Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Alexa_02    25/02/2018    2 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Aaron

 

“Non ho ancora ben chiaro cosa stiamo facendo” mi comunica Lip sbuffando una nuvola di fumo nell'aria, rilassa le spalle contro il sedile della mia macchina e riapre la bocca. “Mi hai portato qui per approfittarti di me? Perché se è così ti devo avvisare che ho una morbosa ossessione per la passera”.

Non riesce proprio a stare zitto per due minuti di fila! E io che l'ho anche lasciato fumare nella mia bimba. Sospiro infastidito. “Puoi semplicemente stare in silenzio e goderti il momento, per favore?”.

Mi lancia un'occhiata confusa. “Ma quale momento?” fa un tiro dalla sigaretta “Mi hai chiesto di uscire e io ho detto cazzo sì, poi però, invece di accompagnarmi a rimorchiare, mi hai portato in questo parco desolato e mi tieni rinchiuso nella tua auto a fissare il cielo. Lo sai che esistono le ragazze per queste cose?” lancia il mozzicone nell'erba “Tu ce l'hai già una farfallina con cui divertirti, perché diavolo non sei con lei?”.

Grugnisco seccato e stringo le mani intorno al volante. Julianne non vuole davvero stare con me.

“Oh” mugola “Ora capisco”.

“No, non capisci proprio un cazzo” ribatto con forza.

“Senti, mi diverto tantissimo qui con te, davvero, ma se hai dei problemi con lo zuccherino ti conviene andare a casa ad affrontarli” mi molla una manata sulla spalla “Non buttare tutto alle ortiche, perché incontri un po' di resistenza nella scalata alle sue mutande”.

Non avrei usato gli stessi termini, ma il concetto di base è giusto.
Perché butto tutto alle ortiche?

“Va bene” metto in moto e faccio la retro.

“Però, prima, mi accompagni a rimorchiare. Me lo devi” esige.

Che palle, ha ragione. “Okay, ma vedi di muoverti”.

“Mi basterà schioccare le dita e le conigliette vorranno tutte il mio bazzuca” fa ondeggiare in fianchi e ridacchia.

“Ti prego, non fare più quel movimento sui miei sedili” esco dallo sterrato e mi infilo in strada.

 

 

Quando Lip riesce a rimorchiare una brunetta, che a detta sua va all'università, posso finalmente tornare a casa. Mi lancio oltre la soglia d'ingresso nel minuto esatto in cui scatta il coprifuoco. Appoggiato alle scale trovo papà in vestaglia, con in mano l'orologio e una tazza di latte fumante.

“Il solito fortunato” borbotta con una risatina “Vai a dormire, forza”.

Raggiungo in fretta la mia stanza e mi butto sul letto. Henry russa con la bocca aperta e con il libro di biologia aperto sulla pancia. Gli appoggio il libro sul comodino e spengo l'abajur. Mi infilo il pigiama e aspetto che papà vada a dormire e che cominci a ronfare.

Quando la casa è silenziosa, sgattaiolo fino alla porta di Julianne e afferro la maniglia. Provo ad aprirla ma la serratura è bloccata. Spingo finché il mio cervello non si convince che la porta è veramente chiusa. È una sensazione terribile. In tutte queste settimane mi ero infilato con facilità nella sua camera e l'avevo sempre trovata ad aspettarmi bella come il sole. Ma ora mi ha chiuso fuori. Di nuovo. Ha tracciato un'altra linea e mi ha spinto oltre. Proprio come oggi, quando tutto quanto le è crollato sulla testa. È scappata e mi ha lasciato indietro a guardarla scomparire.

Non si fida di me. È inutile provare a cambiare questo fatto.

Fisso la porta finché non mi rendo conto che è del tutto inutile. Mi giro e torno in camera mia. Non ha senso provare ad aprire una porta che sai che rimarrà chiusa.

 

 

 

Mi sveglio sudato e di pessimo umore. Non ho mai dormito così male, mi sembra di aver lottato con un leone o di aver corso una maratona. Mi rigiro contro il cuscino sbuffando e scricchiolando come un vecchio.

Henry, nella sua parte di camera, è già pronto e vestito. “Buongiorno!” trilla ad un volume esorbitante “Ben svegliato! Come hai dormito?”. Ha una strana espressione malvagia dipinta in faccia, ho la terrificante sensazione che sappia che ho dormito male e che ne sia felice.

“Una meraviglia” borbotto sarcastico, calciando le coperte.

“Oh, e come mai?” domanda con una fintissima nota di sorpresa nella voce.

“Okay, ora basta con la recita, dimmi cosa sai” sbuffo.

Mi guarda dall'alto al basso e incarna un sopracciglio “So tutto e sono contento che tu abbia dormito male. È uno dei sintomi”.

“Quali sintomi?” mi strofino la faccia con le mani.

“Da astinenza da Julianne” spiega “È un fenomeno che ho riscontrato in molti dei suoi ex”.

Molti? “Mi ha chiuso fuori” asserisco.

“Ha fatto bene. Sei un grandissimo stronzo” riempie lo zaino di libri.

“Non sono io lo stronzo qui, è lei che mi taglia fuori ogni volta che qualcosa non va come dovrebbe”.

Henry mi incenerisce con lo sguardo, visibilmente incazzato. “E andare dalla tua ex la trovi una soluzione intelligente?!” mi punta un dito accusatorio contro “Ti avevo avvertito che sarebbe stato duro e faticoso. Lei ti butta fuori per autodifesa, non perché si diverte a farlo. Non hai la più pallida idea di quello che ha passato e se lo sapessi, capiresti. Ora, per piacere, smettila di commiserarti e trova una soluzione per sistema il casino che hai combinato”.

Pensavo mi imponesse di starle lontana. “Sono stato da Lip, non da Savannah.” gli spiego “L'ho detto solo per farla arrabbiare”.

Mi fissa a bocca aperta. “Sei veramente uno stronzo”.

“Già” confermo. Ha ragione, sono un pezzo di merda.

“Ti avevo chiesto di non farla soffrire” mi ricorda deluso.

“Mi dispiace, Henry” sospiro.

Lui scuote la testa e mi lancia l'occhiata più delusa che qualcuno mi abbia mai rivolto. “Non con me che dovresti scusarti”.

 

 

Quando scendo per fare colazione, Julianne è già uscita. Ha chiesto un passaggio alla sua amica Peyton per evitarmi. Non mi aspettavo niente di diverso. In ogni caso, in macchina non avrei potuto parlarle, perciò va bene così. Le darò un po' di spazio e poi partirò con il mio attacco ben calcolato.

Passo l'ora di fisica a fissare l'orologio e a schivare le occhiatacce deluse di Henry. È parecchio rancoroso, non me lo aspettavo. In effetti gli avevo promesso che non l'avrei fatta soffrire e invece è proprio quello che ho fatto, oltretutto di proposito. Mi sono comportato da vero stronzo patetico.

Al trillo della campanella, sono il primo a schizzare fuori dalla classe e a correre alla lezione successiva. Entro in classe e mi fiondo nel nostro banco. Fisso la soglia aspettando il suo ingresso e, quando lo fa, il senso di colpa mi da un bel calcio in faccia.

È stupenda come al solito, ma c'è qualcosa di diverso. Ha l'aria stanca e non brilla di luce propria. Cammina a testa bassa ed evita il contatto visivo con gli altri studenti. Ogni volta che qualcuno si accorge della sua presenza, una serie di commenti e di sussurri le si condensa intorno.
Alza gli occhi al cielo alle risate stupide di un paio di ragazze e si lascia cadere accanto a me.

Non mi guarda e non parla, si limata a stare seduta e a fingere di non sentire le critiche che gli altri studenti le riservano.

“Jay...” comincio.

Lei scuote la testa zittendomi. “No” tira fuori il libro “Non voglio sentire nulla di quello che hai da dire. Devo stare in classe perché la mia strizzacervelli mi impone di affrontare la realtà, ma questo non implica che io sia costretta a parlarti o ad ascoltarti, perciò chiudi la bocca” il tono tagliente mi spinge a stare in silenzio.

Non mi aspettavo che mi ascoltasse subito, ma non credevo di trovarla in questo stato. Sembra pericolosamente vicina ad una crisi isterica. Non deve aver avuto una mattinata facile e la mia stronzata di ieri non l'ha di certo aiutata.

Sono proprio un cretino.

Un ragazzetto del terzo anno con un cespuglio al posto dei capelli le si avvicina. “Mi stavo chiedendo se il centro in cui sei stata era per sesso-dipendenti, perché se così fosse mi offrirei volontario per una ricaduta” dice facendo ridacchiare i suoi amici.

Non riesco a capire se nasconde uno inconsueto desiderio di morte o se semplicemente sia un demente, perché ha appena stuzzicato una tigre con un bastone incandescente e la tigre ha un'irrefrenabile voglia di uccidere.

Julianne gli afferra il bavero della maglietta con irruenza e lo abbassa alla sua altezza. “Ascoltami molto attentamente, capellone. Non mi frega un cavolo se oggi ti senti coraggioso e hai voglia di scalare la piramide sociale a forza di battute pessime, non mi rivolgere mai più la parola” ringhia “Secondo le voci che girano sono una pazza furiosa, quindi la prossima volta che tu o uno dei tuoi amichetti provate a sfottermi, ti giuro su Dio che ti disintegro” lo guarda dritto negli occhi e il ragazzino deglutisce a vuoto “Sono stata chiara?”. Lui annuisce con forza. “Stammi lontano” gli molla la maglia e lo allontana con una spinta. Il ragazzo scappa con la coda tra le gambe dai suoi amici che smettono di ridere.

Julianne si stringe le tempie con forza e sospira stanca “Che cazzo di giornata”.

“Devi solo ignorarli” le sfiora la mano e lei si ritrae “Jay, io...”

La professoressa Bernard entra in classe “Bonjour!”. La classe si zittisce e lei comincia la lezione di grammatica.

 

 

Per tutta l'ora non faccio altro che fingere di ascoltare la signorina Bernard e cercare di comunicare con Julianne. Ogni volta che provo a bisbigliarle qualcosa vengo richiamato dalla professoressa e ogni volta che provo a passarle un bigliettino, lei puntualmente lo accartoccia e lo fa cadere per terra.

È incazzata e non vuole ascoltarmi, lo capisco, ma non mi sta dando nemmeno un possibilità per spiegarmi. È così testarda.

Mi ascolterà. Deve ascoltarmi.

Al suono della campanella sparisce così in fretta che penso che abbia utilizzato il teletrasporto.

Dopo trigonometria, corro fino a biologia e la aspetto. Entra in classe strascicando i piedi e con al seguito un branco di risatine idiote.
Si siede e sbuffa con forza “Vorrei proprio sapere cos'hanno da ridere”.
“Sono solo degli stronzi, devi ignorarli” assicuro.
Si infila le dita tra i capelli, alzando una nuvola di profumo al cocco. “Non parlavo con te”.
“Ci sono solo io qui” puntualizzo, facendole stringere i denti.

“Parlavo da sola” ribatte asciutta.

“Scommetto che sarebbe una conversazione davvero poco stimolante”.

Mi guarda con il gelo negli occhi. “Invece parlare con un bugiardo fedifrago è stimolante?”.

È passata all'attacco, bene. “Tecnicamente non sono un traditore, solo un po' bugiardo”.
“E ne vai fiero?” domanda con astio.
Com'è difficile avere una conversazione con lei quando è incazzata. “Se mi lasciassi spiegare...”.
“Non voglio sentire le tue scuse patetiche” ribatte con forza. “Avevi una sola occasione e l'hai bruciata, ora arrangiati”.
Matt e Nicole si siedono davanti a noi, interrompendo la conversazione. “Julie” esala Matt, tutto preoccupato. “Come stai?”.

“Sono stata meglio” borbotta.
“Mi dispiace per quello che ha detto Giselle ieri in mensa” le stringe una mano abbandonata sul banco. Le loro dita che si sfiorano mi fanno accartocciare lo stomaco. “Non riesco a capire come il corpo studentesco possa credere a tali cretinate”.
Nicole squittisce sbattendo i piedi sul pavimento “Magari perché è la verità”.

“Niki!” la rimprovera Matt.
Julianne sfila la mano dalla sua “Ha ragione la tua ragazza, è la verità” Nicole spalanca la bocca, sorpresa. “Ma questo non significa che siano in qualche modo cazzi vostri”. Raccoglie i libri, marcia verso la porta e sparisce in corridoio.
“Che tatto Nicole, complimenti” borbotto sarcastico.
Lei mi lancia un'occhiataccia “Non mi scuserò perché ho ragione”.

“C'erano altri modi per affrontare la situazione” la ammonisce il suo ragazzo “Ognuno di noi ha qualcosa che non vorrebbe che gli altri sapessero, anche tu”. Nicole inspira tra i denti .“Potevi essere più gentile con lei”.

“Perché mai!? Ci sei già tu che sei gentile con lei per entrambi!” squittisce arrabbiata.
“E adesso questo cosa significa?” farfuglia Matt indispettito.

Il professor Smith entra in classe e mette fine, grazie al cielo, a quella patetica lite.

 

 

Julianne sparisce dai corridoi per tutto il cambio aula successivo.

Non mi aspetto di vederla a pranzo, non dopo l'umiliazione sociale del giorno prima.
I ragazzi ed io ci sediamo al nostro tavolo e cominciamo a ingozzarci di tacos.
“Adoro il martedì dei tacos, è il mio giorno preferito” afferma Lip addentando la tortilla messicana con enfasi.
“Pensavo che il giovedì dell'enchilada fosse il tuo giorno preferito” puntualizza Matt, ricordandogli quello che aveva detto la scorsa settimana.
“Ho due giorni preferiti” sentenzia Lip.
“E il lunedì dei nachos?” chiedo, aggiungendo salsa al mio tacos.
“Siete degli stro-fi!” borbotta con la bocca piena “Ho molti giorni preferiti, come le ragazze”.
“Paragoni una ragazza alla giornata in cui fanno i tacos?” domando ridacchiando.

“Assolutamente” si pulisce la bocca con il braccio “Posso mangiare entrambi ed entrambi mi fanno godere da matti”.

“Analogia disgustosa, Philip” commenta Matt scuotendo la testa e facendo ridere Tyson.

Lip fa un sonoro rutto e punta lo sguardo oltre la mia spalla. “Porco cazzo”.
“Abbiamo già discusso delle esclamazioni fuori luogo” sospira Matt “Non farmi ripetere”.

Lip alza gli occhi al cielo. “Era l'affermazione più azzeccata, guardate” allunga un dito macchiato di pomodoro verso l'ingresso della mensa e noi ci giriamo.
Porco cazzo. Julianne è in fila per il pranzo, insieme alle sue amiche, come se nulla fosse. Sorride a Peyton e appoggia dei tacos sul piatto. È bellissima, vorrei alzarmi e baciarla davanti a tutti.
“Non ci credo...” mugugna Matt.

Lip batte le mani e ridacchia “Io l'ho sempre detto che quella ragazza ha le palle!”.
“Altro che palle...” bisbiglia Tyson fissando Jay a bocca aperta.

“Dopo quello che le ha fatto Giselle, chiunque si sarebbe sotterrato per sempre” commenta Matt.

“Lei non è chiunque” mormoro.

Julianne e le sue amiche si fanno strada tra i tavoli e verso di noi. Ogni volta che fanno un passo in avanti, una decina di teste in più si voltano a guardarla. C'è chi è sorpreso e chi è spaventato per lei. Giselle non sarà affatto contenta di questa cosa.

“Dolcezza!” esclama Lip alzandosi “Sedetevi con noi”.

Lei gli sorride “Siete sicuri di volere un'appestata al vostro tavolo?”.
“Non dire stupidaggini” ribatte Matt spostando una sedia “Coraggio, sedetevi”.

Le ragazze si siedono e riprendiamo a magiare. Tyson e Peyton bisbigliano a bassa voce del club di teatro e dei costumi che lei sta realizzando per lo spettacolo, Matt e Dottie scambiano commenti noiosi su i compiti di storia, che il professore ha appena assegnato e Julianne, invece, mastica in silenzio il suo tacos vegetariano, seduta tra me e Lip. Le faccio scorrere una mano sulla coscia, sperando di ricevere un feedback positivo e invece lei mi molla un calcio in uno stinco che mi fa sobbalzare.
“Oh, scusa. Era il tuo piede?” domanda sbattendo le ciglia con aria innocente.

“Nulla” bofonchio a denti stretti, mentre mi massaggio la caviglia martoriata.
Lip, dopo aver finito di mangiare, allunga un braccio e lo piazza sullo schienale di Julianne. “Dolcezza” le appoggia le dita sulla spalla “Ricordati che oggi pomeriggio ho un appuntamento con il cassetto della tua biancheria”.

Cosa? “Cosa?” chiedo con la voce un po' troppo alta.

Julianne mi guarda di sbieco e poi si gira verso Lip confusa. “Cosa vuol dire?”.

“Dobbiamo scrivere la relazione di chimica e mi hai promesso un giro turistico del cassetto delle tue mutandine” spiega.

Sì, gli piacerebbe.

“Philip” lo ammonisce Matt scuotendo la testa.

“Sì, è vero” concorda Julianne, lasciando tutti a bocca aperta. “Non la cosa del cassetto. Dobbiamo davvero scrivere la relazione di chimica”.

“Quindi non ti serve un passaggio per il ritorno?” domanda Peyton.

Julianne guarda Lip. “Mi porti tu?”.
Lui annuisce. “La Lipmobile è al suo servizio, signorina”.

Julianne ridacchia. “Perfetto”.

Perfetto un corno, lei non ci sale in macchina da sola con Lip.
“Aspettate” si intromette Dottie “La Baker, la professoressa di arte, è malata. I ragazzi del club di arte possono tornare a casa prima oggi”.

Sia ringraziato il cielo!

Qualche settimana fa, quando abbiamo dovuto scegliere i corsi facoltativi, Julianne si è iscritta al corso di arte e io l'ho seguita per avere un altro corso facile e per passare del tempo con lei senza nessuno che conosciamo intorno. Ora io e lei possiamo andarcene prima e Lip non può più portarla a casa.
“Ti porto io a casa” le comunico “Poi Lip ci raggiunge quando le lezioni sono finite”.

Julianne mi guarda a lungo, con la fronte aggrottata. So cosa pensa. Se non fosse arrabbiata con me, avremmo una scusa per stare da soli da qualche parte. Però, invece della felicità, nel suo sguardo c'è solo tanta delusione.

“No” afferma per poi voltarsi verso Lip “Ti aspetto e intanto mi porto avanti con il progetto di arte”.

Lip ci guarda indeciso su cosa fare e naturalmente prende la decisione sbagliata. “Okay, come vuoi tu”. Devo trovare un altro modo per parlarle.

“J-Julianne” balbetta Dottie spaventata “Guai in vista” indica Giselle e le sue amiche che avanzano verso di noi con aria furiosa.
“Ma che cazzo!” tuona Giselle con le mani sui fianchi “Pensavo di averti già spiegato qual è il tuo posto”. La mensa si acquieta al suo della sua voce incazzata.

Julianne la guarda annoiata “Io pensavo di averti già fatto capire che non me ne frega un cavolo di quello che dici”.

Giselle avanza minacciosa “Sei una pazza psicolabile che merita di morire”.

“E tu sei una bambinetta viziata che urla ogni volta che qualcosa non va come vorrebbe” ribatte Julianne impassibile “La differenza tra me e te, è che io non me la prendo con gli altri per sentirmi un po' meno patetica”.

Giselle digrigna i denti e stringe i pugni lungo i fianchi. Apre la bocca come un pesce senz'acqua e gli ingranaggi del suo malefico cervelletto ragionano una risposta pungente. Il silenzio e la tensione ci avvolgono come una coperta pesante. È la prima volta che Giselle non sa cosa fare e il bastone del potere le sta scivolando di mano lentamente, ogni secondo che passa.

Savannah al suo fianco stringe un frullato alla frutta e quando nota che l'amica non sa cosa ribattere, sfila il tappo e lo rovescia tutto in testa a Julianne. “Ora chi è patetico?!” strilla con gusto.

Il liquido gelato le cola sui capelli e lungo il viso, gocciolandole su i vestiti. Dal colore e dal profumo che si sprigiona direi che è al mirtillo. Julianne si blocca con la bocca aperta, come un gatto a cui è appena stato fatto un bagno. La mensa scoppia a ridere e Giselle ritrova il sorriso.
“Scusa, ti ho scambiata per il cestino dei rifiuti” si giustifica Savannah con un terrificante sguardo crudele.

“Ma sei impazzita!?” tuona Matt alzandosi in piedi e cercando disperatamente dei fazzolettini di carta. Savannah ride e mi lancia un occhiolino non richiesto. Il gesto sembra risvegliare Julianne dal trans al frullato. Ci guarda entrambi e, quando alza lo sguardo verso Savannah, la rabbia che le si riflette dentro non c'entra nulla con la doccia che le ha appena fatto. Le balza addosso così velocemente che nessuno riesce ad agguantarla per impedirglielo. Entrambe finisco sul pavimento in un misto di frullato e urla terrorizzate. Si strattonano e si colpiscono a vicenda. Savannah prova a spingere via Julianne, ma ormai è impossibile fermarla. Il corpo studentesco intona un corro incitatore e si accerchia intorno alle due ragazze.

È assolutamente la scena migliore di sempre.

“Toglietemela di dosso” guaisce Savannah tirandole i capelli. Julianne risponde alla tirata di capelli con un morso sulla mano. L'avversaria piagnucola e replica sfoderando gli artigli rossi. Riesce a graffiare Jay sulla guancia, che questa volta la colpisce con un pugno in piena faccia.

La scuola le aizza e fa il tifo per Julianne, che sta decisamente avendo la meglio. Forse dovremmo intervenire, ma è troppo bello vedere Savannah che viene sbranata.

“Ma cosa sta succedendo!?” tuona una voce femminile che fa cessare il coro.

Merda. Sono arrivati i guai.

Lip e io afferriamo Julianne e la allontaniamo dalla faccia della sua vittima, mentre Giselle e Nicole tirano Savannah in piedi.

La consulente scolastica si fa strada tra la folla e si infila nel cerchio in cui si stavano picchiando “Cosa sta succedendo?”.

Il silenzio cala sulla folla e nessuno osa dire nulla. La dottoressa Dawson osserva le due ragazze scarmigliate e sporche di frullato e inclina un sopracciglio. “Cos'è successo? Voglio una spiegazione, subito”.

“Quella pazza mi ha aggredita senza nessuna ragione!” frigna Savannah indicando Julianne e tamponandosi il naso sanguinante.

La dottoressa la guarda, poi guarda Julianne. “E la doccia di frullato se l'è fatta prima o dopo averti aggredita senza ragione?”.

Savannah chiude la bocca e si aggiusta la canottiera strappata.

“È una pazza che è stata internata, è ovvio che l'abbia attaccata senza un motivo” ribatte acida Giselle.

La dottoressa Dawson la guarda dall'alto al basso “Non ho chiesto il suo parere, signorina Duvall”.

“Ma..” ribatte.

“Quando vorrò sapere cosa pensa, glielo chiederò” insiste la dottoressa “Voi due” indica le ragazze “Voglio la vostra versione”.

“Mi è saltata addosso come un selvaggia” spiega Savannah.

Che esagerazione.

La dottoressa le fa segno di tacere e guarda Julianne “La tua versione?”.

Lei si tampona con la manica la guancia graffiata “Non faccio la spia” mormora. Savannah spalanca la bocca sorpresa e leggermente confusa.
Sapevo che si sarebbe rifiutata di accusare qualcuno, è fatta così. Finirà solo lei nei guai e non è giusto, qualcuno deve difenderla e quel qualcuno voglio essere io.

“Savannah le ha rovesciato addosso un frullato” mi intrometto.

Entrambe le ragazze mi guardano male.

“Grazie, signor Anderson, ma non l'ho chiesto a lei” mi risponde la Dawson con calma. “Venite con me, tutte e due” indica la porta con un cenno della testa e le due ragazze la seguono fuori.

 

 

Il resto del pranzo scorre senza ulteriori risse o colpi di scena. Entrambe le ragazze non tornano più in mensa e nessuno sembra voler parlare d'altro. La maggior parte degli studenti simpatizza per Julianne, mentre solo le cheerleader sono dalla parte di Savannah. La cosa su cui sono tutti d'accordo è che è stata la migliore lite dell'ultimo anno.

Al suono della campanella la storia passa un po' in secondo piano e ognuno si dirige verso la propria attività pomeridiana.

Mi incammino per i corridoi alla ricerca di Julianne e la trovo seduta davanti ad un cavalletto, nell'aula d'arte. È la classe più luminosa e spaziosa di tutto l'edificio scolastico, ci sono tre enormi finestre che inondano la stanza di luce naturale. Al centro c'è un tavolino su cui viene appoggiato il modello da ritrarre e intorno ad esso sono disposti numerosi cavalletti e sgabelli di legno. Ai lati della stanza, ci sono diversi armadietti e ripiani pieni di utensili e pitture varie.
Lei siede davanti al cavalletto meglio illuminato, ha i capelli bagnati raccolti sulla cima della testa, indossa dei pantaloncini della tuta grigi e una maglia sformata della squadra di baseball. Ha l'aria di essersi tuffata nel cesto degli oggetti smarriti e di esserci uscita con i vestiti migliori che poteva trovare. Nonostante il completo stravagante è comunque stupenda.

Busso sullo stipite della porta, facendole alzare lo sguardo. “Posso?”.

“Se dicessi di no, andresti via?” domanda colpendo la tela con il pennello.

“No” ammetto entrando nella stanza e chiudendo la porta “Ma puoi sempre provarci”.

“Sarebbe fiato sprecato” intinge il pennello e non mi guarda.

“Sei finita nei guai?” chiedo avanzando.

Scuote la testa. “No, solo un lavoretto socialmente utile che devo fare con la tua amichetta”.

Il tono astioso con cui lo dice mi fa scappare un sorriso. “Non è la mia amichetta”.

“Su questo ho dei forti dubbi” ribatte con forza, colpendo la tela.

Questo limbo mi ha stancato, è ora di mettere le cose in chiaro. “Ieri sera sono uscito con Lip, non con Savannah” ammetto.

Alza finalmente lo sguardo, ma solo per incenerirmi “E ci dovrei credere”.

Mi siedo sullo sgabello accanto al suo “È la verità, Jay”.

“Non è quello che ha detto tuo padre ieri sera” ribatte.

“Lo so” asserisco “Gli ho detto che andavo da lei per farti arrabbiare”. Ammetterlo ad alta voce è anche più patetico.

Smette di dipingere e mi fissa. Ha l'aria arrabbiata e allo stesso tempo molto triste. Vorrei abbracciarla e scacciare via quell'espressione dal suo bellissimo viso.

Appoggia il pennello con cautela, si gira e mi molla uno schiaffo sonoro sulla guancia. Nell'aula vuota, il suono rimbomba sulle pareti. “Sei un cretino”.

“Perdonami” la supplico.

Le trema il labbro inferiore. “Sei proprio un coglione”.

“Mi dispiace, Jay” le sussurro.

Lei scuote la testa e stranamente comincia a ridere. Una risata nervosa, non una felice. “Posso sapere cosa ho fatto per meritarmi questo patetico sotterfugio?”.

“Ieri, dopo quello che ha detto Giselle, volevo parlarti e tu sei sparita tutto il giorno. Ho pensato che mi stessi buttando fuori dalla tua vita come ogni...”.

Mi colpisce di nuovo, con più forza “Sei un coglione!” sbraita.

Alzo la voce per sovrastare i suoi insulti “Ogni volta che qualcosa non va, tu mi tagli fuori. Non mi dici mai se stai male o se sei turbata”.

Prova a colpirmi di nuovo ma prima che lo faccia le afferro il polso. “Con me non devi fingere, puoi essere te stessa” prova a colpirmi con l'altra mano, ma le afferro anche l'altro polso “Non voglio che mi dici cosa ti è successo”.

Smette di dibattersi e si blocca. “No?” sussurra.

Le libero i polsi e intreccio le dita con le sue. “Non devi dirmi cosa ti è successo se non vuoi, ma devi capire che io non me ne vado per nessuna ragione. Non mi interessa come sei diventata ciò che sei, mi piaci così e non ti vorrei in nessun altro modo”.

Quando finalmente mi guarda negli occhi, il suo sguardo è vulnerabile e spaventato a morte. Le sposto una ciocca umida dietro l'orecchio “Mi dispiace per quello che ho fatto, davvero. Ho ragionato come un'idiota e mi dispiace. Mi perdoni?”.

Sfila le dita dalle mie e si allontana. Per un secondo, la paura mi si arrampica sulla schiena, schiacciandomi i polmoni. Non può lasciarmi. Non potrei sopportarlo. Non lasciarmi.
Si gira, inzuppa la mano nel barattolo della pittura verde, si rigira e me la spalma su tutta la faccia con movimenti regolari. “Sei un cretino. Vicino alla parola cretino, nel vocabolario, hanno appiccicato la tua foto” ricarica la mano di un altro colore e me la spalma di nuovo sul viso “Non solo ti sei comportato da ragazzina ormonale e stronza, ma mi hai anche mentito e io odio le bugie”. Lascio che si sfoghi e che mi riempia la faccia di pittura, perché fa bene a lei e sopratutto me lo merito. “Dopo che la regina di tutti gli inferi ha sbandierato la mia vita privata ai quattro venti, invece di aspettare che tornassi a casa da Dottie, dove tra l'altro dovevo andare indipendentemente dall'umiliazione pubblica, hai pensato bene di farmi credere che fossi andato dalla tua ex per giocare al salto della quaglia. È corretto?”. Annuisco e lei cambia colore. “Ma tu non ci sei veramente andato, volevi solo che credessi che ci fossi andato, il che credo che sia anche peggio”.

Annuisco di nuovo e lei smette di dipingermi. “Bene, volevo solo essere sicura di non essermi persa nessun passaggio”. Si china in avanti, mi allaccia le braccia al collo e appoggia le labbra sulle mie. Mi coglie così di sorpresa, che per un secondo mi sembra di sognare. “Però per qualche maledettissima ragione, anche dopo questo sotterfugio da ragazzina, continui a piacermi un sacco”. Mi stringe a sé riempiendosi di tutti i miei colori e ridandomi il diritto di respirare. Mi passa le dita tra i capelli e approfondisce il bacio.

Non c'è che dire, mi piace un sacco anche lei.

“Non mi piacciono le bugie” esala staccandosi. Ha le labbra tutte colorate.

“Lo so” le sfioro la guancia dove c'è il graffio di Savannah.

“Mentimi un'altra volta e sarà l'ultima” sentenzia seria.

Non ci sarà una prossima volta. “Te lo prometto, niente bugie” le assicuro.

“Bravo” si avvicina di nuovo e ricomincia a baciarmi. Mi stringe il collo con le braccia e io la tiro a me, stringendole i fianchi. La sua bocca si muove con passione sulla mia e io ricambio il bacio, voracemente, avvolgendola con le braccia e accarezzandole la schiena. Mi è mancato da morire poterla baciare.

“Fermo” mi appoggia le mani sul petto e mi allontana “Vorrei parlarti di alcune cose, se ti va di ascoltarle”.
“Si, certo” affermo “Però prima posso lavarmi la faccia?”.

“E perché mai? È uno dei miei lavori migliori” afferma seria.

“È ovvio che lo sia, sei partita da una tela che è uno spettacolo” mi indico la faccia.

Lei ride di gusto, riempiendo la stanza.

Un suono meraviglioso che mi era mancato più di tutto.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alexa_02