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Autore: scanto56    19/02/2018    3 recensioni
E se Hercule Poirot, il geniale investigatore creato da Agatha Christie si fosse trovato a dover risolvere l'enigma di Dieci Piccoli Indiani? Non naturalmente sull'isola insieme ai dieci protagonisti del romanzo, ma attraverso i giornali e l'emozionante racconto del suo fedele amico, il capitano Arthur Hastings? Sarebbero bastate le sue celluline grigie per dipanare il più diabolico intrigo ideato dalla regina del delitto? Scopriamolo insieme in questa avventura inedita. SPOILER: attenzione, in questa storia si rivelano dettagli e soluzione del romanzo DIECI PICCOLI INDIANI. Se non l'avete mai letto, o non avete mai visto nessuna delle tante versioni cinematografiche che ne sono state tratte (e in tal caso, che state aspettando?) siete avvertiti.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Hercule Poirot e il sorprendente enigma di Nigger Island

 

 

 
1

 

Finii di scorrere l'articolo e riposi il Times sul tavolino al quale io e il mio amico Hercule Poirot stavamo facendo colazione. Era una bella mattina di Settembre ed io ero tornato in Inghilterra solo qualche giorno prima per trascorrere una settimana o due di vacanza in compagnia del mio amico che era stato subito felice di rivedermi (la mia visita era stata una sorpresa) e di ospitarmi per tutto il tempo che avessi desiderato.

«Oh, mon ami Hastings!» aveva esclamato, gettandomi le braccia al collo e stampandomi due bacioni sulle guance nella sua eccessiva affettuosità tutta latina che aveva smesso di imbarazzarmi ormai da anni, dopo essermi abituato, con una certa fatica devo ammetterlo, alle sue dimostrazioni d'affetto che parevano così plateali ad un occhio inglese. «Quel plaisir de vous revoir! Mais entrez! Entrez, je vous en prie.»

Gli avevo riferito che alcuni affari avevano richiesto la mia presenza a Londra e che quindi avevo pensato di passare a fargli visita. Poirot non aveva neanche voluto sentir parlare della prenotazione che avevo presso un hotel cittadino e aveva preteso che immediatamente mi trasferissi con tutto il mio bagaglio, che per altro consisteva in una valigetta non molto più grande di una ventiquattrore, nel suo appartamento.

Per cui, eccoci lì quel mattino, seduti a fare colazione uno di fronte all'altro, entrambi in vestaglia, a ritrovare facilmente quelle consuetudini che ci erano state così naturali negli anni trascorsi insieme.

«Questa storia ha davvero dell'incredibile.» mormorai quasi tra me, ripiegando il giornale e posandolo al mio fianco, mentre mi apprestavo a versarmi una generosa porzione di caffè.

Poirot, intento ad imburrare una tartina con la sua abituale attenzione, curando che ogni lato fosse perfettamente ricoperto fino all'estremo margine, sollevò il suo sguardo su di me.

«Quelle histoire?» chiese. «A che storia vi riferite?»

«Ma naturalmente a quello che è accaduto a Nigger Island!» risposi, sorpreso che non avesse capito subito. I suoi occhi continuarono a fissarmi preplessi, mentre si portava la tartina alla bocca, e la masticava lentamente, facendo seguire il tutto da una lunga sorsata di caffellatte.

«Andiamo, Poirot! Non è possibile che non ne abbiate sentito parlare!» esclamai quasi scandalizzato. Nonostante le nubi oscure che si addensavano sull'Europa e sul mondo, in quella fine d'estate del 1939, i giornali londinesi e presumo di tutta l'Inghilterra non parlavano d'altro che del mistero di Nigger Island e dei dieci cadaveri che vi erano stati rinvenuti. Perfino in Argentina, dove il Times arrivava a distanza di giorni, avevo fatto in tempo a leggere qualche notizia sull'argomento prima della mia partenza.

«Mi dispiace deludervi, Hastings» disse Poirot, posando la sua tazza proprio al centro del piattino e riponendovi accanto con altrettanta cura il cucchiaino, «ma sapete che non leggo i giornali. Detesto il chiassoso sensazionalismo con cui infarciscono le notizie. Una vecchia signora viene ritrovata morta pacificamente nel suo letto? Oh, no. C'est pas assez sensationnel! Assez épatant! Bisogna scrivere che è stata ritrovata riversa su un prezioso tappeto indiano inzuppato del suo sangue, con un kriss malese conficcato tra i seni ed un'espressione di terrore in volto. E magari giacchè ci siamo, toglierle una ventina d'anni, trasformandola in un'affascinante donna ancora nel fiore dell'età. Quelle bêtise! Che stupidaggine! E solo per vendere qualche migliaio di copie in più.»

«Beh, Poirot» lo interruppi, soffocando una risatina «ora non esagerate. Non credo proprio che le cose stiano come dite voi. Ad ogni modo» aggiunsi riprendendo in mano il giornale e posandolo di fronte a lui, «scommetto che non hanno dovuto lavorare troppo di fantasia su questa faccenda. È già molto misteriosa di suo, ve lo assicuro. Mi stupivo soltanto che non ne aveste sentito parlare.»

«Non siate così stupito, mon ami, sapete che anche senza il vostro prezioso apporto sono stato piuttosto occupato ultimamente.»

In effetti avevo letto qualcosa anche sugli ultimi casi sui quali il mio amico era stato chiamato ad indagare e che, ça va sans dire, come direbbe lui, aveva risolto con la sua solita abilità, tuttavia non riuscivo a credere che fosse totalmente ignaro di quello che la stampa aveva definito ''il caso criminale del secolo''.

A quanto riferivano i giornali, su di un isoletta brulla al largo delle coste del Devon, la polizia di Sticklehaven, un paesino situato nella piccola baia di fronte all'isola, aveva rinvenuto dieci persone morte, quasi tutte sicuramente assassinate, e nessuna traccia dell'omicida che pareva essersi dissolto dopo aver compiuta la sua opera. Secondo i testimoni, nessuna barca aveva lasciato l'isola nelle ore dopo la strage.

E questo era quanto si era saputo nei giorni che avevano immediatamente seguìto la scoperta. Successivamente, grazie al ritrovamento di alcuni diari e appunti tenuti dai componenti del gruppetto si era stati in grado di ricostruire sia pur a grandi linee gli eventi accaduti su Nigger Island, così era chiamata l'isoletta a causa del suo profilo che visto dalla costa appariva come quello della testa di un negro. E tutti i giornali si erano scatenati in una ridda di ipotesi, una più inverosimile dell'altra, sulle cause della tragedia, che nonostante ciò restava un completo mistero.

Poirot, senza smettere di sorseggiare il suo caffellatte, aveva scorso velocemente i titoli cubitali che risaltavano sulla prima pagina. Poi con tutta calma, aveva nuovamente posato la tazza al centro del piattino, si era asciugato con cautela le labbra e i grandi baffi che ornavano il suo volto, e dopo essersi assicurato, aggiustandoseli con le dita, che la perfetta arricciatura a cui li sottoponeva ogni mattina al risveglio non fosse stata alterata, sollevò il suo sguardo su di me.

«Tra poco più di tre ore, dovrò incontrare il Primo Ministro per discutere con lui delle possibili conseguenze che la rivelazione delle pesanti responsabilità di un funzionario di Scotland Yard in un crimine commesso pochi mesi fa potrebbero avere sull'opinione pubblica, e quindi non ho molto tempo, ma vi sarei grato se, mentre scelgo gli abiti più adatti a questa occasione, mi faceste un sunto di questa storia, per quello che ne avete potuto desumere dalle cronache dei giornali che, mi pare di aver capito, avete letto avidamente in questi giorni.»

Lo fissai con sorpresa non inferiore a quella che avevo provato quando mi ero reso conto che non aveva mai sentito parlare di quella questione.

«Naturalmente farò del mio meglio per accontentarvi, Poirot. Ma avete appena detto che non vi fidate dei resoconti dei giornali. Come potete adesso pensare di farvene un'idea realistica attraverso il mio racconto che non può che basarsi solamente su ciò che ho letto, e quindi potrebbe contenere delle solenni inesattezze?»

«Ma mi fido di voi, caro amico, e della vostra formidabile capacità di riassumere al meglio notizie ed impressioni che ne avete tratto, che tanto mi è mancata in questi anni in cui non vi ho avuto al mio fianco. Per non parlare del vostro meraviglioso senso del drammatico che, sono certo, mi farà vivere questa vicenda come se ne fossi al centro.»

Così dicendo, con un sorriso, Poirot si alzò dalla sua ampia poltrona e si diresse verso il guardaroba.

Io, un po' imbarazzato, ma anche lusingato da quell'inatteso complimento, lo seguii, raccogliendo nell'alzarmi il giornale e facendo nel frattempo mente locale su tutto ciò che avevo letto quel mattino e nei giorni precedenti, per soddisfare meglio che potessi la richiesta del mio amico.

Il guardaroba di Poirot è qualcosa di indescrivibile. Dubito che le boutiques di sartoria e i reparti abbigliamento dei più importanti magazzini della città possano disporre di un assortimento più vasto ed eterogeneo di abiti, soprabiti, camicie, gilet, calzini, scarpe, cappelli, cravatte e papillons, di quello che è possibile ammirare in casa sua. E tutti appesi o ripiegati con maniacale precisione, in uno spazio solo di poco inferiore alle dimensioni della sua grande camera da letto, o del suo altrettanto grande studio, situati proprio lì accanto.

Poirot entrò, scomparendovi completamente, e la sua voce mi giunse un po' soffocata dal suo interno.

«Accomodatevi pure nel mio studio e cominciate a raccontarmi. Non badate se non mi vedete. Io vi sento benissimo da qui e ascolterò attentamente ogni parola.»

Obbedii ed entrai nello studio, sistemandomi alla sedia della sua scrivania. Accavallai le gambe e iniziai a parlare.

 

 

2

 

«Beh, credo che sia meglio che cominci da quando le prime notizie dell'acquisto di Nigger Island da parte di qualche ignoto riccone cominciarono a diffondersi sulla stampa.» esordii. «Accadde, mi pare, più o meno tre mesi fa. La notizia era abbastanza eclatante da apparire anche sui giornali esteri. Dopotutto non capita tutti i giorni che qualche ignoto milionario americano acquisti un'intera isola con tutto quello che contiene, compreso un palazzo dove tenere, si presumeva, feste e baccanali in puro stile hollywoodiano.»

«E si trattava davvero di un milionario americano?» chiese Poirot, ancora completamente invisibile, dall'interno del guardaroba.

«Questa è la prima stranezza di questa storia.» risposi. «Per quanti sforzi facessero quotidiani nazionali e stranieri, non si riusciva a scoprire chi fosse l'acquirente. C'era chi diceva che si trattasse di un anziano nababbo che aveva eletto Nigger Island a buen retiro dei suoi ultimi anni, e chi invece ipotizzava che fosse stata acquistata da Gabrielle Turl, la famosa diva di Hollywood che voleva trascorrervi qualche mese in incognito. Il precedente proprietario, un tale Elmer Robson, che era appunto americano e milionario, vi aveva fatto costruire la monumentale e modernissima villa a strapiombo sugli scogli per tenervi i ricevimenti più sontuosi con gli ospiti più stravaganti che si potessero immaginare, e quindi era naturale pensare che anche il suo successore potesse essere un tipo del genere. Ma la realtà era che nessuno ne sapeva niente. Chiunque fossero i nuovi proprietari di Nigger Island avevano accuratamente coperto ogni loro traccia. Il loro nome, signore e signora Owen, è venuto fuori solo alla lettura dei diari e degli appunti lasciati da alcune delle vittime, ma al momento almeno non pare ci siano riscontri sulle loro identità.»

Poirot borbottò qualcosa. La sua voce mi giungeva un po' soffocata, e mi sporsi verso la porta dello studio, nel tentativo di capire meglio quello che diceva.

«Come dite, Poirot?» chiesi. «Ma mi state ascoltando?»

Il mio amico emerse dal guardaroba con tra le mani un paio di grucce da cui pendevano altrettante camicie e si posizionò di fronte allo specchio.

«Parfectement, mon ami, parfectement.» disse, mettendosi davanti prima l'una e poi l'altra per giudicarne l'effetto. Poi scuotendo la testa, scomparve di nuovo all'interno del grande armadio. «Dicevo solo che... ma non importa. Continuate, continuate pure.»

«Bene.» Mi riadagiai sulla poltrona e mi apprestai a proseguire. «Vista l'assoluta mancanza di novità sull'argomento, i giornali cominciarono a perdere interesse nella cosa. E ben presto le notizie tutt'altro che rassicuranti che arrivavano dal continente rubarono tutto lo spazio ai pettegolezzi sui possibili acquirenti dell'isola. Fino a circa una ventina di giorni fa, quando dopo aver colto un SOS proveniente dall'isola, finalmente il traghettatore che si occupava degli approvigionamenti tra Sticklehaven e Nigger Island, un certo...» ripresi in mano il giornale alla ricerca del nome che volevo «...Fred Narracott, si decise ad infrangere le istruzioni che aveva ricevuto e a recarsi sull'isola per controllare cosa stesse succedendo.»

Poirot emerse nuovamente dal guardaroba con altre due camicie, per eseguire lo stesso rito di poco prima e scuotendo ancora il capo, vi rientrò.

«Fu lui a scoprire i corpi?» chiese.

«In parte.» risposi. «Appena approdato sulla spiaggia scorse il cadavere di un uomo. Si avvicino abbastanza per accertarsi che fosse morto, ucciso da un colpo d'arma da fuoco. Poco più in là, giaceva il corpo di un altro uomo, questo ridotto in condizioni assai peggiori. Si capiva che doveva essere rimasto in acqua per diverso tempo. Questo gli fu sufficiente a decidere che doveva immediatamente tornare sulla terraferma e avvisare la polizia. E così fece.»

Dall'interno del guardaroba mi giungevano solo rumori soffocati di abiti smossi e grucce che tintinnavano tra loro. Poiché Poirot non faceva commenti, mi sentii autorizzato a continuare.

«E fu così che, alla presenza della polizia locale, furono rinvenuti tutti gli altri corpi, uno dopo l'altro. Un uomo con il cranio schiacciato da un pesante soprammobile, era disteso al suolo nella terrazza sul retro della casa. Gli altri cadaveri giacevano tutti in quelle che dovevano essere state le loro rispettive stanze, a giudicare dal bagaglio che contenevano, ricomposti sui letti, tranne quello di una donna che venne invece rinvenuta impiccata ad una corda appesa ad un gancio fissato al soffitto della sua camera. In questo caso doveva trattarsi quasi sicuramente di un suicidio, e questo avrebbe potuto spiegare tutto, se non fosse stato per un dettaglio. La sedia sulla quale doveva essere montata per poter infilare il collo nel cappio era stata spostata dopo la sua morte e appoggiata ad una parete. Quindi dopo che l'ultima superstite del gruppo, e presunta assassina, era deceduta, qualcun altro era ancora vivo sull'isola e tuttavia non se ne era trovata la minima traccia.»

Poirot uscì di nuovo dal guardaroba. Sembrava che avesse finalmente deciso quale camicia indossare. Cominciò ad infilarla, ma poi guardandosi meglio scosse ancora la testa e rientrò nell'armadio. Ma io notai appena il suo andirivieni. Ormai la mia mente era concentrata a ricordare i dettagli di ciò che avevo letto, e consultavo di tanto in tanto il particolareggiato articolo che avevo sotto gli occhi e che riassumeva dopo giorni d'indagini tutto ciò che si era scoperto o ricostruito di quella singolare vicenda, per rinfrescarmi la memoria.

«Quando la polizia giunse sull'isola, ormai la notizia si era diffusa, e  qualcuno aveva pensato bene di avvisare la stampa che non tardò ad intervenire, sentendo subito l'odore dello scoop

«E immagino che il bilancio di un piccolo paese del Devon come Sticklehaven ne avrà risentito positivamente.» disse Poirot. Era tornato fuori dall'armadio ancora una volta, ma questa sembrava quella giusta. Si guardò nello specchio con evidente ammirazione lisciando delicatamente con un dito una nuova camicia che a me sembrava esattamente uguale a tutte quelle che aveva scartato fino a quel momento, ma evitai commenti in proposito.

«Potete ben dirlo.» risposi invece alle sue parole. «Da un paio di settimane a questa parte, da quando cioè si è cominciato a parlare di questa cosa, il paese è stato invaso da torme di giornalisti e curiosi di ogni dove. Si dice che non ci sia più un posto letto disponibile non solo a Sticklehaven, ma anche in tutti i paesi limitrofi nel raggio di una cinquantina di miglia.»

«Buon per loro.» disse Poirot, aggiustandosi l'indumento e distendendo  un'immaginaria piegolina su un fianco, prima di tornare finalmente soddisfatto dentro l'armadio. «Comme d'habitude, la disgrazia di alcuni può divenire la fortuna di altri. Voilà comment fonctionne le monde.» La sua voce tornò ad allontanarsi, mentre s'inoltrava sempre più all'interno del suo guardaroba. «Ma vi prego, mon ami, non lasciatevi distrarre dai miei commenti. Continuate, continuate pure.»

«Beh, ovviamente la polizia locale allertò immediatamente Scotland Yard. Il caso appariva troppo grosso per poter essere affrontato da un distretto i cui maggiori problemi erano generalmente tenere d'occhio qualche ladruncolo o dirimere litigi tra ubriachi il sabato sera.»

«Sapete a chi fu affidato il caso?» chiese Poirot.

Ero abbastanza certo di ricordare i nomi, ma diedi ugualmente uno sguardo al giornale per maggior sicurezza.

«All'alto commissario, Sir Thomas Legge, e all'ispettore Maine. Li conoscete?» domandai.

«Non di persona.» mi rispose Poirot. Questa volta era uscito dal guardaroba reggendo tra le mani almeno tre paia di pantaloni che esaminò accuratamente uno per uno, prima di riscomparire alla mia vista. «Mi pare di aver incontrato l'ispettore Maine, insieme all'amico Japp, qualche tempo fa. Ma è stato un caso fortuito e dubito che lui si ricordi di me.»

«Oh, non vi sminuite, Poirot.» ribattei. «Credo che chiunque vi incontri una volta, non possa più dimenticarsi di voi.»

Il mio commento fu seguito da un attimo di silenzio. Poi una risatina risuonò dall'interno dell'armadio.

«Ah, Hastings, vedo che da buon inglese non avete perso l'abitudine di lanciare qualche salace facezia di quando in quando.» Poirot tornò fuori, calzando un paio di pantaloni scuri tenuti su da delle bretelle rosse che fece schioccare con soddisfazione. «Ma sapete, pensando di burlarvi bonariamente di me, avete detto una grande verità. Non mi si dimentica facilmente, e sicuramente non mi hanno dimenticato tutti i criminali che giudicandomi dall'aspetto hanno creduto di potermi raggirare. Ma a Poirot non la si fa, come poi hanno scoperto, immagino, con loro grande disappunto.»

Arrossii immediatamente all'uscita del mio amico. La mia era stata soltanto una battuta e non avrei mai davvero voluto offenderlo. Ma lui non sembrava minimamente aver registrato la cosa e con un gran sorriso soddisfatto era tornato a seppellirsi nel suo armadio alla ricerca di qualche nuovo capo di vestiario, e quindi decisi di lasciar perdere e tornare giudiziosamente alla cronaca del caso. Schiarendomi la gola, abbassai di nuovo lo sguardo sul giornale.

«Come dicevo prima, nelle stanze di alcuni ospiti vennero ritrovati dei diari o più semplicenmente appunti da cui è stato possibile ricavare gli eventi nella loro successione, almeno fino ad un certo punto, e le identità delle vittime.»

Scorsi la pagina alla ricerca della lista di nomi tutti racchiusi in un riquadro con accanto le loro foto ricavate dai documenti, e ognuna delle quali era ormai divenuta familiare ai lettori abituali di quotidiani.

«Innanzitutto, Vera Elizabeth Claythorne, la giovane donna ritrovata impiccata e che dovrebbe essere l'ultima vittima in ordine di tempo. Era stata assunta da un'agenzia di collocamento femminile di Londra come segretaria personale della signora Owen. Tra i suoi effetti fu rinvenuta anche la lettera dattiloscritta con cui la presunta signora Owen l'assumeva. La lettera portava la firma completa della sua datrice di lavoro: Una Nancy Owen.» dissi.

«Una?» ripeté Poirot, tirando fuori per un attimo la testa da dietro un'anta del capace armadio, come il cucù di un orologio a muro. «Nome piuttosto insolito, no?»

«In effetti.» confermai. «Ma aspettate di sentire il nome del suo altrettanto presunto marito, ricavato anche questo da un'altra lettera ritrovata in possesso di un altro ospite.» Mi arrestai per un attimo, creandomi una pausa ad effetto. «Ulik Norman Owen.» dissi infine con tono un tantinello teatrale.

Poirot emerse completamente da dietro l'armadio, fissandomi con sguardo perplesso. Al suo abbigliamento si era aggiunto un cravattino non ancora annodato di un atroce color fucsia che gli pendeva dai lati del collo.

«Ulik Norman Owen e Una Nancy Owen...» mormorò. «U.N.Owen in entrambi i casi, e cioé quasi come a dire... ''unknown'' (*)
(*) In inglese, le iniziali U.N. lette tutte insieme al cognome Owen si pronunciano alla stessa maniera della parola unknown, cioè sconosciuto. 

«La medesima conclusione tratta dalla polizia.» dissi, annuendo. «E a quanto pare anche dal gruppetto di persone presenti a Nigger Island.»

«Très curieux, ça.» mormorò ancora Poirot, ritirandosi meditabondo nel suo guardaroba. Per qualche attimo dall'interno dell'armadio non provennero suoni. Chiara indicazione che le celluline grigie del mio amico erano entrate in funzione. Poi la sua voce riprese a parlare.

«Torniamo alla lista degli ospiti.» disse.

«Dopo la Claythorne, abbiamo Philip Lombard.» continuai. «È l'uomo il cui corpo fu ritrovato per primo sulla spiaggia dal traghettatore. Quello ucciso da un colpo di pistola. A quanto se ne sa, era una specie di avventuriero con un passato piuttosto burrascoso e alcuni ''strani incidenti'' occorsigli durante le sue spedizioni in Africa. Le ragioni della sua presenza non sono chiare.» Scesi al nome successivo della lista. «L'altro uomo morto sulla spiaggia fu identificato come il dottor Edward George Armstrong, medico e chirurgo di chiara fama. La ragione della sua presenza sull'isola dovrebbe essere stato l'incarico ricevuto dal misterioso signor Owen di tenere d'occhio la moglie, a suo dire, afflitta da problemi di salute non ben specificati. La sua morte invece sarebbe stata causata da annegamento. Al momento del ritrovamento il cadavere era ridotto in condizioni penose per la lunga permanenza in acqua.» Mi alzai dalla poltrona, continuando a leggere. «L'ultimo corpo ad essere ritrovato all'esterno della villa, quello con il cranio fracassato, fu quello di William Henry Blore, ex-ispettore di polizia e attuale proprietario di un'agenzia investigativa privata di Plymouth. Dalla documentazione ritrovata tra i suoi effetti, Owen aveva assunto anche lui, a protezione dei gioielli della moglie durante il ricevimento che intendeva dare. Il suo compito sarebbe stato mischiarsi agli ospiti e tenerli d'occhio.»

Sempre con il giornale ben aperto davanti a me, mi appoggiai allo stipite della porta dello studio di Poirot, continuando a parlare rivolto verso le ante spalancate dell'armadio.

«E ora veniamo alle persone ritrovate morte all'interno della villa. Tutte, come vi ho detto, giacevano sui letti delle loro camere, e tutte nonostante fossero state ricomposte nella maniera più dignitosa apparivano essere state vittime di morti non naturali. Partiamo, come abbiamo fatto più o meno fino ad ora, da quello che doveva essere stato l'ultimo di loro a morire in ordine di tempo. Si tratta di un magistrato in pensione, l'ex-giudice Lawrence Wargrave.»

«Wargrave?» chiese Poirot, ancora una volta emergendo da dietro l'armadio con la sola testa e guardandomi. «L'ho conosciuto. L'ho incontrato una decina di anni fa, quando sono stato chiamato a testimoniare per un caso su cui avevo indagato. Lui presiedeva la corte.»

«Oh!» esclamai sorpreso. «Che tipo era?»

«Mi è sembrato un tipo inflessibile e impietoso, come mi avevano descritto. Non c'era da aspettarsi da lui misericordia nei confronti di quegli imputati che aveva deciso fossero colpevoli. Ma anche integerrimo e incorruttibile. Pensai che nessun pubblico ministero sarebbe mai riuscito a strappargli una condanna di cui non fosse pienamente convinto.»

«Interessante. Non è esattamente la fama che si era fatta nelle corti di giustizia, a quel che so. E anche in questo caso...» cominciai, ma mi interruppi. «Ma andiamo con ordine. Una cosa alla volta.» Non intendevo anticipare elementi che avrei aggiunto solo successivamente alla mia cronaca.

«Sono perfettamente d'accordo, mon cher ami.» approvò Poirot, prima di riscomparire nell'armadio. «Andare con ordine è sempre la cosa migliore.»

«Wargrave, che si trovava sull'isola su invito a quanto pare di una sua vecchia amica che non aveva però trovato sul posto, era morto per un colpo di pistola sparatogli in testa da breve distanza. Ah, dall'autopsia il proiettile è risultato dello stesso calibro di quello che ha ucciso Lombard, sparato sicuramente dalla stessa arma, ritrovata sul pavimento del corridoio, fuori dalla stanza del giudice, e con le impronte di Vera Claythorne sul calcio.» Alzai lo sguardo, aspettandomi che Poirot emergesse nuovamente, tutto intero o anche solo con la testa dal suo armadio, ma restai deluso. Eppure mi ero proprio aspettato una reazione da parte sua a queste parole. Ma lui restò in silenzio, tutto concentrato evidentemente ad allacciarsi il cravattino, e io proseguii.

«La penultima delle sei vittime presenti nella villa si chiamava Emily Caroline Brent. Era un'anziana donna di famiglia altolocata, figlia di un colonnello, anche se negli ultimi tempi non sembra se la cavasse troppo bene economicamente. Risulta che si trovasse sull'isola anch'essa su invito di una sua vecchia conoscenza, o che tale pareva, e che le aveva inviato una lettera firmata solo con le iniziali U.N.O. ritrovata tra i suoi effetti. Ancora l'ineffabile signor Owen, evidentemente, o in questo caso la sua non meno fantomatica consorte.»

Poirot continuava a non profferire parola dal suo rifugio. Quindi con un'alzata di spalle, ripresi a leggere.

«La signorina Brent era stata uccisa, come ha confermato il medico legale, da cianuro, iniettatole con una siringa ipodermica nel collo.»

Finalmente Poirot uscì dall'armadio, ma incredibilmente era ancora nelle stesse condizioni in cui l'avevo visto poco prima. L'unica cosa mutata era il colore del cravattino che gli girava intorno al colletto ancora slacciato. Questo era di un marroncino chiaro, chiaramente più adatto ad un incontro ufficiale di quello di color fucsia che aveva messo in precedenza. Mi chiesi quanti ne avesse provati nel frattempo prima di decidersi.

«Un assassino decisamente poliedrico e pieno di risorse questo signor Owen.» disse, ricominciando ad allacciarselo allo specchio. «Uno così deve avere lungamente meditato il suo piano prima di porlo in atto.»

«E con notevoli disponibilità finanziarie e un sacco di tempo a disposizione, direi.»

«Sicuramente.» concordò Poirot. «Sono elementi da non trascurare.» Confezionò rapidamente con mano esperta il suo papillon e rientrò soddisfatto nel guardaroba.

«L'assassinio più cruento, a parte quello dell'investigatore privato, è però quello del maggiordomo di casa, Thomas Rogers, il cui cadavere presentava una profonda spaccatura, si  legge dal referto medico, ''nella regione parietale destra del cranio, provocata probabilmente da un colpo infertogli da dietro con un ascia o una pesante scure''. La scure in questione fu ritrovata dalla polizia in un piccolo locale adibito a lavanderia e legnaia, esterno alla villa. Le larghe chiazze di sangue visibili sia sulla lama che al suolo non lasciano molti dubbi sul luogo in cui fu compiuto il delitto. Rogers, che era un maggiordomo di professione, era stato assunto insieme alla moglie Ethel, di cui parleremo tra poco, tramite un'agenzia ed era incaricato di organizzare tutti i preparativi per accogliere gli ospiti dei signori Owen.»

Qui mi interruppi ed andai a versarmi un bicchier d'acqua dalla caraffa che Poirot teneva sempre colma sulla sua scrivania. La lunga cronaca mi aveva seccato la bocca, e c'era ancora molto da dire. Poi ripiegai il giornale in modo da lasciare al centro la parte dell'articolo che stavo leggendo e ripresi.

«Le ultime tre vittime, o meglio le prime tre, visto che abbiamo proceduto nell'elenco al contrario, sono: il generale in pensione John Gordon Machartur, ucciso da una botta alla testa vibrata con un corpo contundente che al momento non è stato ancora identificato. Anche lui era stato invitato da Owen col pretesto di incontrare alcuni vecchi commilitoni dei suoi anni gloriosi nell'esercito. La signora Ethel Rogers, la moglie del maggiordomo, cuoca e cameriera, uccisa con una dose massiccia di un sonnifero: l'idrato di cloralio. Una morte quasi misericordiosa, nel sonno, senza dolore. Cosa che certo non si può dire per Anthony James Marston, un giovane scapestrato figlio di papà ucciso invece da una forte dose di cianuro di potassio, somministratogli a quanto pare con del liquore la sera stessa del loro arrivo. Una morte rapida ma di sicuro non indolore. Le ragioni della sua presenza, come quelle di Lombard, non sembravano molto chiare. Non era certo il tipo che si invita a ricevimenti a cui partecipano vecchi giudici e generali dell'esercito in pensione, o anziane zitelle morigerate. Ma anche lui, come si scoprirà poi, era stato attirato con un pretesto, incontrarsi con un suo vecchio amico che non sentiva da un pezzo e che avrebbe dovuto trovarsi all'estero.»

Riposi il giornale e guardai Poirot che tornato fuori dal guardaroba si stava ora occupando della scelta del gilet, scorrendone una serie davanti allo specchio.

«Questo per quel che riguarda i protagonisti del nostro dramma.» dissi. «Veniamo ora alle fasi della vicenda vera e propria, così come si sono potute ricostruire grazie ai diari ed agli appunti di cui vi parlavo prima.» Bevvi un altro sorso d'acqua, e mi schiarii la gola. «Fred Narracott, l'uomo che traghettò i dieci ospiti a Nigger Island, raccontò di averceli portati su indicazioni di un certo Isaac Morris, un tipo giunto espressamente da Londra per conto del signor Owen. Questo Morris, una specie di intermediario di affari di pochi scrupoli, ben conosciuto a Scotland Yard, implicato in truffe, malversazioni e falsi in bilancio di vario genere da cui però in un modo o nell'altro se l'era sempre cavata, aveva convinto Narracott e tutta Sticklehaven che il suo capo, il signor Owen aveva organizzato una specie di scommessa con i suoi ospiti, qualcosa su come sopravvivere una settimana su un isola deserta, e aveva ordinato espressamente che nessuno dalla terraferma prendesse in minima considerazione qualunque segnale o SOS avesse scorto provenire da Nigger Island. Abituato alle mattane del precedente proprietario, come del resto un po' tutti gli altri suoi compaesani, Narracott non si era stupito più di tanto, ma disse che era rimasto soprattutto sorpreso per il genere di persone a cui si era trovato davanti. Gente del tutto normale, a parte forse il giovane Marston, che era proprio il tipo che ci si sarebbe aspettati frequentasse ambienti così. Tuttavia aveva eseguito diligentemente gli ordini e li aveva sbarcati sull'isola, dove ad aspettarli c'erano già i domestici, i coniugi Rogers, arrivati qualche giorno prima. Giunti alla villa, dopo aver fatto reciproca conoscenza, gli ospiti scoprirono non solo di non essersi mai incontrati prima, già una singolare circostanza di per sé per un gruppo di invitati ad uno stesso soggiorno, ma per di più di non avere la minima idea di chi fossero i padroni di casa, i signori Owen, che per altro non erano ancora arrivati. Naturalmente questo valeva meno per i due domestici, per la Claythorne, Armstrong e Blore, chiamati sul posto con un ruolo preciso, anche se Blore ancora in incognito. Per essi non c'era niente di strano nel non aver ancora incontrato il loro datore di lavoro. Tutti gli altri invece, forse perplessi, ma ancora ben lontani dal sentirsi allarmati da quella bizzarra situazione, si lasciarono accompagnare nelle varie stanze della modernissima villa in cui avrebbero dovuto trascorrere i giorni seguenti per quella che si aspettavano dovesse essere una piacevolissima anche se insolita vacanza. Perché al contrario di quello che si potrebbe pensare, la casa in cui si sarebbe consumata la tragedia non era affatto una lugubre e sinistra dimora con pipistrelli e civette che svolazzavano intorno, come di solito i cinematografari con poca fantasia, immaginano questi luoghi. Tutt'altro. Si trattava, come si può vedere anche dalla ricca documentazione fotografica pubblicata da giornali e riviste in queste settimane, di una villa con grandi stanze luminose, dotate dei confort più  moderni, con ampie vetrate e finestre che illuminavano ogni angolo durante il giorno e un gran numero di lampade e lampadari installati dappertutto che svolgevano altrettanto bene il loro compito nelle ore serali e notturne.»

E per meglio sottolineare quello che dicevo, mi avvicinai a Poirot, che era ancora tutto impegnato a scegliere il gilet del colore giusto, mettendogli sotto il naso la pagina del giornale che illustrava con grandi fotografie i vasti interni della casa. Poirot si limitò a dare un'occhiata distratta al foglio, e con un cenno d'assenso e un grugnito che mi sembrò un po' infastidito, tornò ai suoi gilet. Mi chiesi per un attimo se quel suo modo di fare fosse dovuto solo alla concentrazione che era solito mettere nel vestirsi al mattino, o non piuttosto ad un residuo di reazione offesa alla mia battuta gratuita di poco prima, ma giudicai più saggio non fare commenti e tornare al mio racconto.

 

3

 

«Nessuno si allarmò nemmeno (d'altro canto perché avrebbero dovuto?) quando scoprìrono che in ognuna delle loro stanze era incorniciata ed appesa al muro una grande pergamena su cui era stampata una vecchia filastrocca infantile, ''Dieci poveri negretti''. La conoscete, Poirot?»

«Confesso la mia ignoranza in materia.» rispose il mio amico, continuando ad infilarsi e sfilarsi gilet, uno dopo l'altro, con lo stesso tono di apparente distrazione.

«Beh, è una canzoncina molto popolare tra i bimbi inglesi, ma credo ne esistano versioni anche di altri paesi. Qui la riportano integralmente. Ascoltate:

 

Dieci poveri negretti

fuori a cena se ne andarono:

uno fece indigestione,

solo nove ne restarono.

 

Nove poveri negretti

fino a notte alta vegliarono:

uno cadde addormentato,

otto soli ne restarono.

 

Otto poveri negretti

a passeggio se ne andarono:

uno, ahimè, rimase indietro,

solo sette ne restarono.

 

Sette poveri negretti

a spaccare legna andarono:

un di lor s'infranse a mezzo,

e sei soli ne restarono.

 

Sei poveri negretti

con un alvear giocarono:

da un'ape uno fu punto,

solo cinque ne restarono.

 

Cinque poveri negretti

a sbrigare un giudizio andarono:

uno lo fermò il tribunale,

quattro soli ne restarono.

 

Quattro poveri negretti

verso l'alto mar salparono:

uno un granchio se lo prese,

e tre soli ne restarono.

 

Tre poveri negretti

allo zoo se ne andarono:

uno l'orso ne abbrancò,

e due soli ne restarono.

 

Due poveri negretti

si stesero al sole per un po':

un si fuse come cera

e uno solo ne restò.

 

Solo, il povero negretto

in un bosco se ne andò:

ad un pino si impiccò,

e nessuno ne restò.(*)

(*) Questa filastrocca, qui riprodotta in edizione leggermente rimaneggiata, fu tradotta e presentata per la prima volta da Augusto Raggio per la versione teatrale del romanzo nella rivista ''Il Dramma'' del 1° Aprile 1947, ed è rimasta sempre nella stessa versione in tutte le successive edizioni italiane del romanzo.

Smisi di leggere e alzai lo sguardo su Poirot che per la prima volta dopo parecchi minuti sembrava mostrare maggior interesse in quello che dicevo. Lo vidi dall'espressione perlessa, quasi confusa, che gli lessi negli occhi attraverso il riflesso nello specchio.

«Resto sempre stupefatto dai toni sinistri di queste canzoncine che nel vostro paese passano per innocue filastrocche infantili.» disse. «Da noi i bambini cantano''Alouette, gentille alouette'' o ''Sur le pont d'Avignon''. Da voi invece paiono divertirsi massacrando negretti e tagliando le code a topolini ciechi.» E scosse la testa. Non saprei dire se in disapprovazione dei gusti musicali dei bimbi inglesi, o per scartare l'ennesimo gilet che si era appena infilato.

«Sì, devo ammettere che questa filastrocca è particolarmente inquietante.» feci. «Ma nessuno degli ospiti della villa parve notarlo. Né ebbe reazioni particolari alla vista delle dieci statuette di porcellana che sembravano ad ogni effetto rappresentare abbastanza fedelmente i dieci poveri negretti della poesiola e che si trovavano esattamente al centro della grande tavola in sala da pranzo. Al massimo la ritennero un'eccentricità del loro anfitrione che pareva avere una singolare passione per quella canzoncina, dato che non solo l'aveva disseminata ovunque per la casa e aveva evidentemente fatto confezionare delle porcellane a ritratto dei suoi dieci protagonisti, ma aveva anche scelto come residenza un'isola il cui profilo ricordava per l'appunto quello della testa di un negro. Nessuno ci lesse un presagio oscuro, o pensò a quanto pare neanche per un attimo alla strana coincidenza che loro erano appunto in dieci. Proprio come i negretti della filastrocca.»

Mentre dicevo così, Poirot era sparito nuovamente nell'armadio e ne era riemerso altrettanto rapidamente con un'altra bracciata di gilet. Diedi un'occhiata quasi automatica al piccolo orologio sulla scrivania. Da quando avevo iniziato la mia cronaca era passata quasi un'ora e lui era vestito solo per metà. Un osservatore esterno avrebbe anche potuto pensare che il più fosse fatto, ma io conoscevo bene il mio amico. A quello che alla fine avrebbe dovuto essere un abbigliamento inappuntabile, almeno ai suoi occhi, mancavano ancora molti elementi. Dopo aver finalmente scelto il gilet, sarebbe passato alla giacca, poi al soprabito, infine alla sciarpa e al cappello, e anche di ognuno di questi capi il suo guardaroba conteneva dozzine di esemplari. Era ancora estate e i primi freddi autunnali non si sarebbero fatti sentire per almeno un altro mese, ma Poirot inderogabilmente agli inizi di Settembre metteva i suoi abiti invernali e avrebbe continuato ad andare in giro come in pieno Gennaio almeno fino al Giugno successivo. Esaminando la sua persona dalla testa ai piedi alla fine il mio sguardo cadde su questi ultimi. Mi accorsi così che calzava ancora le pantofole. Dunque alla lista mancavano anche scarpe e ghette. Perché, nonostante il cielo fosse terso e senza neanche la più piccola nuvoletta all'orizzonte, un acquazzone avrebbe sempre potuto scatenarsi all'improvviso, infangando le sue scarpe di camoscio.

Sospirai tra me. Le cose sarebbero andate assai più per le lunghe di quanto pensassi. Così mi rimisi a sedere pazientemente, riprendendo a raccontare.

«Quella sera, gli ospiti si riunirono e consumarono in serenità un'ottima cena, cucinata dalla signora Rogers e servita impeccabilmente da suo marito, discorrendo del più e del meno. Parlarono dei misteriosi padroni di casa che nessuno di loro pareva avere mai conosciuto, chiedendosi sicuramente a quale strano invito avessero risposto. Forse alcuni scherzarono anche sulla singolare coincidenza delle poesiole esposte in ognuna delle stanze e delle dieci statuette posate al centro del tavolo, proprio in mezzo a loro. Ma quell'atmosfera conviviale era destinata a spezzarsi bruscamente. Nel momento in cui, cioè, nella sala risuonò la Voce.»

Qui feci una pausa ad effetto, e guardai Poirot. Lui mi ricambiò lo sguardo attraverso lo specchio, senza parlare.

Io continuavo a tacere, notando con soddisfazione che stavolta avevo conquistato tutta l'attenzione del mio amico, che nonostante proseguisse nella sua operazione di infilarsi e sfilarsi gilet su gilet, non smetteva di fissarmi nello specchio.

«Eh bien?» disse infine, spazientito dalla mia pausa prolungata. «Che state aspettando? Continuate.»

Celando un sorriso dietro la pagina del giornale, ripresi.

«Ora, pare che questo sia l'unico punto che Scotland Yard non ha voluto confermare. Ma le testimonianze raccolte nei diari e negli appunti delle vittime sono sufficienti a ricostruire almeno in parte ciò che è accaduto. Le indagini svolte personalmente da alcuni intraprendenti reporter hanno poi colmato le lacune.» dissi.

«La Voce (stranamente sia nel diario della Claythorne che in quello della Brent la parola è scritta con l'iniziale maiuscola) pareva provenire da ogni angolo e da nessuno in particolare, ma era perfettamente udibile da tutti i presenti nella sala. Viene descritta come stridula, penetrante, quasi inumana, sicuramente contraffatta e assolutamente irriconoscibile. E tra lo stupore degli invitati, col tono perentorio di un pubblico ministero cominciò ad accusare ciascuno di loro di crimini commessi nel loro passato e di cui mai avevano pagato il prezzo davanti alla giustizia. Come ripeto, il testo seguente è solo frutto di una ricostruzione giornalistica, in quanto Scotland Yard non ha voluto confermare (ma neanche ha smentito) questo dettaglio, tuttavia in base ai riscontri incrociati dei diari e degli appunti, non solo quelli della Claythorne e della Brent, ma anche di Wargrave e di Blore, risulta che le accuse fossero le seguenti:

 

1) Anthony Marston, accusato di avere ucciso John e Lucy Combes, due ragazzini, investendoli con la sua automobile lanciata a folle velocità.

2 e 3) Thomas e Ethel Rogers, accusati di aver volontariamente provocato la morte della loro anziana datrice di lavoro, la signorina Jennifer Brady, non somministrandole in tempo un farmaco che l'avrebbe salvata dalla morte.

4) Il generale Macarthur, accusato di avere consapevolmente mandato a morire in una missione suicida, Arthur Richmond, suo sottoposto e amante della moglie.

5) Emily Brent, accusata di aver spietatamente provocato il suicidio della sua giovane cameriera, Beatrice Taylor.

6) Il giudice Wargrave, accusato di aver convinto una giuria a condannare a morte Edward Seton, un imputato contro cui non c'erano prove.

7) Il dottor Armstrong, accusato di avere provocato sul tavolo operatorio la morte di una sua paziente, Louisa Mary Cleese.

8) L'ex-ispettore William Blore, accusato di aver provocato con una sua falsa testimonianza in tribunale la condanna a morte di un innocente, tale James Stephen Landor.

9) Philip Lombard, accusato di avere consapevolmente lasciato morire un gruppetto di portatori indigeni in Africa.

10) Vera Claythorne, accusata di aver provocato la morte di Cyril Ogilvie Hamilton, un bambino affidato alle sue cure.

 

Alzai gli occhi dal giornale e mi rivolsi a Poirot che sembrava finalmente aver trovato un gilet di suo gusto e dopo esserselo accuratamente abbottonato si girava e rigirava davanti allo specchio, osservandosi con aria soddisfatta.

«Immagino lo sconcerto, la paura, se non aperto terrore, che dovette impadronirsi delle dieci persone nella sala, nel sentire snocciolare davanti a tutti quelle accuse terribili. Crimini sepolti ormai da anni, forse addirittura dimenticati, che come spettri tornavano dalla tomba ad infestare le loro vite.»

«Credetemi, mon ami» mormorò Poirot, senza smettere di rimirarsi «nessun assassino, a meno che non sia afflitto da forti turbe psichiche, dimentica il proprio delitto. A maggior ragione quando si tratta di assassini non abituali, persone che forse una volta sola hanno derogato gravemente dalla retta via. Quel crimine resta come un marchio indelebile nella loro mente, nella loro anima. Anche se riescono a sfuggire alla giustizia degli uomini, c'è un tribunale che non li assolverà mai, quello della loro coscienza.»

«C'è sicuramente del vero in quello che dite, Poirot.» ribattei. «In effetti appena quelle parole tremende smisero di risuonare tra le pareti della sala, le reazioni non si fecero attendere. La signora Rogers svenne e dovette essere soccorsa, mentre tutti gli altri si giravano intorno come ubriachi cercando di capire da dove fosse arrivata quella Voce. Almeno quel mistero fu risolto velocemente. Nella stanza accanto venne scoperto un  grammofono, la cui grande tromba era stata posizionata verso la parete corrispondente a quella della sala nella quale erano stati praticati una serie di fori, per far sì che la Voce arrivasse con la massima potenza ai destinatari. Sul piatto girava ancora il disco dal titolo piuttosto emblematico: ''Il canto del cigno''.

Feci un'altra pausa. Più breve stavolta.

«Ma come dicevo prima, di questo particolare Scotland Yard non ha voluto dare conferme. In realtà, nessuno ha visto questo disco, a parte forse la polizia, ammesso ne sia davvero in possesso. Da notizie incontrollate giunte a vari giornali il disco sarebbe stato inciso da una ditta di Londra specializzata in lavori del genere per il teatro e per il cinema, su richiesta di Isaac Morris, il complice di Owen, che poi aveva preteso la restituzione del testo dattilografato e di ogni registrazione di prova, con il pretesto che si trattava di materiale per una commedia ancora in allestimento. Ma tutto questo è venuto fuori in questi ultimi giorni. In quel momento nella villa sull'isola, l'unica cosa che gli ospiti riuscirono a sapere dal confusissimo maggiordomo fu che la preparazione del grammofono e del disco era stata opera sua e di sua moglie su precise istruzioni del signor Owen, ma che nessuno dei due aveva la minima idea di cosa vi fosse inciso. Pensavano che fosse solo musica.»

«Abbastanza plausibile, direi.» commentò Poirot, facendo quello che speravo fosse l'ultimo giro su sé stesso nell'ammirarsi allo specchio. «Owen non aveva certo alcun interesse nel mettere sull'avviso i Rogers sull'effettivo contenuto del disco, visto che anche loro facevano parte del gruppetto delle sue potenziali vittime.»

«Già, l'ho pensato anch'io.» annuii. «Ma ditemi, Poirot, vi siete fatta un'idea di tutta questa faccenda? Perché finora vi siete limitato solo a qualche commento casuale.»

Ero abbastanza infastidito dall'atteggiamento del mio amico, dovevo ammetterlo. Era stato lui a chiedermi di fargli un riassunto di quella storia, e io mi stavo impegnando nel farglielo il più dettagliato e colorito possibile, visto che sapevo quanto tenesse alla precisione nei particolari, ma per quasi tutto il tempo del mio resoconto lo avevo visto come distratto, distante con la mente, tutto preso dall'armonizzare i vari capi d'abbigliamento che avrebbe indossato per il suo incontro col primo ministro. Solo a tratti pareva che ciò che dicevo riscuotesse un certo interesse da parte sua, per poi ripiombare subito dopo nell'indifferenza. E io mi sentivo quasi come una vecchia radio che si accende solo per ascoltare qualcosa in sottofondo, non importa cosa, mentre ci si concentra su faccende di maggior conto.

«Oh, vi sono sembrato distratto o poco interessato?» disse Poirot con l'aria più sorpresa che rammaricata, come se l'idea non l'avesse neanche sfiorato fino a quel momento. «Oh no, mon cher ami! Pas du tout, pas du tout! Je vous assure! Voi avete tutta la mia attenzione. E vi prego, perdonatemi, se nel frattempo, metto una certa cura nella scelta degli abiti che dovrò indossare oggi. Si tratta di un incontro importante e non vorrei mai rischiare di non riuscire indimenticabile in un'occasione simile.»

Se non avessi colto al volo l'allusione, sarebbe bastato il luccichìo che scorsi nei suoi occhi attraverso l'immagine riflessa nello specchio a confermare la mia intuizione.

«Lo sapevo.» dissi. «Sapevo che vi eravate offeso per quella mia battuta. Vi prego ancora di scusarmi, Poirot. È stata inopportuna e non avrei dovuto dirla.»

Poirot mi sorrise, voltandosi verso di me.

«Vedete, amico mio, io sono perfettamente consapevole dell'immagine che dò di me. So benissimo che la gente mi giudica vanesio, pomposo, perfino ridicolo. Il mio modo di vestire, il mio modo di atteggiarmi, questi baffi arricciati che erano di moda quarant'anni fa. E so benissimo che tutto questo lo pensate anche voi... No, no, vi prego, lasciatemi finire.» mi fermò subito, vedendo che stavo per protestare. «Lo so e lo capisco, davvero. Ma io sono io e non potrei mai essere diverso da ciò che sono. E se c'è una lezione da imparare nell'essere amico di un uomo come Hercule Poirot, Hastings, è che niente vale meno dell'apparenza. Non giudicate mai una persona solo dal suo aspetto, mon ami. Lasciate pure che siano gli altri a farlo, ma voi non commettete lo stesso errore. Voi la sapete più lunga di loro. E quando il vostro humour inglese vi ispirerà qualche superficiale facezia, ricordatevi sempre del vostro amico Poirot e degli anni che avete trascorso insieme a lui, e sono sicuro che la cancellerete all'istante dalla vostra mente.»

Ero troppo lontano dallo specchio per potermi vedere, ma sapevo dal calore che avvertivo sulle mie guance che dovevo essere arrossito come uno scolaretto. Poirot mi fissò ancora per qualche istante, poi con un sorriso tornò a scomparire nel guardaroba, da dove pochi istanti dopo mi giunse la sua voce.

«Et maintenant, vite, vite. Presto. Non abbiamo più molto tempo. Continuate la vostra interessantissima storia.»

Guardai d'istinto l'orologio. All'incontro di Poirot mancavano circa tre ore. Quindi, mi schiarii la gola, ingoiai l'imbarazzo e ripresi rapidamente il mio racconto.

«Naturalmente, come era da aspettarsi, tra gli ospiti scoppiò il caos. Cosa poteva significare tutta quella storia? Cosa voleva da loro il misterioso signor Owen, se poi esisteva davvero? E quelle accuse, gettate loro in faccia come se fossero stati tutti imputati in un'aula di tribunale, erano vere o false? La prima cosa che il gruppetto fece, su indicazione del giudice Wargrave, che aveva subito preso in mano la situazione, fu di stabilire come ognuno di loro fosse stato convocato in quel luogo, e non ci volle molto a capire che in ogni singolo caso si era trattato di un pretesto. Wargrave ad esempio credeva di essere stato invitato da una sua vecchia amica, una certa Constance Culmington. La Brent aveva ricevuto un invito scritto da una donna la cui firma non era riuscita a decifrare perfettamente ma che le sembrava potesse essere una signora che aveva incontrato tempo prima ma di cui non ricordava bene il nome, Ogden o Oliver, ma negava recisamente che potesse aver mai conosciuto una signora Owen. Marston pensava che a mandargli la lettera d'invito dagli Owen fosse stato un suo amico di scorribande, tale Badger Berkeley, che in quel momento doveva essere all'estero. Insomma un po' tutti avevano ricevuto inviti da persone che al momento non erano reperibili per poterli confermare a voce, oppure come la Claythorne, il dottor Armstrong o i coniugi Rogers erano stati ingaggiati professionalmente. Gli unici che lasciavano qualche perplessità erano Lombard e Blore. Lombard un po' vagamente confermò poi di aver ricevuto a sua volta un invito di suoi conoscenti senza specificare nomi, mentre Blore, che al suo arrivo si era presentato col nome di Davis, dovette ammettere che su incarico del signor Owen si trovava lì in incognito nella sua veste di poliziotto privato per proteggere i gioielli dell'ormai presumibilmente inesistente signora Owen.

Fu a quel punto che, confrontando le lettere che buona parte degli ospiti aveva portato con sé, Wargrave notò l'assonanza fra le iniziali dei due padroni di casa e ipotizzò che si trattasse solo di una gigantesca impostura. Insomma U.N.Owen uguale unknown, come poco fa avevate intuito voi, Poirot.»

«Non che ci volesse molto.» borbottò il mio amico da dentro l'armadio.

«Ad ogni modo, il giudice che ormai doveva essersi autoeletto a titolare delle indagini, suppongo senza molte obiezioni da parte degli altri, passò alla fase successiva della piccola inchiesta: stabilire cioè quante e quali delle accuse mosse ai presenti sul disco corrispondessero alla verità. Qui ci furono sicuramente più resistenze. I due domestici, Thomas e Ethel Rogers (la cuoca si era nel frattempo riavuta dal suo svenimento) negarono scandalizzati qualunque responsabilità nella morte della loro anziana padrona. Lo stesso fece il generale Macarthur riguardo a quella del suo ufficiale e Vera Claythorne per quella del bambino che gli era stato affidato. Wargrave stesso sostenne con decisione che quel Seton, che la Voce lo aveva accusato di aver voluto mandare a morte innocente, era invece assolutamente colpevole. Blore, a sua volta negò di aver testimoniato il falso condannando di fatto l'imputato Landor, ma non poté negare che quel gesto comunque gli fruttò una promozione. Ma passato il momento delle discolpe oltraggiate, cominciarono ad arrivare le prime ammissioni. Lombard riconobbe che il crimine di cui era stato accusato lo aveva realmente commesso: durante una spedizione in Africa, sperduti nella giungla, lui e alcuni suoi amici avevano sottratto cibo e bevande ai loro portatori negri, lasciandoli a morire di fame e di sete, ma si era trattato, disse, di uno stato di necessità. Anthony Marston ricordava i due ragazzini che aveva ucciso travolgendoli con la sua auto, ma era stato solo un incidente che aveva scontato con sei mesi di sospensione della patente. Il dottor Armstrong, dal canto suo, asserì di non ricordare nemmeno una paziente di nome Cleese, mentre la Brent rifiutò perfino di rispondere, affermando di non avere niente da rimproverarsi.

Ma che ognuno di loro credesse o meno alle proteste di innocenza degli altri era un elemento secondario. Ciò che importava soprattutto in quel momento era sottrarsi al più presto a quella che sembrava una trappola potenzialmente mortale montata da un folle che li aveva riuniti tutti lì per un suo scopo. Ma la cosa era meno semplice di quel che poteva sembrare. Per quella notte almeno, spiegò Rogers, non avrebbero potuto andarsene dato che Narracott, il marinaio che li aveva traghettati se ne era andato con la barca e non sarebbe tornato prima del mattino per portare i rifornimenti. Venne così stabilito che all'arrivo della barca, il giorno dopo, sarebbero ripartiti per la terraferma. L'unico che sembrava contrariato da quell'idea era il giovane Marston. Lui avrebbe voluto restare. Tutta quella faccenda assomigliava tremendamente ad un emozionante commedia poliziesca, disse, e volle brindare al delitto. Si portò alle labbra il bicchiere che teneva in mano e ne ingoiò d'un fiato il contenuto. Un attimo dopo, stava contorcendosi sul pavimento negli ultimi spasmi di una morte atroce.»

 

 

4

 

Ormai avevo preso gusto al mio stesso racconto e non potevo fare a meno di inserire pause ad effetto nei momenti più emozionanti. Quindi m'interruppi per un attimo. Mentre narravo gli ultimi eventi su Nigger Island mi ero avvicinato quasi senza accorgermene alle ante del guardaroba, e così vi gettai un'occhiata dentro. Risolto il busillis del gilet, Poirot era passato al dilemma successivo, e adesso era chino su un'apparentemente infinita fila di paia di scarpe, tutte perfettamente in ordine e allineate con le punte in avanti come quelle ai piedi di un reggimento militare schierato per l'ispezione. Da dove mi trovavo potevo scorgere lucidissime Oxford e Derby, con forature e senza, scarpe scamosciate e di tela, stivaletti di varia altezza e modello con chiusura a lacci e a bottoni. Poirot le stava esaminando paio per paio, alcune prendendole e rigirandosele tra le mani, altre scartandole senza neanche un secondo sguardo. Poi, come se si fosse accorto solo in quel momento della mia presenza, voltò la testa leggermente verso di me.

«Continuate, continuate, amico mio.» mi esortò «Il tempo si accorcia e la vostra storia invece sembra ancora lontana dalla conclusione.»

Sì, dovevo affrettarmi. Le lancette dell'orologio ruotavano implacabili ed io ero appena al primo dei dieci delitti di quell'incredibile vicenda. Ripresi in mano il giornale per ritrovare il punto in cui mi ero interrotto e ripartii con la mia cronaca.

«Fin da subito il dottor Armstrong accorso presso Marston, dopo averne constatato la morte, si rese conto che non poteva essere sopraggiunta che per la somministrazione di un veleno, che identificò come cianuro, ma gli altri non sembravano rendersi conto di ciò che stava accadendo. La prima ipotesi, probabilmente la più rassicurante, era che Marston si fosse ucciso. Pareva impossibile che un giovane pieno di vita ed esuberante come lui avesse deciso d'un tratto di suicidarsi, men che meno in preda a tardivi sensi di colpa per il suo crimine, ma al momento non si trovarono, o non si vollero trovare, altre spiegazioni. E così dopo aver trasportato il cadavere nella sua stanza, sconvolti ma per questo ancora più determinati ad ripartire all'indomani, gli ospiti se ne andarono a dormire. A questo punto s'inserisce un'interessante considerazione tratta direttamente dal diario di Vera Claythorne, che scrive:

 

''Tornata nella mia stanza, ancora con la mente confusa da quella massa di eventi insensati a cui avevo assistito, gli occhi mi sono caduti sulla poesia incorniciata appesa sul camino. Mi sono ritrovata a leggerla con angoscia crescente.

 

Dieci poveri negretti

a mangiare se ne andarono:

uno fece indigestione,

solo nove ne restarono.

 

recitava il primo verso. Proprio come è successo a noi, ho pensato. Ma non devo lasciarmi suggestionare. Marston ha voluto morire, qualunque motivo avesse, ma io non sono come lui. Io non voglio morire e non morirò!''   

 

Ma il mattino dopo un nuovo brutto colpo li attendeva. Rogers che non riusciva a svegliare la moglie era corso a chiamare il dottor Armstrong e questi non aveva potuto fare altro che constatarne il decesso. Ethel Rogers era morta durante il sonno, ma le circostanze della sua morte non parvero chiare al medico che s'informò se la defunta facesse uso di sonniferi, cosa che il marito negò, affermando che aveva preso solo ciò che Armstrong stesso le aveva dato la sera prima dopo il suo svenimento. Ma il medico sostenne che si trattava solo di un blando calmante che mai avrebbe potuto provocarle una crisi fatale. Tra gli ospiti le ipotesi si accavallavano. Emily Brent era fanaticamente convinta che fosse stata la mano di Dio a punire una peccatrice, ma pur senza arrivare ad una tesi così estrema, c'era chi riteneva che la donna potesse essersi uccisa per il rimorso e la vergogna della colpa che la Voce le aveva attribuito. Altri come Blore invece pensavano che potesse essere stato Rogers stesso, suo marito, ad eliminarla nel timore che potesse cedere e confessare il loro crimine. Intanto ben presto ci si rese conto che il battello che avrebbe dovuto portare i rifornimenti e sul quale contavano per fuggire dall'isola non sarebbe arrivato quel mattino e forse neanche i giorni successivi. La persona che aveva organizzato un piano del genere non avrebbe potuto permettere loro di sfuggirgli così facilmente. Probabilmente c'era un accordo con Fred Narracott, il barcaiolo, affinché non facesse viaggi sull'isola per qualche giorno, tagliando così ogni via di fuga alle sue prede. E a testimonianza di questo, un ulteriore macabro dettaglio venne scoperto. Sparecchiando il tavolo da pranzo, la sera prima Rogers aveva notato che le statuine di porcellana erano diminuite, ce n'erano solo nove, ma non aveva detto nulla, pensando ad un errore. ma ora non poteva più sbagliarsi. Le statuine erano diventate otto e lui non sapeva davvero come spiegarselo.»

Stavolta feci solo una brevissima pausa, più per bermi un sorso d'acqua  che per sottolineare un nuovo passaggio chiave che non aveva alcun bisogno di essere rafforzato, poi continuai:

«A questo punto, negare l'evidenza, diventava impossibile, oltre che pericoloso. Il primo a cominciare a considerare la possibilità che le due morti avvenute non fossero frutto di suicidi o incidenti fu il dottor Armstrong che ne parlò prima con Lombard, poi insieme i due si consultarono con Blore, la persona più vicina ad un poliziotto di cui potessero disporre sull'isola. Blore fu immediatamente d'accordo. Le coincidenze iniziavano ad essere troppe: prima Marston che era morto dopo la cena come il primo negretto, poi la signora Rogers che si poteva dire senz'altro fosse ''caduta addormentata'' come dicevano i versi della seconda strofa della filastrocca, e adesso le statuette che erano diventate otto esattamente come loro. Ormai che avessero a che fare con un pericoloso maniaco che si era messo in mente di giustiziarli, ritenendoli tutti, a torto o a ragione, assassini sfuggiti al capestro cominciava ad essere più di un sospetto. Anche se il signor Owen non fosse intervenuto personalmente nei due decessi (c'era sempre la possibilità che Marston si fosse suicidato e che la signora Rogers fosse stata uccisa dal marito, terrorizzato che potesse confessare) era difficile non supporre la sua presenza sull'isola. Impossibile che dirigesse gli eventi a distanza. E se Owen si nascondeva in quel luogo dovevano trovarlo. Lombard disse anche di avere con sé una pistola in caso di necessità. Così il terzetto di improvvisati esploratori cominciò a battere a tappeto l'isola in cerca del possibile nascondiglio del loro aguzzino, ma senza esito alcuno, ed alla fine, dovettero ammettere che gli unici esseri viventi rimasti su Nigger Island erano loro otto. Nel frattempo, ancora dal diario della Claythorne, apprendiamo altri interessanti dettagli: incontratasi prima con Emily Brent e successivamente con il generale Macarthur, aveva scoperto che le accuse che la Voce aveva mosso loro erano probabilmente più che fondate. Infatti scrive:

 

''La Brent aveva uno sguardo gelido da fare paura, mentre raccontava, eppure le sue dita continuavano a sferruzzare, intrecciando ed incrociando i fili di lana, senza far cadere una sola maglia''.

 

L'anziana zitella praticamente aveva ammesso che la ragazza a servizio da lei, quella Beatrice Taylor, si era suicidata quando l'aveva svergognata e poi licenziata dopo aver scoperto che era rimasta incinta, ma si era trincerata dietro i suoi principi morali non riconoscendosi alcuna colpa. Mentre al contrario il generale che le era sembrato sul punto di perdere il senno, sedeva in riva al mare, e invocando il nome della sua defunta moglie, Leslie, le aveva confessato di aver davvero mandato a morte quel suo ufficiale colpevole di esserne stato l'amante. Sconvolto dal rimorso, attendeva ora la morte quasi con sollievo. Turbata a sua volta, la Claythorne scrive nel diario:

 

''Macarthur deve essere impazzito. Parla di morte che incombe su tutti noi, del sollievo che proveremo quando tutto sarà finito. Parli per lui. Lui forse vede i fantasmi, ma non io. Non io!'' 

 

M'interruppi vedendo Poirot uscire dal guardaroba con in mano un paio di stivaletti con l'abbottonatura laterale. Sembrava avesse optato per calzature più invernali, come avevo immaginato. Si sedette su una poltrona e cominciò a calzarli. Era profondamente concentrato adesso. Riconoscevo quell'espressione che aveva sul volto e che tante volte gli avevo visto mentre cercava di mettere in fila gli indizi di un caso. Le sue ''celluline grigie'' erano al lavoro, mentre le sue dita infilavano quasi meccanicamente i bottoncini nelle asole.

«Intanto,» ripresi «tornati stanchi e frustrati dall'inutile ricerca, lo stato di tensione iniziò ad avere ragione di Blore, Lombard e Armstrong. Blore insinuò che la morte della Rogers potesse spiegarsi con un errore di somministrazione del calmante da parte di Armstrong che reagì indignato. Anche Lombard fu accusato di avere nascosto fino ad allora di essere in possesso di un'arma, e per giustificarsi fu costretto ad ammettere di aver mentito quando aveva detto di essere stato invitato sull'isola come gli altri. In realtà vi si trovava su richiesta di un tal Morris che lo aveva pagato per andarci in incognito a fronteggiare una non meglio specificata ''situazione potenzialmente pericolosa''. Stava passando un brutto periodo e quel denaro gli era sembrato piovuto dal cielo. Ecco perché senza chiedere altre spiegazioni era venuto a Nigger Island armato, finendo nella trappola di Owen, ma dovendo continuare a mantenere il suo ruolo, mentre aspettava di decidere se la situazione in cui si erano trovati non fosse proprio quella per cui era stato chiamato lì. Fu in quel momento che udirono il gong della colazione. Nonostante il lutto, Rogers continuava a comportarsi da perfetto maggiordomo, e gli ospiti stavano per sedersi a tavola, quando si resero conto che mancava il generale Macarthur. Vera disse di averlo visto seduto in riva al mare e Rogers andò a cercarlo. E lo trovò. Qualcuno gli aveva sfondato la testa con un corpo contundente che però l'assassino si era portato via. Stavolta era davvero impossibile pensare ad un suicidio o ad un incidente. Si trattava senza alcun dubbio di omicidio, come confermò Armstrong. E mentre alcuni tra gli uomini trasportavano il cadavere nella sua stanza, Vera Claythorne corse in sala da pranzo. Rogers era già lì ed entrambi poterono constatare che adesso le statuine erano solo sette. Questa nuova morte era stata un duro colpo per tutti. Il nervosismo, se ancora non si poteva parlare di panico vero e proprio, cominciava a serpeggiare nel gruppo. Solo Emily Brent sembrava tetragona ad ogni emozione e continuava imperterrita a lavorare a maglia, come se la cosa non la riguardasse. Qualcuno doveva prendere il comando, e ancora una volta fu Wargrave a far valere la sua autorità. Se era spaventato quanto gli altri non lo diede a vedere e fece il punto della situazione con ammirevole lucidità. Disse che era rimasto tutta la mattina a sedere in terrazza, ma aveva notato tutto l'andirivieni di Blore, Lombard e Armstrong, e si era immaginato che fossero alla ricerca del nascondiglio dell'assassino. Tuttavia non era per niente meravigliato che non avessero trovato nulla, perché il signor Owen non si nascondeva affatto. Eppure il signor Owen, e non ci potevano essere più dubbi, era sull'isola. Come si potevano conciliare dunque due affermazioni in apparente totale contraddizione come queste? In un unico modo: e davanti al suo pubblico ammutolito, Wargrave pronunciò quelle parole che probabilmente tutti avevano già pensato, ma che nessuno aveva osato ancora tradurre in un concetto concreto:''Non capite, signori?'' disse. ''Il signor Owen è uno di noi.''

 

 

5

 

Se c'era un momento che richiedeva una pausa non poteva essere che quello. Non che mi fossi illuso neanche per un secondo che uno come Hercule Poirot non fosse già arrivato da solo ad una simile conclusione, ma la pausa non era solo richiesta per sottolineare il colpo di scena, ma soprattutto per mettere un punto preciso in cui quella fantastica vicenda svoltava all'improvviso prendendo una piega che i protagonisti non avevano previsto, o non avevano voluto prevedere. Ma Poirot non fece commenti, proseguendo nella sua operazione di abbottonatura, ed io continuai.

«Com'era naturale, la bomba gettata lì in mezzo alla sala dalle parole del giudice scatenò all'istante una serie di negazioni, rimostranze e proteste da parte di alcuni, ma ci fu anche chi riconobbe la fondatezza di quella tesi, ma certo poi fu molto più difficile anche per questi ultimi ammettere che in realtà ciascuno di loro, nessuno escluso, avrebbe potuto commettere ognuno di quei delitti, perché tutti in un qualunque momento potevano avere avuto l'opportunità di avvelenare il bicchiere di Marston, somministrare una dose eccessiva di sonnifero alla Rogers, o sorprendere il vecchio generale colpendolo alla testa da dietro, un'azione che non richiedeva una gran forza e che anche una donna avrebbe potuto agevolmente compiere. E la piccola inchiesta estemporanea aperta da Wargrave dovette chiudersi al momento senza che emergesse alcun nuovo elemento a carico di nessuno. Ma, mentre l'idea che l'assassino si nascondesse tra loro stava lentamente sedimetandosi nelle menti degli ospiti della villa, c'era chi sentiva il bisogno di confidarsi con altri, di trovare un alleato su cui riporre la propria fiducia, malgrado tutto. L'uomo in fondo è un animale sociale e non vive bene in condizioni di solitudine. Vera Claythorne e Philip Lombard scelsero di fidarsi l'una dell'altro, anche se sospetto che la giovinezza e l'avvenenza di entrambi, che si può giudicare facilmente dalle foto pubblicate a commento di questo articolo, non fossero estranee a questa scelta. Lei, nonostante l'uomo non gli sembrasse uno che dava particolarmente valore alla vita umana che non fosse la propria, non le pareva tipo da allestire uno spettacolo come quello messo su dal misterioso signor Owen, mentre dal canto suo, Lombard non riusciva a vedere in lei una folle criminale assetata di sangue. I due quindi, secondo il diario della Claythorne, si confidarono i reciproci sospetti: Lombard avrebbe scommesso che il signor Owen fosse Wargrave, per il sapore tribunalizio che tutta quella vicenda aveva; Vera invece puntava su Armstrong che non avrebbe avuto difficoltà a procurarsi e somministrare i veleni che le due prime vittime avevano ingerito. Ma anche altri tendevano a scambiarsi pareri e confidenze, come Armstrong e Wargrave stessi. Quest'ultimo, a leggere alcuni appunti da lui lasciati, cominciava a nutrire sospetti su qualcuno in particolare, ma con la sua solita cautela nell'esprimersi aveva preferito non fare nomi, né sulla carta, né tanto meno ad Armstrong che, scrive, gli sembrava sull'orlo di una crisi nervosa. Emily Brent invece non aveva legato con nessuno in particolare, ma anche le sue condizioni mentali non parevano delle migliori. Sentite cosa scriveva sul suo diario:

 

''È avvenuta una cosa terribile. Il generale Macarthur è morto. [...] Non c'è dubbio che si tratti di un assassinio. Dopo colazione, il giudice ci ha fatto un discorso molto interessante. È convinto che l'assassino sia uno di noi. Questo significa che uno di noi è posseduto dal demonio. Io l'avevo già sospettato. Ma chi di noi? Tutti se lo domandano. Io sola so...

 

IL NOME DELL'ASSASSINO È BEATRICE TAYLOR...''

 

Alzai gli occhi e guardai Poirot che finito di allacciarsi le scarpe, si era alzato in piedi e si stava dando un ulteriore occhiata allo specchio, chiaramente apprezzando quello che vi vedeva.

«Beatrice Taylor.» rimarcai. «Cioè la ragazza del cui suicidio la si accusava. È evidente che la vecchia, se non era già pazza con tutte le sue manie religiose, stava cominciando a dare i numeri.»

Ancora una volta, Poirot non fece commenti, tornando ad infilarsi nel guardaroba. Lo presi come un silenzioso incoraggiamento a non fermarmi, e proseguii.

«Da qualche ora sull'isola si era abbattuta una forte burrasca che aveva soffocato le residue speranze di tutti che qualcuno potesse approdarvi e venirli a salvare. Finché fosse durata con quell'intensità, non c'era da sperare che una barca potesse neanche avvicinarsi. Col passare delle ore, la tempesta non accennava a diminuire, tutto il contrario, e gli ospiti sedevano apatici nella grande sala, aspettando un'altra notte. L'unico elemento di disturbo a quell'apparente quiete fu una strana domanda rivolta da Rogers. Mentre serviva il tè, chiese se qualcuno sapeva che fine avesse fatto la tendina del bagno. Era una tendina scarlatta e mancava dalla mattina. Era sicuramente un fatto curioso, ma non più delle due matasse di lana grigia che la Brent affermava di non riuscire più a trovare, e nell'atmosfera generale quel dettaglio venne lasciato cadere come una cosa poco importante. Ma come vedremo più avanti, fu un errore. Il mattino dopo la tempesta si era un po' calmata, ma gli ospiti si stupirono che Rogers non li avesse svegliati con la colazione già pronta come era avvenuto nei giorni precedenti. La risposta arrivò quando giunti in sala da pranzo, si accorsero che i negretti ora erano solamente sei. Si misero immediatamente alla ricerca del maggiordomo, ma non gli ci volle molto a trovarlo: Rogers giaceva nella legnaia con la testa spaccata in due da un colpo di una pesante ascia che qualcuno aveva usato su di lui per poi deporla lì accanto con la lama ancora insanguinata.»

Con gli occhi cercai il riquadro nella pagina del giornale in cui era stata incorniciata la canzoncina dei negretti e declamai in tono forse un po' troppo drammatico:

 

«Sette poveri negretti

a spaccare legna andarono:

un di lor s'infranse a mezzo,

e sei soli ne restarono.»

 

La testa di Poirot emerse per un attimo dall'anta e mi guardò. Poi con un risolino tornò a nascondersi.

«Mon ami Hastings, il aime beaucoup cette histoire, hein? Vi piace molto questa storia, vero Hastings?» ridacchiò da lì dietro.

«Sì, lo ammetto.» risposi. «È orribile, certo, ma proprio per questo ha un suo indiscutibile fascino morboso.» Mi avvicinai al guardaroba e mi appoggiai all'anta, osservando Poirot che adesso stava passando in rassegna le giacche. «E voi, Poirot? Non mi dite che non avvertite il brivido misterioso che l'attraversa, che non provereste soddisfazione all'idea di risolvere un caso che sta facendo impazzire da settimane Scotland Yard e la stampa d'Inghilterra, perché non vi crederei.»

«Bon. Se non volete che ve lo dica, non ve lo dirò.» disse il mio amico, mentre prendeva e riponeva velocemente una dopo l'altra ogni singola giacca, esaminandola per qualche secondo davanti a sé nello specchio. «In realtà io credo che voi e questo assassino andreste molto d'accordo. Avete entrambi lo stesso spirito romantico e un po' melodrammatico. Anzi, vi dirò che se non foste appena tornato dall'Argentina, vi sospetterei di essere il signor Owen.»

«Poirot!» esclamai scandalizzato. «Come potete dire una cosa del genere?!»

«Ah ah!» rise Poirot, gettandomi uno sguardo divertito dallo specchio. «Via, non ve la prendete, amico mio. Vi volevo soltanto dimostrare che non siete il solo a saper lanciare frecciatine.»

Mi unii alla sua risata.

«Va bene, d'accordo. Touché. Ora siamo pari. Però ancora non avete risposto alla mia domanda.» Mi sporsi verso di lui. «Cosa ne pensate di tutto questo? Non vi siete fatta un'opinione ancora?»

«Un'opinione? Bien sûr!» rispose Poirot. «Ma certo. Anche più di una, se è per questo. Ma le opinioni non contano nulla se non sono sostenute dai fatti. Quante volte dovrò ripetervelo? La fantasia può essere una grande amica per un buon investigatore, ma guai ad innamorarsene. Lasciate pure che vi indichi la direzione, ma dovrete essere sempre voi a tenere il volante, o finirete fuori strada. I fatti, i fatti, Hastings. Non dimenticatelo mai.»

Intanto però lui sembrava aver dimenticato di rispondere a quello che gli avevo chiesto, ed era tornato ad occuparsi delle sue giacche.

Bella mossa, pensai sogghignando fra me e me, ma la verità è che neanche il grande Poirot stavolta riesce a cavare un ragno dal buco, e non vuole ammetterlo.

Quindi soddisfatto di quella mia conclusione, ripresi a raccontare.

«Questa nuova morte, forse per la freddezza e la ferocia con cui era stata eseguita, finì per sconcertare e spaventare anche quei membri del gruppo che avevano cercato di mantenere un contegno fino a quel momento. A cedere per prima fu Vera Claythorne che in preda ad una specie di crisi nervosa scoppiò a ridere istericamente, e ad urlare se nelle vicinanze ci fosse un alveare, perché lei ricordava bene cosa diceva la prossima strofa della filastrocca:

 

''Sei poveri negretti

con un alvear giocarono:

da un'ape uno fu punto,

solo cinque ne restarono.''

 

A calmarla con un paio di sonori schiaffoni fu il dottor Armstrong. Ritrovata una parvenza di calma, lei e Emily Brent si occuparono della colazione, ora che non c'erano più domestici. Nel frattempo gli ospiti superstiti guardavano gli altri con sempre maggior sospetto. Blore era rimasto stupito dall'impassibilità che dimostrava la Brent in simili circostanze e confidò a Lombard che gli ricordava il caso di una vecchia zitella impazzita che aveva sterminato la sua famiglia, mentre sia Vera che Emily, preparando la colazione, si scrutavano l'un l'altra ognuna perseguitata dai propri fantasmi. Ecco cosa scrive la Brent in una pagina del diario di quelle ore:

 

''Stanotte ho visto Beatrice Taylor fuori dalla finestra della mia stanza. Si lamentava e mi chiedeva di farla entrare, ma io non le ho dato retta, perché se l'avessi lasciata entrare sarebbe successo qualcosa di terribile.'' 

 

Ma ancora più interessante è ciò che scrive la Claythorne:

 

''Come ho fatto a perdere la testa così? Sto proprio crollando. Mentre mi sono sempre vantata del mio equilibrio e del mio sangue freddo. Anche quando accadde la disgrazia. Tutti mi lodarono per come avevo cercato di salvare Cyril, per come avevo rischiato la mia vita per trarlo dalle acque. Ma non Hugo. Lui mi aveva soltanto fissata. Come se sapesse. Come se avesse potuto leggermi nella mente, nel cuore.''»

 

Abbassai il giornale e mi rivolsi a Poirot

«Quella notte Vera non scrisse altro, ma non credete che queste frasi siano sufficientemente rivelatrici, Poirot? Cyril è sicuramente Cyril Ogilvie Hamilton, il bambino di cui la Voce l'aveva accusata di aver provocato la morte. Questa per me costituisce praticamente una confessione.» Ripresi in mano la pagina e rilessi. «"Come se sapesse. Come se avesse potuto leggermi nella mente, nel cuore.'' Non lo pensate anche voi, Poirot?»

La risposta di Poirot mi giunse dall'interno del guardaroba in veste di una lapidaria domanda.

«Chi è Hugo?» mi chiese.

«Oh, suppongo che si tratti di Hugo Hamilton, giovane rampollo della famiglia in cui la Claythorne svolgeva le sue funzioni di governante. Da quello che dicono i giornali, Hugo avrebbe ereditato i capitali di famiglia se non fosse stato per la nascita di Cyril.»

«Ah!» esclamò Poirot. «Deve essere stato un duro colpo per lui.»

«Credo proprio.» confermai. «Comunque appena terminato il pasto, il giudice decise che fosse il momento per fare un nuovo punto della situazione e convocò tutti in salotto. Solo la Brent chiese di restare un momento a riposare. Aveva avuto una specie di vertigine e voleva aspettare un attimo per riprendersi. L'attesero invano. Tornati in sala la ritrovarono come l'avevano lasciata. Seduta ed immobile. Ma morta. Qualcuno le aveva iniettato cianuro nel collo con una siringa ipodermica. Ma nella stanza svolazzava, quasi irridendoli, un'ape...».

 

 

 

6

 

«Si stabilì quasi immediatamente che la siringa utilizzata poteva essere quella che Armstrong portava nella sua valigetta medica e che infatti ad una verifica risultò scomparsa. Fu Blore ad avere l'intuizione giusta: la siringa venne ritrovata all'esterno, spezzata tra i frammenti della quinta statuetta, sotto la finestra della sala da pranzo. L'assassino doveva avere agito in pochi secondi. Dopo aver iniettato la dose letale alla Brent aveva afferrato la statuetta e l'aveva scagliata fuori dalla finestra insieme alla siringa, prima di raggiungere inosservato i suoi compagni. Ma nessuno si era accorto di nulla. Nessuno avrebbe potuto dire chi si era assentato anche solo per qualche attimo. Del resto i cinque non erano rimasti insieme tutto il tempo. Blore si era offerto di aiutare Vera a sparecchiare e lavare i patti, mentre la Brent riposava, e degli altri, nessuno ricordava di aver notato chi era uscito per ultimo dalla sala, dove la donna era rimasta sola. Tuttavia la scoperta dell'arma del delitto suggerì di radunare tutto quello che di letale poteva essere in possesso di ognuno di loro e di chiuderlo da qualche parte dove non si potesse accedere da soli. Il dottor Armstrong consegnò i farmaci che teneva nella sua valigetta. Wargrave fece altrettanto con le compresse che prendeva per dormire. Lombard avrebbe dovuto consegnare la sua pistola, ma all'inizio fece resistenza. Quando vide però che gli altri uomini del gruppo non avrebbero esitato anche a coalizzarsi per prendergliela con la forza, si convinse. Andò al cassetto nella sua stanza dove la riponeva di solito, ma la pistola non c'era più. E tutti i tentativi di ritrovarla, anche una perquisizione sulla sua stessa persona fatta dal diffidente Blore, non diedero esito. L'arma sembrava sparita. Ormai ognuno dei cinque superstiti teneva d'occhio gli altri, impaurito dalla loro presenza, ma ancor più terrorizzato all'idea di rimanere solo. Se ne restavano immobili a sedere nel salotto, scrutandosi l'un l'altro, chiedendosi chi di loro in quel momento simulava soltanto la paura, mentre invece faceva piani per eliminare la sua prossima vittima. E di chi si sarebbe trattato? Chi sarebbe stato il sesto negretto a cadere? Nemmeno l'improvvisa mancanza di energia elettrica (dopo la morte di Rogers nessuno aveva pensato ad alimentare il motore autonomo che la produceva) li indusse a muoversi, preferendo optare per le abbondanti scorte di candele di cui la villa era fornita. Solo la Claythorne, che evidentemente non resisteva a quella tensione, decise di allontanarsi per qualche momento per salire in camera sua a rinfrescarsi un po'. Fu deciso che la cosa era possibile se tutti gli altri fossero rimasti dove erano. Così Vera salì nella sua camera e dopo pochi attimi le sue urla echeggiarono tra le pareti della casa. Immediatamente tutti si precipitarono su per le scale e la raggiunsero, solo per scoprire che a farla urlare in quel modo era stato un tocco gelido ed umido che aveva sentito sul viso. ''Come la mano di un affogato...'', scriverà quella sera nel suo diario. Ma in realtà si trattava solo di una lunga alga che qualcuno aveva appeso ad un gancio attaccato al soffitto al centro della stanza. Uno scherzo diabolico, ma a quale scopo? Fu in quel momento che contandosi gli uomini accorsi si resero conto che mancava qualcuno tra loro. Wargrave non c'era. Ridiscesi con la massima cautela, trovarono presto la risposta a quell'enigma...»

«Aspettate, Hastings.»

Era la prima volta da quando avevo cominciato quella cronaca, circa  un'ora e cinquanta minuti prima, che era Poirot ad interrompermi. Quel suo intervento mi risultò così inatteso che lo guardai ad occhi spalancati.

«Lasciate che sia io a dirvi cosa trovarono.» disse il mio amico. «Il giudice Wargrave, ucciso con un colpo di pistola in piena fronte. Seduto sulla sua sedia con intorno alle spalle la tendina da bagno scomparsa ed in testa le matasse di lana rubate alla Brent.»

Guardai Poirot stupito e poi scorsi rapidamente la colonna dell'articolo alla ricerca del punto in questione.

«Poirot!» esclamai. «Come diavolo avete fatto a indovinare? Avanti. Dite la verità. Finora mi avete preso in giro! In realtà, sapevate già tutto e mi avete lasciato sgolare per quasi due ore inutilmente.» Mi sentivo proprio furioso con lui.

«Cosa? Oh no no, mon ami, Non ne sapevo davvero niente. Je vous jure! Ma era la sola spiegazione logica ad un evento a prima vista assolutamente illogico in questa storia invece tanto attentamente organizzata.»

«Cioè? Spiegatevi.»

«Beh, quando avete inserito nella vostra cronaca due eventi apparentemente incongrui e di nessuna importanza come la scomparsa di una tendina da bagno e di due matasse di lana e avete aggiunto che averle trascurate era stato un errore, era chiaro che dovevano rientrare nel piano dell'assassino, ma come e perché? Finora, anche se appare evidente che è un pazzo omicida, questo signor Owen si è sempre dimostrato perfettamente lucido. Ogni sua azione preparatoria per i suoi delitti era finalizzata ad uno scopo ben preciso, ma sottrarre una tendina da bagno e delle matasse di lana che spiegazione razionale poteva mai avere? Poi mi sono ricordato che la tendina era di colore scarlatto e le matasse di colore grigio, e del contenuto della sesta strofa della canzoncina che recita chiaramente di un negretto fermato dal tribunale, e visto che nel gruppetto delle potenziali vittime c'era un ex-giudice, ho capito cosa poteva avere in mente l'assassino. Ma ho atteso diligentemente che voi arrivaste al punto giusto del racconto prima di interrompervi.»

Cominciavo a capire e la mia ira si dissolse.

«L'abito dei giudici nei tribunali inglesi. La toga scarlatta e la grande parrucca grigia.» dissi quasi tra me.

«Esatto. Ovviamente l'assassino non poteva disporre degli originali e quindi, sfruttando la sua grande fantasia, ha improvvisato.»

Nel frattempo Poirot aveva scelto la giacca adatta ed era uscito completamente dal suo guardaroba aggiustandosela con soddisfazione davanti allo specchio. Mancavano ancora cappello e soprabito (le ghette sembrava averle escluse), ma il più era fatto.

«Bene» dissi. «Mi fa piacere che mi abbiate ascoltato attentamente. A dire la verità, in certi momenti mi sembrava proprio di stare parlando al vento.»

«No, no, amico mio. Invece non ho perso una sola parola della vostra eccitante ricostruzione.»

«Un momento!» esclamai improvvisamente. Stavo accingendomi a tornare a leggere, quando mi era tornato alla mente un particolare. «Come sapevate che il colpo di pistola che aveva ucciso Wargrave gli era stato sparato in piena fronte? Sono sicuro di non aver mai menzionato questo dettaglio. Vi avevo solo detto che gli avevano sparato alla testa da distanza ravvicinata, ma niente di più.»

«Davvero?» Poirot sembrò sorpreso della mia osservazione. Poi con uno dei suoi sorrisetti enigmatici, si strinse nelle spalle. «Beh, mon ami, lasciate anche a me un poco di quello spirito romanzesco che avete profuso nella vostra narrazione e permettetemi di tenere per me per il momento questa risposta. Ma guardate!» aggiunse poi, lanciando a sua volta uno sguardo all'orologio sulla scrivania. «Manca ancora un'ora abbondante al mio appuntamento ed io sono già praticamente pronto. Quindi mi siederò qui davanti a voi, ascoltandovi in religioso silenzio mentre porterete a conclusione questa appassionante storia.»

E così dicendo si accomodò sulla poltrona dietro la sua scrivania, dove riceveva solitamente chi veniva a consultarlo, mentre io, poco soddisfatto dalla sua risposta ma non sapendo cosa ribattere, non trovai di meglio che riprendere a raccontare.

«Constatata la morte di Wargrave da parte del dottor Armstrong, il suo corpo come quello degli altri fu ricomposto nella sua camera. L'arma del delitto non venne ritrovata, ma sussistevano pochi dubbi sul fatto che fosse proprio quella sottratta a Lombard. Semmai c'era da chiedersi se l'assassino avesse intenzione di utilizzarla ancora. Nel gruppetto sempre più ristretto, i pochi sopravvissuti continuavano a guardarsi in cagnesco, ognuno convinto di aver individuato la fonte del pericolo, ma senza averne alcuna certezza. Ancora una volta il signor Owen, chiunque fosse di loro, si era dimostrato più astuto attirando l'attenzione di tutti verso la stanza della Claythone, mentre lui ne approfittava per uccidere Wargrave, ma nessuno nella confusione che era seguita alle urla di soccorso di Vera avrebbe potuto dire con sicurezza chi era rimasto indietro. Frustrati e stanchi, tenendosi reciprocamente d'occhio, i quattro decisero di andare a dormire, chiudendosi ognuno a chiave nella propria camera. Ma a parte gli incubi personali che ciascuno di essi portava con sé e l'incubo attuale e terribilmente reale che stavano vivendo, quella notte non trascorse tranquilla. Blore andò bussare alla porta di Lombard affermando di aver sentito dei rumori e aver scorto qualcuno uscire dalla villa e sospettava che Armstrong non fosse nella sua stanza. Insieme i due si accertarono che il dottore fosse effettivamente assente e dopo aver comunicato la cosa alla Claythorne, chiedendole di chiudersi a chiave e non aprire a nessuno se non a loro due ma soltanto se si fossero presentati insieme, uscirono alla ricerca di Armstrong. Lombard informò Blore che, tornando in camera, aveva ritrovato la pistola nel cassetto del suo comodino, quindi non c'era da temere che l'assassino, se si trattava di Armstrong, li attendesse per sparargli. Ma le ricerche non diedero risultati. Armstrong sembrava svanito dall'isola e sul tavolo della sala da pranzo c'erano adesso solo tre negretti. Quella sera nell'ultima pagina del suo diario la Claythorne narra l'episodio, ma dice solo che Blore ha visto Armstrong uscire, e che lui e Lombard sono andati a cercarlo. Ma è l'annotazione di Blore sul suo taccuino ad essere la più sintetica e la più netta. Solo tre parole: "Armstrong è scomparso."»

Guardai Poirot di sottecchi. Se ne stava perfettamente immobile seduto nella sua poltrona. Aveva le mani giunte davanti a sé, unite per i polpastrelli, e gli occhi chiusi, come se fosse immerso in una profonda meditazione o in una preghiera.

«Dunque anche Armstrong era da aggiungere alla lista delle morti?» proseguii. «Ma se era così perché non si era trovato il suo corpo? Poteva essere caduto o essersi gettato in mare? E se fosse stato spinto giù dalla scogliera? I tre superstiti non cessavano di porsi queste domande. Intanto però il tempo era decisamente migliorato, la nuova giornata che si apriva davanti a loro si annunciava splendida e si poteva ricominciare a pensare di accendere un falò o mandare un SOS con uno specchietto verso la terraferma, anche se con tutta probabilità il mare ancora molto agitato avrebbe impedito comunque ad eventuali soccorsi di attraccare sull'isola prima dell'indomani. L'idea di trascorrere almeno un'altra notte in quel luogo non li metteva di buon umore, e Blore e Lombard iniziarono subito a battibeccare sulla pistola di quest'ultimo. Blore insisteva che anche l'arma fosse messa in un luogo sicuro, mentre Lombard non intendeva separarsene a nessun costo. Vera dal canto suo riteneva tutte quelle chiacchiere inutili. Per lei era Armstrong il loro nemico e la settima strofa della canzoncina lo rivelava chiaramente:

 

"Quattro poveri negretti

verso l'alto mar salparono:

uno un granchio se lo prese,

e tre soli ne restarono."

 

Secondo lei, il granchio in questione era metaforico ed era quello che Armstrong voleva far prendere a tutti loro, lasciandogli credere che fosse morto, mentre invece era proprio lui l'assassino e si trovava ancora sull'isola, rimpiattato da qualche parte, in un nascondiglio che ancora non era stato individuato, ad attendere l'occasione propizia per portare a compimento la sua opera. La mattinata trascorse tra tentativi di lanciare richieste di soccorso alla costa e ricerche del medico scomparso, entrambi infruttuosi. A mezzogiorno, Blore annunciò che aveva fame e si offrì di ritornare alla villa a prendere qualcosa da mangiare, mentre Lombard e la Claythorne rimasero a parlare in riva al mare.»

M'interruppi e alzai di nuovo lo sguardo su Poirot. Non si era mosso da quando l'avevo guardato l'ultima volta e teneva gli occhi fermamente chiusi in posa di grande concentrazione. Per un attimo dubitai che si fosse addormentato.

«Quelle che vi ho raccontato finora» ripresi «sono le ultime azioni degli ospiti dell'isola ad essere state ricostruite in base a una qualche testimonianza scritta. Nella fattispecie le ultime note lasciate da Blore sul suo taccuino. Il taccuino rinvenuto nella tasca del suo cadavere che, come ricorderete da ciò che vi avevo detto all'inizio di questa storia, era quello trovato sul retro della villa con la testa schiacciata da un pesante soprammobile: un orologio a forma di orso.»

Liberandomi del tutto dal mio dubbio, Poirot parlò, e sempre ad occhi chiusi e senza spostarsi di un millimetro, declamò:

 

«"Tre poveri negretti

allo zoo se ne andarono:

uno l'orso ne abbrancò,

e due soli ne restarono." 

 

È così più o meno che dice quella poesiola, vero?»

«Esattamente.» risposi. «Evidentemente ancora una volta l'assassino aveva cercato di riprodurre nel miglior modo possibile una strofa di quella diabolica filastrocca. Ma quello che volevo dirvi è che da adesso ciò che vi posso raccontare è solo un'ipotesi di quello che potrebbe essere successo in seguito, basata sulle perizie mediche e le indagini della polizia, oltre forse alcuni coloriti dettagli inseriti qua o là da qualche fantasioso reporter. Volete comunque che continui?»

«Mais certainement, mon ami! Vi prego, continuate.» Poirot aveva riaperto per un secondo gli occhi, il tempo necessario ad incoraggiarmi a proseguire nel mio racconto, per poi riassumere immediatamente la sua postura concentrata.

«Bene.» dissi. «Allora, come già sapete, oltre a quello di Blore presso la villa, all'esterno di questa vennero ritrovati due corpi, entrambi sulla spiaggia. Il corpo del dottor Armstrong e quello di Lombard. Dei due, Armstrong era sicuramente quello morto prima e dallo stato in cui venne ritrovato, i medici affermano con totale sicurezza che doveva essere rimasto in acqua dalle otto alle dieci ore. Presentava lividi e contusioni sicuramente tutti o quasi post-mortem. È quindi presumibile che qualcuno l'abbia spinto giù dalla scogliera, magari dopo averlo colpito alla testa per maggior sicurezza, ma i colpi riscontrati sul cranio potrebbero essere benissimo stati provocati sbattendo sulle rocce durante la caduta. La marea lo ha riportato a riva, ma sulla sabbia sono rimaste tracce di trascinamento che testimoniano come sia stato poi trasportato all'asciutto da qualcuno. Lombard invece presentava solo un colpo d'arma da fuoco al petto. La morte deve essere stata immediata. La pistola con cui è stato ucciso, poi ritrovata nella villa con sopra le impronte della Claythorne, è la stessa che aveva sparato al giudice Wargrave. Non ci sono dubbi in merito dalla perizia balistica nel confronto tra i due proiettili. Infine c'è proprio Vera Claythorne, trovata impiccata in quella che era stata la sua camera nella villa. Il cappio a cui era appesa era legato ad un gancio fissato al centro del soffitto e che in passato probabilmente aveva sostenuto un grosso lampadario. Il cappio era troppo in alto perché possa averlo legato lei. Potrebbe naturalmente avere usato una scala, ma l'unica che potesse servire allo scopo è stata ritrovata all'esterno, presso la legnaia e non è pensabile che prima di impiccarsi sia andata a riportarla fino a laggiù per poi tornare ad uccidersi. E poi naturalmente c'è il particolare della sedia su cui è montata. Dopo la sua morte qualcuno l'ha spostata contro la parete, ed è evidente che non può essere stata lei. Per concludere, due dettagli, se possiamo definirli così: due statuine infrante sono state ritrovate all'esterno, sotto la finestra della sala da pranzo. L'ultima invece, sempre in pezzi, si trovava nella stanza della Claythorne, accanto alla grata del caminetto. Questi gli elementi certi sulla cui base è fondata la ricostruzione che Scotland Yard ritiene la più probabile, e su cui anche i reporter investigativi dei maggiori giornali concordano, e che vado ad illustrarvi in breve: dagli ultimi appunti sul taccuino di Blore, lui si allontana dagli altri per tornare alla villa a prendere qualcosa da mangiare. Non vedendolo tornare dopo un po', Lombard e la Claythorne vanno a cercarlo e lo trovano morto nelle circostanze che sappiamo. Adesso per loro due non sussistono più dubbi. Non può essere stato nessuno di loro dato che erano insieme. Di conseguenza l'assassino non può essere che Armstrong che tornato alla villa ha gettato dalla finestra il pesante orologio a forma d'orso sulla testa di Blore uccidendolo. Ma proprio in quel momento il mare restituisce il corpo del dottore e dal suo stato appare evidente che è morto da molte ore. A quel punto, tra la Claythorne e Lombard succede qualcosa. Forse ne segue una collutazione e in qualche modo Vera s'impadronisce dell'arma che in quel momento era ancora per quel che sappiamo in possesso dell'uomo e lo uccide. Dopodiché ritorna in casa (e qui credo che ci sia un po' di quella fantasia giornalistica di cui parlavo prima ma il particolare è verosimile), prende le tre statuine rimaste, ne distrugge due e stringendo in pugno l'ultima, si reca nella sua stanza e per qualche ragione non ben chiarita, invece di mettersi tranquilla ad aspettare i soccorsi, decide di infilare la testa in un cappio ed uccidersi. Ora, se non fosse per il dettaglio della sedia spostata, la spiegazione potrebbe essere semplice, anche se poco credibile: Vera Clythorne è la responsabile di tutte le morti e dopo aver ucciso i suoi compagni uno ad uno si è tolta la vita. Però sappiamo che non è così, dato che qualcun altro era ancora vivo sull'isola dopo la sua morte. Ma chi? E dove poteva essersi nascosto se l'isola era stata battuta più volte palmo a palmo senza trovare il mimimo anfratto in cui qualcuno potesse rintanarsi? Ecco qua, Poirot.» dissi, riponendo sulla scrivania il giornale. «Credo di avervi fatto un riassunto il più esauriente possibile di tutti gli eventi che formano il tutt'ora impenetrabile mistero di Nigger Island. Che cosa ne dite?»

Mi appoggiai a braccia conserte sulla scrivania di Poirot, sporgendomi verso di lui. Questi rimase ancora per qualche secondo con gli occhi chiusi e le mani giunte, poi li riaprì e si spinse indietro sulla poltrona. Tirò a se il cassetto al centro e ne estrasse alcuni fogli di carta, prese la grossa stilografica che teneva di fianco a sé sul mobile, tolse il cappuccio e si dispose a scrivere. Ma prima alzò il suo sguardo su di me e mi chiese:

«Una cosa ancora. Si è più saputo niente di quell'Isaac Morris? L'intermediario tra il signor Owen e gli altri interpreti di questo singolare dramma?»

Era l'ultima cosa che mi aspettavo che dicesse. Rimasi per un attimo interdetto. Poi ripresi il giornale e cercai un trafiletto che ricordavo di aver intravisto di spalla all'articolo.

«Ah, sì.» risposi. «È morto anche lui. Pare che sia stato trovato nel suo letto, vittima di una dose eccessiva di sonnifero. Ma non si è stati in grado di stabilire con certezza se l'abbia presa incidentalmente o di proposito.»

Mi parve di scorgere negli occhi di Poirot quel luccichìo verdognolo che negli anni avevo imparato ad associare all'imminenza di una rivelazione o della soluzione di qualche caso. Ma naturalmente era impossibile, mi dissi. Ciò che gli avevo raccontato era solo quello che i quotidiani e le riviste erano andati avanti a stampare da settimane, senza che nessuno riuscisse a capirci assolutamente niente. Gli avvenimenti, i pochi, pochissimi, indizi e i tanti, tantissimi, misteri inesplicabili di quella vicenda e nulla di più.

Intanto però, Poirot aveva cominciato a scrivere e i fogli che aveva davanti a lui si riempivano velocemente di parole, le righe si moltiplicavano sotto l'azione ininterrotta del pennino della sua stilografica, le pagine di quella misteriosa missiva si coprivano della sua calligrafia ordinata e precisa. Io rimasi a guardarlo senza sapere cosa dire.

Quando smise, firmò con il suo solito svolazzo, prese il tampone, e lo passò sull'inchiostro fresco per asciugarlo. Quindi, riaprì il cassetto, ne estrasse questa volta una busta e dopo aver piegato accuratamente i fogli ve li introdusse, richiudendo il tutto. Aggiunse poi il nome del destinatario che dalla mia posizione non riuscii a leggere.

«Avete qualche impegno questa mattina, Hastings?» mi chiese mentre era ancora intento alla sua opera.

«No. Contavo di fare una passeggiata per il centro e poi passare dal mio vecchio club per il pranzo.» risposi.

«Benissimo. Allora non vi dispiacerà, fermarvi lungo la strada per consegnare questa busta. Non vi prenderà molto tempo.»

E così dicendo, me la porse. La presi in mano e vidi allora il nome che vi aveva scritto sopra: ''Ispettore James Japp, Scotland Yard - Riservata confidenziale''.

«La manderei direttamente ai due titolari dell'inchiesta, ma preferisco affidarmi ad un funzionario che mi conosce bene e che sa che una lettera di Hercule Poirot è sempre degna di attenzione. Non avrà difficoltà credo ad inoltrarla ai suoi colleghi.»

Non ce la feci più e sbottai.

«Non è possibile, Poirot! Neanche per voi! Poco più di tre ore fa, per vostra stessa ammissione, non sapevate niente di questa storia e ora non potete venirmi a dire di aver risolto il caso che sta facendo letteralmente impazzire tutta l'Inghilterra soltanto ascoltando il mio racconto!»

Poirot non parve troppo sorpreso da questa mia uscita. Mi fissò con aria divertita e ancora una volta quello sfavillìo che conoscevo così bene gli brillò negli occhi.

«Oh, mais mon ami, voi sottovalutate le vostre qualità di narratore.» Si alzò, e mi venne accanto, prendendomi sottobraccio per ammansirmi. Poi alzò la testa e mi guardò in volto corrugando la fronte. «Perché non voglio neanche pensare che dopo tutti questi anni di collaborazione voi invece sottovalutiate le mie qualità d'investigatore, n'est-ce pas?.»

Feci per rispondere, anche se non sapevo cosa avrei detto, ma Poirot non mi diede il tempo di farlo e probabilmente fu un bene. Mi batté la mano sulla spalla in un gesto affettuoso e tornò sorridente.

«Mais no, mais no, pas du tout. So bene che voi avete troppa stima di me per dubitare del mio valore. Ed io vi sono molto riconoscente per avermi raccontato con così tanta passione e meticolosità questa interessantissima storia. Infatti è grazie alla vostra precisione nel riferire anche i dettagli che sono giunto ad un paio di conclusioni che se non proprio definitive, tranquillizzeranno alcuni bravi funzionari della nostra polizia.»

«Volete dire che davvero sapete chi è il signor Owen?» chiesi. «E lo avete capito solo ascoltando quello che vi ho raccontato?»

«Mais naturellement.» mi rispose. «Ma lo sapete anche voi.»

«Cosa?» Ero troppo sbalordito per continuare ad essere arrabbiato con lui.

«Certamente. Io l'ho capito ascoltando il vostro resoconto dei fatti, e gli indizi su cui si basa mi sono stati riferiti tutti da voi. Di conseguenza anche voi sapete chi è l'assassino.»

«Ma no.» protestai. «Io non lo so. Non ci ho capito assolutamente niente.»

«Sì, invece. Solo che non sapete di saperlo.» Gettò uno sguardo all'orologio. Mancavano solo una ventina di minuti all'ora del suo appuntamento in Downing Street. «Oh mon Dieu, je dois aller!» esclamò, e continuando a parlare, si diresse nuovamente al suo guardaroba, ne  estrasse un soprabito di cammello ed un elegante Fedora a tesa larga, e li indossò velocemente, concedendosi solo una rapida occhiata allo specchio. «Ècoutez-moi bien, mon ami. Questa volta avete davvero tutti gli indizi. Questa volta il vostro amico Poirot non può avervi nascosto nessun dettaglio per la semplice ragione che voi li conoscevate tutti anche prima di me. Quindi non dovrete fare altro che metterli insieme nel modo giusto, et voilà, la soluzione vi apparirà chiara come il sole. Soluzione che è più frutto di logica che di prove materiali, naturalmente, ma ritengo che una prova sia ancora reperibile, se una certa traccia non è stata incidentalmente cancellata, e nella lettera ho suggerito alla polizia di eseguire un esame in proposito.»

Mi rigirai la lettera in mano e mi accorsi così del lembo sul retro rimasto aperto.

«Poirot!» lo richiamai mentre era già quasi sulla porta. «Avete dimenticato di sigillarla.»

«Davvero?» fece lui, voltando solo la testa un attimo verso di me. «Che sbadato! Volete essere così gentile di farlo voi per me? Sono davvero in ritardo. Merci. À bientôt.» E richiuse la porta dietro di sé, ma non prima che avessi fatto in tempo a scorgere una volta di più quello scintillìo divertito nei suoi occhi.

Sbadato un corno! Avrei scommesso qualunque cifra che l'aveva fatto apposta. Pensava che non sarei mai riuscito a districare da solo quella faccenda e che quindi avrei potuto leggere la lettera prima di consegnarla a Scotland Yard, estasiandomi così ancora una volta davanti all'intelligenza superiore di Hercule Poirot. La prosopopea di quell'uomo era di proporzioni incredibili!

Volevo bene a Poirot, e lo stimavo davvero come persona e come amico, oltre naturalmente che come investigatore, ma in quelle occasioni riusciva a rendermi furente.

Non pretendevo certo di poter anche solo lontanamente sfiorare le sublimi vette di ingegno e di astuzia del mio amico, ma non ero neanche quel completo imbecille che lui evidentemente pensava fossi. Guardai di traverso la busta che sembrava ammiccarmi da sopra la scrivania, dove l'avevo posata, con quel lembo aperto ed invitante, ed ebbi un moto di ribellione.

Ero riuscito a ricostruire una cronaca così particolareggiata e vivida di quella misteriosa vicenda da rendere Poirot a quanto pareva capace di ricavarne una soluzione che le maggiori autorità di polizia del nostro paese, pur disponendo di mezzi infinitamente superiori e avendo potuto studiare da vicino il luogo dei crimini e le vittime stesse, non riuscivano a trovare, quindi dovevo realmente essere in grado io stesso di escogitare la giusta spiegazione.

E lo avrei fatto col suo stesso metodo: vestendomi. Voltai le spalle alla scrivania ed alla busta su di essa e salii nella mia stanza dove liberatomi della vestaglia, iniziai a cambiarmi per uscire. Nel frattempo la mia mente lavorava alacremente nel tentativo di montare e smontare gli elementi della storia per dargli un senso. Nigger Island, i dieci invitati, l'invisibile signor Owen, la poesiola dei negretti e le statuine sul tavolo, il messaggio sul disco con le accuse della Voce (erano tutte fondate o qualcuna poteva essere falsa?), e poi le morti, l'avvelenamento di Marston e della Rogers, il generale Macarthur colpito alla testa con un corpo contundente, Rogers con la testa spaccata da un'ascia, Emily Brent avvelenata con una siringa ipodermica, il giudice Wargrave ucciso con un colpo di pistola alla testa e abbigliato con mezzi di fortuna come un magistrato in seduta, Armstrong spinto giù dalla scogliera e annegato, Blore morto con la testa schiacciata da un pesante soprammobile, infine Lombard colpito al cuore da un proiettile della sua stessa arma e Vera Claythorne impiccata. Dieci morti e un solo assassino. Ma sull'isola non si era trovato nessun altro e nessuno poteva essersene allontanato senza essere avvistato. Ne conseguiva che senza alcun dubbio l'assassino era uno di loro. Ma chi?

E il mio cervello lavorava... lavorava...

Un quarto d'ora dopo, completamente vestito e pronto ad uscire, ma con un gran mal di testa, tornai nello studio. Mi sedetti alla scrivania di Poirot, presi in mano la busta e dopo una breve esitazione, ne tirai fuori il contenuto. Un buon soldato deve anche essere capace di riconoscere una sconfitta, mi dissi. E cominciai a leggere.

 

 

7

 

''Carissimo Ispettore Japp, aveva scritto Poirot, come state? È davvero parecchio tempo che non ci vediamo. Come forse saprete alcune incombenze di lavoro mi hanno di recente tenuto molto occupato. Tanto che solo questa mattina ho appreso grazie al nostro comune amico, il capitano Hastings, una vicenda assai misteriosa avvenuta alcune settimane fa al largo delle coste del Devon, che mi era del tutto sfuggita, di cui si sta occupando Scotland Yard e che, mi si dice, sta procurando non pochi grattacapi ad alcuni vostri colleghi. Mi sono fatto raccontare tutto dal buon Hastings che pareva particolarmente appassionato a questa storia e ne ho tratte alcune conclusioni che vi prego di sottoporre all'attenzione dell'Alto Commissario Sir Thomas Legge e dell'Ispettore Maine, incaricati delle indagini, facendovi gentilmente latore di questa mia e garante della reputazione che possiedo nell'ambiente dell'investigazione, nel remoto caso che questi due signori non rammentassero il mio nome. Conto che queste mie teorie, che andranno poi adeguatamente sostenute da prove, alcune delle quali potranno essere trovate seguendo le mie indicazioni, allevieranno non poco le loro preoccupazioni.

Nel ringraziarvi sentitamente per la vs. attenzione e la vs. cortesia,

 

il vostro amico Hercule Poirot.''

 

Questo era il testo del primo foglio diretto a Japp di persona. Sotto al primo erano ripiegati altri due fogli ancor più fittamente riempiti della calligrafia ordinata di Poirot che ne copriva completamente entrambe le facciate. Ne riporto il testo completo:

 

''A Sir Thomas Legge, Alto Commissario di Scotland Yard, e all'Ispettore Maine, titolari dell'inchiesta sui delitti di Nigger Island.

 

Spettabili Signori,

 

mi chiamo Hercule Poirot. Il mio nome non dovrebbe esservi sconosciuto a causa della frequenza con cui appare sulla stampa per i miei numerosi successi nel campo dell'investigazione privata. Ma in caso contrario, l'ispettore James Japp, vostro collega e mio buon amico, potrà testimoniarvi come io mi sia trovato spesso a collaborare con lui aiutandolo a giungere alla positiva conclusione di più di un caso.

Nell'affare in questione, la serie di misteriosi crimini avvenuti di recente a Nigger Island, ho sviluppato una teoria sull'identità dell'assassino e sulle azioni da lui compiute che vorrei sottoporvi.

L'assassino è a mio avviso affetto da una forma di follia omicida ma bilanciata da un altrettanto prepotente senso della giustizia che gli ha impedito di mettere materialmente in atto dei veri e propri delitti per anni. Per lui, o lei, era impensabile togliere la vita a delle persone innocenti, eppure l'impulso ad uccidere deve essere stato difficile da reprimere, fino a che non ha pensato che avrebbe potuto finalmente soddisfarlo pienamente perseguendo degli individui che si erano resi colpevoli a loro volta della morte di altri e che erano riusciti a sfuggire in qualche modo alla giustizia.

Venuto in possesso di una decina di nominativi, vedremo poi come, di persone che rispondevano a questa caratteristica, ha acquistato un'isola (rivelando una notevole disponibilità finanziaria) che ricorda nel profilo la testa di un negro e che nella sua mente si accordava perfettamente con la filastrocca dei dieci poveri negretti a cui aveva deciso di dare vita, e nascondendosi dietro lo pseudonimo di U.N.Owen, che letto tutto di seguito in lingua inglese somiglia alla parola ''unknown'', ha organizzato e diretto un complicato, ma per certi versi brillante, piano delittuoso. Questi elementi ci dicono di un carattere romantico, fondamentalmente rimasto legato all'infanzia e bisognoso del gesto sorprendente, dell'atto clamoroso che colpisca il pubblico. Bisognerà tenere conto di questi tratti della sua personalità quando più tardi giungerò alle mie conclusioni.

Questo ritratto, sia pur sommario, del colpevole potrebbe già consentirci di azzardare qualche deduzione sulla sua identità. Ma per restare fedele al mio modo di operare che richiede ordine e metodo proseguirò la mia analisi del caso esaminando uno ad uno i punti che mi hanno portato alla soluzione.

1) Eliminata al di là di ogni possibile dubbio l'eventualità che sull'isola sia mai stata nascosta un'undicesima persona che possa aver commesso i delitti (eventualità negata dalle numerose ricerche condotte prima dagli ospiti e poi confermata da ulteriori accurate ispezioni dalla polizia locale e da Scotland Yard) appare evidente che l'assassino dovesse essere necessariamente una persona appartenente al gruppo.

2) Stabilito questo punto, e dato che a Nigger Island non è stato trovato nessuno vivo, l'assassino deve essere per forza uno dei morti e quindi essersi ucciso per ultimo dopo aver eliminato ogni altro sull'isola.

3) Questo ci permette di escludere già qualche nome: Vera Claythorne si è chiaramente suicidata, ma non può essere stata l'ultima a morire perché la sedia su cui era montata per impiccarsi è stata spostata dopo la sua morte. Quindi: VERA CLAYTHORNE È ESCLUSA.

4) Philip Lombard è morto sulla spiaggia per un colpo di pistola al cuore che, lo afferma il medico legale, l'ha ucciso immediatamente. Si potrebbe pensare che eliminati tutti gli altri lui possa essersi suicidato, ma non è così, perché l'arma che lo ha ucciso, che tra l'altro era di sua proprietà, è stata ritrovata nella villa sul pavimento del corridoio, con le impronte della Claythorne sul calcio. Ma noi sappiamo già che lei era innocente, e per le stesse ragioni possiamo dire quindi:PHILIP LOMBARD È ESCLUSO.

5) Il cadavere del dottor Armstrong, oltre alle condizioni in cui versava che ne denunciavano la  prolungata immersione in mare, mostra evidenti segni di trascinamento sulla spiaggia, per cui deve essere stato trasportato fuori dall'acqua. Ne consegue che qualcuno era ancora vivo dopo il suo annegamento. Quindi:IL DOTTOR ARMSTRONG È ESCLUSO.

6) Il corpo del maggiordomo Thomas Rogers presenta una ferita che non avrebbe mai potuto infliggersi da solo. Infatti l'ascia che gli ha spaccato il cranio è stata maneggiata alle sue spalle. Inoltre l'assassino dopo il delitto ha riappoggiato l'arma contro la parete. Quindi: THOMAS ROGERS È ESCLUSO.

7) Rimangono a questo punto sei persone che avrebbero potuto simulare la loro morte per agire poi indisturbate, ma prima di proseguire ci corre l'obbligo di fare un'osservazione importante: come avrebbero potuto fare? Non dimentichiamo che tra loro c'era un medico che non si sarebbe lasciato ingannare facilmente e che abbiamo appena stabilito essere innocente. Dunque, un passaggio fondamentale nel piano dell'assassino doveva essere conquistarsi la fiducia del dottor Armstrong ed indurlo così inconsapevolmente a rendersi complice. Armstrong da quel che abbiamo anche letto nelle varie testimonianze scritte era particolarmente provato dalla situazione e non deve essere stato difficilissimo fargli credere di avere un piano per smascherare il ''signor Owen''. Da qui potrebbe partire un'interessante linea di pensiero per cercare d'individuare la persona tra quelle rimaste che potesse ispirare abbastanza fiducia nel dottore. Ma grazie a questo stesso elemento possiamo escludere prima altri membri del gruppo.

8) Direi che possiamo sicuramente escludere le prime tre vittime. All'inizio infatti tutta la cosa sembrava una gigantesca burla di cattivo gusto. Poi le morti di Marston e della signora Rogers erano passate per possibili suicidi o incidenti. Nessuno su quelle basi avrebbe potuto convincere il dottore della drammaticità della situazione fino al punto di farselo complice. Tralasciando poi il carattere delle tre vittime: un dissoluto playboy, un'anziana donna di servizio e un vecchio generale in pensione con la mente ormai in buona parte offuscata. Tutti poco verosimili come potenziali ''signor Owen''. Quindi: ANTHONY MARSTON, ETHEL ROGERS E IL GENERALE MACARTHUR SONO ESCLUSI.

9) Solo dopo la morte di Macarthur e soprattutto di Rogers, la situazione si era presentata chiaramente in tutta la sua gravità e quello era probabilmente il momento migliore per l'assassino di agire per portare il dottore dalla sua parte. Il ''signor Owen'' sapeva calcolare molto bene i tempi e deve aver avvicinato Armstrong, convincendolo, credo senza neanche troppa fatica, della bontà del suo piano. Lui (o lei) avrebbe simulato di essere stato ucciso. Il dottore doveva soltanto confermarlo, e una volta considerato morto avrebbe potuto muoversi liberamente per la casa in segreto, sorprendendo il colpevole, magari confuso dalla loro mossa. Questa almeno è la versione del piano che raccontò ad Armstrong. In realtà quello vero era molto più semplice: la complicità del medico gli serviva solo a convincere tutti gli altri della propria morte per poter sì agire indisturbato ma nel proseguire la serie dei delitti.

10) Inoltre il vero piano dell'assassino contemplava una seconda parte che sicuramente ha omesso di citare al dottore: perché lo stratagemma funzionasse, il suo ''complice'' non doveva sopravvivergli di molto. Era essenziale sbarazzarsi di Armstrong subito dopo la sua finta morte, perché il dottore si sarebbe sicuramente insospettito se fosse morto qualcun altro nel frattempo e questo era un rischio che il nostro ''signor Owen'' non poteva permettersi di correre. Per cui credo che possiamo collocare a questo punto la morte di Armstrong. ''Owen'' deve averlo invitato ad uscire di casa (ricordate quando Blore dice di aver visto qualcuno uscire dalla villa e che Armstrong non si trova nella sua stanza?) dandogli appuntamento sulla scogliera con un pretesto, magari un aggiornamento del loro piano, per spingerlo poi in mare. E qui vorrei segnalare la sinistra ironia di cui è anche dotato il nostro assassino: perché non c'è dubbio che esattamente come recita la filastrocca dei dieci poveri negretti è proprio un ''granchio'' quello che ha preso il dottore.

11) A questo punto nella nostra lista restano solo tre potenziali ''signor Owen'': il giudice Wargrave, Emily Brent e Henry Blore. Ma sappiamo che Blore muore il mattino dopo la scomparsa di Armstrong, il cui cadavere sarà restituito dal mare poco dopo, e sappiamo che il dottore è rimasto in acqua non meno di otto-dieci ore cioè dalla notte precedente. Dunque è evidente che non può essere lui la persona che doveva servirsi della complicità del medico per confermare la propria morte. Oltre al piccolo dettaglio che non è molto facile simulare di morire con la testa schiacciata da un pesante soprammobile a forma d'orso. Quindi: HENRY BLORE È ESCLUSO.

12) Seguendo il filo del ragionamento portato avanti fin qui, la finta vittima deve essere per forza una di quelle che hanno preceduto la scomparsa di Armstrong, ma sia Emily Brent che il giudice Wargrave rispondono a questa caratteristica, e dunque chi dei due? Qui ci viene in soccorso il punto 10 di questa lista: come dicevo prima infatti la simulazione della finta morte deve aver preceduto immediatamente l'eliminazione di Armstrong per le ragioni che ho già ampiamente chiarito e sappiamo che la morte di Emily Brent è invece stata seguita da quella del giudice Wargrave. Quindi: EMILY BRENT È ESCLUSA.

E ne consegue dunque che IL ''SIGNOR OWEN'' NON PUÒ CHE ESSERE IL GIUDICE LAWRENCE WARGRAVE.

E a pensarci un momento sopra ci si rende conto di come la risposta dovesse apparirci abbastanza evidente fin dall'inizio. L'intera struttura di questa storia ricordava un processo, a cominciare dal testo inciso sul disco, e chi meglio di un ex-magistrato poteva venire in possesso di tutte quelle informazioni su così tante persone? Una o due potevano essere frutto di confidenze che chiunque avrebbe potuto ascoltare per caso. Ma dieci? Decisamente troppe per essere frutto del caso o della coincidenza. Qualcuno si era attentamente informato e doveva trattarsi di qualcuno in una posizione di favore per un compito del genere. Inoltre doveva essere anche una persona con una notevole disponibilità finanziaria e di tempo. E anche qui la figura di un eminente magistrato in pensione si adattava perfettamente al ruolo. Per non parlare dello spiccato senso della giustizia dimostrato dal nostro assassino, unito ad una freddezza nell'eseguire le morti che non poteva non rammentare il rigore e il distacco professionale di un giudice nell'amministrare la legge.

Per tutte queste ragioni ritengo, anche se non dispongo di alcuna prova a riguardo, che almeno nove delle dieci persone invitate sull'isola fossero colpevoli delle accuse a loro mosse. Un uomo scrupoloso e con un rispetto per la giustizia delle dimensioni di quello del giudice Wargrave non avrebbe mai deciso la condanna di qualcuno della cui colpevolezza non fosse più che convinto. Il che mi porta ad altre considerazioni, accessorie ma non per questo meno importanti.

Se Wargrave era convinto della colpevolezza degli altri, doveva essere altrettanto convinto della propria innocenza, e cioè che Edward Seton, l'uomo della cui morte si era autoaccusato nel disco, fosse in realtà colpevole. Dunque se Wargrave sapeva o si considerava comunque innocente della morte di Seton, i conti non tornavano più. Il nostro assassino si era dimostrato un individuo preciso e meticoloso nell'organizzare il suo piano delittuoso. Non aveva lasciato niente al caso e curato i minimi dettagli. Poteva mai aver trascurato una cosa del genere? No, impossibile. Dieci erano i negretti, dieci dovevano essere i colpevoli. Ma Wargrave era, o si riteneva, innocente, quindi doveva esserci un decimo ''negretto'' da qualche parte. Ma dove e chi? Sull'isola non erano state trovate altre persone, né vive né morte, e devo ammettere che questo particolare mi ha lasciato perplesso per un po'. Poi ho saputo che Isaac Morris, l'uomo che aveva fatto da intermediario al ''signor Owen'' nell'acquisto dell'isola e nell'avvicinare alcuni ospiti, un poco di buono ben conosciuto alla polizia che però non era mai riuscito ad incastrarlo, era morto in circostanze per lo meno dubbie e ho capito di aver trovato il mio ''negretto'' mancante. Dopo essersene servito per i suoi scopi, proprio come avrebbe fatto in seguito con Armstrong, Wargrave se ne doveva essere sbarazzato prima di partire per l'isola, dandogli una dose fatale di sonnifero. Le circostanze esatte della somministrazione le lascio stabilire a voi.

Insomma, ormai avevo davanti a me l'intera soluzione dell'intrigo, ma le prove? Indubbiamente non sarà facile trovarle, ma anche questo è un lavoro che spetta a voi, e io non mi permetterei mai di insegnarvi il vostro mestiere. Semmai posso solo suggerirvi che se, come credo di aver dimostrato, il giudice Wargrave era l'assassino, deve essersi lui stesso sparato alla testa, magari usando per non lasciare le impronte un fazzoletto che potrebbe essere caduto accanto al letto su cui giaceva il suo corpo, e che nessuno ha notato o a cui non è stata data importanza. Qualche residuo di polvere potrebbe essere rimasto su quel fazzoletto o addirittura sulle mani. Sempre a voi trovare il modo di rilevarlo.

Per il resto non credo che il ''signor Owen'' abbia lasciato molte altre tracce dietro di sé. A lui evidentemente piaceva l'idea del grande mistero insoluto. L'enigma la cui risposta resta ignota per sempre. Il capolavoro di un artista del delitto, quale lui indubbiamente era.

Ma forse potrebbe esistere un altro modo di risolvere la questione e questo ci riporta alla descrizione caratteriale dell'assassino che vi ho sottoposto all'inizio di questa mia lettera. Un individuo, scrivevo, dal carattere romantico, bisognoso del gesto clamoroso che stupisca il pubblico. E una persona di questo genere non si accontenta che la gente ammiri la sua opera. Vuole anche che conosca il nome dell'autore. Quindi non mi meraviglierei affatto se nascosta in qualche punto dell'isola, o all'interno della villa ci fosse un nascondiglio, certamente non come quello che tutti hanno cercato e che potesse nascondere un uomo, ma piccolo, adatto a contenere al massimo una busta con dentro la sua confessione e la descrizione particolareggiata dei delitti da lui commessi, nel caso in cui la verità non fosse mai emersa dalle indagini. In alternativa, potrebbe anche più semplicemente aver chiuso questa confessione in una bottiglia ed averla affidata al mare, in omaggio allo spirito romanzesco e avventuroso quasi in modo infantile che traspare da ogni piega del suo piano. Chissà che uno di questi giorni qualche nave o battello che naviga al largo delle coste del Devon non possa raccogliere una bottiglia del genere.

Ma certo questa è un'idea che appartiene più al mondo dei sogni che a quello della realtà, e anche se affascinerebbe molto una certa persona di mia conoscenza, io preferisco attenermi alla stretta materia dei fatti, quindi il mio compito, che nessuno per altro mi ha affidato se non il mio senso civico di cittadino desideroso di aiutare la giustizia, lo considero terminato qui.

Vi auguro dunque buon lavoro, signori, e vi saluto distintamente.

 

Vostro Hercule Poirot

 

 

8

 

Naturalmente Poirot aveva ragione su tutto. E, incredibilmente, perfino sul particolare della confessione!

Infatti nemmeno un mese dopo l'invio della sua lettera, un peschereccio che navigava nella zona, l'''Emma Jane'', ripescò una bottiglia con all'interno una serie di fogli arrotolati e sigillati sui quali era stata vergata la richiesta di consegnarli a Scotland Yard. Il plico conteneva la confessione di Lawrence Wargrave sui delitti di Nigger Island. In esso, Wargrave, che era affetto da una malattia che non gli lasciava più speranze, raccontava come questo lo avesse finalmente risolto a mettere in pratica il suo sogno di commettere un crimine spettacolare, spiegando per filo e per segno il piano e la sua esecuzione, a partire da come avesse individuato gli altri nove ospiti e stabilito la loro colpevolezza oltre ogni possibile dubbio. (E qui mi corre l'obbligo di aggiungere che effettivamente da indagini successive della polizia su ogni singolo caso, si poté appurare che tutte quelle accuse avevano basi più che solide. In particolare si scoprì come molti anni prima il dottor Armstrong avesse ucciso Louisa Mary Cleese, una sua paziente, operandola sotto l'azione dell'alcol, mentre l'incidente che era costato la vita al piccolo Cyril era con ogni probabilità invece un omicidio premeditato e freddamente portato a compimento dalla sua governante Vera Claythorne che per eliminare dalla linea di successione il bambino e far ereditare il denaro al suo spasimante, Hugo Hamilton, all'insaputa dell'amante, non aveva esitato a provocarne l'annegamento, fingendo poi un vano tentativo di salvataggio. Per contro, proprio come aveva detto Poirot, la polizia aveva già stabilito da tempo che Edward Seton era in realtà colpevole.) Tuttavia, quei fogli, spediti in maniera tanto originale, anche se determinanti come prova giudiziaria, ai fini dell'inchiesta di polizia vera e propria servirono solo a chiarire qualche ulteriore dettaglio della vicenda, come la morte di Isaac Morris, l'intermediario privo di scrupoli di cui Wargrave si era prima servito e poi sbarazzato somministrandogli una forte dose di sonnifero facendogli credere che fosse un toccasana per la sua gastrite, o le ultime concitate ore sull'isola che si erano concluse con la morte di Philip Lombard per mano di Vera Claythorne dopo una collutazione sulla spiaggia, e infine con il cadavere di quest'ultima appeso alla corda e con la statuetta dell'ultimo negretto che cadendole dalla mano era andato ad infrangersi contro il caminetto della sua stanza, perché ormai grazie al prodigioso cervello del mio amico e alle sue ''celluline grigie'' la maggior parte delle risposte erano già state trovate.

Un immediato esame del guanto di paraffina sulle mani del cadavere di Wargrave aveva già dato la conferma che il giudice si era sparato da solo il colpo fatale in fronte. Poi il ritrovamento ai piedi del letto del fazzoletto immaginato da Poirot, con altre tracce di polvere era stato solo un altro tassello da aggiungere al completamento del puzzle. Nell'esaminare poi con un attenzione particolare gli effetti personali dell'assassino, la polizia scoprì che la fettuccia degli occhialini che portava era in effetti un lungo elastico del quale doveva essersi servito per effettuare il trucco. Facendolo passare dalla maniglia della porta della sua stanza ne aveva legato un'estremità al calcio della pistola, poi disteso sul letto si era esploso il colpo. Dopodiché l'arma tirata indietro dall'elastico era rotolata nel corridoio davanti alla sua porta, mentre l'elastico era tornato al suo posto tornando a sembrare un'innocente fettuccia per pince-nez.

Ma c'era ancora una cosa, un particolare che Poirot non aveva spiegato neppure nella sua lettera, e gliene chiesi conto qualche giorno dopo, mentre mi preparavo a tornarmene alla mia casa in Argentina.

«Poirot» gli dissi, mentre mi aiutava a fare i bagagli «c'è ancora una domanda a cui non avete risposto.»

«Davvero, mon ami? E di che si tratta?»

«Come facevate a sapere che il colpo di pistola Wargrave se lo era sparato esattamente al centro della fronte?»

Poirot mi guardò per un attimo, mentre continuava a disporre ordinatamente il miei capi di vestiario nella valigia.

«Beh, ammetto che in questo caso mi sono lasciato un po' andare all'immaginazione, ma in fondo era ovvio, Hastings, una volta afferrata la personalità dell'omicida. Spietato e subdolo, sì, ma come giocatore, corretto e leale. Stava semplicemente cercando di darci un ultimo indizio sulla sua identità.»

«Davvero?» chiesi, perplesso. «E quale?»

«Semplice, mon cher ami.» disse Poirot. «Quello era il marchio dell'assassino, il marchio che Dio stesso mise al centro della fronte del primo assassino della storia. Il Marchio di Caino.»

E con uno scatto richiuse la mia valigia.

 

 

FINE

 

 

Nota: Questo racconto vuole essere solo un omaggio, tardivo, ma non per questo meno reverente, alla memoria di Agatha Christie, al suo capolavoro ''Ten Little Niggers'' (in seguito divenuto ''...And Then There Were None'') e alla sua creatura letteraria, l'investigatore Hercule Poirot, che secondo me si è sempre rammaricato di non aver potuto intervenire nella soluzione di quello che è a detta di tutti, il più ingegnoso intrigo poliziesco mai ideato dalla sua creatrice. Spero, con questo mio modesto ''divertissement'', di aver almeno in parte rimediato, e soprattutto di averlo fatto nel modo migliore e più rispettoso dell'opera originale.

I fatti così come sono narrati nel racconto dal capitano Hastings sono presi in ogni dettaglio dalla trama del romanzo e niente è stato alterato neanche in minima parte. Quindi la soluzione a cui giunge Poirot era già perfettamente leggibile tra le righe del romanzo stesso.

Un'ulteriore prova, se mai ce ne fosse bisogno ancora, della grande tecnica ma anche della grande onestà verso i suoi lettori fedeli della regina del giallo.

   
 
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