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Autore: Harleen    21/02/2018    2 recensioni
«Interrompimi di nuovo mentre sto suonando e mi farò delle corde per il violino con i tuoi tendini.»
[...]
«Cos'è?»
«Per te!»

[Euriarty senza pretese ma con un alto coefficiente di follia]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eurus Holmes, Jim Moriarty
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The Naming of Cats is a Difficult Matter
Beta: Will_P, BellaLestrange, letteralmente chiunque restasse fermo abbastanza a lungo da permettermi di passargli questa cosa.
Disclaimer: Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente, è caduto davvero? Se Moriarty ed Eurus hanno passato cinque minuti senza diretta sorveglianza, possiamo escludere che tutto questo sia accaduto?
Discuss.
(Lol jk non è vero niente.)
Raiting: Verde come le brughiere irlandesi.
Pairing(s)/Personaggi: Jim Moriarty, Eurus Holmes, ovvio Euriarty che trasuda da ogni parola.
Parole: 1250
Note: ALLORA.
Non scrivevo da anni.
È successo Sherlock su Paramount e ho finalmente recuperato la quarta stagione.
Il mondo ha bisogno di più Euriarty!
(E anche di incest Sherlock/Eurus, ma ça va sans dire, non è questa la piattaforma dove sfogheremo questa necessità)
Non... lo so. Volevo scrivere robaccia estremamente daVk e a raiting estremamente rosso, non progettavo questa deriva folle.
ViViBì, spero di non essere troppo arrugginita. <3





«I meant,» said Ipslore bitterly, «what is there in this world that truly makes living worthwhile?»
Death thought about it.
CATS, he said eventually. CATS ARE NICE.

- Terry Pratchett, Sourcery





«Interrompimi di nuovo mentre sto suonando e mi farò delle corde per il violino con i tuoi tendini.»
Jim le rivolge un sorriso conquistato e solleva con più convinzione il cestino, sbattendoglielo quasi del tutto sotto al naso. Eurus ritrae la testa con un movimento impercettibile e osserva da quel nuovo angolo lo spettacolo che le si presenta davanti.
«Buon compleanno, Pasticcino!»
Eurus inarca un sopracciglio.
Ok, che fosse matto lo sapeva benissimo.
(È uno dei tratti che maggiormente l'ha attratta all'inizio, inutile negarlo.)
Solo, non pensava così tanto.
«Cos'è?»
«Per te!»
Il cestino si muove e una testolina sbuca dal telo ormai prossimo a scivolare a terra. Eurus aggrotta la fronte mentre le compare davanti la capoccetta di un piccolo, piumosissimo qualcosa. Osserva in silenzio la creaturina guardarsi attorno e tutto, dalla punta delle orecchiette fino a quella che immagina bene senza bisogno di vederla sarà una codina secca e striminzita vibrante di curiosità e paura, le fa salire un moto di orrore indicibile.
«Cos'è.» Ripete, questa volta a volume più alto, la voce che inizia a crinarsi di isteria.
«Il nome tecnico è felis catus. Il nome specifico pensavo di lasciarlo scegliere a te. Io pensavo a qualcosa come Sgranocchio o Pallina, ma è il tuo regalo quindi a te l'onore.»
«So benissimo che cos'è quel coso, razza di imbecille.» Lo strillo è abbastanza acuto da far rintanare il cucciolo nel cestino. Ora compaiono solo le due puntine striminzite delle orecchie anche se, Eurus lo nota suo malgrado, gli occhioni azzurri non tardano a posarlesi di nuovo addosso. Il mostriciattolo è coraggioso.
(O estremamente stupido.)
«Senti, Pasticcino. Non posso narcotizzare un'intera prigione ogni settimana, inizia a farsi complicato. La situazione con Sherlock sta arrivando finalmente a un punto interessante e davvero, non hai idea di quanto costi procurarsi tutto quel sedativo. Insomma, per un po' non ci vedremo.»
Eurus arriccia le labbra e inarca un sopracciglio, e vorrebbe così tanto percuoterlo con l'archetto fino a romperglierlo sul naso che non sa materialmente cosa la trattenga.
«Ho vissuto in clausura per oltre vent'anni.»
«Ma poi ci siamo conosciuti! E ho portato gioia e amore e sesso sfrenato nella tua vita, luce dei miei occhi, e non potrei perdonarmi di saperti di nuovo gettata nel buio abisso della tua solitudine in questa umida celletta, ora che hai provato le gioie della socializzazione.»
...Potrebbe sempre raccontare a Mycroft di essere stata colta da chissà quale delirio psicotico a casaccio. Un archetto rotto si giustifica senza troppi problemi.
«È un gatto.»
«E non hai idea di quanto sia soffice!»
Davvero, potrebbe tranquillamente giustificare anche un violino fracassato. Sarebbe facilissimo.
Eurus apre bocca per ribattere qualcosa - qualsiasi cosa, davvero, sarebbe più sensata di quella sorta di film horror che le stanno proiettando davanti - e in quel momento, il gattino decide di fare miao.
«Oddio.» Pigolano nello stesso momento, gli occhi fissi su quella nuvoletta grigia che gratta e si dimena... e si arrampica sulla manica di Jim Moriarty. Scodinzola (ed Eurus non può fare a meno di notare che la codina è in effetti piccola e sottile, e vibra come impazzita a ogni passo) e incespica, e pianta le unghiette affilate come rasoi sgualcendo la stoffa della costosissima giacca dell'uomo mentre poco per volta guadagna centimetri verso la sua spalla. Eurus ne osserva il sederotto tondo mentre il micio scala il braccio del mitomane che ha avuto quella grandiosa pensata, il manto soffice e sparato in ogni dove a causa di un trasporto sicuramente turbolento, tutt'altro che consensuale.
(E qualcosa le si stringe nello stomaco nel pensare a un altro viaggio, con un altro passeggero che non voleva finire in quell'angolo di mondo, dimenticato da tutto e tutti. Eurus stringe i pugni sull'archetto e sul manico del violino e sente le corde crepitare sotto il suo palmo e dare in qualche suono timido e sgraziato e dovevi trovarlo, Sherlock. Dovevi trovarlo. Dovevi trovare me.)
Jim dà in qualche sporadico verso di fastidio, ogni qualvolta il gatto gli pianta le unghie più a fondo, ma non si muove. Lo osserva con un sopracciglio inarcato e solo quando ormai è ben ancorato sul suo bicipite lo afferra per la collottola, lo stacca... e glielo porge.
Eurus urla.
«Ho capito, ho capito. Lo lascio qua. Poi vedi tu.»
«Lo mangerò, Jim.»
Jim si stringe nelle spalle, intento a calare la palletta di pelo nel cestino. Si può sentire un soffio piccolo e ridicolo e la coda, prima uno stecchino sparuto, ora sembra il cordolo di una tenda. «Avrai poco da mangiare. Ehi, gli piace se gli fai i grattini sulla pancia. Ti piacerà, vedrai.»
«Lo userò come scendiletto.»
«Così penserai a me ogni mattina!»
«Io giuro su dio, James Moriarty, ti infilerò quella dannata creatura su per il-»
«Ci vediamo, Pasticcino. Conterò i minuti.»
Jim se ne va.
Il gatto si riaffaccia dal cestino e scavalca la barriera invisibile che li separa.
Eurus cade di schianto a sedere, e inizia ad arretrare strisciando per terra senza distogliere mai lo sguardo da quel mostro miagolante.
«Io non lo voglio, un gatto!» Strilla a pieni polmoni, ma nessuno le risponde.


***


«Dov'è il gatto?»
Il volto di Eurus non tradisce nessuna emozione.
All'improvviso, qualcosa di estremamente pericoloso attraversa lo sguardo di James Moriarty.
«Eurus, dov'è il gatto?»
La ragazza piega la testa di lato e lascia scivolare il violino sul materasso, prima di muovere un passo verso l'entrata della cella. L'archetto ondeggia a ogni suo passo, mollemente tenuto tra le dita della mano destra, in un movimento che a Jim ricorda in maniera fin troppo casuale, per non essere fatto ad arte, quello di una coda.
«Eurus.»
«Amor mio?» Risponde con voce sottile e gli occhi celesti sgranati, vivi di una luce più folle che mai.
«Il gatto.»
«Che fine vuoi che abbia fatto un gatto dentro una prigione di massima sicurezza, luce dei miei occhi?»
Moriarty accenna un sorriso e piega la testa di lato. «Darò fuoco a questo buco, fosse l'ultima cosa che faccio. I tuoi fratelli ti dovranno riconoscere dai denti.» Eurus apre bocca. «Che troveranno incastonati nel tuo stramaledetto violino
Sorride senza una parola, sodisfatta oltre ogni dire.
Solleva l'archetto e con un movimento lento e misurato lo porta al viso dell'uomo. Jim socchiude gli occhi e si lascia fare una carezza, un verso basso e roco che gli parte dal fondo della gola ad accompagnare ogni premura di Eurus. La rimozione del vetro è una conquista recente, e decisamente apprezzata.
«Sei stato via troppo a lungo.» Lo rimprovera con tono dolce.
Il respiro di Jim è pesante, i suoi movimenti la docile risposta a quelli di Eurus. «Nemmeno due mesi, luce dei miei occhi.» Lo scatto con cui le strappa l'archetto di mano è repentino, ed Eurus non si è ancora abituata del tutto a quella vicinanza - al fatto che la gente possa toccarla di nuovo, e che lei possa fare altrettanto - tanto da essere colta di sorpresa. Sgrana gli occhi per una frazione di secondo, ma lo fa. E Jim lo vede. «Ora.» Schiocca la lingua sul palato e si batte lo strumento contro il palmo aperto della mano. «Prima che cavi i tuoi, di occhi, e ne spedisca uno a testa ai tuoi fratelli. Il gatto, Eurus.»
Eurus esala un gemito sottile, un suono a metà tra il più totale fastidio e la noia più devastante, e prima che possa parlare un lievissimo miau attraversa l'aria.


***


«Come lo hai chiamato?»
«Non ti deve interessare.»



End.

   
 
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