Per Sempre?
“Sara,
non so come ringraziarti! Davvero, non
so come hai fatto a trovare il tempo per me visto che mancano pochi giorni alla
laurea”.
Giulio
e Sara escono dalla gioielleria più famosa della città in fretta, per evitare che
qualche conoscente li veda in quel negozio un po’ sospetto e si recano verso il
bar più vicino. “Il minimo che possa fare è offrirti qualcosa al bar” aggiunge
lui, cedendole il passo per farla entrare prima di lui.
Sara
si guarda intorno, sceglie un posto molto lontano dall’entrata e gli fa cenno
di seguirlo.
“Grazie
ma muoviamoci, mi sento in colpa, Elena sa che sono in giro per le ultime cose
e che tu sei in ufficio” gli ricorda.
“Quando
scoprirà il motivo capirà” replica lui, sorridente anche se un po’ nervoso.
Sara
lo guarda, si concentra sugli occhiali tenuti un po’ più in basso del solito e
sul rossore del suo viso che non lo ha abbandonato da quando, entrato in
gioielleria, ha detto “Vorrei prendere un anello di fidanzamento”.
“Non
riesco ancora a crederci! Chiederai a Elena di sposarti, è... Ti giuro, sono
super emozionata”.
Solo
il giorno prima si era ritrovata un Giulio alquanto emozionato sulla soglia di
casa che le aveva annunciato di doverle parlare di una cosa importante.
“Voglio
chiedere a Elena di sposarmi, che ne pensi? Stiamo insieme da quasi cinque
anni, lavoriamo entrambi, ho ereditato la villa di mia nonna, sembra tutto
perfetto” le aveva spiegato, agitato, torturandosi le mani.
In
un secondo, Sara aveva rivisto davanti a sé una Elena ventunenne che le
annunciava di essere stata invitata a cena da uno dell’ultimo anno di
architettura che aveva conosciuto ad una festa di una parente, alquanto
emozionata perché non le era mai successo prima di quel momento e non sapeva
cosa mettere...
Ed
ora erano lì, cinque anni dopo, ancora insieme, con lui che sognava di
diventare suo marito.
“Giulio”
gli aveva risposto, “A me non frega della villa, del lavoro... La ami? Al cento
per cento?”.
Giulio,
invece di rispondere verbalmente, lasciò che una lacrima gli solcasse il viso
magro e annuì, sorridendo.
Quel
gesto aveva toccato profondamente Sara, tanto che gli aveva dato la sua
approvazione e si era offerta volontaria per andare con lui a prendere
l’anello.
“Non
voglio programmare nulla, comunque. Quando me lo sentirò glielo chiederò” dice
Giulio, senza smettere di pensare al bellissimo anello d’oro bianco che ha
appena acquistato.
“Ottima
decisione” approva Sara.
Ordina
un Crodino e pensa che nessuno l’ha mai invitata a cena fino a quel momento, ma
decide di fare finta di nulla e aspetta che arrivi l’ordinazione.
Fare
finta di nulla con la sua migliore amica sarà dura ma dopotutto le aspettano
dei giorni impegnativi che la terranno lontana dalla tentazione di spifferarle
tutto.
Il
quindici febbraio si annuncia soleggiato, tranquillo, senza nemmeno una nuvola
all’orizzonte.
Elena,
Sara, Gaia, Amelia, Giulio e tanti altri non sanno che nel giro di pochi giorni
le loro vite saranno sconvolte.
In
effetti, però, bisogna dire che questa stessa mattina Elena pensa proprio alla
sua vita e a quanto sia diventata piatta, calma, negli ultimi tempi.
Ci
pensa alla fine delle lezioni, quando le tocca aspettare l’autobus per tornare
a casa e prepararsi per la seduta di laurea della sua migliore amica.
Pensa
a Sara, alla gioia di potersi finalmente definire medico e a tutte le avventure
che l’aspetteranno, al viaggio che le regalerà la sua famiglia...
E
lei? Lei ormai è diventata una macchina: lavoro a scuola, lavoro a casa, uscite
a cena col fidanzato o a casa con lui, rare uscite con qualche amica.
Sospira
mentre guarda il paesaggio dalla finestra dell’aula insegnanti e si volta solo
quando ascolta il rumore dei passi di qualcuno alle sue spalle.
E’
Damiano, il docente di scienze che ha un paio di anni in più di lei.
“Anche
tu finisci alla quarta oggi, giusto” esclama. “Emozionata per la tua amica?”.
Lei
annuisce, sorridendo.
“Ma
aspetti l’autobus?”.
“Sì”.
“Ma
dai! Vieni, ti accompagno io”.
“Davvero?”.
Senza
darle modo di replicare, Damiano annuisce e si avvicina con sicurezza al suo
cappotto appoggiato sull’attaccapanni della sala insegnanti, lo prende e le fa
cenno di indossarlo mentre glielo regge.
“Grazie!
Mi ricordi il parrucchiere quando mi aiuta per non rovinare la piega” ridacchia
lei, per poi voltarsi e sorridergli.
“Volevo
essere gentile...”.
“Lo
sei troppo! Se non fosse per te mi annoierei a morte in questa gabbia di
matti”.
“Shh,
andiamo prima che la boss ci fermi e
ci informi su qualche riunione appena spuntata”.
La boss non è altro che Gentilina Costanti, la
funzionaria della vicepreside a cui piace comportarsi come se fosse la
dirigente della scuola e, perché no, anche della città.
Ormai
vicina ai sessanta anni, incarna lo stereotipo della lavoratrice single a cui
piace torturare i dipendenti per il puro scopo di sentirsi superiore e
aumentare il suo ego.
Fino
a Dicembre, Elena e Damiano sono stati il suo bersaglio preferito: giovani e a
modo, avevano commesso l’errore di deluderla ponendosi in maniera sempre
gentile ed efficiente, non dandole modo di rimproverarli con frasi fatte come
“Ah, questi giovani di oggi!”, quindi la sua soluzione era stata diversa,
torturandoli in un modo alternativo quale il riempirli di impegni con riunioni
con cui spesso non avevano nulla a che vedere.
Spensierati
come non mai, i due colleghi si affrettano a raggiungere la Renault grigia di
Damiano, Elena sale in auto e mette la cintura.
“Ricordi
quando ti ho dato un passaggio qualche settimana fa?” domanda lui mentre mette
in moto.
“Sì”.
“Avevi
lo stesso profumo che hai oggi... E’ rimasto in auto, non si toglieva, e mia
madre si è illusa che ci avessi fatto salire una ragazza” spiega, sospirando.
Elena
lo guarda di sbieco e si porta una mano alla bocca.
“In
effetti hai fatto salire una
ragazza”.
“Elena,
hai capito”.
Sì,
Elena ha capito e non dice nulla, non aggiunge nulla perché non sa cosa dire.
Damiano
ha compiuto da poco ventotto anni e ha lasciato la sua ragazza storica da un
paio di anni e Elena non capisce come possa essere ancora solo.
Ogni
tanto, tra un caffè e un consiglio di classe, le racconta di appuntamenti
andati male e di speranze fallite e lei non riesce a capire il perché.
Certo,
è un po’ troppo fissato con alcuni programmi scientifici e all’inizio sembra
chiuso e non proprio simpatico, ma dopo un po’ riesce a dimostrare la sua
simpatia e il suo buon cuore.
Vorrebbe
tanto chiedergli come ha fatto a capire di dover chiudere la storia con la sua
ex ma qualcosa la frena, anche se non sa bene cosa.
“Oh,
il fioraio! Mi fermi qui? Ritiro il bouquet” esclama poco dopo, rompendo il
silenzio creatosi durante il tragitto che separa la cittadina in cui lavorano
da quella in cui abitano.
“Certo.
Dai, vengo con te, sono curioso”.
“Cosa?
Ma no, abito qui vicino”.
“Che
c’entra, ho detto che sono curioso!”.
In
pochi istanti, così, si ritrovano nel piccolo negozio profumato della signora
Ida, venditrice di fiori ufficiale per tutte le occasioni importanti della
famiglia di Elena.
“Elena!
E’ appena passato Giulio” le dice semplicemente, tuttavia sorridendo.
“Cosa?”.
“Sì,
ha pagato tutto e ha preso i fiori”.
Scioccata,
Elena guarda la signora con insistenza, come se Giulio potesse spuntare da un
momento all’altro con i fiori in mano.
“Ma...
Ma volevo vederli, scrivere il biglietto!”.
“Lo
ha preso e lo ha lasciato in bianco così lo scrivi tu. Dai, ti ha fatto un
favore, non te li devi trascinare da casa alla seduta!”.
“Certo,
certo”.
Senza
sapere cosa aggiungere, la ragazza saluta Ida e si avvia fuori il negozio, con
un sospiro.
“Io
lo so che lo fa per aiutarmi ma sa che quando si tratta di Sara devo
sbrigarmela io! Voglio dire...”.
E’
così presa dal suo monologo che non si rende conto di star parlando da sola.
Lo
realizza solo quando, vicina all’auto, nota che è chiusa e che di Damiano non
c’è traccia.
Scuote
il capo come per scacciare una mosca, si gira e vede che il suo collega ora sta
uscendo dal negozio.
Ha
in mano un semplice girasole adornato con un nastrino e lo guarda incuriosita.
“Hai
un appuntamento e non me lo hai detto?” domanda.
“Ma
no! Per te”.
Le
porge il girasole e accenna un piccolo sorriso prima di fare finta di nulla e
aprire lo sportello dell’auto con il telecomando.
“Damiano,
cosa...?”.
“Non
ti piace?”.
“Certo,
ma, sai...”.
“Elena,
è un semplice girasole” la liquida, scrollando le spalle.
Di
nuovo, lei non sa cosa dire e preferisce rimanere in silenzio.
E’
ancora turbata, vorrebbe dire tante cose a Sara ma non può perché è il suo
grande giorno e niente che non sia pertinente alla laurea deve infastidirla.
E’
tornata a casa, si è cambiata d’abito ed è andata dalla sua migliore amica,
giusto in tempo per aiutarla a vestirsi e a sistemare gli ultimi dettagli.
Ovviamente
Sara è in uno stato di panico fin troppo composto, anche se le tremano le mani
e spesso non riesce a dire una frase senza interrompersi o balbettare.
“Perché
tu eri diversa alla tua laurea, perché? Me lo ricordo, non balbettavi, eri
calma!”.
“Io?
Ma sei scema? Ero nervosissima!”.
“Non
è vero! Eri tranquilla!”.
“Sara,
smettila, siediti”.
Quasi
con la forza, Elena le fa segno di prendere posto sulla sedia vicino la
scrivania dietro cui ha preparato tanti esami e le poggia le mani sulle spalle,
guardandola dritta negli occhi e piegandosi sulle gambe per starle di fronte.
“Sei
una grande. Hai preparato esami il cui solo nome è impossibile da ricordare per
me e ti stimo da morire. Sei diventata una donna meravigliosa, responsabile, sei
un esempio per me. Oggi andrai lì, metterai k.o. la commissione e tornerai qui
vincitrice, ok?” esclama, seria più che mai.
“Ma
sei cretina, vuoi farmi piangere?” esclama Sara, prima di sventolarsi il volto
con una mano e appoggiarsi sulla spalla della migliore amica.
“No!
Dai, calma, andrà tutto bene”.
“La
fai facile, tu sei una di loro”.
“Ma
stai zitta!”.
Quando,
un anno e mezzo prima, era toccato a Elena laurearsi, Sara aveva passato tutto
il tempo della discussione a piangere per l’emozione, ma per Elena è diverso.
Non
piange, non a dirotto come Sara, almeno.
Ha
gli occhi lucidi mentre scatta delle foto, poi torna al suo posto, incrocia le
mani come in segno di preghiera e ascolta il discorso introduttivo che ormai sa
quasi a memoria, prima che il relatore inizi a fare le solite mille domande.
Si
tortura le mani, studia le reazioni dell’amica, osserva la commissione
interessata e in cuor suo già l’immagina con il camice bianco mentre salva il
mondo.
Sara
salverà il mondo proprio come ha salvato lei da ragazzina, l’ha trascinata con
sè in un mondo di avventure ordinarie che, però, ai loro occhi erano
eccezionali, come il seguire quelli dell’ultimo anno alle feste di fine anno
per provare a farsi invitare a ballare o ripassare qualsiasi materia al
telefono mentre si mettevano lo smalto.
Quali
saranno le loro future avventure?
Già
si vedono poco, cosa succederà ora?
Elena
non ci vuole pensare e si volta verso i genitori dell’amica, che le chiedono
“Come sta andando?” come se lei ne capisse qualcosa.
Tuttavia
alza il pollice in segno positivo e fa l’occhiolino, beandosi della fierezza
che legge nei loro volti.
Alla
sua destra, Giulio le cinge le spalle con un braccio e ogni tanto le lascia
qualche bacio sulla tempia.
“Ricordi
quando c’eri tu al suo posto? Ero in prima fila. Ricordi la spa dove siamo andati per festeggiare?”.
“Giulio,
sto ascoltando”.
“Lo
so che sei arrabbiata per i fiori ma credevo di aiutarti”.
Come
ogni volta che è arrabbiata, Elena non risponde e continua ad ascoltare Sara.
“Tanto
so come farmi perdonare... per sempre”.
“Inizia
tacendo”.
“Inutile,
più fai così e più...”.
Non
potendone più, Elena si alza e raggiunge Chiara, la sorella di Sara, che sta
riprendendo il tutto alzata, sulla destra dell’enorme sala.
Il
giorno dopo Elena è a casa di Sara, pronta ad aiutarla e a prepararsi con lei
in vista della festa.
“Dai,
raccontami qualcosa! Qualche dettaglio di ieri che mi sono persa!” le chiede la
neo dottoressa, ormai raggiante visto il 107/110 strappato alla commissione e
l’ansia che è andata via.
Elena
ci pensa su e controlla lo stato della maschera che si sono spalmate entrambe
sul viso qualche minuto prima, per poi immergere i piedi in una bacinella piena
di acqua calda visto che il pedicure è lo step successivo.
“Beh,
Amelia è venuta alla fine, ma se ne è andata, mah” borbotta.
“Davvero?”.
“Sì.
Tra l’altro era tutta strana, sembrava diversa”.
“Ma
è diversa, sempre cupa, pensierosa, non è più la stessa del primo anno”.
“Mi
sembra di essermi persa tanto, sai? Ho costruito un mondo a Roma ma ormai è
scomparso, non mi è rimasto nulla, mentre voi qui avete comunque un minimo di
conoscenze, vi mantenete in contatto, non siete estranei”.
“Ma
piantala!”.
Sara
non sopporta quando Elena critica qualcosa del “suo mondo” ma in cuor suo pensa
che si sia persa qualcosa, come l’esperienza Erasmus e certe feste spettacolari
a cui non è andata per stare con il fidanzato.
“Comunque,
rivedere Gaia sarà strano” aggiunge l’altra, dando voce a un pensiero che la
tormenta da quando ha saputo della reunion.
“Perché?”.
“Lo
sai, il perché”.
“No”.
“Sara...
Sai che ha il potere di mandarmi il tilt, farmi dire cose stupide e far uscire
la ragazzina che è in me. Inoltre, il fatto di avere solo Giulio oltre te come
persona che conosco bene ed eventualmente potrebbe distrarmi non aiuta”.
“Ancora?
Abbiamo quasi ventisei anni, non diciotto, smettila! E poi tra tutte noi tu sei
quella messa meglio, quindi...”.
“Cioé?”.
Sara
alza gli occhi al cielo e, per tenere le mani impegnate, lega i capelli in una
coda scomposta.
“Hai
tutto. Laurea, lavoro, fidanzato. Gaia bada solo a questo e ciò la farà sentire
inferiore. Non lo sopporta, mi chiede sempre di te”.
Elena
si lascia scappare una risata vuota e fa un cenno negativo in modo solenne.
“Ma
magari, Sara, magari. Mai come ora mi sento... Vuota”.
“Cosa?”.
Vorrebbe
dire che sente di non aver fatto tante cose, di vivere giorni in cui si sente
oppressa da tante situazioni ma si limita a sorridere e a darsi della stupida.
“Niente.
Tu, piuttosto, hai più sentito il laureando che ti mandava messaggi?” cambia
argomento.
L’espressione
di Sara cambia repentinamente e si lascia scappare un sospiro pesante.
“No.
Lo faceva solo per avere info, non mi ha fatto nemmeno gli auguri. Sono stanca!
Stanca, davvero. Ti rendi conto che in sei anni di università ho solo avuto
frequentazioni brevi e spesso assurde? Che fine hanno fatto i ragazzi gentili e
carini?”.
E’
brutto vedere Sara in quelle condizioni ed Elena se ne pente amaramente, tanto
che ha un’idea che potrebbe cambiare il corso dei fatti in poco tempo.
“E
se facessi venire qualcuno di interessante, stasera?” propone audacemente, prendendo
già il cellulare.
“Eh?”.
“Shh,
ho già fatto”.
“Elenaaaaaaaaa!”.
Damiano
si sente stupido più che mai quando si ritrova nell’enorme salone adibito a
festa al seguito di una Elena fin troppo elegante.
Si
sentiva già stupido a causa dell’episodio del girasole, ma essere lì, in quel
contesto pieno di sconosciuti lo fa sentire peggio.
Perché
Elena lo ha invitato?
Gli
ha inviato un messaggio, così l’ha chiamata per spiegazioni e alla fine si è
lasciato convincere.
“Domani
è anche il nostro giorno libero, dai, vieni” gli ha detto, ed ecco che cinque
ore dopo se l’è rirovata di fronte con un mini abito verde bottiglia e delle
scarpe dal tacco vertiginoso, in totale contrasto con lo stile bon ton e
semplice a cui è solita affidarsi a scuola.
Non
ha saputo dir di no, era curioso e, sì, voleva vederla in un contesto più
informale, ma gli basta vedere un trentenne che prende la sua collega per mano
per pentirsi all’istante.
“Giulio!
Un secondo, lui è un mio collega, un attimo che lo accompagno da Sara” esclama
la ragazza rapidamente, separando la sua mano da quella dell’uomo e prendendo
lui sottobraccio.
“Giulio?”
domanda semplicemente.
“Beh,
sì. Voglio farti conoscere Sara!”.
Improvvisamente
Damiano fa due più due e si blocca, facendo bloccare di scatto anche Elena.
“Elena...”
sbotta, incredulo come non mai.
“Cosa?”.
“Qual
è il tuo secondo fine? Presentarmi la tua amica?” domanda, fregandosene della
gente che passa vicino a loro e che quasi si scontra con loro.
Nervosa,
Elena si morde un labbro e lo guarda negli occhi.
“No,
cioè, forse sì. Non proprio...”.
“Elena!”.
“Senti”
esclama, trascinandolo in una zona un po’ più tranquilla, lontana da urla e
risate chiassose, “Sarei felice di farti conoscere Sara ma anche di averti come
supporto. Non ho molti amici qui e sto per rivedere gente del mio liceo che non
vedo da anni, noi ci vediamo tutti i giorni e ormai... Non lo so, mi sono
illusa di esserti amica”.
“Non
aggiungere altro, va bene” concorda il professore, sorridendole.
Si
caccerà in un pasticcio, lo sa, ma al momento non riesce ad essere obiettivo.
E
il suo fidanzato, si chiede, non può aiutarla?
Troppo
offuscato dalla prospettiva di essere stato invitato, in fin dei conti, davvero
perché le fa piacere, la segue tra dozzine di persone vestite in maniera formale
che sorseggiano drink vari presi da uno dei vassoi che circolano grazie a degli
appositi camerieri.
Lo
stile della festa sembra molto risaltare quello di un party anni ’20, con i
mobili ereditati dalla nonna di Sara, un elegante piano all’angolo dell’enorme
stanza e le tende rosso e oro.
Elena
prende due calici di spumante e ne passa uno al collega mentre individua la
chioma rossa della sua migliore amica, bellissima in un lungo abito blu notte
che le lascia le spalle scoperte.
Poi
esita: un gruppo di persone si è appena tolto dalla sua visuale ed ecco lì Gaia
che parla e ride animatamente con Sara.
Deglutisce,
sforzandosi di non sudare per il nervosismo e si volta verso Damiano.
“La
vedi quella bionda con il vestito rosso? E’ la mia... nemica del liceo, non la
vedo dal giorno in cui sono usciti gli esiti dell’esame di maturità. Se faccio
la scema sai il perché” spiega.
Vede
l’uomo guardarla in maniera diversa, quasi come se volesse guardarla dentro per
capire il perché di quella definizione – “nemica” – e come se ora si stesse
rendendo conto della sua complessità, ma lui annuisce e le sfiora una spalla.
“Coraggio”
sussurra.
Elena
prende un bel respiro, fa un passo ma viene bloccata dall’ennesimo “Elena!” di
Giulio.
Ovviamente
quel mezzo urlo ha attirato l’attenzione dei vicini, Sara e Gaia incluse.
“Oh,
ma guarda chi c’è, la professoressa di lettere!”.
Possibile?
Non
si vedono da quasi sette anni e Gaia esordisce così, in un modo totalmente
privo di buonsenso?
Elena
si volta di scatto e prende automaticamente Giulio per mano.
“Oh,
Gaia! Quasi non ti riconoscevo!” replica, cercando di non balbettare.
Gaia
fa un sorriso ammaliante e si toglie una ciocca bionda dal viso.
“Perché?
Sembro più grande? Non siamo più delle diciottenni, dopotutto. Devo dire che
anche tu sembri più... Matura”.
“No,
veramente stavo per dire che sembri più in carne, ma hai ragione, sì, anche tu
sembri più matura”.
Sara
sgrana gli occhi e quasi si tuffa tra quelle due, mentre i due ragazzi guardano
la scena sbalorditi.
“Ragazze,
piano, limitiamoci a fare delle battutine innocue, ok?” sbotta, fingendo una
calma che non possiede affatto.
“Sara,
nessuna battutina, promesso. Siamo ancora alle costatazioni” ribadisce Gaia,
appoggiando una mano sul suo braccio.
“Sì.
E direi che la costatazione della serata è che Sara sarà un ottimo medico!”.
Elena prende la palla al balzo, nervosissima, e alza il calice a mo’ di
brindisi, imitata dagli altri. “A proposito, lui è Damiano, il mio collega di
scienze”.
Damiano
porge educatamente la mano alla festeggiata, che la stringe, e poi a Gaia.
“Piacere”
dice quest’ultima. “Elena è così diligente che porta anche il lavoro anche
qui!”.
“Ah,
e lui è Giulio, il mio fidanzato” aggiunge Elena, dicendosi di non ascoltare.
Gaia
questa volta si limita a stringergli la mano senza commentare, seppur
squadrando l’architetto.
“A
breve anche il mio ragazzo verrà, si chiama Joele, aveva da fare ma a breve
sarà qui” dice subito dopo, nervosa.
“Non
vedo l’ora di conoscerlo” dice Sara.
Giulio
trascina a forza Elena sul terrazzino adiacente al salone, l’unico posto
tranquillo dell’intera festa visto che fuori si gela.
“Stai
bene?” le chiede, sussurrando.
Elena
annuisce e, per il freddo, si stringe a lui, nonostante indossi il cappotto.
“Scusami,
la presenza di Gaia mi ha turbato” spiega.
“L’ho
notato. Ma tu sei forte, non sei come lei. Tu sei unica, lei è solo una
biondina attaccata al passato, tu hai un presente favoloso, che te ne frega?”.
“Favoloso,
sì” ribadisce, seppur sentendosi un po’ bugiarda.
Se
il suo presente è così favoloso perché si sente così, con lo stomaco in
subbuglio e una sensazione di vuoto sotto ai piedi?
Alza
lo sguardo e Giulio si abbassa verso di lei, baciandola con una dolcezza
infinita.
Abituata
com’era ai baci dei liceali, baciare Giulio era stata una novità, all’epoca.
Niente
più baci sbrodolosi, di ragazzini che ti ficcano la lingua in bocca senza un
motivo preciso, che provano a tutti i costi a far scendere la mano verso il tuo
sedere o, peggio, sotto la gonna.
Quando
l’aveva baciata per la prima volta, Giulio era ormai un venticinquenne che
sapeva quel che faceva, l’aveva sempre fatta sentire una principessa ed era
sempre stato dolce e premuroso.
Elena
ricambia il bacio per qualche istante ma poi si separa.
“Scusami
ancora”.
“Non
devi scusarti, Elena”.
“Sì,
anche per ieri, per i fiori...”.
“Ti
conosco ormai, amore. Se mi fai capire perfettamente che una cosa ti dà
fastidio significa che non è tanto grave, le cose peggiori me le tieni
nascoste, è in quei casi che mi preoccupo”.
“Mi
conosci bene...”.
Queste
parole sono come un colpo al cuore perché, sì, Elena sa di star nascondendo
qualcosa.
Non
sa proprio cosa, è una sorta di malessere generale che si acuisce solo in
determinati momenti, ma al momento è troppo cieca per rendersene conto.
“Troppo.
E tu conosci me. Sarà per sempre così”.
“E’
la seconda volta che dici “per sempre” da ieri”.
Qualcosa
scatta in Giulio.
C’è
una bellissima luna piena, il cielo stellato, sono ad una festa, stesso
contesto dove si sono conosciuti anni prima...
D’istinto,
allontana Elena con garbo e fruga nella tasca interna della giacca.
“Ti
servono i fazzoletti?” chiede lei. “Li ho io...”.
“No,
no”. Giulio prende la scatolina e la apre, con il diamante che brilla come un
faro nella notte. “Dico sempre per sempre
perché so che saremo insieme per sempre, questi cinque anni ce lo hanno
dimostrato. Elena, amore mio, mi vuoi sposare?” chiede, sorridendo speranzoso.
“Sara,
scusami...”.
“Elena,
che succede...?”.
“Non
dovevi dirgli di no”.
Elena
si volta di scatto verso Gaia che la guarda con grande aria di rimprovero.
“Come...?”.
“Stavo
entrando in terrazza e ho visto tutto, l’anello, il tuo no... Hai tutto e non
te ne rendi conto, sei una pazza!”.
“Ti
sbagli, non ho l’amore!”.
Elena
urla ciò con tutto il suo cuore e si guarda intorno: Sara, Gaia, Damiano la
guardano senza capire, c’è anche Amelia.
Sembrano
confusi, increduli, e lei, che sente il cuore che quasi le sta uscendo dal
petto, non trova altra via d’uscita che fuggire con gli occhi pieni di lacrime,
sotto lo sguardo di mezza sala.
“Onestamente,
mai avrei detto che lei potesse essere protagonista di una dichiarazione coi
fiocchi al chiaro di luna”.
“Non
siamo più le stesse” sussurra Amelia con la voce spezzata da uno strano senso
di estraniamento.
E’
quella che è stata meno presente fino a quel momento ma probabilmente ha una
visione dei fatti molto più chiara.
Sara
è senza parole, con gente che reclama la sua attenzione, così Damiano decide di
seguire Elena e provare a capirci qualcosa.
“Che
casino!”.
*°*°*°
E
rieccomi qui.
Ho
impiegato un bel po’ per finire questo capitolo ma spero ne sia valsa la pena.
Ho
a cuore le sorti di questa piccola combriccola di scalmanate e farò il possibile
per aggiornare più frequentemente.
Cosa
dire, spero sia stato un capitolo degno di nota, mi sono divertita a scriverlo.
Fatemi
sapere che ve ne sembra, sono curiosa!
A
presto,
milly.