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Autore: __roje    19/02/2018    5 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo [34] ULTIMO CAPITOLO DELLA PRIMA PARTE

Tornai a casa tardi quel giorno, camminai non so quanto, preso da pensieri angoscianti e da un senso di colpa mai provato. Sapere di aver causato problemi ad Hayato era peggio dell’attacco di appendicite che avevo avuto settimane fa. Mi sentivo sempre peggio più ci ripensavo e dentro di me dovevo ammettere che Kuro aveva racconto la verità. Ciò non fece altro che peggiorare il mio stato d’animo.
Per tutto il giorno ignorai i messaggi e le sue chiamate, vedere il suo nome segnato sul display del cellulare fu un colpo al cuore e l’impulso di ascoltare la sua voce era forte, ma se ripensavo a ciò che aveva dovuto passare, al perché me lo tenesse nascosto, allora quella voglia andava via. Riflettendoci su capivo perfettamente che era colpa mia, proprio perché Hayato non me ne avevo mai parlato. Ogni volta che si era tirato fuori l’argomento judo era sempre stato evasivo e io senza alcuna delicatezza lo avevo trascinato nell’unico luogo che lo faceva soffrire. Nel pensarci, mi salì la rabbia e tirai un pugno al primo muro che avevo davanti, nel farlo mi resi conto della cosa stupida che avevo fatto e le nocche della mano iniziarono a perdere qualche gocce di sangue ma nessuno dolore fisico era pari a quello che provavo dentro.
Io amavo Hayato, volevo stare con lui ma allora perché non facevo che ferirlo. Non potevo in alcun modo cancellare il passato, volevo eliminare tutta la faccenda di Mayu e del suo incidente. Se tutto ciò non fosse accaduto i fatti si sarebbero svolti diversamente, avremmo continuato a stare insieme e ci saremmo messi insieme molto prima, Hayato avrebbe vinto la cintura nera e io sarei stato li per festeggiarlo.
Sono davvero la sua sciagura.
Fu un pensiero che mi balenò nella testa all’improvviso e mi fece sgranare gli occhi. Cominciai a rendermi conto che se non fossi mai comparso nella sua vita non avrebbe mai sofferto a causa mia. Ero io la causa di tutto, del suo dolore.
Ancora una vibrazione del cellulare e lessi l’ennesimo messaggio: - Dove sei finito? A casa non ci sei. –
Mi veniva da piangere. Mi stavo ancora comportando male e non rispondendo lo stavo facendo preoccupare ma come avrei potuto guardarlo in faccia ora che sapevo ogni cosa. Come saremmo andati avanti.
Non sapendo dove andare decisi di recarmi dall’unica persona con cui potevo parlare e che reputavo un amico. Quando lo chiamai per dirgli che avevo bisogno di lui non ci mise molto a raggiungermi nel parchetto di giochi dove mi ero nascosto per aspettarlo.
Yoshida arrivò in meno di dieci minuto col fiatone e lo vidi smarrito mentre si guardava in giro per trovarmi. Gli feci cenno per fargli capire dove fossi e mi raggiunse con una faccia molto preoccupata.
“Aki...” cercò di riprendere fiato per la corsa, “che cosa è successo? Stai bene?!”
Lo guardai e non riuscii più a trattenermi, sentii gli occhi annebbiarsi e le lacrime cominciarono ad uscire come un fiume in piena. Come un bimbo cominciai a piangere senza proferire parola.
Yoshida shockato della cosa e non sapendo che fare mi si avvicinò, si chinò verso di me per guardarmi meglio e mi afferrò per le spalle dicendomi di non piangere. Pensai che lo facesse per controllare che non fossi ferito, poi con molta premura mi cinse il capo per simulare un abbraccio e mi lasciò piangere su di lui.
Passò un altro po’ di tempo e Yoshida tornò con una bottiglia d’acqua offrendomela. Si accomodò sull’altalena accanto alla mia, mi guardò ancora con aria preoccupata.
“Va meglio?”
Annuii “Mi dispiace... sono un vero disastro.”
“Accidenti Aki vuoi dirmi che succede? Hai litigato col principe?”
Scossi la testa. Sentivo gli occhi gonfi e ancora lucidi, “Non posso più stare con lui.”
Yoshida sgranò gli occhi sorpreso “Cosa? In che senso non puoi più stare insieme a lui?” si rimise in piedi e mi diede una scrollata per incitarmi a parlare.
Non ebbi nemmeno la forza di guardarlo in faccia e lo sguardo mi cadde nel vuoto. “Non posso e basta, ma non riesco... non riesco a trovare le parole per dirglielo.”
“Ma come... eppure ieri vi ho visto andare d’amore e d’accordo. Ha fatto qualcosa che non doveva? Se è così lo uccido!”
“Non ha fatto niente di sbagliato, ma io sì. Non posso ricambiare i suoi sentimenti, non sono adatto a stare insieme a lui e non ce la faccio più.”
Sorrisi amaramente nel dirlo e Yoshida sbiancò, “Aki... non sembri convinto nel dirlo.”
“Lo sono invece... credimi, però devi aiutarmi a trovare le parole per dirglielo.”
Yoshida fece un sospiro e mi si avvicinò di nuovo cingendomi una spalla, “Ti aiuterò se è questo che davvero vuoi, ma dimmi la verità, è successo qualcosa?”
“No nulla. Ho sbagliato ad accettare di stare con lui tutto qui.”
Yoshida fu ancora una volta un amico. Mi invitò ad andare da lui, mi offrì della cioccolata calda per farmi riprendere (visto che avevo passato intere ore al freddo), ci accomodammo entrambi in camera sua e passammo ore a parlare sul come si dicesse a qualcuno di volerla far finita. Più sentivo Yoshida improvvisare un discorso, più lo stomaco mi si chiudeva all’idea di dover ripetere quelle parole a lui.
Mi chiedevo se fosse la cosa giusta da fare. Continuavo a darmi del pazzo, che quella non era una tragedia eppure dentro di me provavo un senso di sconfitta, ero afflitto. Ero l’unico che non voleva il male di Hayato, volevo vederlo sempre sorridere come al luna park e se la ragione del suo benessere ero io, ero anche la causa delle sue sofferenze e del suo turbamento. Sparire dalla sua vita forse era meglio visto che non riuscivo nemmeno a dirgli che lo amavo.
“Hai l’aria così abbattuta Aki.”
Guardai continuamente fuori dalla finestra “Sto bene. Credo...”
Yoshida si accomodò accanto a me, ma continuai ad ignorare tutto ciò che mi circondava. Guardavo davanti a me con lo sguardo spento, notai di non essere più in grado di mettere a fuoco nulla e il petto continuava a farmi male per qualche strano motivo.
“Aki ascolta, so bene che le mie parole non serviranno a nulla, visto che non conosco nemmeno il motivo della tua decisione ma non dovresti farlo. Non deve essere un solo ostacolo a bloccarti, e se si tratta di paura non devi lasciare che questa si impadronisca di te. Tu ami Hayato no?”
Mi pose quella domanda così ovvia che risposi quasi senza pensarci, “Si che lo amo.”
“Quindi? Vuoi sul serio lasciarlo andare?”
Strinsi i pugni nel sentirmi dire cose che sapevo benissimo. Lasciarlo significava che non sarebbe più stato mio, mi avrebbe odiato sicuramente e non avrei mai più potuto ascoltare la sua voce, assaporare i suoi baci, le sue carezze, e il suo calore quando premeva il suo corpo contro il mio.
Senza accorgermene sentivo di nuovo gli occhi lucidi “E’ proprio perché lo amo che devo farlo Yoshida. Quindi t-ti prego..d-dimmi come farlo..” le parole mi morivano in gola a causa di nuove lacrime che non riuscii a trattenere e ancora ricominciai a piangere come uno sciocco. Yoshida fu allora costretto a cingermi una spalla e a tirarmi verso di se per consolarmi da bravo amico. Non fece più domande però.


Tornai in tarda serata a casa, dopo quasi un intero pomeriggio di lacrime. Mi sentivo stanco, avevo mal di testa e sentivo gli occhi rossi e gonfi a causa delle lacrime. L’unica cosa che volevo era fare un bel bagno caldo, rilassarmi e andare dritto a letto per ritrovare le forze con cui affrontare Hayato il giorno dopo.
Fu però in quel momento, che nella penombra della strada, riconobbi una sagoma fin troppo familiare che se ne stava in attesa fuori casa mia. Era proprio lui, Hayato, che ora mi stava fissando con sguardo serio. Forse era furioso per il mio silenzio, per le chiamate senza risposte, ma certamente non mi aspettavo di trovarmelo di fronte tanto presto. Così decisi di andare avanti facendo finta di nulla e lo superai senza guardarlo.
“Ciao eh” disse con tono seccato.
Mi paralizzai stringendo il ferro del cancello che dava al mio giardino, “C-ciao..”
“Quindi? Mi dai una spiegazione o devo prendermela con la forza?” mi staccò la mano dal cancello e si impadronì delle chiavi per impedirmi la fuga, “Mi dai una spiegazione alle chiamate senza risposta, che dici?”
“Sono stato un po’ con Yoshida oggi...”
Hayato mi scrutò attentamente aspettando che io proseguissi ma non mi uscì altro. Mi sentivo a disagio, e non riuscivo ad affrontare quegli occhi così intensi, così me ne stavo li a guardare da tutt altra parte.
“Eri da Yoshida e non potevi rispondere alle mie chiamate? Ero preoccupato idiota e poi mi sa tanto di bugia questa. Quindi dimmi la verità prima che mi incazzi sul serio.”
Serrai la mascella nel sentire quelle parole. “Bugia eh? Io non ti ho mai raccontato bugie, anzi, qui l’unico ad averle sempre dette sei solamente tu.”
“Cosa? Di cosa stai parlando?”
Finalmente, preso da una nuova rabbia, lo guardai dritto negli occhi anche con un velo di disperazione che mi affliggeva per quella verità svelata. “La tua spalla! Perché non mi hai mai detto dell’incidente!”
Hayato si paralizzò dallo stupore e si fece ancora più buio in volto, sembrò quasi sudare freddo. Cercò le parole e in maniera cauta rispose: “Come lo hai saputo?”
“Non ha importanza! Ciò però non toglie che lo sapessero tutti tranne me.”
Hayato mise le mani in tasca “Infatti non dovevi saperlo. Se trovo chi te l’ha detto lo uccido!”
“Perché? E’ una cosa importante. Non fai che tenermi nascoste le cose: prima la questione con Kuro, poi l’arrivo di tuo padre e adesso questo. Dici di amarvi eppure non fai che tenermi distante dal tuo mondo!”
“Non lo faccio.”
“Si invece!” gridai stranamente, “E io non ce la faccio più a vivere con questa angoscia. Sono stanco di scoprire cose nuove ogni giorno, cose per altro mi fanno solo male.” A quel punto lo guardai dritto negli occhi con la stessa tristezza che avevo del cuore, “Non puoi gareggiare a causa mia? Dimmi la verità. E’ per questo che non volevi dirmi niente, perché sono la causa del tuo infortunio.”
Hayato si sorprese delle mie parole e immediatamente mi strinse per le spalle dandomi una scrollata “Che cazzo dici. Questo non ha nulla a che fare con te! E poi è successo così tanto tempo fa che nemmeno capisco che importanza abbia adesso una cosa del genere.”
“Ne ha invece. Tu amavi il judo e ora non puoi più praticarlo per colpa mia e di quella maledetta discussione di allora. Mi dispiace...”
Hayato mi diede un altra scrollata costringendomi a guardarlo in faccia, e lo trovai a un palmo da me “Ascoltami bene! Non dire mai più questo, tu NON sei la ragione del mio infortunio. E’ stato un incidente, poteva capitare a chiunque e ora sono qui davanti a te, non sono morto per questo e la mia vita è andata avanti comunque.”
“Io non so se posso ancora continuare Hayato...”
Mi lasciò andare nel sentire ciò e quasi come un fulmine mi si attaccò addosso costringendomi a baciarlo, mi prese con la forza e mi catturò con le sue forti braccia quasi col terrore che potessi svanire da un momento all’altro. “Smettila di dire queste stronzate!” Lo lasciai fare perché volevo che mi toccasse ancora, che mi impedisse di fare ciò che avevo deciso di fare. Volevo che mi convincesse che non era mai successo nulla, che le sue parole fossero vere che non era colpa mia. Volevo davvero crederci per non separarmi da lui. Afferrò il mio viso tra le mani e lo guardò quasi con aria disperata “Perché non dici più nulla?”
Sfiorai quelle mani così fredde e le allontanai da me lasciandole andare, chinai lo sguardo verso l’asfalto perché non avevo più il coraggio di guardarlo in faccia. Ero un dannato codardo, volevo nascondere gli occhi lucidi che avevo, il dolore che sentivo. E se lo avessi guardato non sarei più riuscito a dire ciò che volevo dire.
“Mi dispiace davvero tanto... ma non posso.”
“Che significa questo adesso? Ti sei già pentito di tutto e quindi stai trovando una scusa per scappare?”
Va bene che lui la pensi così no? “Io n-non posso ricam..” mi sollevò il viso di forza costringendomi a guardarlo.
“Guardarmi negli occhi se devi dirmi che stai per lasciarmi. Abbi almeno le palle di fare questo.” Mi guardò con odio, i suoi occhi così dolci erano diventati bui come la notte.
“Mi dispiace di averti solo illuso.”
Avevo la voce così sottile che a stento sarebbe stata udita da lui, ma volevo che fosse chiaro che non ero indeciso su ciò, volevo che fosse chiaro che non me ne sarei pentito. Hayato allora in tutta risposta rise, stranamente, e poi scoppiò letteralmente a ridere lasciandomi senza parole.
“E’ incredibile.” Disse tra una risata e l’altra, “Ieri sera eri nel mio letto e ti sei lasciato scopare come se nulla fosse, e oggi vieni qui a dirmi che mi hai illuso? Sul serio?” si toccò la fronte scuotendo la testa. Mi aspettavo quella reazione, sapevo che avrebbe usato parole dure così lo lasciai fare trattenendo ogni emozioni e mantenendo compostezza, anche se dentro stavo morendo. “Mi hai detto che ti piaccio o sbaglio? L’hai detto come lo dici a qualsiasi stupida oca, come quella Miyu? No, davvero spiegamelo perché tutto questo sa di assurdo e mi sorprende anche che io sia ancora qui a cercare una spiegazione da uno come te.”
“Io...”
Sollevò la mano per zittirmi e la sua espressione divenne sempre più cagnesca “Non farlo. Non aggiungere altro, è tutto chiaro. Complimenti Nomura almeno potrai vantarti di esserti fatto scopare il culo e non sarai più un completo sfigato” disse ciò con tono bieco e mi lasciò solo, andando verso casa sua. Mi voltai a guardarlo per l’ultima volta, da quel momento in poi non sarebbe più stato mio e quell’espressione così distaccata e severa nei miei confronti sarebbe stata l’unica che avrei visto d’ora in poi.
Hayato mi lanciò un ultima occhiata e si chiuse il cancello alle spalle. Ci ero riuscivo, avevo messo fine a tutto, ma ciò che provai fu solamente vuoto. Ogni cosa sembrò perdere di significato, il perché fossi li, il perché stessi di nuovo piangendo come uno stupido e il perché non potessi semplicemente stare insieme a lui.
Lui credeva che il mio non era stato amore, che non avevo mai provato nulla ma se solo avesse sentito tutto ciò che avevo ascoltato allora anche lui avrebbe provato le mie stesse paure. Io ero la ragione delle sue gioie, della sua rabbia e anche delle sue sofferenze, da quando gli avevo rivolto la parola per la prima volta non avevo fatto altro che distruggerlo lentamente. Il suo amore per me lo stava lentamente distruggendo.


Finita la prima parte! Spero che fin qui la storia vi sia piaciuta. Non è stato facile portarla avanti con i vari impegni, spesso ho dovuto rileggere interi capitoli per riprenderne il filo.
Riguardo la seconda parte sarà presto postata ma a parte, in modo da non essere troppo lunga. Magari qualche nuovo lettore potrebbe spaventarsi vedendo 1732 capitoli ahahah.
Grazie a chi ha SEMPRE recensito facendomi compagnia in questi mesi, grazie a chi ha letto in silenzio o a chi semplicemente ha letto le prime righe perdendo un po' del suo tempo. GRAZIE <3
Roje

Siete sempre invitati a seguire i vari aggiornamenti sulla Pagina Ufficiale

  
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