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Autore: EffieSamadhi    27/02/2018    5 recensioni
{Su Youtube è disponibile il trailer della storia: https://www.youtube.com/watch?v=RuY_VgECJKc}
Con i suoi colori caldi e rassicuranti, l'autunno ha portato l'amore. Con il suo gelo e la neve, l'inverno lo ha spazzato via. Ma come ogni anno torna la primavera, quella strana e straordinaria stagione in cui ogni cuore spezzato capisce di poter amare ancora.
Daria è cresciuta: ha visto la sua vita cambiare, si è scoperta più grande, più forte, più sicura di sé, e ha finalmente capito che la sola cosa importante è essere sinceri, sempre, anche a costo di finire bruciati. Per questo decide di prendere un aereo e volare a Los Angeles, per dire a Shannon tutto ciò che per mesi, o forse per una vita intera, ha sempre negato a se stessa.
Nella città degli angeli, Shannon è in piedi sull'orlo del baratro, restituisce il truce sguardo dell'abisso ed è sul punto di saltare, quando si rende conto che non può essere tutto qui, che la sua vita non può finire così, non senza combattere. E quando davanti ai suoi occhi stanchi, dopo molti mesi, torna a farsi vivo lo sguardo di Daria...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Direzioni ostinate e contrarie.'
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La lunga strada verso casa - 1

Non ho scuse per questo ritardo – davvero, nessuna scusa.

Avrei un sacco di parole da usare per giustificare il fatto che mi ci sia voluto così tanto per partorire questo capitolo, ma ho la sensazione che qualunque spiegazione sarebbe inutile e superflua, per cui rinuncio in favore della storia – che immagino sia il motivo per cui adesso siete qui.

Grazie per il vostro sostegno e la vostra pazienza,

EffieSamadhi






Per aspera ad astra






Capitolo dodicesimo

Lo sanno tutti che in caso di pericolo si salva solo

chi sa volare bene: quindi se escludi

gli aviatori, falchi, aerei, nuvole, aquile e angeli,

rimani te.1



Torino, 13 marzo 2014


Emanuele si guarda intorno con una punta d'imbarazzo, lo stesso che si prova restando in piedi ai margini di una festa in cui non si conosce nessuno. Gli sembra di essere di troppo, di essersi invitato in un luogo in cui proprio non dovrebbe stare, e a nulla vale raccontarsi che è proprio così che Daria deve essersi sentita quando ha varcato per la prima volta la soglia di quella bella casa del centro. Vorrebbe riuscire a convincersi che è soltanto una sensazione passeggera, che basteranno pochi minuti per tornare a sentirsi a proprio agio, ma la verità è che sono ormai vent'anni che prova quel fastidio, quella strana convinzione di essere sempre di troppo, in qualsiasi situazione si trovi. Si costringe a fissare lo sguardo su Luca, che libera il letto dai libri sparpagliati in una specie di invito a prendere posto ed immergersi nella sua vita, quasi che un gesto semplice come accomodarsi potesse bastare a risolvere le cose. «Ti piacciono i romanzi d'avventura, eh?» osserva, indicando uno scaffale colmo di titoli che conosce bene. «Qual è il tuo autore preferito?»

«Mi piace tanto Jules Verne» risponde Luca, spingendosi indietro gli occhiali. «Mi piace perché tutte le cose che ha scritto sono state realizzate. A parte il viaggio al centro della terra.»

«Io ho sempre adorato Il giro del mondo in ottanta giorni» replica Emanuele, sfilando il romanzo giusto dalla fila dedicata all'autore francese. «Non sai quante volte ho sognato di partire anch'io per un viaggio simile. Solo io, una mongolfiera e la tappa successiva.»

«Io invece ho sempre sognato di andare sulla luna. Lassù non ci sarebbe nessuno pronto a prendermi in giro.» Nel concludere la frase Luca abbassa gli occhi, quasi imbarazzato dalla rivelazione appena concessa a quel fratello che ancora non conosce, e che forse mai riuscirà a conquistare.

«Prendevano in giro anche me, quando avevo la tua età» confessa Emanuele, rigirandosi ancora tra le mani il libro. «Hanno continuato fino alla fine delle superiori, in realtà. Probabilmente dovrei dirti di ignorarli e di andare avanti per la tua strada, ma sarebbe un consiglio stupido. Non smetteranno di prenderti in giro soltanto perché non rispondi alle provocazioni. Anche se... beh, consigliarti di reagire e prenderli tutti a pugni sarebbe altrettanto stupido» conclude, rimettendo a posto il libro.

«Parli per esperienza personale?»

Emanuele sorride, indicando una piccola cicatrice bianca appena sopra il sopracciglio sinistro. «Parlo come uno che è finito in pronto soccorso a farsi mettere cinque punti per essersi ribellato e aver fatto a pugni con cinque tizi più robusti di lui. È stata la prima ed unica volta che ho reagito.»

«Come hai fatto a farli smettere?»

Emanuele attraversa la stanza a passo lento, andando a sedersi accanto a lui sul letto rifatto. «Ho aspettato che le nostre strade si dividessero. Io sono andato avanti per la mia, e loro... non lo so, sono scomparsi.»

«E hai trovato degli amici?»

«Non molti. Ma quei pochi vanno bene. Se non altro, posso dire di averli scelti da me.» Si guarda a lungo le mani, cercando il coraggio di alzare gli occhi su quel fratello che sente minuto dopo minuto più vicino. «So che adesso ti sembra impossibile credere che un giorno tutto questo possa finire, ma ti assicuro che tutto ciò che ti occorre è un po' di pazienza. Non ti voglio mentire, la strada è ancora lunga e sarà tutta in salita, ma ti garantisco che una volta arrivato in cima ti accorgerai che è valsa la pena aspettare, perché dalla vetta il panorama sarà meraviglioso.»






*






Los Angeles, 13 marzo 2014


A piedi nudi mi avvicino al lavandino, immergendo le stoviglie sporche nell'acqua calda. Ho appena iniziato a strofinare la spugna contro un piatto quando sento Shannon avvicinarmisi alle spalle, poggiando delicatamente il suo corpo contro il mio. «Sai che hanno inventato un meraviglioso elettrodomestico chiamato lavastoviglie?» sussurra al mio orecchio, immergendo le mani nell'acqua per cercare le mie e stringerle.

«Certo che lo so. Figurati che ne possiedo anche una» rispondo, evitando di raccogliere la sua provocazione. «Ma lavare i piatti è una cosa che ho sempre adorato. E poi a casa sono abituata così. Sono una povera commessa squattrinata, devo risparmiare.»

«Ma io sono un musicista ricco e famoso che non sa più che inventare per spendere i soldi che guadagna, perciò non ho bisogno di risparmiare.»

«Male. Dovresti metterl da parte per far fronte ai tempi difficili. Può capitare a chiunque di crollare.»

«Per questa vita credo di aver già dato. E se anche crollassi ancora, non sarebbero i soldi a salvarmi» replica, accarezzandomi il collo con le labbra. «Dai, lascia stare. Ci resta poco tempo da passare insieme, non voglio certo sprecarlo guardandoti lavare i piatti» insiste, stringendo le mie dita tra le sue per tirarle fuori dall'acqua.

«E che vorresti fare, sentiamo?» rispondo con un sorriso, voltandomi tra le sue braccia per trovarmi faccia a faccia con lui. «Vuoi passare tutto il giorno a letto con me per rifarti del tempo perduto?» lo prendo in giro, sapendo quanto gli dia fastidio essere accostato allo stereotipo della rockstar ossessionata dal sesso.

«Non sono così banale» risponde con una risata. «Voglio portarti in giro per la città. Voglio che tu veda il mio mondo.» Per un lunghissimo istante ci guardiamo negli occhi senza parole, e potrei giurare su quanto ho di più caro al mondo che questa è una delle cose più romantiche che mi siano mai state dette, anche se una mente preparata potrebbe obiettare sul numero delle mie esperienze romantiche. «Che c'è, ho detto qualcosa di sbagliato?»

Scuoto la testa, abbassando appena lo sguardo. «Lascia perdere, stavo solo pensando» sorrido, rialzando gli occhi. «Va bene, Shannon. Fammi vedere il tuo mondo. Però prima portami a casa di Jared, per favore. Devo fare una doccia e cambiarmi i vestiti.»


Alice chiude la lavastoviglie e la mette in funzione, asciugandosi poi le mani, mentre Jared pulisce con una spugnetta umida il bancone sul quale hanno pranzato. «Che ne diresti di uscire?» le domanda. «Tanto a questo punto mi sembra chiaro che Daria sta bene. Possiamo anche smettere di preoccuparci per la sua incolumità.»

«E se dovesse tornare mentre siamo fuori? Non ha le chiavi di casa» si preoccupa Alice, come sempre pragmatica fino all'estremo.

«Beh, sono abbastanza portato a presumere che si farebbe accompagnare da Shannon, e lui ha un doppione delle chiavi, per cui sicuramente non resterebbe chiusa fuori. Smetti di preoccuparti per lei» aggiunge, avvicinandosi per metterle le mani sulle spalle. «Capisco che è la tua migliore amica e non vuoi che soffra, ma io sono sicuro che stia andando tutto bene.»

«Da quando ti hanno eletto dio onniscente?» lo prende in giro lei.

«Quando ho vinto l'Oscar. Santità, onniscenza, onnipotenza e onnipresenza erano comprese nel prezzo» replica lui, come sempre pronto a rispondere ad ogni assalto verbale della ragazza. «Dai, mettiti qualcosa di carino e fatti bella. Ti porto a vedere gli angeli che popolano questa città» conclude ammiccando, mentre la lascia andare.

Senz'altra risposta che un sorriso, Alice si allontana verso la camera da letto, mentre Jared resta fermo al centro della cucina per quasi un minuto, chiedendosi perché il destino sia sempre così beffardo, e per quale strana ragione Dio, Buddha o qualunque divinità governi il mondo abbia deciso di mettere sul percorso suo e di Shannon due ragazze assolutamente perfette, solo troppo lontane dalla loro strada. Ripensa all'istante in cui lui e Alice si sono trovati così vicini da aver bisogno di fare soltanto un piccolo passo per unirsi, e scuote la testa ricordando come lei lo abbia fermato, sicura che stare insieme non avrebbe fatto altro che complicare le cose. Sì, è vero, gli eventi avrebbero preso una piega completamente diversa, questo lo sa anche lui, ma qualcosa gli dice che comunque potrebbero farcela, che insieme potrebbero piegare le leggi del destino e costruirsi un futuro perfetto, un universo parallelo in cui essere soltanto Jared e Alice, senza complicazioni e senza guai – un meraviglioso mondo ideale nel quale due fratelli disgraziati quanto lui e Shannon possono finalmente essere felici ed esserlo insieme, all'unisono, senz'altra preoccupazione se non quella di trascorrere la vita sorridendo in compagnia delle donne che amano.






*





Torino, 13 marzo 2014


Dopo due ore trascorse ininterrottamente a chiacchierare con Luca di libri, scuola, computer e musica, Emanuele esce dal palazzo profondamente cambiato. Sa che non è un cambiamento fisico, che il suo aspetto è sempre lo stesso, eppure sa che due ore sono bastate a farlo crescere, a farlo maturare, a farlo diventare quell'uomo che ha sempre sperato di poter diventare. Due ore sono bastate a renderlo più forte di quanto avrebbe mai creduto di poter essere, e improvvisamente capisce che cosa intendeva dire Daria quando gli ha consigliato di dare una possibilità a quel nuovo fratello, a quel ragazzino che in un primo momento riusciva a vedere soltanto come un potenziale ostacolo alla propria serenità. Forse non riuscirà mai a perdonare sua madre, forse non riuscirà mai a guardarla negli occhi, meno che mai a volerle di nuovo bene come da bambino, ma di una cosa è certa: per Luca lui sarà sempre pronto a farsi avanti, perché sa cosa vuol dire cercare di diventare adulti senza una guida, e non può permettere che Luca debba affrontare le prove della vita senza l'aiuto di qualcuno che ci è già passato.






*






Los Angeles, 13 marzo 2014


«Devono essere usciti» commenta Daria quando si rende conto che attaccarsi al campanello è inutile, perché la casa è deserta. «E ho anche il cellulare scarico, perciò non posso nemmeno chiamare Alice.»

«Aspetta, Jared mi ha dato un doppione della chiave» rispondo, frugandomi le tasche. «Per le emergenze» ammicco, facendo scattare la serratura e spalancando la porta per consentirle di entrare. Daria si fa avanti nell'ingresso a passo incerto, quasi si sentisse a disagio. Mentre sfilo le chiavi e chiudo il portone osservo il modo in cui Bruce continua a seguirla come è solito fare con mia madre, e istintivamente mi viene da sorridere, perché la cosa, oltre a divertirmi come non mai, mi appare come un ulteriore segno che sia Daria la donna giusta per me. «Jared è stato gentile ad ospitarvi» commento. «Mi stupisce un po', in realtà, perché è dannatamente geloso della sua privacy. Almeno spero vi abbia dato delle stanze decenti.»

«C'è una sola stanza in questa casa che non sia decente?» mi prende in giro lei, mentre Bruce devia dal proprio percorso per andare ad accucciarsi in un angolo del salotto baciato dal sole del primo pomeriggio. «Non ho una grande esperienza di viaggi, ma credo che questa casa sia migliore della maggior parte degli alberghi» aggiunge mentre la seguo lungo il corridoio. Mi fermo sulla porta mentre lei entra nella propria stanza e appoggia la borsa sul letto perfettamente rifatto. La guardo sfilarsi le scarpe e avvicinarsi all'armadio per mettersi alla ricerca di abiti puliti da indossare per il nostro pomeriggio fuori, e meno di un istante più tardi fa capolino nella mia mente il ricordo di un pomeriggio simile, quando durante la mia seconda visita a Torino l'ho guardata tirare fuori la sua vita da un mucchio di scatoloni, esponendola davanti ai miei occhi come una serie di quadri da ammirare e dai quali imparare tutto su di lei. «Che c'è?» mi domanda dopo un istante, sentendo addosso il mio sguardo.

«Ti sto soltanto guardando» sussurro con un mezzo sorriso, sapendo che a chiunque potrebbe apparire una frase senza significato – a chiunque, tranne a lei.

«E che cosa vedi?» sorride di rimando lei, sfilando una camicia dalla stampella.

«Qualcosa che ho rischiato di perdere, ma che ora mi terrò ben stretto.» Senza smettere di sorridere si volta di nuovo verso l'armadio, e a quel punto inizio a muovermi in avanti a passi lenti, fino ad arrivarle alle spalle. Alzo una mano e le sfioro il collo, percependo un lieve mutamento nel suo respiro. Faccio scivolare la mano più avanti, cingendola anche con l'altro braccio, fino ad arrivare a stringerla contro di me come se avessi paura che ogni istante insieme possa essere l'ultimo. «Mi ero già perso molto prima che mi lasciassi» sussurro al suo orecchio, sentendomi improvvisamente libero di dire tutto ciò che mi passa per la testa senza timore di essere respinto o preso per pazzo. «Non sono mai stato una persona buona, ma quando ti ho conosciuta ho capito che forse, con un po' di impegno e di fortuna, avrei potuto diventarlo. Conoscerti mi ha fatto capire che potevo diventare migliore.» Quasi avesse capito che ogni interruzione potrebbe essere fatale Daria tace, lasciandomi continuare. «Starti vicino mi fa sperare di poter diventare la persona che ho sempre voluto essere. Credo sia questo il motivo per cui ti amo. Perché grazie a te io sono me stesso.» Abbasso la testa fino a sfiorarle la nuca con le labbra, ma senza cercare di andare oltre. Restiamo fermi in quella posizione a lungo, circondati dal silenzio e dalla pace, e per un istante mi ritrovo a pensare che il solo modo di salvarmi da me stesso sia restare sempre con lei.


«Smettila di guardare il cellulare» la ammonisce Jared, trattenendosi a stento dallo strapparle di mano l'apparecchio per gettarlo tra le onde. «Sono sicuro che Daria sta bene.»

«Scusa, ma delle tue sensazioni non so che farmene» replica Alice, troppo nervosa per riuscire a rilassarsi. «Per quel che ne so Shannon può averla uccisa, fatta a pezzi e nascosta nello scantinato.»

«Questo è impossibile.»

«Oh, davvero? E cosa te lo fa pensare, scusa?»

«Il fatto che Shannon non abbia uno scantinato, tanto per cominciare» risponde Jared in tono ovvio. «E poi il fatto che mi abbia mandato un sms per dirmi che il cellulare di Daria è scarico, ma che stanno tutti e due benissimo, tanto per finire.»

Alice rimane di sasso per un paio di secondi, ma non appena riesce a riaversi dallo stupore niente le impedisce di assestare una forte pacca sulla spalla dell'uomo. «Shannon ti ha scritto e tu non mi hai detto niente? Ma che razza di stronzo sei?»

«Uno stronzo cui verrà un bel livido, immagino» risponde lui, massaggiandosi la parte offesa con gesto teatrale. «Ma sei sempre così manesca?»

«Non fare la vergine offesa, adesso. Ci sono andata leggerissima, praticamente era una carezza.»

«Non faccio la vergine offesa, mi hai fatto male sul serio» piagnucola Jared, consapevole che qualsiasi altra ragazza si lascerebbe muovere a pietà dal suo sguardo – qualunque ragazza, ma non la caparbia Alice. «Ti farò scrivere dai miei avvocati.»

«Sono una studentessa squattrinata, non posso permettermi di pagare un avvocato che mi difenda dalle false accuse di una patetica rockstar.»

«Chi sarebbe la patetica rockstar, scusa?» reagisce lui sbarrandole la strada. «Adesso pagherai per questo affronto!» Comprendendo che Jared sta per attaccarla a colpi di solletico, Alice si volta in fretta e inizia a correre nella direzione dalla quale provengono, scansando con agilità le poche persone a spasso sul lungomare. Non appena le è possibile scarta verso la spiaggia, iniziando a correre sulla sabbia senza più pensare – per la prima volta da quando le cose tra lei e Jared si sono complicate si sente di nuovo libera e senza pensieri, tanto che bastano pochi metri per farle dimenticare perché stia correndo tanto rapidamente. E proprio quando è appena riuscita a spegnere del tutto il cervello le gambe lunghe di Jared recuperano il vantaggio, le sue mani le afferrano la vita e il suo peso la vince, facendola cadere sulla sabbia fine. Per la prima volta in tutta la giornata Alice scoppia a ridere di gusto, come non faceva da tempo, finalmente libera da qualsiasi vincolo o costrizione. Per la prima volta non le importa di apparire al meglio, non le importa della sabbia che si infila sotto i vestiti o dei capelli scarmigliati – per la prima volta dopo tanto tempo si sente solo Alice, ed è la sensazione più bella del mondo. Da qualche parte sopra di sé ritrova il viso di Jared, che nella corsa ha perso il bizzarro cappello che indossava e ora si ritrova a fissarla a capo scoperto, con gli occhi ancora seminascosti dagli occhiali da sole. Alice solleva una mano per sfilargli le lenti, e a quel gesto Jared chiude per un istante le palpebre, prendendosi un attimo per prendere coraggio con un profondo respiro, quasi che Alice lo stesse spogliando di ogni difesa. Dal canto suo, quando Jared riapre gli occhi Alice trattiene il fiato, come sempre incapace di credere che quello sguardo così luminoso possa essere reale. Gli occhi di Jared hanno lo stesso colore dell'oceano che sente sciabordare in lontananza, a tratti sembrano quasi aver rubato l'azzurro del cielo. Alice non riesce a smettere di guardare quegli occhi turchesi, e non è soltanto perché il peso di Jared la trattiene a terra – c'è qualcosa, in quegli occhi, in grado di ammansire la bestia più feroce, qualcosa in grado di prendere la sua integrità, ridurla a brandelli e costringerla persino a ringraziare. «Che c'è?» si sente domandare, senza riuscire a smettere di guardare quegli occhi così magnetici e in apparenza sinceri.

Scuote appena la testa, Alice, senza reprimere un sorriso, e con una mano gli scosta dal viso una ciocca di capelli sfuggita alla coda. «Non lo so» sussurra, senza nemmeno essere certa che lui riesca a sentirla. «È solo che non riesco a smettere di guardarti.»

Jared sorride, restituendo lo sguardo e specchiandosi a lungo negli occhi verdi della ragazza stesa sotto di lui. Ha passato una vita intera ripetendosi di essere un uomo forte, uno capace di non cedere alle tentazioni del cuore, ma in questo momento sa che tutte le sue certezze stanno venendo meno, perché sono bastati un paio di occhi buoni e sinceri ad inchiodarlo al muro, a spogliarlo di tutte le sue corazze e a metterlo di fronte alla realtà – sono bastati gli occhi di Alice a fargli capire che nemmeno uno come lui può sfuggire all'amore. Per questo, prima che la magia del momento passi ed entrambi inizino a provare imbarazzo, per questo fa la cosa più logica, ciò che qualunque uomo farebbe: senza altre parole abbassa la testa e cerca le labbra di Alice, pronto a catturarle in quello che gli sembra il primo vero bacio della sua vita. Superata l'iniziale paura del rifiuto, Jared si rende conto che Alice non ha intenzione di tirarsi indietro: sente le sue braccia circondargli il collo per attrarlo verso di sé, e nonostante non abbia mai amato le scommesse sa che è questo il momento, che è ora che lui e Alice diventeranno una cosa sola, fosse anche per un pomeriggio soltanto.


Mentre Daria è sotto la doccia io vago per il soggiorno di Jared, ficcanasando qui e là come faccio ogni volta che mi trovo da solo in casa sua. Bruce sonnecchia ancora in un angolo, e mentre aspetto che Daria si prepari mi diverto a curiosare tra gli scaffali di mio fratello, chiedendomi come sia possibile che un maniaco del controllo come lui abbia una casa tanto incasinata. All'improvviso mi ritrovo tra le mani un vecchio album di fotografie, e senza nemmeno rendermene conto sono eduto sul divano, intento a sfogliare le istantanee del nostro passato.

«Che cosa stai guardando?» mi sento domandare poco dopo. Alzo lo sguardo e trovo Daria in piedi dietro di me, con la testa lievemente piegata verso destra, intenta a cercare di capire che cosa attragga tanto la mia attenzione.

«Ho trovato un vecchio album di fotografie. Gli stavo dando un'occhiata» rispondo. «Sei pronta per andare?» le domando subito dopo, chiudendo la raccolta.

«No, fammi vedere» replica lei, facendo il giro del divano per venire a sedersi accanto a me. «Mi sono sempre piaciute le fotografie.»

«Perché? Sono solo... beh, ricordi

A questo punto Daria fa una cosa strana, una cosa che ancora una volta mi ricorda perché io la ami così tanto: solleva lo sguardo su di me, con un sorriso, e in un gesto tanto dolce da levare il fiato mi accarezza la guancia con un dito. «Sono un modo per conoscere il tuo mondo.»

Sorrido, riaprendo l'album sulle mie ginocchia. «Allora mettiti comoda, perché qui dentro ci sono quarant'anni di storia da mostrarti.»


«Aspetta, Jared» sospira Alice, puntandogli le mani sulle spalle per convincerlo a sollevarsi. «Siamo in spiaggia» gli fa notare. «E siamo in pieno giorno.»

Soltanto in quel momento, guardandosi attorno, Jared si rende conto che se vogliono andare avanti devono trovarsi un posto più appartato – perché nonostante in giro non ci sia un cane, è sicuro come la morte che se continuassero a darsi da fare lì verrebbero sicuramente beccati e denunciati per atti osceni in luogo pubblico, e per quanto se ne sia sempre fregato delle regole, l'ultimo dei suoi pensieri è quello di far passare dei guai ad Alice. «Hai ragione. Vieni con me» replica, sollevandosi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi. Subito dopo la prende per mano e inizia a correre verso l'auto, sicuro che esista soltanto un luogo in cui nessuno li distuberà.


«Santo cielo, eri così carino da piccolo!» esclamo, puntando il dito contro una fotografia che lo ritrae insieme a Jared all'età di circa tre anni.

«Vorresti dire che ora non sono più carino?» replica Shannon, fingendosi lievemente risentito.

«Ora sei un uomo incredibilmente sexy» ribatto con un sorriso. «Il che è decisamente molto meglio» aggiungo prima di stampargli un bacio sulla guancia. Torno ad accoccolarmi contro di lui mentre continua a sfogliare le pagine della raccolta, raccontando ogni scatto come se non fosse passata una vita intera dal momento raffigurato, ma una manciata di minuti. Ascolto i suoi racconti con attenzione, beandomi del suono della sua voce roca e chiedendomi come mi sia potuta passare per la mente l'idea di rinunciare a lui – perché più andiamo avanti più mi rendo conto che è esattamente il tipo d'uomo che ho sempre immaginato accanto a me.


«Dove siamo?» chiede Alice quando Jared finalmente parcheggia, spegnendo il motore. Guarda davanti a sé e capisce che sono saliti sulle colline che proteggono la città, ma non riesce a capire perché Jared abbia deciso di portarla proprio lì.

«Scendi» risponde lui, aprendo lo sportello. Anche se dubbiosa, Alice lo segue. Dubita della sua sanità mentale quando lo guarda chiudere gli occhi, prendere un respiro profondo e allargare le braccia, come a voler cingere tutta la città in un abbraccio. «Vieni qui» dice poi, prendendola per mano e convincendola a mettersi davanti a lui, esattamente di fronte alla città. «Chiudi gli occhi e prendi un respiro profondo» le sussurra, mentre Alice sente il vento scompigliarle i capelli. «Adesso riaprili» le ordina dopo qualche secondo. Alice obbedisce e resta senza fiato: si sente come Rose in Titanic, quando in bilico sulla prua della nave si convince di poter volare. La città è lì, davanti a lei, come un meraviglioso quadro dipinto da un pittore di enorme talento. «Questo è l'unico posto in cui la città degli angeli può essere completamente tua» sussurra ancora Jared, baciandole il collo, e per un istante Alice sa che potrebbe fare di lei ciò che vuole, perché le ha appena dato ciò che lei ha sempre desiderato da un uomo – Jared le ha dato il mondo, e questo basta a decidere di dargli tutta se stessa.

«Baciami, Jared» sussurra a sua volta, voltando la testa per riuscire a guardarlo negli occhi. Jared fa di più: la fa voltare tra le sue braccia, la stringe contro di sé e poggia la fronte contro la sua, restando immobile a lungo prima di sfiorare le sue labbra. Alice si aggrappa al suo collo con una forza che non credeva possibile, sicura soltanto di volerlo accanto a sé con ogni fibra del proprio essere. Non sa in quale momento, non sa come succeda, ma d'improvviso si ritrova stesa a terra, nascosta dai cespugli, dolcemente sovrastata da Jared. Solleva le braccia per aiutarlo a sfilarle la maglietta e si ritrova a sospirare quando le labbra dell'uomo sfiorano i suoi seni, già sicure di quale sia il modo giusto per convincerla ad abbassare ogni difesa. Si lascia spogliare come una bambina e cerca di aiutarlo a fare lo stesso, senza smettere di cercare la sua pelle, senza permettergli di abbandonarla nemmeno per un istante. Trattengono entrambi il fiato quando i loro corpi si uniscono per la prima volta, ma dopo un primo attimo di immobilità iniziano a muoversi in perfetta sincronia, come se si conoscessero da sempre, come se per anni non avessero fatto altro che perdersi l'uno nell'altra.


«Credo saresti un buon padre» sussurra Daria dopo un lungo silenzio, cogliendomi un po' di sorpresa. Si accorge del mio sguardo e si affretta a correggere il tiro: «Non sto dicendo che dovremmo avere dei figli. Insomma, non è che adesso che ci siamo ritrovati dobbiamo... era solo per dire che... era solo per dire che secondo me i tuoi figli saranno fortunati. Insomma, se avrai dei figli saranno fortunati ad avere te come padre.»

«Non ho mai pensato che un giorno avrei avuto dei figli» confesso. «Insomma, quando stavo con Christine mi piaceva pensare che un giorno avremmo avuto una famiglia nostra, ma erano soltanto le fantasie di un ragazzino innamorato. Non erano veri progetti. E quando sono cresciuto... beh, lo sai. Ci sono stati momenti in cui non pensavo nemmeno di poter sopravvivere fino al giorno successivo, figurarsi mettere su famiglia.»

«Io non credo che i figli vadano programmati» replica, facendosi più tranquilla. «Dovrebbero essere una di quelle cose che ti capitano e basta, come vincere alla lotteria. Credo che la sola cosa cui si debba fare attenzione sia la persona con cui li si fa.»

Volto la testa per guardarla, cercando disperatamente il coraggio di porle la domanda che mi sta frullando in testa da quando abbiamo iniziato questo discorso. «Tu lo faresti un figlio con me?» Daria solleva lo sguardo, confusa. «Non c'è una risposta sbagliata, tranquilla» aggiungo, cogliendo il suo imbarazzo. «La mia è soltanto curiosità.»

Solo a questo punto, sicura di non rischiare nulla, Daria rilassa il volto, tornando a sorridere e a respirare in maniera regolare. «Ci sono almeno un milione di cose che farei con te, Shannon» sussurra, spostando di nuovo lo sguardo sulle fotografie. «Può darsi che avere un figlio insieme rientri tra queste.»

Non so come sia accaduto di preciso, come questa nostra strana storia si sia evoluta tanto in fretta da portarci ad ipotizzare già di diventare genitori, ma non me ne preoccupo più di tanto. Non sono tanto stupido da credere che dopo il dolore degli scorsi mesi non ci saranno più ostacoli, perché in fondo non ci siamo incontrati che sei mesi fa e siamo ancora ben lontani dal conoscerci davvero, eppure in qualche modo sento che le cose tra Daria e me andranno bene, perché ora siamo certi che nessun ostacolo può essere così insormontabile da separarci – almeno non per sempre.


Quando Alice e Jared si rivestono, il sole sta già iniziando a calare sulla valle degli angeli, tingendo il cielo di una particolare sfumatura rossastra. «Potrei usare milioni di parole per descrivere questo pomeriggio, ma temo che finirei con l'esagerare» sussurra lui, mettendosi a sedere.

«Credo ci siano momenti in cui non servono parole» risponde lei, appoggiandosi alla sua spalla. «A volte troppe parole possono portare più danno che benefici» aggiunge, mentre Jared le passa un braccio attorno alle spalle per tenerla più vicina.

«Allora non dirò niente» replica lui, baciandole teneramente la fronte. «Non voglio commettere errori con te.» Se la tiene stretta, respirando il suo profumo, tentando di mandare a memoria ogni singolo dettaglio che la riguarda, perché sa che presto lei andrà via insieme a Daria, lasciandolo solo, e a quel punto non avrà altro che i propri ricordi. Si chiede come Shannon sia riuscito a sopravvivere senza il conforto di avere Daria accanto a sé, ma è solo un istante: quasi subito gli tornano in mente i mesi passati in bilico sull'orlo dell'abisso, e d'istinto pensa di stringere Alice a sé pregandola di non andarsene. «Mi amerai ancora domani mattina?» sussurra dopo un lungo silenzio. Alice alza lo sguardo, senza capire il perché di quella strana domanda. È più che sicura che non si sia mai parlato d'amore, quindi non riesce a comprendere perché Jared lo stia tirando in ballo proprio in questo istante. Avvertendo lo sguardo confuso della ragazza, lui si lascia andare ad una risatina. «Tranquilla, non era una domanda per te. Stavo solo pensando al testo di una vecchia canzone.»

«Meno male» sussurra Alice, sorridendo a sua volta. «Non ho nemmeno idea di che cosa succederà tra due ore, figuriamoci se so cosa penserò domani mattina.» Jared si sforza di sorridere con lei, ma in cuor suo sa che vorrebbe fosse diverso – sa che vorrebbe soltanto essere amato, ed essere amato soltanto da lei.

«Ti sei mai trovata ad osservare la tua vita e a sognare di poterla cambiare completamente?» le domanda all'improvviso, cogliendola di sorpresa. «Insomma, ti sei mai fermata a chiederti che cosa sarebbe successo se ad un certo punto della tua vita avessi fatto delle scelte diverse?»

«Per la mia salute mentale, cerco di non farlo mai» risponde lei. «Credo che nessuno dovrebbe farlo, a dire il vero. Perché, tu lo fai?»

«Qualche volta» chiosa lui, continuando a guardare lontano. «Non dico di non essere contento della mia vita. Mi piace la mia vita, e soprattutto mi piace il mio lavoro. Credo di essere uno dei pochi uomini al mondo che riescono ad essere felici facendo qualcosa che davvero amano.»

«Però?»

Jared sorride, sapendo che soltanto Alice sarebbe riuscita a cogliere la particolare sfumatura nella sua voce. «Però a volte mi chiedo come sarebbero andate le cose se non avessi mollato la scuola d'arte. Avevo tutte le carte in regola per diventare un ottimo pittore, sai?»

«Probabilmente saresti diventato uno snob che sorseggia Chardonnay e passa il tempo criticando il resto del mondo. Non credo mi saresti piaciuto.» Alice volta appena la testa, studiando il suo profilo. «E poi se avessi fatto il pittore non ci saremmo conosciuti. Non è mia abitudine frequentare le gallerie d'arte.»

«Va bene, allora sono contento di essere diventato un musicista» risponde lui con un sorriso. «Davvero non c'è nulla che cambieresti nella tua vita?» aggiunge dopo un istante, sorpreso che una ragazza come lei possa essere davvero soddisfatta di ciò che la circonda.

«No, per adesso no. Credo di aver fatto tutte le migliori scelte possibili, e sono contenta di quello che ho. Non ho mai avuto manie di grandezza. Sono una persona normale, e questo per adesso mi basta.»

«Che cosa c'è di tanto speciale nell'essere normali?» le domanda lui, curioso di sapere che cosa l'abbia portata a pensare una cosa del genere.

«Viviamo in un mondo in cui tutti sognano di essere speciali» risponde lei, fissando lo sguardo su un punto lontano. «Per quanto mi riguarda, accontentarsi di essere normali è la conquista più grande.»

«Tu sei una ragazza molto strana, lo sai?»

«Perché mi piace la mia vita così com'è?»

«Non una sola delle persone che conosco è perfettamente felice della propria condizione. C'è sempre almeno una cosa che vorrebbe cambiare. Credo faccia parte della natura di ogni essere umano.»

«Forse allora io sono l'eccezione che conferma la regola» è il commento di Alice, che continua a guardare lontano. Poi sente lo sguardo di Jared su di sé, quindi si volta verso di lui. «Che c'è?»

«Niente» risponde lui. «Sto solo cercando di capire come può una persona che crede nella normalità essere la sua perfetta antitesi.»

Alice ride, sistemandosi meglio contro di lui. «Stai continuando a cercare significati nascosti nell'unico posto in cui non ne troverai mai. Io non nascondo segreti.»

E invece nascondi il più grande, vorrebbe rispondere Jared. Più la guarda, più tempo trascorre in sua compagnia, più si fa strada in lui la convinzione che Alice abbia scoperto il segreto della felicità.


«E questo è tutto» dichiaro, chiudendo l'album con un colpo secco. «Hai appena visto tutta la mia vita. Se ti è venuta voglia di lasciarmi di nuovo, lo capisco» scherzo, accarezzando la testa di Daria. «Non sono un uomo semplice» aggiungo, tornando a farmi serio. «Ho dovuto affrontare molte prove, e... non nego che in certi casi vorrei aver trovato soluzioni diverse. Sono sempre stato uno di quei tipi che cercano la via più facile, anche se spesso vuol dire fare la cosa sbagliata.»

«Io non credo» risponde lei, mettendosi a sedere composta. «Non sempre hai scelto la vita più facile. Pensa a quando sei venuto a Torino per vedermi. Non credo che quella sia stata una scelta semplice.»

«Quella non è stata proprio una mia scelta. È stata più una scelta di Jared.»

«Forse è stato Jared a darti l'imbeccata, ma resta il fatto che tu avresti potuto ignorarlo.»

«Ma quando ti ho vista me ne sono andato. Non dirmi che non è stata una scelta facile.»

«Per come la vedo io, e per come ti conosco, la scelta più facile sarebbe stata fare a pugni con Marco lì in mezzo alla strada. Invece hai avuto il fegato di andartene e tornare a casa senza nemmeno tentare di parlare con me. So che la gente di solito pensa che andarsene sia la scelta più semplice, ma io... io credo che andarsene sia la scelta peggiore.»

«Parli di Parigi?» azzardo dopo un attimo di silenzio, temendo che ricordare quel momento potrebbe risvegliare le sue paure e convincerla ad andarsene di nuovo.

«Parlo di Parigi» replica lei a bassa voce, «e parlo anche di mia madre. Da quando l'ho ritrovata... beh, stiamo cercando di ricostruire un rapporto. Il che significa che parliamo un sacco» aggiunge con una risatina. «Mi ha fatto capire che quella di lasciare mio padre è stata la scelta più difficile che abbia mai dovuto affrontare. Per tutti questi anni ho pensato che per lei fosse stato semplice, che se ne fosse andata perché non ci voleva bene, che... che non contassimo così tanto per lei. Ma adesso che sono stata dall'altra parte, credo di aver capito che andarsene e lasciare qualcuno non è mai una scelta semplice. Forse lo sembra all'inizio, ma poi... poi ti rendi conto che non è una soluzione definitiva, e che il pensiero di chi hai lasciato non smette mai di tormentarti. A quel punto ti rendi conto che non è facile per niente.» Studio in silenzio il suo profilo, chiedendomi se sia questo quello che ha provato nei lunghi mesi in cui siamo stati separati. Sto per domandarglielo quando alza di nuovo la testa. «So che il fatto di essere tornata non implica per forza che tu mi abbia perdonata, Shannon. Così come il fatto di essere di nuovo insieme non significa che saremo felici per sempre. Non sono così ingenua, so che il mio ritorno non può risolvere tutto.»

Alzo una mano e le sfioro una guancia, guardandola chiudere gli occhi al contatto tra la sua pelle e la mia. «Per quanto mi riguarda, credo di averti perdonata quando ti ho vista in clinica» sussurro. «E per quanto riguarda il per sempre, sono abbastanza grande da sapere che promettersi eterna felicità è una cosa piuttosto stupida, perché per sempre non esiste. Quindi, per quanto mi riguarda, mi accontenterò di essere felice il più a lungo possibile.»

Sorride, mentre gli occhi si velano di nuovo di lacrime, e per nascondere la commozione torna ad accoccolarsi contro di me, appoggiando la testa sul mio petto. Fedele alle mie parole, la tengo stretta a me, chiudendo gli occhi per godermi la sensazione di peso e calore data dal suo corpo, cercando di imprimere nella mia testa ognuno di questi brevi istanti di felicità.


Alice e Jared rientrano a casa verso le sei di sera, trovando il vialetto parzialmente ingombrato dall'auto di Shannon. «Adesso sei più tranquilla?» le domanda lui.

«Diciamo che per il momento non ti ucciderò» risponde lei, raccattando la borsa dal tappetino. «Ma per essere veramente tranquilla dovrò prima vedere Daria e assicurarmi che stia bene.»

«Ma tu non ti rilassi proprio mai?»

«Lo faccio di rado, in effetti. Ma quando lo faccio, cerco di farlo per bene» risponde lei nel tono malizioso che contraddistingue il suo rapporto con Jared già dalle loro prime conversazioni. «A questo proposito» riprende, tornando a farsi seria, «credo sarebbe meglio tenere la cosa per noi. Mi riferisco a quello che è successo sulle colline» aggiunge, forse pensando che Jared possa già aver dimenticato quella breve parentesi di intimità.

«Hai paura che Daria inizi ad immaginare un futuro perfetto in cui viviamo in due case vicine e facciamo crescere insieme i nostri figli?»

«Non è così idiota» taglia corto Alice. «Ammetto che è una ragazza romantica che a volte si lascia trasportare, ma non è così estrema. No, voglio soltanto evitare di caricarle un altro peso sulle spalle. Sta attraversando una fase difficile della propria vita, e non vorrei essere io a spezzare il suo equilibrio.»

«Soprattutto per qualcosa che probabilmente non si ripeterà, dico bene?» commenta lui, fissando lo sguardo sulla propria casa.

«Non riguarda soltanto me e te, Jared» continua paziente lei. «Riguarda anche Daria e Shannon. Non voglio rischiare che sprechino energie preziose per gestire anche noi due. In questo momento devono pensare soltanto a loro stessi.»

«Se la metti così, mi sta bene» risponde lui, tornando a guardarla. «Non dirò una parola.»

Entrano in casa a passo tranquillo, fingendosi di ritorno da una passeggiata in città, e ad entrambi riesce difficile trattenere un sorriso quando trovano Daria e Shannon seduti vicini sul divano, impegnati a coccolarsi come una coppia di adolescenti. È così bello rivederli insieme – e, soprattutto, rivederli in pace – che davvero sembra impossibile pensare che abbiano avuto il coraggio di separarsi. Alice incontra lo sguardo di Jared e alza gli occhi al cielo quando lui le fa l'occhiolino, come per dirle Te l'avevo detto che sarebbe andato tutto bene.


«Dove eravate finiti?» domanda Shannon, alzandosi dal divano per voltarsi verso il fratello.

«Ho portato Alice a fare un giro in città» replica Jared, abbandonando il cappello sul tavolino del salotto. «Era una giornata così bella che sembrava un peccato sprecarla.»

«Spero non ti abbia portata in uno dei tanti posti equivoci che gli piace frequentare» sorride Shannon, sapendo quanto poco i gusti di Jared abbiano in comune con il resto del mondo.

«Mi ha portata a vedere il Sunset Boulevard» risponde Alice, sforzandosi di sembrare il più naturale possibile. «Vedere tutte quelle ville mi ha fatto venir voglia di rapinare una banca per poterne comprare una.» Daria, che all'arrivo della coppia si è voltata, non fatica a capire che quella dell'amica è una bugia – la conosce troppo bene, sa che nessuna delle due è mai stata brava a mentire. Comunque decide di non dire niente e di conservare le proprie domande per un altro momento, quando saranno entrambe sole e lontane dalle orecchie indiscrete dei fratelli Leto.

«Avete programmi per cena?» interviene Jared all'improvviso.

Ancor prima di sentirlo continuare, Shannon alza gli occhi al cielo. «Che diavolo hai in mente?»

«Beh, stavo pensando che potremmo chiamare Vicki e Tomo e passare la serata tutti insieme» replica l'altro, alzando le spalle con aria innocente. «Sarebbero felici di vederti. E di rivedere Daria e Alice» aggiunge dopo un istante.

«Conoscono Alice?» domanda Shannon con espressione confusa.

«Sì, abbiamo cenato insieme già l'altra sera» risponde l'interessata. «Li ho trovati molto simpatici.»

«Per me non ci sono problemi» risponde Daria. «Anche a me farebbe piacere rivederli. Quindi il tuo parere è quello decisivo, Shan» aggiunge, rivolgendogli un sorriso.

«Chi sono io per oppormi?» sospira lui, sorridendo a sua volta. «Però ci toccherà cenare a casa, perché con la mamma via non so a chi lasciare Bruce.»

«Tu non ti preoccupare, penso a tutto io» replica Jared, alzando le mani davanti al petto come a voler comunicare di aver già trovato una soluzione. «Vado a telefonare» aggiunge, sparendo rapido in cucina.

«E io a fare una doccia» gli fa eco Alice, quasi correndo in direzione della camera da letto.

Shannon e Daria, rimasti soli, si guardano dubbiosi, quasi che entrambi abbiano avuto lo stesso pensiero. «Vieni con me, facciamo due passi in giardino» le sussurra lui, prendendola per mano per guidarla fuori di corsa.


«Non trovi che quei due siano strani?» mi domanda subito dopo aver chiuso la porta scorrevole che dal salotto conduce al giardino sul retro.

«Più del solito?» rispondo divertita. «Ammetto che Alice di solito è una persona piuttosto normale, ma di tuo fratello non dovresti stupirti» aggiungo mentre ci sediamo sui gradini della veranda.

«Forse non sono mai stato un asso nel capire le persone, ma Jared lo conosco quasi meglio di me stesso» risponde lui, fissando lo sguardo su un punto lontano. «Ci nascondono qualcosa. So che la pensi anche tu così, Daria. Te lo leggo negli occhi» aggiunge tornando a voltarsi verso di me.

Cerco in ogni modo di resistere alla tentazione di dar voce ai miei dubbi, ma l'occasione è troppo ghiotta per tacere. «E va bene, ammetto che lei mi è sembrata un po' strana, ma di qui a dire che ci nascondono qualcosa...» Ripenso al mese in cui la mia migliore amica mi ha nascosto di essere in costante contatto con il fratello del mio ex, rendendomi conto che l'idea che lei e Jared ci stiano tenendo all'oscuro di qualcosa non è poi così campata per aria. «Jared ti ha detto dell'e-mail che Alice ha scritto ad Emma?»

«Cosa?»

«Ti ricordi quando ti ho detto di aver chiuso tutto quello che riguardava te in una scatola e di aver dato quella scatola ad Alice?» Lui annuisce, dimostrando di ricordare. «Un bel giorno lei ha deciso di scrivere un'e-mail ad Emma per dirle che secondo lei ero ancora innamorata di te e che ogni giorno mi pentivo di averti lasciato.»

«Beh, in fondo non aveva tutti i torti» sorride lui, stringendomi la mano un po' più forte.

«No, in effetti no. Comunque il succo è che Emma ha fatto leggere il messaggio a Jared, che ha preso il numero di Alice e l'ha chiamata per dirle che lui era convinto che tu fossi nella stessa situazione.»

«Non sbagliava nemmeno lui.»

«Già... solo che da quel momento hanno iniziato a sentirsi in maniera più o meno regolare. Stando a quanto mi ha confidato lei, non hanno fatto altro che parlare di noi e di come avrebbero potuto farci rimettere insieme, ma...»

«...ma nulla ci impedisce di credere che non ci sia stato spazio anche per altro» conclude lui con un sospiro. «Beh, se la cosa può esserti di conforto, lui è fisicamente incapace di far soffrire la gente. Il massimo che potrebbe fare è portarla all'esasperazione e costringerla a soffocarlo nel sonno. Jared non è un cattivo ragazzo.»

«Questo lo so. Lo conosco poco, ma si capisce subito che non farebbe mai del male a qualcuno intenzionalmente. In questo ti assomiglia.»

«E allora quali sono i tuoi dubbi?»

«Ho paura che potrebbe essere lei a ferire lui. Non intenzionalmente, ma potrebbe. È appena uscita da una storia di sei anni, non è pronta per ricominciare tutto dal principio. Non con Jared, almeno.»

«Credi che lui non sarebbe in grado di reggere una storia seria?»

«Credo che finirebbero come te e me» rispondo, incrociando il suo sguardo. «Forse non cadrebbero in basso quanto noi, ma... non puoi credere che sarebbe una storia semplice.» Shannon distoglie lo sguardo e si passa la lingua sulle labbra, come se si fosse appena reso conto di non avere argomenti con cui ribattere. «So che non dovrei preoccuparmi, perché sono due adulti perfettamente in grado di badare a loro stessi, ma...»

«...ma siccome vuoi loro bene preferiresti che non soffrissero» sussurra, trovando ancora una volta la naturale conclusione ad una mia affermazione.

«Per me Alice è praticamente una sorella» aggiungo, stringendo la sua mano tra le mie. «Mi è stata accanto nei miei momenti più bui e per questo non la ringrazierò mai abbastanza, ma... ho paura che potrei non riuscire a fare lo stesso, se fosse lei a soffrire. Non credo riuscirei ad affrontare tutto come ha fatto lei.»

«Magari stiamo volando troppo con la fantasia, che dici? Può darsi che siano solo usciti per fare un giro» dice all'improvviso lui, passandomi un braccio intorno alle spalle. «Non è detto che debba per forza esserci qualcosa, tra loro. Magari stanno solo provando a fare amicizia. Visto che pare che io e te resteremo insieme per un po'...» aggiunge con una risatina.

«Non lo so, non riesco a convincermene. Non credo all'amicizia tra uomo e donna.»

«Quindi per te ci deve sempre essere di mezzo qualcosa di sessuale?»

«Quanti dei tuoi amici hanno un paio di tette?» lo prendo in giro. L'ho preso alla sprovvista, lo capisco dal mondo in cui aggrotta la fronte cercando una risposta. «Appunto. E se consideriamo te come prototipo dell'uomo medio, ecco la risposta.»

«Quindi secondo te ci nascondono qualcosa?»

«Secondo te no? In fondo stiamo sempre parlando di tuo fratello.»

«Mi hai convinto» risponde lui con un deciso cenno del capo. «Non resta che vedere come si comporteranno. Non so Alice, ma Jared non è mai stato capace di nascondere un segreto.»


«Sapevo che affidare l'organizzazione a te sarebbe stata una pessima idea» sbuffa Shannon dal sedile del passeggero, mentre Jared si infila nel parcheggio del ristorante con un paio di manovre. «Dovevi proprio scegliere un ristorante in centro?»

«Scusa, ma ho dato per scontato che sia tu che io avessimo la dispensa vuota, e mi sembrava un tantino scortese chiedere ad una donna in avanzato stato di gravidanza di cucinare per sei persone» replica Jared, spegnendo il motore e sfilando le chiavi. «E poi qui accettano anche i cani, così abbiamo anche risolto il problema di Bruce» aggiunge, voltandosi verso il sedile posteriore per guardare il cane, compostamente seduto tra Daria e Alice.

«Ma non sarà un po'... pericoloso?» continua Shannon, e anche senza fare domande Daria capisce che ciò che lo preoccupa è la possibilità che lui, Jared e Tomo vengano riconosciuti e importunati per tutta la serata.

«Non siamo in Afghanistan, Shan. È un ristorante in piena Los Angeles.»

«Appunto.»

«Tranquillo, mi sono fatto dare un tavolo ben nascosto. Non ci saranno paparazzi o fan urlanti pronti a saltare sul nostro tavolo non appena avremo ordinato.»

Shannon alza gli occhi al cielo e si rassegna a scendere, sapendo che con Jared non riuscirà mai a spuntarla. Apre lo sportello e aiuta Daria a scendere, come farebbe un vero gentiluomo. Lei ricambia con un sorriso, stringendogli un po' di più la mano. Mentre si avviano verso l'ingresso del ristorante Daria non riesce a smettere di guardare il suo uomo, chiedendosi se i problemi siano davvero finiti, o se ancora dovranno imparare a salvarsi.



1Lo sanno tutti che in caso di pericolo si salva solo chi sa volare bene: quindi se escludi gli aviatori, falchi, aerei, nuvole, aquile e angeli, rimani te. | Il titolo del capitolo è ispirato ad un verso della canzone Alla mia età di Tiziano Ferro, contenuta nell'album Alla Mia Età (2009).

   
 
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