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Autore: Assasymphonie    23/02/2018    1 recensioni
[...]"Encore!" gridavano, da chissà quanto tempo? Per quanto si era perso?
[YukiMomo]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ogni volta che Yuki posava gli occhi sulla figura di Momo, sorridente alla sua destra ad ogni concerto, divertito nel parlare del più o del  meno con Okarin o addirittura accettare, dalle mani di uno dei suoi (loro?) tanti fans un peluche, un mazzo di fiori o la più semplice lettera scritta a mano, tutto quello che riusciva a percepire era un profumo. Il profumo dell'erba appena tagliata, l'odore della pelle accarezzata dal sole e dalla salsedine, l'aroma della lavanda agitata dal vento.

E in quei momenti era come se il mondo intero si bloccasse, le lancette di un orologio grande come il mondo pronte a rallentare la loro corsa solo per permettere a Yuki di assaporare ancora quel profumo di buono, di casa, di qualsiasi cosa fosse anche solo lontanamente famigliare. Ed era fin troppo facile dipingersi, nella mente, la figura di Momo coi suoi capelli sparati per aria, in quegli scenari vorticosi. Un barlume di pelle chiara bagnata dal mare, la mano sinistra posata appena sui piccoli petali della lavanda, un sorriso delicato accarezzato dalla luce del tramonto sotto al portico di una piccola casa e-

«Yuki?»

Il trillare di campanelli d'argento strappò il filo dei suoi pensieri, riportandolo così bruscamente alla realtà tanto da rapirgli il fiato nei polmoni, le labbra un poco separate, gli occhi fissi su quelli impossibili, grandi, sempre giovani, di quel moderno Apollo. In lontananza -o, almeno, così sembrava alle orecchie di Yuki ancora piene di altri suoni, di altre sensazioni, irreali quanto tangibili- poteva udire le grida dei fans, "Encore!" gridavano, da chissà quanto tempo? Per quanto si era perso?

«Ti sei bloccato in mezzo al palco, abbiamo dovuto portarti qui... ti senti male? Momo-chan ha un po' di zucchero in tasca!!» Vide Momo tendersi, pronto già ad allontanarsi per prendere la bottiglietta dell'acqua, e non riuscì a pensare ad altro che fermarlo, stringendo le dita lunghe e sottili attorno al braccio del più giovane.

«Non... non sto male Momo.»

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Ogni volta che Momo posava gli occhi sulla figura di Yuki, mentre beveva l'acqua deglutendo a grandi sorsate, silenzioso eppure presente alla fine di ogni concerto nel salutare i fans senza controllo, coi capelli sollevati con l'aiuto di un mollettone blu scuro mentre preparava la cena per entrambi, tutto quello che riusciva a percepire era un suono. Per molti inudibile, come il respiro di un dormiente nelle ore che precedono l'alba, o il vento che fa agitare le foglie, rumoreggiare l'erba, come un eterno e confortante sottofondo o ancora il ticchettio della pioggia sui vetri in un pomeriggio pigro, costante e mai diseguale.

E in quei momenti a nulla valevano le grida attorno a lui, inutili le note che ancora ondeggiavano nell'aria gremita di respiri dello stadio, poiché le orecchie di Momo erano piene di quei suoni a cui seguivano immagini, immagini di vita vissuta quotidianamente. Una figura longilinea distesa sui cuscini accanto a lui, bagnata dalla luce del sole appena nato, i capelli sciolti come acqua di Yuki portati via dalla brezza durante la notte, il sorriso appena accennato tra i vapori di un the caldo, immerso sotto le coperte e con-

L'occhio catturò casualmente l'immobilità di Yuki, ma ancora più velocemente le sue mani catturarono le braccia immobili dell'uomo, minimizzando, salutando, nascondendo. Lo chiamava ad ogni passo, le sopracciglia aggrottate nello scrutare il viso delicato del più grande e fu con un sospiro di sollievo che vide gli occhi grigi su di sé.

Perché si era bloccato? Dove era andato Yuki, per non vedere cosa stava succedendo? Altre parole lasciarono automaticamente le labbra di Momo, incapace di tenerle a freno, troppo abituato a dover nascondere sotto una patina di naturalezza la preoccupazione o, addirittura, la curiosità, quando venne fermato. Una presa, una frase flebile.

______________________

Quando vide Momo inginocchiarsi, dipinto sulle labbra un sorriso irreale, Yuki non riuscì a muovere muscolo. Venne semplicemente avvolto da quel profumo di buono, di panni appena lavati, di neve fresca, mentre il respiro dell'altro accarezzava i capelli morenti sui propri zigomi. La pressione delle mani sulla sua nuca era quasi impercettibile.

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Il respiro accelerato di Yuki, il rumore lieve dei capelli tra le proprie dita, era così forte da respingere qualsiasi suono al di fuori di quella bolla, intoccabile, indistruttibile.

«Sai Yuki, ti è mai capitato di... avere dei suoni sempre presenti? Così forti che riescono sempre a soffocare qualsiasi altro rumore?»

Ti è mai capitato Yuki? Perché a me sempre, sempre. Ad ogni  concerto, ad ogni ora del giorno. Riesco a sentire solo te.

_____________

«...»

Il collo di Yuki si allungò, il naso freddo trovò posto tra l'orecchio e il collo di Momo, come se vi appartenesse da sempre. Lì, non nascosto ma pieno nella sua vera gloria, il profumo lo colpì come una carica di soldati. Più potente di qualsiasi melodia, più forte di qualsiasi nota.

«Mi capita... di sentire odori. Profumi. Come ora.»

Lo stesso profumo che sento su di te Momo, ogni mattina, ogni sera, un profumo che non mi lascia mai. Riesco a sentire solo te.

   
 
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