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Autore: Kendra26    27/02/2018    4 recensioni
Scorpius e la sua prima cena dai Weasley! Viene trascinato lì dal suo amico Al, con il quale c'è qualcosa, ma ne sono tutti, assolutamente ignari. Alla Tana, trovano famiglia al completo e Molly, ultimamente, ha un po' di problemi con l'udito.
One shot breve, comica e romantica, Al/Scorpius al settimo anno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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​Ciao a tutti! Ho scritto questa one shot in due pause, mentre lavoravo. Me l'ha ispirata la nonna del mio compagno, che è quasi del tutto sorda, ma si ostina a sostenere di sentirci benissimo. E' la prima volta che scrivo del pairing Al/Scorpius, non ho molte pretese, ma mi piaceva l'idea di descrivere un quadretto famigliare in cui è inserita una relazione appena nata e ancora nascosta. Ringrazio, come sempre, la mia MERAVIGLIOSA beta, Pally93, che trova sempre il tempo di leggere le mie stramperie, mi sprona e mi motiva. Sempre!

Enjoy! 

K. 


ACT NATURALLY
 


Fuori dalla Tana è abbastanza buio, per essere solo le sei di sera. Scorpius si guarda intorno con sdegno, tanto sa bene che l’amico non riesce a vederlo, nell’oscurità. Sì, va bene, amico. Amico, più o meno. Non si capisce mica così bene, quello che sono loro due. A ogni modo, quello non è il momento per pensarci, eh!

«Ma sei sicuro che a loro va bene che io sia qui?»

«Scorpius, e dai, già te l’ho detto. Certo! Altrimenti non ti invitavo, no?»

«Con te non si sa mai. Sei proprio un Potter!»

«Cioè?»

«Cioè, sei avventato!»


            Albus si ferma proprio un attimo prima di bussare e si volta a guardarlo, con metà viso illuminato dalla lanterna sopra di lui.

            «Senti, comportati normalmente. Non ti mangia nessuno. Sei mio amico. Nessuno ha più nulla contro la tua famiglia. Tu non sei tuo padre, eccetera, eccetera… Va bene?»

            Scorpius scrolla le spalle, poco convinto. «Okay…. Ma tuo padre c’è?»

            «Oh Merlino, già te l’ho detto! Sì! Non ti far venire l’ansia, è una persona normalissima e già l’hai incontrato.»

            «Sì, ma sempre così di sfuggita!»

            «Lo so, ma lui ha sempre da fare. Tu preoccupati solo di mangiare, okay?» gli raccomanda Al, mentre bussa sull’uscio.

            «E’ tua nonna che ci tiene, no?»

            «Sì. Ah e c’è una cosa che non ti ho detto su di lei…»


            La frase viene interrotta dall’aprirsi della porta e il volto di un Weasley a caso (Bill? Quello con le cicatrici? È lui, giusto?) fa capolino dallo spiraglio di luce.


            «Albus!»

            Scorpius inizia ad agitarsi. Dopo tutta la fatica per non perdere la calma!

            «Al…» lo tira per la manica del maglione, sussurrando rabbioso. «Cosa? Che cos’è che non…»

            «Come stai? Entra, entra!» invita il forse Bill, con un gesto della mano.

            «Grazie! C’è anche un mio amico… Lui è Scorpius,» risponde Albus, indicandolo. «Niente,» sibila, velocemente, a mezza bocca, a Scorpius. «Non ci sente bene,» gli dice, in un bisbiglio, prima di entrare.

            «Come? In che senso? Quanto non bene?» Ormai ha l’aria terrorizzata. Lo sapeva che non doveva andare! Viene trascinato dentro quella casa bizzarra, ma rimane rigido come un palo.

            «Piacere, io sono Charlie.» Ah, pure questo qui ha le cicatrici?

            «Piacere di conoscerla. Scorpius Malfoy.» È abituato ai convenevoli, ma è comunque nervoso e il suo stato d’animo viene tradito dal tremolio della sua mano, quando stringe quella di Charlie.

            «Zio Charlie lavora con i draghi.» Ora si spiega il volto deturpato.

            «Questa,» dice e si indica uno squarcio sul viso in via di guarigione. «Me l’ha fatta un Nero delle Ebridi il mese scorso.»

            «Che carino.» Ma come, carino? Oh, Merlino!

            Albus lo guarda perplesso. «Bene, zio. Andiamo a mangiare? Ho fame!» Salvato in extremis dall’impaccio. Tanto, ce ne saranno altri, di sicuro.


            Raggiungono la sala da pranzo, gremita di oggetti e, per il terrore di ogni Malfoy, di adulti e bambini schiamazzanti. Si voltano tutti verso di loro, quando li vedono entrare.


            «Albus!» lo chiamano, chi da un lato, chi dall’altro, chiedendogli come stia, facendogli notare quanto è cresciuto e quanto il suo aspetto sia sempre più gradevole o quanto puzzi, nel caso del commento di suo cugino Hugo. Stringono la mano anche a Scorpius e i suoi compagni di scuola, nonché parte del parentado più giovane di Al, lo salutano con un cenno. Okay, fin qui tutto bene. Ma, poi, qualcosa di morbido e rosso investe il suo amico, che sparisce fra due rotoli di adipe.

            «Albus! Oh, Dei!»

            «Ciao, nonna!» Il suo tono di voce sembra provenire da uno strato di ovatta. Quando Al viene rilasciato, ha i capelli scompigliati e le gote arrossate. È carino. Non come il drago. Cioè… Ma che va a pensare?!

            «Ma guardati! Diciassette anni! Come sei cresciuto! E io mi ricordo ancora di quando eri piccolo così e mi chiamavi. “Nonna, ho fatto di nuovo la pipì a letto!” E volevi solo me, eh!»

            Si sente una risata strozzata provenire dalla poltrona dove è seduto James e altre risatine da vari cugini. E da suo zio Ron.

            «Mamma! Dai, va’ a controllare l’arrosto nel forno, meglio che non si bruci!» Almeno sua madre sta cercando di restituirgli un po’ di dignità.

            «Cuci? E ti pare l’ora di cucire, Ginny?»

            «No! L’ARROSTO! Dai, andiamo!»

            Al si volta verso di lui, con l’aria un po’ impacciata e un’espressione accondiscendente.

            «Intendevo quello. Dopo te la presento.»

            «Magari scandisci bene il mio nome…»

            «Molly ha perso un po’ di smalto, ma è ancora un’ottima cuoca. Vedrai!» Una voce alle loro spalle li fa sussultare. Un tizio con gli occh… Ma quale tizio! Quello è il padre di Al!

            «Papà!»

            «Ciao, Albus. Come stai?» Lo stringe in un abbraccio. «Come è andato il viaggio?»

            «Bene! Siamo solo stanchi.»

            «Ciao, Scorpius,» gli dice, posandogli una mano sulla spalla.

            «Buonasera, signore.»

            «Chiamami Harry, ti prego. Come sta tuo padre?»

            «Sta bene.» Non crede di riuscire a fare molta altra conversazione. «Scusi, sono… Non sono abituato a tutte queste persone.»

            Al lo fissa solidale. E qualcos’altro, ma ritiene che sia meglio non capire cosa sia.

            «Ci sono passato. È un po’ pressante, ma ci si fa l’abitudine. Non mangiano, eh!» Ancora? Deve essere una battuta di famiglia, in tanti avranno avuto lo stesso timore. «Sei il benvenuto, qui, okay?»

            Scorpius annuisce e risponde con un sorriso, già meno in imbarazzo. Si sente afferrare per un gomito.

            «Dai, andiamo a lavarci le mani.» Al lo trascina lungo il corridoio traboccante di giocattoli e bambini (non si sa bene chi sia cosa), dentro il bagno, a ridosso della vasta sala. Si avvicinano al lavandino, sormontato da un specchio con la cornice in ottone.


            «Sei sopraffatto, eh?»

            «Un po’… Sono dei tipi a posto.»

            «Ehi!» Al gli dà uno spintone, con fare giocoso.

            «Potter, sono pur sempre tuoi parenti… Non ti aspettare elogi,» sghignazza.

            Non appena l’atmosfera di ilarità si dissipa tra loro, rimangono a guardarsi, in silenzio.

            «Non vuoi lavarti le mani?» gli chiede Al, dopo qualche secondo.

            «Ah, è per quello che mi hai trascinato qui?»

            Al scrolla le spalle, con noncuranza. «E per cosa, sennò?»

            «E quello che è successo in treno?» Okay, l’ha appena istigato. Però, non è che possono continuare a far finta di niente, anche se non riesce loro nemmeno tanto male.

            «Era solo un bacetto,» gli risponde. Quello è uno sguardo di sfida, lo conosce troppo bene!

            «Non mi sembra che vai a darli in giro a tutti i tuoi amici.»

            «Mi stavi provocando.»

            «Lo so.»

            «E lo stai facendo di nuovo.»

            «Lo so.» 

            Al non riesce a reprimere un sorriso e Scorpius si avvicina lui, sempre di più. Gli posa le mani sui fianchi, un po’ timoroso, e poi lo bacia, stavolta per primo. Forse il bagno della Tana non è il miglior posto per pomiciare, ma loro ci danno dentro lo stesso. Il marmo freddo del lavandino gli preme sulle nocche, che stringono ancora i fianchi di Al. Sente la sua mano scorrergli sulla nuca e strattonargli i capelli, mentre le loro lingue si avvolgono fameliche. Non è un bacio romantico, di quelli che si danno alle ragazze, sono due adolescenti con la libido alle stelle! Spera, vivamente, che quel bagno non sia infestato da un fantasma di famiglia spione.

            Al interruppe l’interessante attività proprio mentre i loro bacini cominciano, curiosi, a strusciarsi l’uno contro l’altro. «Ci stanno aspettando…» ansima. «Non voglio che qualche cugino rompipalle venga a disturbarci. Tanto stasera dormi qui, no?»

            «Sì, ma saremo in camera con metà del gregge, di sicuro!» sbotta, mentre tenta di ricomporsi allo specchio. Che casino che gli ha fatto in testa!

            «Dimentichi che sono l’unico Serpeverde in famiglia.»

            «E allora?»

            «Ho i miei nascondigli.» Sulle labbra di Scorpius spunta un sorriso malizioso, che Al ricambia, guardandolo sornione. Non è poi così male, quella Tana.


            Tornano, tra la stessa gimcana di giocattoli e bambini, in sala, dove si siedono al tavolo. Non si sa per quale, inspiegabile motivo, Scorpius si ritrovi accanto a Molly.

            «Nonna, ti ricordi di Scorpius, il mio compagno di scuola?»

            «Chi? Che suola? Harry, ma non comprate delle scarpe nuove ai bambini?!» Molly si volta, con un’espressione apprensiva, verso il genero.

            «No, Molly. Scuola. COMPAGNO. DI. SCUOLA. Scorpius.» Harry indica il commensale accanto a lei.

            «Ah, ma certo! Scorpius! Come sei cresciuto! E come stai?»

            «Bene!»

            «Eh?!»

            «Tutto BENE!»

            «Be… Eh? Ah, bene! Tutto bene! Bravo!»

            Scorpius si volta verso Al, che tenta di non ridacchiare, e gli dà una mezza gomitata. «Ma perché non usa un corno acustico magico? Ne fanno di ottima qualità,» gli sussurra all’orecchio. Nota un piccolo segno rosso al lato del suo collo e spera che nessuno dei suoi parenti gli chieda chi sia stato l’artefice di quel succhiotto. Ci manca anche quello!

            «Abbiamo provato, ma non vuole. Si rifiuta di ammettere di non avere l’udito di una volta.»


            La cena prosegue senza troppi intoppi, se si escludono il cibo lanciato qua e là, uno gnomo da giardino canterino e un paio di tappi di bottiglia volanti in testa. Tra la quattordicesima e la quindicesima portata, Molly tira fuori uno strano aggeggio con una cornetta e un disco forato.

            «George, ascolta!»

            «Dimmi, mamma.»

            «Eh?»

            «CHE TI SERVE?»

            «Merle? Ah, no. Mi serve… Sì, guarda qui! Era di tuo padre, dice che ci si poteva chiamare qualcuno come via camino, è un marchingegno babbano.»

            «E’ un telefono,» le comunica la zia di Al, la madre di Rose e Hugo.

            «Eh?»

            All’espressione confusa di Molly, l’altra scuote il capo, facendo un gesto noncurante e sorridendole.

            «Be’, senti, lui l’aveva incantato per poter fare delle chiamate con la bacchetta, puoi vedere se ancora funziona?»


            Lo zio di Al si alza, con l’aria un po’ scocciata, ma senza smettere di sorriderle, come tutti gli altri. È evidente che i famigliari siano molto legati alla loro capostipite; Scorpius pensa alla sua, di nonna, e trova ben poche similitudini nella sua austerità.

            «Fammi vedere,» dice George, prendendole, gentilmente, quel coso dalle mani. Dopo averlo osservato e maneggiato per diversi minuti, enuncia, sottolineando ogni parola con gesti esagerati: «Facciamo una prova, allora. Mamma, io vado fuori, provo a chiamarti, tu resta qui e rispondi quando squilla, okay?»

            «Eh? Ah… Va bene!» Molly sembra essere perplessa, nonostante impugni il corno con una stretta ferrea, in attesa di sollevarlo.


            George si avvia verso la porta, oltrepassa il tavolo e si china verso l’altro zio di Al, Ron. «Dalle una mano,» gli chiede, senza preoccuparsi nemmeno di abbassare il tono della voce.


            «Capito, mamma?» dice Ron, raggiungendola. «Rispondi, quando squilla!»

            Molly si volta di scatto verso di lui, spazientita. «No, Ron! Ti ho già detto che non te la regalo, la spilla di zia Muriel! Lo sai che è un regalo del matrim-»

            «NOO! Quando SQUILLA! Quel coso!»

            «Ah, sì, sì! Non c’è mica bisogno di urlare! Ecco perché sei sempre nervoso! Non hai pazienza!»


            Gli occhi che si alzano al cielo e i capelli rossi che si scuotono sono segni abbastanza eloquenti del fatto che, forse, Ron abbia più pazienza di quel che creda sua madre. Un trillo vivace e assordante rimbomba nella stanza, portando tutti sull’attenti. Evidentemente, lo percepisce anche Molly, che solleva la cornetta, tentennante, e se la porta all’orecchio, incerta.


            «GEORGE!»

            «Mamma, non devi strillare così!» la intima Ron, cercando di allentarle la presa da quell’affare.

            «Ron, lasciami, che questo era di tuo padre, lui ci teneva e io so come funzion- GEORGE!! MI SENTI?» urla, di nuovo, strattonando il ricevitore dalle mani del figlio. Dopo qualche secondo, Molly assume un’espressione raggiante.

            «SI’! MI SENTI? EH? UNA TRIGLIA?»

            «Ma di che parla?» chiede Harry a Ron, perplesso.

            «Che vuoi che ne sappia io?» Entrambi puntano gli occhi, di nuovo, verso di lei, che sembra continuare, entusiasta, la sua conversazione a colpi di asserzioni gridate.

            «Secondo me quel coso non funziona, eh.» I volti dei commensali si girano, all’unisono, verso George, che è appena rientrato in sala e si guarda intorno, grattandosi la testa con la bacchetta.

            «Ma, allora, con chi parla mamma?» chiede Ron, allarmato.

            «E che ne so! Io sono qui!»

            «MAMMA!» urlano i figli presenti in coro, accorrendo verso di lei. Anche Harry, per solidarietà o, forse, abitudine, si alza in fretta, passandosi le mani nei capelli, e si avvicina a Molly.

            «ASPETTA UN ATTIMO, CARO! Che c’è? Sto parlando con George!»

            «Mamma, ma io non sono al telefono!»

            «George! E allora, chi è ch-» Harry arriva, fulmineo, a strapparle la cornetta dalle mani per portarsela all’orecchio. Hermione (si chiama così, vero?), dall’altro lato del tavolo, lancia un incantesimo che fa risuonare la voce del misterioso interlocutore nella sala.

            «Incantesimo vivavoce. Sono curiosa anche io,» chiarisce, alzando le spalle. Per tutta quella scena improbabile, Scorpius non riesce a far altro che rimanere seduto, sbigottito, a guardare. Si rende conto che anche Al è intento a osservare la sua famiglia, ma con un’espressione più rilassata, come se se la stesse godendo un mondo. Sente, lieve, la sua mano sfiorargli le spalle da dietro la sedia e appoggiarsi sulla sua schiena. Basta quel piccolo gesto per mandarlo un po’ su di giri.

            «Pronto?» dice Harry, nel ricevitore.

            «Pronto, buonasera? La signora è sua madre? È molto simpatica!»

            «No, è mia suocera. Lei chi sarebbe?»

            Nel frattempo Molly, alle spalle di Harry, tenta di reimpossessarsi dell’oggetto babbano, borbottando qualcosa sul suo defunto marito e figli ingrati, ma viene repentinamente bloccata da Charlie e Ron.

            «Sono Aaron Smith, della Wright Assicurazioni. Come stavo spiegando a sua suocera, ci tenevo a proporle un piano di assicurazione flessibile per l’abitazione, estendibile anche al resto della famiglia, che…»

            «Senta, la ringrazio davvero, ma, mi scusi, non siamo interessati.»

            «Ah, no? Ma la signora mi aveva det-»

            «La signora è un po’… confusa. A ogni modo, le auguro una buona serata! Arrivederci!» Harry posa il corno su una specie di forcella, attaccata al quel… Tilofono, o come accidenti si chiama.

            «Harry, caro, ma con chi stavo parlando?»

            «Con un assicuratore.»

            «Un Dissennatore?! Oh Merlino benedetto, oh c-»

            «No, mamma. Un ASSICURATORE. Un tizio che… Vabbè, lascia perdere.»  Ginny sembra arrendersi nel voler spiegare altro.

            «Vostro padre sarebbe stato così felice di usarlo di nuovo…» mormora Molly, tornando a sedersi accanto a Scorpius e voltandosi verso di lui, con l’intento di voler cambiare l’oggetto della conversazione.

            «Allora, Scorpius! Ti piace studiare?»

            Scorpius annuisce veemente, deciso a limitare l’uso della parola il più possibile.

            «Bravo! Sei così magro, però… Ti meriti doppia razione del dolce. Va bene?»

            Annuisce di nuovo, sperando che Molly si stufi presto di parlare con lui.

            «E qual è il tuo dolce preferito?»

            Accidenti. E’ finita la pacchia. «Mi piace la torta di melassa,» risponde, cercando di sillabare chiaramente le parole. D’altronde, teme di apparire maleducato, continuando a esprimersi a gesti.

            «Io?! Forse ho qualche chilo in più, ma addirittura grassa! Lo sai che non sta bene di-»

            «Nonna! MELASSA! Non grassa! La torta!» Al si precipita a calmare le acque, in procinto di diventare un po’ troppo turbolente per Scorpius, gesticolando verso il vassoio del dessert.

            «Aah! Ma certo, caro! Avrai una bella fetta!»

            «Grazie,» gli sussurra in un orecchio Scorpius.

            «Non l’ho fatto mica gratuitamente,» gli bisbiglia, di rimando, avvicinandosi al suo orecchio e soffiandogli tra i capelli. Potter, Potter maledetto! «Devi ripagarmi, stanotte.»

            Scorpius assottiglia lo sguardo e si scosta appena, per fissarlo. La lingua che si passa, lentamente, sulle labbra, deve essere una risposta abbastanza esplicita, perché Al la segue con gli occhi e le sue guance assumono un’accesa tonalità di rosa.


            «Ragazzi, il dolce!» La voce di Fleur li distoglie da quello scambio di implicazioni di natura ben poco aulica, immergendoli, di nuovo, nel caos famigliare.

            A ognuno dei partecipanti alla cena vengono servite tre porzioni di dessert, vista l’assoluta certezza di Molly che siano tutti diventati filiformi e nessuno si nutra più in maniera decente. I loro volti stanchi e satolli sono un chiaro segno che sia, per tutti, decisamente ora di andare a dormire. Scorpius, i genitori, i fratelli di Al, nonché Ron, Hermione e i loro figli rimangono alla Tana per la notte, visto che è in programma una passeggiata campestre per il giorno dopo, mentre il resto della famiglia rincasa via camino.


            «Bene, ragazzi. Allora, voi dormite in camera con Hugo e James, al terzo piano.»

            «Certo, mamma.» Al si volta verso di lui e gli fa l’occhiolino.

            «Allora, buonanotte. Non state svegli fino a tardi, mi raccomando!»

            «Promesso. Buonanotte!»

            «Buonanotte, cari!» Molly spunta dalla cucina, mentre ruota la bacchetta per asciugare una pentola fluttuante.

            «’Notte, nonna.»

            «Buonanotte, signora.»

            «Scorpius!» Viene avvolto in un abbraccio soffocante e soffice. È stato un piacere averti a cena! Mi raccomando, trattamelo bene, Al, eh?»

            «Certo,» borbotta, contro uno strato di ciccia.

            «L’ho capito, che sei il suo fidanzatino,» si sente sussurrare all’orecchio. Cosa?! Ma non aveva “perso un po’ di smalto”? Scorpius si sente avvampare e spera, disperatamente, che Al la smetta di farneticare con suo padre per le scale e lo trascini via.

            «Ehm…»

            «Io mi accorgo di tutto, sai? Sei un bravo ragazzo, sono tanto contenta!»

            «Scorp! Dai, andiamo! Sto morendo di sonno!»

            «Vai, vai.» Molly lo spinge verso le scale e lui si limita salirle in fretta. Si volta, per un ultimo secondo, verso di lei, che gli lancia un’occhiolino e gli offre un sorriso materno.

            «Scorp?» lo chiama di nuovo Al, occhieggiandolo maliziosamente.

            «Sì, andiamo.»




            “Comportati normalmente” dice lui. Fosse facile!  

 

 





 

Spero che questa one shot vi abbia rallegrato un pochino la giornata. Avete anche voi degli aneddoti simpatici con i nonni? Scrivetemeli nei commenti, potrei utilizzarli per altre scenette con Molly!

Un abbraccio alla Molly,

K. 


           
 

   
 
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