò più,
rapida si infilò oltre la sua gonna, facendola ansimare quando si scontrò
contro il tessuto delle sue mutandine.
“Oh Rao!” Ansimò e Lena rise piano.
Kara attirata da quel suono ritrovò
il contatto con la terra e la guardò, era così bella…
“Vorrei baciarti.” Ammise,
timidamente. Ed era ridicolo, visto che aveva il seno di Lena tra le mani e la
ragazza aveva le dita premute contro un tessuto sempre più umido.
Il viso di Lena si addolcì, poi la
donna chiuse gli occhi e si avvicinò fino a sfiorare le sue labbra. Kara lasciò
che la tensione di quel momento si scatenasse e attirò contro di sé la donna,
baciando con passione le sue labbra.
Nel momento stesso in cui aveva visto
il granello di kryptonite rossa aveva solo potuto pensare a lei, all’odio di
vederla tra le braccia di James, al desiderio di possederla, anima e corpo.
E ora era lì. La baciò con desiderio
e percepì in Lena la stessa tensione che veniva rilasciala, la sua mano
premette con più forza contro di lei e Kara sentì il desiderio accenderle il
corpo.
Ansimò quando la donna ruotò la mano
facendo si che aderisse meglio contro di lei, un dito che premeva e accarezzava
la sua parte più sensibile.
Un rumore di passi penetrò i suoi
sensi ottenebrati da Lena.
“Stanno evacuando il palazzo.” Disse,
separando la bocca da quella di Lena, il respiro corto, gli occhi ancora
chiusi, i muscoli tesi dal desiderio.
“Abbiamo ancora tempo.” Mugugnò Lena,
poi, con un brusco movimento, leggermente impacciato dalla sua gonna stretta,
scostò di lato il tessuto che ancora la fermava e spinse il palmo della mano
contro la sua pelle calda. Kara sussultò di nuovo, incapace di trattenere un
piccolo gemito. Arrossì, ma Lena sembrò trovare in quel versetto, un incentivo
a continuare, perché catturò le sue labbra in un bacio acceso e spinse le dita
a muoversi contro di lei, veloci, esperte, tremendamente capaci.
Kara la baciò, ma quando la donna
penetrò dentro di lei, dovette rovesciare la testa indietro, incapace di
sostenere il piacere.
Nelle sue orecchie il rumore degli
anfibi che salivano le scale, schierandosi, era soltanto un lontano e
insignificante eco. Aveva Lena tra le braccia, e il piacere era ogni oltre
possibile previsione.
“Truppe schierate.” Dichiarò Winn all’auricolare, gli occhi sui suoi schermi, il controllo
totale dell’edificio e della situazione era nelle sue mani.
“Bene.” Alex mosse piano le mani
sulla grande arma che, già una volta, le aveva permesso di abbattere sua
sorella. J’onn la guardò e le annuì. Sapeva che detestava quello che stavano
per fare, ma era necessario.
“Andiamo.” Decretò l’uomo e due
agenti abbatterono un piccolo ariete contro la porta rompendo la serratura.
Alex entrò nella stanza ad armi
spiegate e rimase a bocca aperta.
“Cosa…?” Iniziò a dire J’onn, non
molto più loquace di lei.
Kara si lasciò travolgere dal
piacere, Lena la stringeva, un sorriso sulle labbra.
“Stai bene?” Le chiese, baciandole la
guancia, quando il suo corpo si rilassò, non più scosso dai tremori
dell’orgasmo.
“Oh Rao…” Bisbigliò lei,
nascondendosi il volto con le mani.
“Ehi, ehi…” La chiamò Lena, cercando
di attirare la sua attenzione.
Kara era rossa, le mani
vergognosamente davanti al viso.
“Kara…” Tentò di nuovo Lena. La
ragazza si voltò di scatto.
“Sono qua!” Disse, allontanandosi da
Lena e sistemandosi in fretta e furia la camicia.
“Kara.” Lena la afferrò attirandola a
sé, ignorò il chiaro avvertimento che la ragazza aveva dato e le prese il viso
tra le mani. “Non mi pento di questo, neppure per un istante. Vorrei che per
noi ci fosse un dopo, ma.” Si fermò e le sorrise, triste, ma sincera, i capelli
le erano ricaduti sulle spalle e il rossetto era sparito, era così bella e
semplice, fragile e vera. “Ma, va bene anche così, potrà restare un piccolo
momento di follia, potremmo dare la colpa alla kryptonite e riderci su.”
Kara sbatté le palpebre, il suo corpo
vibrava ancora del piacere ricevuto eppure il desiderio non si era spento, oh,
quello fisico forse ora avrebbe taciuto per qualche istante, ma lei voleva Lena
di più, sempre, ancora!
Poteva provare vergogna per quel
momento assurdo, inadatto, folle, ma non poteva rinnegare lei, la donna che, in
quel momento pazzo, l’aveva accolta tra le braccia e amata.
Sentì la voce di Winn e sentì quella
di Alex, sentì i passi dei due agenti appesantiti dall’ariete.
Ma non le importò. Chiuse gli occhi e
baciò Lena questa volta con delicatezza, con desiderio di conoscere quelle
labbra e imparare a memoria ogni loro movimento, con il semplice piacere di
godere del sapore di Lena e aggiungerlo, nella sua memoria, alle cose che
sapeva non avrebbe dimenticato mai.
“Ehm…” Alex ruotò lo sguardo sugli
agenti e fece un cenno indicando loro di uscire. “Ragazze?” Chiamò poi, visto
che il suo primo tentativo di farsi sentire era passato inascoltato.
“Credo che aspetterò fuori, agente
Danvers.” Disse J’onn, eseguendo con grazia una ritirata strategica, per non
dire una precipitosa fuga.
Kara e Lena, perse una sulle labbra
dell’altra nell’alone di luce creato dai due fari sembravano ignorare
completamente l’intrusione nel loro momento.
Alex sorrise, poi estrasse il
telefono e scattò una singola foto. Non vi era nulla che lasciava
all’immaginazione: quello era amore.
Note: E, malgrado tutto, sono finita per scrivervi ancora una storia! E questa volta dai toni un po’ più tendenti al rosso, anche se rossi non possono dirsi, quindi restiamo sull’arancio! ;-)
Non avevo mai usato Red!Kara per vari motivi, essenzialmente perché quelle poche volte che ho letto storie con lei e Lena erano sempre molto ripetitive e, a mio parere, profondamente irrispettose verso Lena. Con questa storia spero di aver rispettato il tema senza cadere in queste trappole.
Il pacchetto, gentilmente scelto e consegnatomi da Natsumi Raimon, era “Naked frame shots” e conteneva queste indicazioni: Servizio fotografico e foto che non lasciano nulla all’immaginazione. BONUS: luci.
L’iniziativa è sempre “Red as your lips“ indetta dal gruppo LongLiveToTheFemslash.
Dovevo farmi perdonare per “Tornerò da te” il cui finale era triste… quindi Ghen questa storia è un po’ anche colpa tua! :-)
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate.
Nota numero 2: Non ho idea del tempo che serve a Kara per fare il giro del mondo… se 15 secondi è troppo o troppo poco passatemela come licenza poetica! ;-)