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Autore: Sapphire_    19/02/2018    2 recensioni
Tutti abbiamo un professore che odiamo in particolare, così anche Amelia.
Nel suo caso lui si chiama Alessandro Angelis, insegna matematica e fisica, è troppo bello ma anche troppo stronzo - e gode da matti a rifilarle insufficienze.
Il vero problema però si presenta quando la povera ragazza finisce per ritrovarselo a cena con i suoi genitori e l'unica cosa che può pensare, mentre lo guarda, è cosa abbia fatto di tanto male per meritarsi una punizione del genere.
~
Dal testo: "«Sto pensando di rimanere sempre sullo studio linguistico.» rispose.
«Fai bene, non credo che l’ambito scientifico possa offrirti concrete possibilità.» commentò con nonchalance Alessandro.
«Beh, a dire il vero» iniziò Amelia, mentre un pacato sorriso si apriva nel suo volto «sono contenta di non essere portata per le materie scientifiche. Secondo la mia esperienza sono adatte agli stronzi senza cuore.» fece candida e angelica.
Aveva appena dato dello "stronzo senza cuore" al proprio professore. Che la odiava."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Un altro lunedì è arrivato e con esso il nuovo capitolo!
Speravo di metterlo nel primo pomeriggio, poi ho perso tempo come mio solito e le lezioni chiamano, quindi…
Ho notato che il precedente capitolo è stato apprezzato, ne sono davvero felice! Spero che anche questo sia di vostro gradimento, anche se non ricco di “azione” come quello precedente. Saprete finalmente la reazione del caro professore agli ultimi avvenimenti e anche quello che frulla nella testa della povera Amelia, sempre più in conflitto con se stessa con i proprio tentativi di auto-convincimento.
Ma non dirò altro, vi lascerò leggere e giudicare voi stessi! Come al solito, ringrazio tutti coloro che seguono questa storia e soprattutto coloro che decidono di dedicare una parte del loro tempo per una recensione, per me è molto importante.
Buona lettura e alla prossima!
Un abbraccio,
 

~Sapphire_
 
 
 
~La fisica dell’attrazione
 
 
 
 
 
Capitolo sette
~
Di rivelazioni e chiarimenti
 
 
 
«Non ti sopporto quando fai così.»
Tono secco, lievemente infastidito, occhiata truce. E Amelia voltò lo sguardo a disagio evitando di guardare Nicole.
«Così come?»
Sì, dai, facciamo finta di nulla, magari ci casca.
«Sei seria?»
Magari no.
Amelia sbuffò e chinò gli occhi sul proprio croissant al cioccolato, ancora intonso. Aveva lo stomaco stranamente chiuso e questa cosa non le piaceva per nulla – non le poteva passare la voglia di mangiare per… quello!
«Mi vuoi dire che diavolo è successo? È da quando ci siamo alzate che sei strana, parli da sola e eviti il mio sguardo come se potessi leggerti nel pensiero!» si lamentò Nicole.
Amelia sospirò.
L’amica aveva ragione, assolutamente, ma aveva paura di dire ad alta voce quello che era successo. Sarebbe stato come ammettere il fatto e aveva paura che ci fosse qualcuno pronto a registrare le sue parole per poi usarle contro di lei.
Sono una scema, pensò a quell’ultima idea. Chi avrebbe potuto fare una cosa del genere? Inoltre di Nicole si fidava.
Però pensare a quel bacio…
Rabbrividì.
«Basta, me ne vado, evidentemente sei troppo occupata a crogiolarti nella tua disperazione per badare a me.» disse offesa la castana e si alzò prendendo la borsa, già pronta verso l’uscita del bar in cui erano andate a fare colazione.
«No!» la fermò Amelia.
Nicole dovette avere pietà dello sguardo pieno di desolazione e disperazione dell’amica, perché le lanciò un ultimo sguardo in tralice e si risedette.
«Amelia, vuoi continuare a disperarti da sola o mi vuoi parlare? Magari posso aiutarti, anche se non ho la minima idea di cosa possa essere successo tra ieri e oggi da sconvolgerti così tanto.» fece stanca l’amica.
Amelia sospirò – l’ennesimo sospiro, dovette ammettere, da qualche parte aveva anche letto che ognuno di essi soffiava via un po’ di felicità.
Sono stupita di non essere in preda alla tristezza più totale allora, pensò amara.
«Va bene, ma mi devi promettere di non dirlo a nessuno. E quando dico nessuno, intendo nemmeno a una statua, hai capito?»
Nicole la guardò prima scettica e poi offesa.
«Grazie della fiducia che riponi nella tua migliore amica.» fece sarcastica. Amelia alzò gli occhi al cielo.
«Capirai perché sto dicendo così.» disse vaga «Allora, lo giuri?»
«Lo giuro.»
Silenzio – non proprio, dato che il bar garantiva sempre quel piacevole brusio in sottofondo oltre il vago profumo di cappuccini e dolci da colazione.
«Ieri sera ho baciato Angelis.»
Et voilà. Così, secco, senza preamboli e senza vaselina.
«Cosa.»
Nessun tono di domanda, nessun’altra parola. Solo quel “cosa” era uscito dalle labbra di Nicole, mentre la sua faccia cambiava espressione nel lasso di due secondi scarsi mostrando alla mora confusione, incredulità, sorpresa assoluta e poi terrore.
«Dimmi che ho capito male.» ritentò la castana, il tono di voce colmo di inquietudine.
Altro sospiro.
Ciao ciao felicità.
«Ieri sera» pausa «ho baciato» altra pausa «Angelis.» fine.
Sempre silenzio.
«Stai scherzando.» nemmeno quella era una domanda, ma Amelia rispose comunque.
«No.» monosillabo, sempre efficace in quelle situazioni.
«Oddio.» Nicole sbiancò «Oddio oddio oddio.» ripeté come in trance.
Amelia la fissò, consapevole che i propri occhi stessero spandendo disperazione.
«Ti prego non dire così, ho bisogno di sostegno. O di una pasticca di ecstasy.» pigolò.
Vide Nicole chiudere la bocca che aveva formato una circonferenza perfetta, deglutire un paio di volte, chiudere gli occhi, prendere un profondo respiro.
«Ok, ci sono.» disse infine, schiudendo le palpebre e fissandola con gli occhi verdi.
Amelia si morse un labbro e abbassò la testa, lasciando che i riccioli neri le coprissero il volto – forse sarebbe divenuta un tutt’uno con quelli e non sarebbe stata più riconoscibile. Non era una brutta idea.
«Dimmi come e quando è successo, perché è da ieri sera che siamo insieme e non mi pare di aver visto quell’idiota da qualche parte.» iniziò Nicole categorica.
Amelia stette un po’ in silenzio.
«Tesoro, mi devi spiegare se vuoi che ti dia una mano.» continuò ironica la castana.
Ha ragione, pensò la mora, e per quel motivo si costrinse a parlare.
«Hai presente ieri sera, quando sono uscita a fumare e ti ho lasciato con quel tipo?» non attese risposta, notando come Nicole annuisse veloce «Ecco, lì fuori ho trovato Alessandro e, beh…» si interruppe per fare una smorfia «era completamente ubriaco. Ma dico proprio ubriaco, eh.» le lanciò un’occhiata significativa.
«Un professore ubriaco… Non riesco a immaginarlo nemmeno impegnandomi.» borbottò Nicole.
«Vorrei che fosse così anche per me. Dicevo, io non lo avevo nemmeno visto e lui mi ha rivolto la parola così, dicendo che non dovevo fumare, che fa male – stronzate del genere, hai presente? Più per attaccare bottone che per reale significato, almeno così mi è parso.» continuò divagando e rendendosi conto di star straparlando «Comunque dal nulla mi ha chiesto di bere qualcosa con lui, io ero scioccata – giuro! – e lui stava già cambiando idea però io avevo visto i suoi occhi, ed era così triste e indeciso – cazzo!» terminò mentre si rendeva conto di sembrare una scema con quel discorso.
Nicole la osservava dubbiosa.
«Continua.» le disse però.
Amelia si morse un labbro.
«Ho accettato, comunque. Stavamo bevendo e sai come sono, già non sto zitta da sobria, immaginati com’ero quasi ubriaca, lui sembrava ci provasse! Dopo che gli ho chiesto se volesse farmi ubriacare mi ha detto “non ho bisogno di farlo” o roba del genere.» spiegò, non ricordando bene le parole – i ricordi erano un po’ sfocati.
«Seriamente?! Lui, un professore?» chiese scandalizzata la castana.
«Sì.» iniziò l’altra «Però capisci, non eravamo a scuola, lui era ubriaco, insomma: se fosse capitato con un’altra qualsiasi persona non sarebbe stato così strano, no?» fece retorica.
«Sì, beh…»
«Abbiamo continuato a chiacchierare e, non ricordo come, è uscito di nuovo il discorso della ragazza e lui mi ha detto che si sono lasciati.» scandì per bene le parole, guardandola con gli occhi a palla «E non solo, perché lei lo tradiva.» sillabò.
Nicole quasi scoppiò a ridere.
«Oddio, non ci credo!» disse sconvolta «Continua, voglio sapere del bacio.» la incitò.
Amelia fece una smorfia notando come l’altra ci stesse prendendo gusto.
«Beh, io ho iniziato a fare un discorso senza senso – non so, volevo tirarlo su di morale! Gli ho detto che secondo me lei è una stupida, che lui è una brava persona, che lo ammiro e stronzate del genere.» cercò di minimizzare, rendendosi conto solo in quel momento dei complimenti che gli aveva fatto e di come gli fosse sembrata una ragazzina stupida.
«Vedo come “ti attrae solo”.» fece sarcastica la castana. Amelia si limitò a farle un’occhiataccia.
«A metà del mio discorso mi ha baciata.» terminò secca.
«E tu?» chiese curiosa Nicole – lo stupore veniva sostituito dalla curiosità come che stesse guardando una telenovela.
«Io gli ho risposto.» pigolò a disagio la mora.
Sentiva il volto in fiamme e voleva sparire.
«Com’è stato?»
«Nicole!» la richiamò Amelia arrossendo ancora di più. L’amica la guardò tranquilla.
«Che c’è? Mi sembra normale una domanda del genere!» si giustificò «E comunque non hai risposto.» puntualizzò.
Amelia sbuffò.
«Non avrei dovuto dirtelo.»
«Ma l’hai fatto, quindi prego.»
Amelia spostò lo sguardo e si perse a fissare con estremo interesse i dettagli del bancone del bar.
«Mi è piaciuto. Cioè, è un bacio, è normale che mi sia piaciuto.» borbottò.
«Non proprio, potrebbe anche baciare da schifo.» precisò Nicole.
Amelia ripercorse con la mente il momento.
«No, direi che non bacia assolutamente da schifo.» rispose, perdendosi nel ricordo dei brividi che l’avevano avvolta la sera prima con le mani di lui.
«Altri dettagli?»
La mora alzò lo sguardo verso l’amica e notò gli occhioni dolci.
«Mi imbarazza abbastanza sapere di aver baciato il mio professore, ti prego, basta.» borbottò a disagio.
Nicole alzò le mani a mo’ di resa.
«Va bene, come non detto.» concesse «Però ho una domanda: e ora? Come ti comporterai con lui?» chiese.
Amelia stette in silenzio per un po’.
«Bella domanda. Non ho proprio idea, la prima cosa che farei credo sia ignorare l’accaduto e fare finta che non sia successo nulla, ma dipende anche da come si comporterà lui.» disse.
«Sì, questo è vero, ma non credo che correrà da te per rifarlo.» la castana notò l’occhiata ferita dell’amica e si affrettò a precisare «Nel senso, non perché non gli sia piaciuto o chissà cosa – in fondo, non l’avrebbe fatto a prescindere in quel caso – ma perché è comunque un tuo professore e complicherebbe ancora di più la situazione fra voi due, che già di suo è abbastanza problematica. Magari anche lui vorrà dimenticarsi della cosa.» considerò.
Amelia si limitò ad annuire in silenzio, gli occhi leggermente persi nei propri pensieri. Nicole la fissò.
«La domanda a questo punto è un’altra…» iniziò, guardandola con sospetto «Tu vuoi dimenticartela?»
Amelia, a quelle parole, sentì quasi il cuore fermarsi.
Voglio dimenticare questo bacio?
Anche se a malincuore, la risposta era già abbastanza chiara nella sua testa.
«Non credo.» disse solo, il tono di voce sconfitto da non sapeva neanche lei cosa.
«Secondo me-»
«Non ne voglio parlare.» la interruppe Amelia. Alzò poi lo sguardo verso l’amica, un poco interdetta «Scusa, Nicole.» continuò con un lieve sorriso dispiaciuto.
L’amica la osservò con attenzione, poi annuì.
«Come preferisci, tesoro.» rispose con un sorriso a sua volta.
Ci fu del silenzio per un po’, in cui Amelia iniziò a sbocconcellare il croissant sforzandosi di mangiare e di non pensare al discorso che avevano appena fatto.
«Comunque ti volevo parlare di una cosa.»
La mora alzò lo sguardo e vide l’amica con un sorriso – comprese il suo tentativo di cambiare discorso e lo accolse volentieri.
«Dimmi.»
Nicole afferrò il proprio cellulare, cercò qualcosa e poi lo volse verso Amelia.
«Questo ragazzo è quello di ieri sera – il tipo con cui stavo ballando mentre sei uscita a fumare.» spiegò.
Amelia lo osservò nella foto: era biondo e aveva gli occhi chiari, era molto carino nel complesso – forse il naso poteva essere considerato piuttosto importante e lo avrebbe preferito con la barba meno folta, ma poteva considerarlo un bel ragazzo.
«Come si chiama?» chiese curiosa.
Nicole aumentò il proprio sorriso.
«Leonardo, ha ventun anni.» chiocciò allegra e soddisfatta.
Amelia rise – quel discorso la distraeva abbastanza per poter ridere senza pensieri.
«Anche più grande, approvo totalmente!» considerò allegra. Poi la guardò più indecisa «E con…?» non disse il suo nome, convinta che l’amica avrebbe compreso al volo.
E così successe.
«Con lui basta. Non ha più senso perderci tempo, inoltre è da ieri che non mi scrive più, si sarà stancato – meglio così. Leonardo invece mi ha già mandato un messaggio oggi con il “buongiorno” e mi stava chiedendo se sono libera questa settimana.» spiegò riacquisendo in fretta il sorriso dopo un primo momento.
Amelia accolse il rapido ritorno a “Leonardo” come argomento di conversazione – lei non voleva più parlare di Alessandro, d’altronde, sarebbe stato ipocrita insistere su Tommaso.
«Bene, magari è un bravo ragazzo. Prova a conoscerlo, male non può fare.» considerò.
Nicole annuì.
«Esatto. E tu hai l’appuntamento con Stefano questa settimana, vero?» chiese.
Amelia annuì a sua volta.
«Sì, non vedo l’ora.» rispose provando a fingersi entusiasta «Niente professori, niente scopamici. Due normali ragazzi, qualcosa di semplice e pulito, è perfetto no?»
Un sorriso tirato.
«Perfetto.»
Una risposta tirata, per ora andava bene così.
 
 
 
Il lunedì aveva sempre fatto schifo per Amelia, ma quel giorno era anche peggio del solito.
Era arrivata a scuola con un macigno nel petto che proprio non voleva spostarsi, anzi, pareva farsi ogni secondo più pesante; lei cercava di ignorarlo con una discreta nonchalance, ma le era sempre stato difficile ignorare l’elefante nella stanza, motivo per il quale la mente tornava sempre lì.
«Che faccia, sembra che tu abbia mangiato un limone.»
Amelia alzò gli occhi al cielo.
«Grazie, Daniele. Tu sì che sai come tirarmi su il morale.» rispose sarcastica e rivolgendo all’amico un sorriso finto.
Il ragazzo, del canto suo, la guardò con in bocca la cannuccia del brick di succo che aveva appena finito.
«Di solito apprezzi la mia sincerità.» disse solo il ragazzo.
Amelia scrollò le spalle e lo ignorò, iniziando a tirare fuori l’astuccio e il libro di tedesco – il giorno prima non aveva ripassato, ma puntava sulla botta di culo e sulla discreta simpatia che l’insegnante provava nei suoi confronti.
«Oggi sono un po’ sottotono, mi spiace.» borbottò scrollando le spalle.
Il ragazzo la osservò da sotto le ciglia scure e la mora cercò di sfuggire all’occhiata azzurra fingendosi interessata ai propri appunti di tedesco.
«Com’è andata sabato?»
Nel giro di mezzo secondo ad Amelia andò di traverso la saliva e prese a tossire convulsamente sotto l’occhiata spiazzata dell’amico.
«Ti prego, non morire.» disse ironico per poi darle qualche gentile pacca sulla schiena.
«Ci provo.» rispose solo Amelia, cercando di riprendersi; si osservò un attimo sullo schermo del telefonino e si accorse di quanto fosse diventata rossa.
«Deve essere successo qualcosa di indimenticabile questo sabato, se hai reagito in un modo del genere.»
Merda.
«Niente di interessante.» liquidò in fretta la mora facendo un vago gesto con la mano.
Non che non si fidasse di Daniele, però aveva un po’ di paura a dirlo di nuovo a qualcuno – Nicole in fondo non era nemmeno della sua scuola e anche la sua migliore amica da una vita, era un altro discorso, mentre Daniele… era anche un ragazzo, c’era comunque un po’ di disagio nel raccontargli certe cose!
«Non è vero.» la riprese il ragazzo con un vago tono accusatore.
Amelia alzò gli occhi e si ritrovò a fissare lo sguardo un poco ferito dell’altro – sentendosi uno schifo, ovviamente.
«Non ho voglia di parlarne, ok?» concesse – tanto nascondergli che fosse successo qualcosa sarebbe stato inutile, non ci avrebbe mai creduto.
«Ma dai, Ame! Sai che non direi nulla a nessuno.» insistette il ragazzo poggiando una mano sulla sua spalla e scuotendola leggermente.
A quel punto però la mora, come suo solito, parlò prima di pensare.
«Beh, anche tu sai che sono una tomba, eppure sei piuttosto evasivo in quest’ultimo periodo.» rispose acida.
Immediatamente vide la faccia di Daniele impallidire e poi adombrarsi nel giro di pochi secondi, infine gli occhi azzurri prontamente spostati in un punto a caso e il labbro inferiore mordicchiato.
Si sentì una merda.
«Daniele, scusa, io…»
«Hai ragione.» la interruppe il ragazzo «Sono stato un po’ troppo sulle mie in queste ultime settimane. Ma ci sono nuovi problemi a casa e non voglio parlarne.» rispose veloce.
Amelia non poté fare altro che tacere: conosceva bene la situazione familiare del suo amico e non era per niente delle migliori.
«Sono stata indiscreta, scusa.» si ritrovò solo a dire.
Daniele la guardò e fece un blando sorriso.
«Tranquilla. Non devi raccontarmi tutto se vuoi, e nemmeno io.» commentò «Ci vediamo dopo.» concluse facendo un cenno verso la prof che entrava.
Amelia annuì.
«A dopo.»
Quanto sono stupida.
 
Quanto sono stupida, si ritrovò a pensare Amelia per la seconda volta in quella giornata.
Si era quasi illusa di poter scampare ad Angelis, quel giorno, e ci era quasi riuscita: non lo aveva guardato negli occhi nemmeno una volta durante la lezione del giorno – perché sì, il lunedì aveva lezione di fisica, giusto per iniziare alla grande – ed era stata attenta a passare tutta la ricreazione in bagno, abbandonando Daniele che l’aveva lasciata fare piuttosto confuso.
Nonostante tutto questo, le era parso di notare che il professore la stesse occhieggiando un po’ troppo, ma si era intestardita che fossero solo allucinazioni.
Insomma, mica abbiamo fatto sesso, no?, aveva pensato con un tono tra il sarcastico e l’isterico – no, solo un bacio, che vuoi che sia, aveva risposto prontamente un’altra parte del suo cervello.
«Dobbiamo parlare.»
E così, mentre convinta credeva di essere scampata a quella giornata piuttosto infernale, era stata afferrata giusto in tempo prima di salire sull’autobus – quel giorno Daniele l’aveva dovuta abbandonare per chissà quale impegno.
«Perderò l’autobus se mi trattiene, professore.» voce gentile, sorriso cortese, non guardarlo negli occhi.
«Ne passerà un altro.» voce annoiata, espressione apatica, occhi che quasi la perforavano.
Uccidetemi.
L’autista, notando come la ragazza non stesse salendo, chiuse le porte e ripartì.
Amelia fece un sospiro – era perfettamente cosciente che non avrebbe potuto evitare quel discorso all’infinito, riuscirci per mezza giornata era stato anche troppo.
«Prego, mi dica, professore
Questo non significava che non avrebbe provato a far finta di nulla.
Per la prima volta in quella giornata, trovò il coraggio di alzare lo sguardo fino al suo e quello che vide fu un paio di occhi grigi che velavano quasi totalmente, con una patina di indifferenza, un certo disagio.
«Credo tu sappia di cosa voglio parlare. E, ti prego, non chiamarmi professore in questo momento.» sibilò l’uomo, mostrando per la prima volta il proprio fastidio in quella giornata.
«E come ti dovrei chiamare?» sbottò a sua volta Amelia – la miglior difesa è l’attacco, così si dice?
«Alessandro, dato che in questo momento non siamo tra le mura scolastiche e c’è già un certo “trascorso” tra di noi, no?» domandò con un pesante tono sarcastico.
«Senti, per sabato…»
Via il dente e via il dolore, no?
«Ti volevo parlare proprio di quello!» la interruppe l’uomo «Mi puoi dire che è successo?»
…eh?
«…scusami?»
Amelia parlò lentamente – sentiva i propri occhi allargarsi all’infinito in un’espressione così stupita e sbigottita che, se si fosse guardata allo specchio, sapeva che sarebbe scoppiata a ridere.
Alessandro abbassò lo sguardo colpevole e per la prima volta Amelia lo vide imbarazzato.
Qualcuno mi svegli.
«Ti chiedo scusa per sabato, il mio comportamento non è stato quello che si dice “d’esempio”. Non pensavo di trovare dei miei studenti lì, incontrarti è stata l’ultima cosa che avrei voluto.»
Amelia non poté trattenersi dall’abbassare gli occhi ferita e sentire gli occhi per un attimo inumidirsi – non pianse, non era una cosa per cui piangere e non se lo sarebbe mai perdonata.
«Ho bevuto parecchio – fin troppo, in effetti. L’ultima cosa che mi ricordo è di averti incontrata e averti offerto da bere, poi…» tacque, mostrando chiaramente di essere in difficoltà.
Amelia sollevò di nuovo lo sguardo e lo osservò: i capelli neri erano piuttosto spettinati, gli occhi leggermente cerchiati da poche occhiaie, le labbra arrossate come se qualcuno le avesse morse ripetutamente – era bello, si ritrovò ad ammettere.
Era bello, lei lo aveva baciato e lui non se lo ricordava nemmeno.
Non poté impedirsi di fare un sorriso triste, subito notato dall’uomo che sembrò preoccuparsi.
«Se ho fatto qualcosa che ti ha offesa ti chiedo scusa, sono venuto da te proprio per questo motivo, io…» si interruppe di nuovo, forse indeciso su che parole usare.
Amelia non lo riconosceva neanche in quel momento: il sempre gelido, stronzo e controllato Alessandro Angelis ora le si mostrava chiaramente in difficoltà, per una volta privo della solita maschera da professore, e mostrava un uomo con le sue debolezze come tutti possono averle.
E lei non poteva fare a meno di pensare di sentirsi speciale.
Speciale perché poteva dire di averlo visto così, speciale perché lo aveva baciato, ma era un tipo di “speciale” che nessuno avrebbe saputo, perché era meglio mantenerlo segreto.
«Non è successo nulla.»
Perché mi fa male dirlo? Odio questo mio sentimentalismo.
«Sicura?»
Amelia sospirò e annuì, riuscendo poi a creare un perfetto sorriso.
«Non è successo nulla, davvero. Mi hai offerto da bere, io l’ho accettato – anche io ero brilla, perdonami – e dopo averlo bevuto tu sei tornato dai tuoi amici e io dalla mia amica, molto semplicemente.» spiegò.
Chapeau, Amelia Moretti. Potresti ricevere un Oscar in questo momento.
Alessandro la osservò ancora indeciso, poi riacquisì la propria patina di freddezza e professionalità – o almeno una parte, era ancora a disagio per la conversazione.
«E di cosa abbiamo parlato?» chiese ancora.
Amelia scrollò le spalle.
«Nulla di che, mi hai promesso che mi avresti messo un dieci se non avessi rivelato a nessuno di averti visto lì.» provò a scherzare – e ci riuscì pure, anche se la risata le suonò un po’ troppo acuta per i propri standard.
«Non è vero, questo non avrei mai potuto promettertelo.» puntualizzò l’uomo, ma fece un vago sorriso, segno che aveva accettato quel tentativo di sdrammatizzare della ragazza.
«Un nove?» tentò ancora lei.
Alessandro finse di pensarci.
«Studia per bene e forse sarò così generoso da metterti un otto.» disse ironico.
Amelia scoppiò a ridere.
«Non fare promesse che non puoi mantenere!» disse con un finto tono offeso, per poi riprendere a ridere.
I sorrisi di entrambi si estinsero lentamente, come due fiammelle consumate – lasciarono solo leggerezza.
«Beh, fra cinque minuti passa l’altro autobus, non vorrà farmi perdere anche quello.» scherzò di nuovo Amelia – ma l’incantesimo era stato spezzato, risultò tutto troppo forzato, e lei d’altronde aveva ripreso a dargli del lei.
Alessandro fu gentile quella volta e non glielo fece notare; chinò solo un po’ la testa in un cenno.
«Non una seconda volta.» disse «Buona giornata, Amelia.»
«Anche a te.»
E tacque, rimanendo a fissarlo mentre si girava e prendeva a camminare, perché sapeva che se avesse ancora parlato non sarebbe stata in grado di nascondere il nodo alla gola.
Sarebbe così se lui non fosse il mio professore? Potrei scherzarci sempre in questo modo? Avrei potuto dirgli che mi ha baciata?
Non aveva granché senso farsi quelle domande: lui rimaneva l’insegnante e lei la stupida studentessa che era a un passo dall’innamorarsi di lui.

 
  
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