Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
Segui la storia  |       
Autore: Aki_chan_97    27/02/2018    1 recensioni
Millenni fa un'antica, mostruosa creatura venne imprigionata nelle profondità della terra dal Drago Rosso Cremisi. Egli chiuse la tomba dello sconfitto con cinque sigilli, che vennero in seguito affidati a cinque diversi esseri umani. Essi divennero i custodi dei cinque frammenti di potere del drago, e grazie alla loro presenza la pace poté regnare sovrana sul mondo. Ma mai nessuno, finora, aveva tentato di ricongiungere i segni insieme. Quale minaccia è appena comparsa all'orizzonte? Il Satellite, Neo Domino e il mondo intero rischiano davvero la loro pace? Riusciranno i possessori dei cinque sigilli a scoprire cosa sta accadendo per impedire in tempo il ritorno del demone vendicatore?
(YuseixAki) !!!! DISEGNI 12, 13, 14, E 15 AGGIORNATI !!!!
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
*Nell’antro oscuro della scrittrice*
 
Puntata speciale: back from the dead, part II
 
Io: ho scritto quasi tutto il capitolo il giorno prima di un esame. Sono molto responsabile, eh?
 
Jack: no, ma lo sapevamo già.
 
Io: Ecco. Comunque è imbarazzante. Questa fanfic è stata scritta nell’arco di più di 4 anni finora. I salti di qualità sono bellissimi da notare andando avanti, ma ti viene da piangere se li guardi all’indietro...
 
Aki: a me viene da piangere leggendo le anticipazioni di questo capitolo. Sono convintissima che ci odi.
 
Io: che dirvi, il mio è un amore tormentato (?)
 
Aki: di sicuro i tormentati siamo noi. Ma se è tormento che cerchi, potevi chiederlo subito.
 
Io: c-come non detto
 
Ruka: Aki_chan. Per favore, apri il capitolo.
 
Io: g-giusto. Allora, si ringraziano due recensori oggi. *lacrimuccia* MA TRANQUILLI questa storia avrà un finale, CE LA FARÒ, anche perché voglio iniziarne una nuova ispirata ad un Alternative Universe medioevale. Onestamente pensavo di scriverla in inglese, ma non sono ancora sicura di ciò. Ci vuole il quadruplo del tempo purtroppo.
 
Yusei: è quello di cui hai fatto gli schizzi sul blog e sui vari account?
 
Io: esatto. Sei bellissimo coi capelli corti, sai? :')
 
Yusei: perché ce l’hai così tanto coi miei capelli??
 
Io: * tira fuori uno specchio* INSOMMA, GUARDATI, SEMBRA CHE HAI UN GRANCHIO IN TESTA
 
Yusei: a me piacciono così!
 
Io: fidati. Sei più figo con un taglietto qua e uno là. Anche senza strisce gialle.
 
Yusei: sei sicura che mi riconosceranno??
 
Io: onestamente no, ma vale la pena tentare :3
 
Yusei: *facepalms*
 
Io: a parte tutto, si ringraziano due soli recensori oggi, SuorMaddy2012 e _Servo_di_Horus_ che hanno eroicamente recensito i precedenti capitoli!! E quelli che hanno seguito e preferito la storia, anche se ho perso i loro nomi nell’elenco CyberFinalAvatar!!
 
Comunque! Riepilogo, perché è un secolo che non aggiornavo: nei precedenti capitoli, i nostri eroi si sono ritrovati tutti insieme in questi misteriosi cunicoli bui, pieni di cristalli, e poco prima di essere attaccati da un gruppo di bestie infernali e assetate di sangue (?), si sono dati la mano tutti e cinque, e bOOM sono stati catapultati spiritualmente (?) ad una scena di un lontano passato. Qui, ognuno ha visto l’esperienza diretta del suo Signer predecessore (come bloccati nei loro corpi), vissuto le stesse cose, al giorno in cui sono stati scelti dal Drago. Yatol (Yusei) ha combattuto su un campo di battaglia contro i servitori di Akuma, spirito opposto al Drago, in particolare il capo Rowta. Quando Akuma è stato evocato, è arrivato anche il Drago, e la battaglia è diventata parallela sulla terra e nel mare. Yatol ha vinto (ed è stato salvato pure da Atzi – Aki), ma il Drago è stato costretto a sigillare Akuma per vincerlo del tutto. Finito il ricordo, i nostri eroi si sono ritrovati nel tunnel, dov’erano i loro corpi, protetti da una cupola magica. Una volta rotta quella, hanno combattuto contro le bestie che erano al di fuori, ed è alla fine dello scontro che ricomincia il capitolo :D
 
 
 
 
Pov: Yusei
 
“Se usciremo vivi da questo casino, giuro che mi prendo un anno di vacanza.” sentenziò Jack.
 
E onestamente, nessuno aveva voglia di contraddirlo. Eravamo troppo impegnati a riprendere fiato per avanzare obiezioni.
 
Mi sedetti con la schiena poggiata contro una pietra azzurra. Quel flusso di energia scorreva dolcemente nel mio corpo, restituendomi le forze perdute. A più punti dello scontro mi ero sorpreso di quanta forza fossi riuscito a sfoderare per difendermi, forza volutamente usata per uccidere quelle creature, pur di non morire… almeno non erano umane, come me. In effetti, fino a quel momento mai avevo colpito qualcuno con l’intenzione di ucciderlo. Ferirlo per difendermi, sì. Ma uccidere per difendermi, no, non era ancora capitato. Quando ho visto quella battaglia terribile dagli occhi di Yatol, ho invece sentito che l’intenzione di uccidere lui ce l’avesse messa eccome. Proprio come il suo nemico, in ogni caso. Alienante. Disturbante. Disumano. Era uno scontro di forza e di volontà di sopravvivere ad ogni costo. Come in guerra. Fosse di armi, o di parole... Non importa chi si ha di fronte, non c’è scelta: se non spari tu, spara l'altro. Per questo la guerra non ha mai vincitori, solo sopravvissuti.
 
Almeno non erano esseri umani quelli che avevamo affrontato noi. Non avevano una storia. Non c’erano famiglie spezzate. Non c’erano sensi di colpa. Non c’era sangue innocente. Non c’era quella terrificante vertigine, quel brivido gelido di un confine proibito ormai varcato, nessuno che dicesse: “Sì, hai ucciso un uomo come te, cosa ti ferma dal farlo ancora?”.
 
Chissà se gli assassini riescono a guardare gli altri negli occhi. Chissà se la loro anima si annerisce. Chissà se gli altri se ne accorgono. Non tutti i limiti sono fatti per essere superati: alcuni, ma proprio alcuni, è bene lasciarli dove sono. Quale uomo ha diritto più degli altri di prendersi la vita di qualcuno come lui, al di là della giustificazione? Basta uno spirito superiore a fare i buoni e i cattivi?
 
Su quel campo di battaglia, avevo decapitato un uomo. L’unica cosa che potevo sperare, era di non riviverlo nei miei incubi. Mai più, mai più una cosa del genere... Io non ero un assassino. Io non ero un mostro. Quel gesto era la scelta di un altro. Non voglio avere vite umane sulla coscienza. Una volta sola in vita mia ho visto un uomo che aveva ucciso davvero. Non so cosa vedessero gli altri, so solo che nei suoi occhi spenti io vidi tutto quello che non avrei mai voluto essere. Quando sarà il momento, né il Drago né Akuma si prenderanno la mia volontà. Mai più permetterò una cosa del genere. La mia volontà è mio diritto, e combatterò con ogni mezzo pur di possederla fino alla morte.
 
“Yusei, tu stai bene?” si preoccupò Crow.
 
La domanda mi ridestò dal mare dei miei pensieri. Feci un cenno positivo verso di lui, non ancora completamente carico di forze. Guardai gli altri che bene o male facevano lo stesso: in fin dei conti, avevamo difeso bene la pelle. Questa volta c’era stata una nuova sinergia fra di noi, non mi spiegavo come mai. C’era e basta. Come se avessimo provato la stessa scena più volte già da tempo. Anche Ruka si era difesa benissimo: rifuggiva l’attacco fisico, ma ci supportava in mille modi diversi. Sembrava fosse migliorata nel padroneggiare la sua magia. Era una ragazzina in gamba. Mentre Aki…
 
“Stai bene, Aki?”
 
Lei si voltò, e mormorò un sì sorridendo stancamente. Era una ragazza forte, davvero lo era. E senza di lei forse non avremmo vinto nessuna di queste battaglie. Lei, e forse anche la sua antenata. Le ero troppo grato per questo.
 
“Yusei, forse dovremmo sbrigarci a trovare un’uscita… non possiamo stare qui all’infinito!” fece notare Crow.
 
“Perché non fai un altro giretto di esplorazione allora?” propose Jack. Crow gli rifece il verso gesticolando con una mano a forma di becco.
 
“Ti ricordo che l’ultima volta che ci ho provato sono stato inseguito da quei mostri! Perché non ci vai tu, o ci spedisci qualche focherello dei tuoi o che so io??”
 
“Perché tu puoi nasconderti senza essere preso!”
 
“Senti, io là da solo non ci torno!”
 
“Se volevi l’accompagnamento potevi dirlo subito, Cenerentola.”
 
“Ma piantala! Perché non ci vai tu e ci dici come va?!”
 
Ruka mi guardò preoccupata. Eravamo alle solite.
 
“Crow, scusaci. Se non te la senti, troveremo un’altra soluzione. Un modo si trova sempre.”
 
Crow abbassò gli occhi, forse mortificato.
 
“È che… non voglio trovarmi ancora faccia a faccia con quei mostri. È troppo per me. Ma temo lo stesso che ci stiamo girando in tondo, che forse un’uscita non c’è, e che quel tizio vuole logorarci lentamente solo per il  gusto di farlo. Perché deve sempre avere il coltello dalla parte del manico?! Cosa gli abbiamo fatto?! Non è giusto, dannazione!” quasi gridò a denti stretti, cercando di soffocare la rabbia. Crow era più sensibile sia di me che di Jack, a volte lo dimenticavo. Qualcuno aggrottò le sopracciglia, qualcuno strinse i pugni, qualcuno guardò in basso serrando le labbra. Sapevamo tutti perfettamente come si sentisse.
 
Ruka intervenne: “Crow, non credo che ci stiamo girando in tondo. Sento vibrazioni diverse nell’aria. Non sono forti e distinte, ma qualcosa è cambiato di sicuro. Ci siamo spostati e ci siamo avvicinati. Dobbiamo continuare in questa direzione!” suggerì, indicando la fine del tunnel.
 
Crow tentò un sorriso, ma dal verso che emise capii che non era lo stesso entusiasta della nuova proposta. A dire il vero, non riuscivo a biasimarlo. La vaga idea di imbatterci ancora in quei mostri era abbastanza da farmi vomitare dalla paura. Ma non c’era scelta. E non era questo che mi spettava. Non era questo il momento per mostrare debolezza, anche se gli altri capivano, anche se eravamo tutti reduci da un’esperienza sovrannaturale traumatica, anche se avrei trovato il loro certo sostegno. Ero io il loro sostegno.
 
“Mi fido di te, Ruka. Qui non possiamo restare. Forza ragazzi, andiamo.”
 
Io e lei ci incamminammo. Aki, Crow e Jack ci seguirono uno dopo l’altro.
 
“Ruka, posso farti una domanda?” domandò Aki dal fondo del gruppo. La bambina la guardò con aria interrogativa.
 
“Quante altre cose sai sui nostri antenati?”
 
“Ah, io… non molto a dire il vero. Li ho visti da lontano, come da un vecchio filmato. Penso che a questo punto non ne sappia più di voi.”
 
“Secondo te anche quell’uomo che ha attaccato Yatol -Yusei- ha discendenti come noi? Magari ha ereditato quei poteri e cerca vendetta per il suo antenato e Akuma?”
 
“Non saprei, non credo… il Drago ci ha lasciato i sigilli prima di imprigionare Akuma, ma il demone non è riuscito a fare nulla del genere.”
 
“Magari ha appreso della sua esistenza da altre fonti, finché non l’ha trovato?”
 
“Potrebbe essere, ma se così fosse dovrebbe trattarsi di qualcuno che conosce bene la mitologia. Ma un qualunque ricercatore sano di mente o non ci crederebbe, o starebbe lontano da qualcosa di così pericoloso! Che razza di persona sarebbe disposta a vendere l’anima a uno spirito demoniaco come Akuma?”
 
“Vorrei che esistesse una risposta accettabile a questa domanda…”
 
Mentre camminavamo, notai una cosa. Il tunnel era diventato gradualmente più buio. La luce si affievoliva. Perché?
 
“Ruka, guarda! I cristalli… stanno diminuendo...” le feci notare. Lei rallentò un attimo, come avesse capito cosa significasse, poi deglutì.
 
“Questa strada… porta verso una grande oscurità… c’è di sicuro qualcosa alla fine. O qualcuno.”
 
Un brivido gelido mi corse giù per la schiena. E molto probabilmente non solo a me. La risposta più logica e immediata era una sola, e l’avevano intuita tutti.
 
“Ruka… pensi che alla fine di questa strada ci sia quel demone? In carne ed ossa?”
 
“Non lo so Yusei. Ma anche se ci fosse, i sigilli li abbiamo noi. Quanto può far paura un leone ingabbiato?”
 
“Abbastanza per cercare alternative?” propose Crow.
 
“Ne abbiamo?” sussurrò Aki, rassegnata. Per un attimo calò il silenzio. Lo sconforto era palpabile.
 
“Quindi, fatemi capire bene: questo signore non ben identificato ci è venuto a trovare uno per uno per farci una sorpresa, per poi scaraventarci in un posto che non risponde alle leggi del tempo, dove non esiste nulla al di fuori di questi cunicoli bui, che è denso di mostri degni del più raccapricciante dei film horror, in cui siamo in costante pericolo per la nostra vita, e l'unica via d’uscita sembra essere la tana della morte incarnata stessa?” ribatté sarcastico Jack.
 
Crow alzò le spalle. “Sembra di sì, Sherlock.”
 
Jack alzò gli occhi al cielo, molto solennemente. “Magnifico.”
 
Per un attimo calò il silenzio. Mentre cercavamo di metabolizzare l'accurata sintesi di Jack, avvertii degli strani sibili dal fondo del tunnel. Simili a quelli del vento nero che ci colpì appena arrivati qui. Ma solo sussurri apparentemente innocui. Mi incuriosii. Mi sporsi più in là, dove il tunnel si incrociava con un altro. La densità dei cristalli permetteva di intuire la direzione da percorrere. Ma non vedevo nulla di strano. Feci cenno agli altri di seguirmi.
 
Proseguimmo quasi in punta di piedi, pronti a reagire a qualunque attacco. Camminammo ancora, finché fu davvero difficile vedere dove si camminava. Faceva persino più freddo. Jack lasciò che una palla di fuoco ci illuminasse meglio il cammino. Stavamo rallentando. Vedevo che anche gli altri avvertivano il disagio che avvertivo io a fior di pelle. Forse davvero c’era Akuma, qualche metro più avanti…
 
“Ragazzi… a me non piace per niente questa cosa…” mormorò Crow.
 
Ruka si voltò verso di me, ansiosa: “Yusei, che facciamo?”
 
Non sapevo cosa risponderle.
 
“Tranquilla, Ruka. Siamo tutti insieme. Siamo forti. Ce la caveremo, così come ce l’hanno fatta i nostri antenati.”
 
Avrei voluto che fosse davvero una certezza.
 
Nessuno poté aggiungere altro, perché le nostre braccia cominciarono a bruciare dolorosamente. La luce rossa era sempre la stessa, ma c’era qualcosa di diverso. Ci stava chiamando.
 
Nonostante il busto curvo e i denti stretti, spostai lo sguardo su Ruka. I suoi occhi, prima ambrati, ora brillavano, rossi come il suo marchio. Si voltò, e cominciò a fare passi lenti e continui verso la fine del cunicolo. Rimanemmo attoniti per diversi secondi prima di sbloccarci e seguirla. Eravamo alla fine. La strada era terminata.
 
Ruka si era fermata al termine del tunnel, all’inizio di uno spiazzo larghissimo, così largo e così alto da poter contenere diversi palazzi uno vicino all’altro. A confronto, quei cunicoli erano estremamente claustrofobici. Incomprensibile come mai non fossero più proporzionati rispetto a questo spazio. Ci sentivamo come formiche in una città. Microscopiche e vulnerabili.
 
Ma non era solo questo a scuoterci. Piuttosto lo era quella massa nera gigantesca che occupava tutto lo spazio centrale. Sembrava tutta fatta di pietra, ma la pietra aveva una forma precisa, vedevo zampe, una schiena ricurva, abbozzi di ali appiattite sul corpo, una sottospecie di coda che spariva nel pavimento stesso -come se quel corpo si estendesse come un iceberg anche sottoterra-, artigli posati a terra, una testa nascosta dallo stesso ripiegamento della creatura immane, come un felino che dormiva. Ma non aveva pelo, sembrava lava solidificata, onde di materiale irrigidite in un unico momento, come se la bestia fosse stata letteralmente pietrificata così.
 
Tutt’attorno, sul pavimento, era distinguibile un enorme cerchio rosso cremisi, brillante, la sua luce saliva verticalmente come a formare un cilindro evanescente, una gabbia attorno alla creatura nera, e si muoveva lentamente, ruotando su se stesso. A ritmo alternato, su questo erano sovrapposti geroglifici familiari. Erano esattamente i nostri segni. Ali… zampe… coda… e testa. Non mancava nulla. Ecco che forma avevano tutti assieme. Ora lo vedevo. Era lui il Drago.
 
Ma qualcosa non andava. Non era completamente rosso. La testa sembrava contaminata dal colore verde. E così anche le ali, a macchie. Perché proprio…
 
Un momento. Io sapevo perché. No, no e no. Non era possibile. Che fosse questo il risultato del mio marchio scomparso? Era stato rubato? E serviva a corrompere l’integrità del sigillo?
 
Ora in effetti vedevo come delle sottili vene percorrere la montagna nera, come delle crepe. Erano verde brillante. Da esse, pareva uscire una specie di fumo. Oh no.
 
Una mano mi toccò all’improvviso la spalla, facendomi voltare bruscamente. Aki si ritrasse, scusandosi. Poi però indicò il grande cerchio a terra.
 
“Quello, quello l’ho già visto! La mia antenata lo aveva evocato da un fuoco! È il Drago, è proprio il Drago!”
 
Jack, Crow, e Ruka, che sembrava essere tornata in sé, continuavano a studiare i dintorni stupiti. Ma quel grande simbolo aveva un che di magnetico. L’intero ambiente era illuminato dal cerchio, e da alcuni cristalli colorati che sporgevano dal soffitto. Sembravano piuttosto voluminosi.
 
Poi un pensiero attraversò la mia mente. Aki aveva detto che la sua antenata aveva evocato il Drago. Doveva essere la facoltà di una qualche sacerdotessa o medium. E loro di solito non stanno su un campo di battaglia. “Aki… per caso nel sogno eri in un tempio?”
 
“Beh, sì, all’inizio sì… perché?”
 
“Ecco… no, nulla. Scusami, non era importante.”
 
“Ah, ok…”
 
Mi passai una mano sulla nuca. Feci un rapido calcolo. Lo sapevo. Diamine se lo sapevo. Yatol la conosceva già. Per questo si era arrabbiato quando Rowta aveva minacciato di attaccare il tempio. Non poteva essere solo timore del sacro, timore di attirare sventure sul popolo. C’era qualcosa di personale. E come ha detto Aki, ‘all’inizio’ significa anche che dopo se n’è andata. Se n’è andata… dal tempio, sul campo di battaglia. L’unica persona ad avermi visto usare quei poteri. La stessa che di certo mi aveva salvato la vita. Era per forza lei. Nessuno può evocare un drago ed essere uno qualunque. Nessuno può scagliare frecce cremisi ed essere uno qualunque. Se prima era una deduzione semplice, ora era una certezza. Mi strinsi nelle spalle. Ci mancavano soltanto queste implicazioni adesso...
 
Ma un lampo luminoso attirò la nostra attenzione. Alzammo gli occhi sulla cima della montagna. Dal nulla, era comparsa una figura familiare. Stesso mantello, stessa aura cupa. Era tornato! Quel bastardo era tornato!
 
Tutti ci schierammo in difensiva, mentre lui scendeva giù ad ampi balzi, facendo scoppiettare luci verdi sotto i piedi per non perdere l’equilibrio. Attraversò il cerchio cremisi che illuminò le pieghe e i dettagli della veste, che non avevo mai notato. Colsi qualche dettaglio del viso: forma allungata, pelle chiara, occhi verdissimi, capelli rossicci. Poi si tolse direttamente il cappuccio.
 
Adesso vedevo il ciuffo voluminoso di capelli che si piegava a falce sul lato destro del suo viso. Era giovane, non aveva più di trent’anni. Vedevo il sorriso sinistro, il cupo bagliore dei suoi occhi. Chi era costui?
 
“Finalmente siete arrivati. Avevo cominciato a pensare che fossero bastati i mostriciattoli nel tunnel a mettervi fuori gioco. Per una volta sono quasi contento di sbagliarmi.”
 
Stavo per ribattere, ma contemporaneamente due mani mi si aggrapparono disperatamente alle spalle, quasi trascinandomi indietro. Mi voltai cercando di raddrizzarmi: Aki si era nascosta dietro di me, occhi sbarrati. Tremava. Non parlava. Quasi mi affondava le unghie nelle spalle tanto era angosciata.
 
“Aki?! Aki che c’è?! Che cos’hai?!”
 
“Andiamocene. Yusei, andiamocene. Yusei, è pericoloso.” Mormorava come un disco incantato. Ma che c’era?! Conosceva quest’uomo forse?! Perché era così spaventata?! Chi era?!
 
“Ciao Aki, da quando non si salutano i vecchi amici?!”
 
Vecchi amici?!
 
Aki?!
 
“ZITTO! STAMMI LONTANO! NON OSARE AVVICINARTI!”
 
“Eddai, mica voglio farti del male!”
 
“BUGIARDO! VATTENE VIA!”
 
“Una volta eri più docile, sai? Sicuramente più simpatica. Ah, bei vecchi tempi. Quando eri forte e fedele. Quando non avevi bisogno di nasconderti come un cucciolo impaurito dietro le spalle degli altri.”
 
“TACI! Te l’ho già detto, non mi prenderai in giro una seconda volta!”
 
“Vorrai dire… ‘terza’?” ribatté, fintamente cordiale.
 
Aki strinse i denti, frustrata.
 
“Te lo ricordi bene direi. Eh sì, per te avevo preferito un faccia a faccia personale. Devo dire che lo scherzo è riuscito alla perfezione! Ci sei cascata in pieno! Allora, dicci pure, come ci si sente a uccidere i propri amici?”
 
Un brivido mi percorse il corpo. Di che diavolo stava parlando?
 
Lei non rispose nemmeno, gridò e basta, scagliando una frusta spinosa cresciuta da chissà dove. Lui lo parò facilmente con uno scudo verde trasparente. Coprii di ghiaccio le mani: questa messinscena sarebbe finita molto presto.
 
“Eddai, Aki! Che permalosa che sei! Non sai nemmeno stare al gioco?”
 
“Gioco?! Tu a che gioco stai giocando, piuttosto?! Ti ho lasciato al movimento Arcadia mentre facevi esperimenti su cavie umane, Divine! Che ci fai nella tana di questo demone?!”
 
“Quanto risentimento! Sappi che da quando sei scappata via, ho smesso di pensare a quei progetti, e ho rispolverato tutti i dati che avevo raccolto su di te. Tu non avevi solo poteri psichici, tu avevi un marchio unico al mondo. Così ho fatto qualche ricerca, che mi ha portato in America centrale. Ho scoperto tante cose sulle popolazioni che una volta abitavano quei territori. E fra queste, un popolo così piccolo, tanto piccolo che qualcuno credeva non esistesse nemmeno, venerava come protettore una creatura riconducibile al tuo marchio. Col supporto delle tecnologie del movimento Arcadia, ho potuto tradurre molte iscrizioni antiche. Così ho scoperto che assieme alla creatura che ti aveva dato quel marchio, esisteva un antagonista, signore della Morte. E sono riuscito a trovarlo, Aki! Non ho fatto nemmeno fatica, è lui che è riuscito a trovare me. Mi ha proposto uno scambio, e io ho accettato.”
 
“Com’è possibile?! Perché hai accettato?!”
 
“Cara Aki, quanto sei ingenua… secondo te, perché tutti quegli esperimenti al Movimento Arcadia?”
 
Aki rimase interdetta.
 
“Te lo dico io: armi, Aki! Armi viventi, poteri distruttivi e controllabili come non se ne sono mai visti! Noi psichici abbiamo sempre sofferto a causa della società. Non siamo mai stati nulla più che mostri da circo per la gente normale, lo sai anche tu.”
 
“Tu sei fuori di testa…”
 
“Sono pragmatico, Aki. Le abbiamo provate tutte, ma nulla è cambiato. Sempre ci hanno odiati, sempre ci hanno allontanato come peste. Quindi, ci prendiamo tutto quello che ci hanno tolto e che non ci hanno mai voluto dare. Nessuno ti prende in giro se sei più potente di lui. Nessuno ti opprime se tu puoi schiacciarlo per primo. Il vero potere, prima del denaro, viene dalla forza delle armi, Aki! È questo l’interruttore che conferisce l’autorità! Sempre è stato così, e sempre sarà!”
 
“Mi stai dicendo che è davvero questo che ti importa?! Che ne è della tua umanità?! Hai una vita breve, perché la sprechi così?”
 
“Perché questo mi interessa e attrae più di ogni altra cosa, e prima di scendere dalla giostra, ho intenzione di divertirmi un po’ e togliermi tutti i sassolini dalle scarpe. Del dopo nulla importa. Il mondo può bruciare nelle fiamme dell’inferno per quanto mi riguarda.”
 
“Sei un mostro! Un demonio! Non c’è nulla di salvabile in te!”
 
“Prima di fare la predica, pensa a salvare te stessa.” asserì, stavolta non più divertito. Alzò un braccio, schioccando le dita. Ne scaturì una scintilla verde, che poi si sparse tutt’attorno, come un’onda circolare, che ci attraversò tutti, fino a coprire tutta la base dell'immensa grotta, permeando le pareti ed entrando nei vari cunicoli che sbloccavano qui.
 
Non ci aveva fatto nulla. Ma sentivo strani rumori provenire dai tunnel dietro di noi. Oh no, non di nuovo…
 
“DIVINE!” -gridò Aki- “Cosa vuoi da noi?! Perché ci hai portati qui?!”
 
“Perché era parte del contratto con Akuma. All'inizio volevo recuperare i sigilli singolarmente –disse gesticolando in mia direzione-, ma poi ho pensato che sarebbe stato più facile radunarvi qui e lasciarvi a mani migliori delle mie. Così lui sarà libero, e io avrò fatto jackpot.”
 
“Cosa ti assicura che andrà come pianifichi?!”
 
“Dovresti conoscermi, Aki. Io non sbaglio mai nulla.” Sentenziò, prima di sparire avvolto da luce smeraldo.
 
Che dire, dal dialogo si deducevano risposte sufficienti sull’identità del nostro nemico. Ma adesso avevamo un nuovo problema.
 
Dai molteplici tunnel attorno a noi cominciarono a comparire creature terribilmente familiari. Una manciata da ognuno… contarle era un’impresa. Improvvisamente mi tornarono alla mente le parole del Drago: avremmo dovuto combattere. 'E quando sarà necessario, ti concederò il mio potere'.
 
Una cosa era certa: da qua saremmo usciti tutti insieme. Vivi, o morti. Uno sguardo d’intesa reciproco raccomandava di restare uniti. Il piano era semplice: fare di tutto per restare vivi.
 
Le bestie si gettarono su di noi in massa. Ma nessuna riuscì a toccarci, dato che le più vicine dovettero cercare di sorpassare una barriera di ghiaccio, fiamme infuocate, scariche di luce, muri e lacci di liane e rovi, oltre che a una cortina d'ombra che ci nascondeva e rendeva intoccabili.
 
Le barriere reggevano, ma senza attacchi più diretti e forti, non potevamo resistere in eterno. Quei mostri avevano la pelle dura, e noi non potevamo contare sul supporto dei cristalli. Cos’altro potevamo inventarci?
 
“Jack, come facciamo ad abbatterli tutti?!” gridai.
 
“Non lo so! Ci converrebbe salire sulla montagna, ma come ci arriviamo?!”
 
“Bisognerebbe distrarli o rallentarli!”
 
“Puoi congelare le loro zampe?”
 
“Posso tentare, ma non durerà molto!”
 
“Aki, puoi aiutarlo tu?!”
 
“Certo! Lascia fare prima a me!”
 
Aki si accovacciò a terra premendo direttamente i palmi delle mani contro il suolo. I rovi al di là della barriera di ghiaccio crebbero all’istante per numero e dimensione. Si estendevano sempre più lontano e sempre più forti per intrappolare i mostri. Molti venivano spezzati, ma quando si univano in fasci, era impossibile strapparli. Lei stringeva i denti, e concentrandosi a testa china, affilava le spine che affondavano nella carne delle bestie. I loro versi di dolore lacerante erano la prova che la strategia fosse estremamente efficace e letale. Una persona riusciva a tener testa a un esercito intero. La sua era un’abilità impressionante. E sapevo quanto male facessero quelle spine…
 
“Yusei, adesso!”
 
Feci un bel respiro. La barriera non serviva più. Il muro smise di crescere in altezza, e dalla sua base scaturirono diverse ondate di ghiaccio: le creature si agitavano, ma erano ancorate a terra, e nessuna poté sfuggire alla trappola. Il raggio d’azione però non era esteso come quello di Aki. I miei poteri erano stati dimezzati, e purtroppo non ne avevo recuperati a sufficienza. Alle nostre spalle avevo tralasciato un solo corridoio per arrivare alla montagna. Avremmo dovuto passare in mezzo a qualcuna di quelle creature, ma non c’era scelta.
 
“Andate tutti, adesso!”
 
“Yusei, tu come farai?!”
 
“Vi seguirò per ultimo, non preoccupatevi! Voi andate! Sbrigatevi!”
 
Il tempo per discutere era poco. Crow ritirò la cortina d’ombra lasciando fuori solo me. Tutti gli altri percorsero in fretta e furia lo stretto corridoio che arrivava alla base della montagna di pietra. Lanciai un’occhiata alle mie spalle: tutti stavano risalendo l’ammasso di roccia. Il corpo del demone ripiegato su se stesso formava una specie di gradone per salire in cima, piuttosto ripido, ma utile per arrivare fin sulla sommità. Dovevo dare loro più tempo. Crow gridò qualcosa in mia direzione, ma era difficile distinguere la sua voce dai latrati di tutti quei mostri attorno a me.
 
Mi stavo affaticando. Avevo raggiunto il tempo limite. Un rapido conto alla rovescia, e senza guardarmi indietro corsi dritto verso gli altri lungo il corridoio di ghiaccio, che rapidamente si spaccava. C’ero quasi…!
 
Un artiglio sbucò fuori dalla parete del corridoio, poco prima della fine della strada. Scivolai in basso per schivarlo, ma il mostro riuscì a divincolarsi dal ghiaccio e dalle piante congelate che lo intralciavano. La corsa fu disperata.
 
“Abbassati!”
 
Mi buttai a terra, mentre una possente fiammata investiva la creatura dietro di me. Uno, due, tre colpi, sufficienti ad impedirle di avanzare ancora. Jack mi tese la mano caldissima e mi tirò su, mentre rapidi come schegge risalivamo il monte.
 
“Non ti azzardare mai più!”
 
“Avevi approvato il piano mi pare!”
 
“Non l’ultima parte! Quella era farina del tuo sacco!”
 
Eravamo quasi in cima, quando notai che le bestie rallentate dal gelo e dai rovi avevano cominciato a liberarsi una dietro l’altra. Alcune procedevano sbandando e scontrandosi fra loro come se non vedessero -Ruka doveva averle accecate in precedenza…-, altre tremavano dalle ferite e dal gelo che era penetrato nei loro corpi. La strategia era riuscita a indebolirle bene, ma nemmeno questo bastava, e io ero a corto di risorse. Anche Aki sembrava stanca.
 
“Ragazzi, che facciamo? Fra poco saliranno quassù anche loro!”
 
“Dobbiamo ucciderle tutte, ma sono troppo robuste per noi!”
 
Stavo per intervenire, ma un terremoto ci interruppe. Ci aggrappammo tutti carponi alle rocce alte, mentre sul corpo del demone si aprivano ancora più crepe. Spifferi di fumo -molto probabilmente tossico- fuoriuscivano da esse. Fortunatamente eravamo abbastanza distanti per non inalarlo, ma il rischio di avvicinarsi troppo era alto. La scossa si placò rapidamente. Forse era solo un’avvisaglia dell’agitazione del demone sotto il suo sigillo. Ma di certo era in procinto di risvegliarsi, e dovevamo impedirlo ad ogni costo. Intanto, dalle aperture dei tunnel immessi nella grande grotta cominciarono ad arrivare altre bestie, cariche ed energiche rispetto alle compagne già presenti. Ma quante diavolo erano?!
 
Per loro non ci volle molto a scavalcare i rimasugli della distesa di ghiaccio e a cominciare la scalata. Jack li tenne giù a bada col fuoco, ma non poteva trattenere quelli che salivano dall’altra parte… Aki cercava di legarne giù e soffocarne quanti più poteva, ma i rovi non spuntavano dalla roccia, solo dalle pendici terrose. Evidentemente, non c’è modo di metter radici in un demone che rappresentava la morte stessa…
 
Mi inginocchiai e vene di ghiaccio coprirono la distesa di roccia dietro Jack: dove passavano le creature, una lancia di ghiaccio fendeva l’aria trapassandone le carni. Alcune cadevano, altre restavano ancorate alla parete, altre spezzavano le lance avanzando senza controllo, ma finivano solo col ferirsi ancora e ancora. Iniziai a pensare che questi mostri non sapessero cosa fosse il dolore. Andavano avanti come automi, quasi indisturbati. Spiegava la ferocia e la fenomenale resistenza. Gli animali feriti di solito scappano, questi sono solo accecati dal desiderio di uccidere, o di mangiare.
 
Guardavo la distesa di demoni sotto di noi che aumentava, aumentava e basta, come onde del mare che si accavallavano le une sulle altre e sommergevano gli scogli e si infrangevano sulla costa. Dovevano essere migliaia, noi invece eravamo solo in cinque. Feci un rapido calcolo. Cinque. Contro qualche migliaio. Senza cristalli, senza risorse aggiuntive. Un senso d’angoscia mi assalì. Solo un miracolo ci avrebbe tirati fuori da quella situazione. Che dovevo fare? Che diavolo dovevo inventarmi adesso?!
 
“Yusei, ho un’idea! Ma mi serve l’aiuto di Ruka!” gridò Crow. Un briciolo di speranza mi germogliò testardo nel petto. Ci giocavamo il tutto per tutto.
 
“Bene allora, vi copro le spalle!”
 
“Ottimo! Fatele da scudo e cercate di coprirvi gli occhi tutti quanti!”
 
Chiusi gli occhi, senza perdere il controllo sulle stalattiti di ghiaccio. Attraverso le palpebre, vidi che una luce abbagliante ci investì. Non sapevo che Ruka potesse evocare una luce tanto potente. Che fosse questo il suo asso nella manica?
 
Sentivo quelle creature gemere infastidite, ma c’era anche un suono di carne tagliata sotto di noi. Doveva trattarsi di Crow… Ma certo! La luce non fa che mettere in risalto tutte le ombre! Rapido com’è, avrà pensato di buttarsi nella mischia e attaccare le loro ombre! Trovata tanto geniale, quanto pericolosa. Ruka cominciò a urlare per sostenere la luce e lo sforzo; sbirciai con un occhio, e intravidi quante bestie erano state abbattute con un metodo così semplice. Parecchie, ma ovviamente in un settore troppo ristretto.
 
“Crow, torna su! Sbrigati!”
 
Crow zigzagò verso il monte, risalendolo in fretta, mentre Ruka abbassava le braccia, sfiancata. Crow superò incolume la distesa di demoni immerso nell’ombra. Era andato tutto liscio per fortuna. La luce scomparve, e subito cercammo di ristabilire la nostra difesa. Avevamo abbattuto diverse creature nel frattempo, ma non bastava, non bastava mai. All’improvviso notai che un versante era rimasto più trascurato degli altri, troppo ripido per sospettare attacchi da lì, ma quando mi voltai per accertarmene, un artiglio comparve dall’ombra: un mostro saltò subito sul dorso del demone pietrificato, più piccolo degli altri, ma forse proprio per questo più agile e insidioso. Gridai agli altri di fare attenzione, ma quello saltò rapido addosso a Ruka, l’unica rimasta indifesa.
 
Abbandonai la postazione per gettarmi contro quella bestia: un pugno ghiacciato dritto sul muso per allontanare le zanne viscide dal volto di Ruka, poi un altro e un altro ancora, e Ruka sgattaiolò via, ma con le zampe riuscì a graffiarmi il braccio sinistro. Gemetti dal dolore, e nel tentativo di reagire fui schiacciato a terra, mentre la bestia cercava di mordermi il polso destro. No, non al polso, mirava al marchio del Drago!
 
Scalciavo per allontanarla, ma era inutile. Un artiglio violaceo comparso dal nulla riuscì però a ferirle gli occhi -Crow!- e ad allontanarla. Con l’aiuto di Crow sgusciai via e mi rimisi in piedi, ma avevo un braccio sanguinante e dolorante. La creatura era stata accecata, ma continuava a latrare in nostra direzione…
 
“Yusei, lascia fare a me! Ne stanno risalendo altri alle nostre spalle-!”
 
Volsi lo sguardo verso la postazione che avevo abbandonato: i demoni avevano guadagnato terreno, un paio di artigli emergevano dal basso e se non mi sbrigavo…
 
Scagliai il braccio davanti a me disegnando un arco: una manciata di stalattiti appuntite nacquero di fronte alle creature, che infilzate in più punti si distaccarono dalla parete di roccia. Mi precipitai a tenerne altre a bada piuttosto alla buona, ma presto mi accorsi che non solo Aki e Jack perdevano colpi, ma che i demoni erano diventati così tanti da cominciare a scalare l’altura anche uno addosso all’altro. Era un’orda infinita, così grande e compatta che era impossibile enumerare tutti quei demoni. E noi eravamo cinque.
 
 
Ci provammo con tutte le nostre forze a resistere, davvero. Ma non potemmo reggere l’ondata che ci investì. Né fuoco, né rovi, né ombra, né luce, né ghiaccio furono abbastanza. Proprio quando le bestie erano sopra di noi, in procinto di dilaniarci le carni, una luce accecante fendette il buio. Quella luce veniva dal mio marchio, da ogni marchio. E bruciava, bruciava dannatamente. Le creature stridevano inferocite e infastidite, ma si allontanavano.
 
La luce pulsava, pulsava ritmicamente, al passo del mio cuore. Era forte, quasi dotata di vita propria, ed era fuoco sulla pelle, fuoco che ardeva ma che non consumava. Un fuoco che avvolgeva interamente il mio corpo. Non riuscivo a muovermi. Ero immobilizzato a terra, vittima della stessa fiamma che mi aveva salvato. Udivo i battiti del cuore così distintamente che potevo contarli. Sentivo il sangue che invadeva a intermittenza mani, cranio, viso, perfino i piedi, che pulsavano con tale forza che quasi ebbi timore che potessero scoppiare. Potevo sentire le gocce di sudore che scivolavano giù dalle tempie, un distante ronzio nelle orecchie, lo strofinio fra muscoli e legamenti che faticavo a muovere. Quest’esperienza mancava all’appello in effetti. Ancora una volta ero messo di fronte alla realtà di essere confinato in un corpo fatto di semplice carne. Magari non era il meglio che c’era, ma era tutto quello che avevo.
 
Infine, la luce abbandonò i nostri corpi, lasciandoci liberi di muoverci, ma indifesi. Eppure, nessuna creatura ci assalì. Le cinque fiamme fluttuarono nell’aria fino a scendere alle pendici del monte creato dal corpo sopito di Akuma. Mi precipitai a vedere meglio: le luci si inserirono ognuna su un simbolo dell’intero marchio del Drago, ravvivandone i colori. Quando la fusione fu completa, si scatenò l’inferno.
 
La terra cominciò a tremare violentemente. Le creature stridettero in un coro cacofonico, precipitandosi giù dal monte. Forse restare lassù era una pessima idea anche per noi. Un rumore di roccia spaccata attirò la mia attenzione: dalle pendici, le crepe divennero innumerevoli, e tutte correvano verso la cima del monte. Stavo per gridare qualcosa, ma una corda avvolta attorno al busto me lo impedì. No, non era una corda, erano i poteri di Aki, stavolta senza spine. Vidi che ognuno di noi era stato afferrato da uno stelo -lei compresa- che ci sollevava e riportava giù dalla rupe, appena all’interno del grande marchio del Drago.
 
L’atterraggio fu brusco solo perché la terra tremava ancora. Tutte le creature erano scappate, molte erano diventate fumo, riassorbito da Akuma attraverso le crepe aperte della roccia. Uno strano rimbombo fece vibrare ancora la terra, più simile a un ringhio soffocato, un grido di vendetta proveniente dal sottosuolo, presagio della furia covata da quel terribile demone per millenni.
 
Ci allontanammo per quanto potemmo, ma non c’era un luogo dove scappare, specialmente se la terra sotto ai piedi non smetteva di tremare, potevamo solo restare a guardare col cuore in gola. Quasi non ci accorgemmo di Divine che ricomparse dietro di noi, a qualche metro dalle nostre spalle. Mi voltai rapidamente cercando di non perdere l’equilibrio, ma apparentemente era troppo preso a contemplare la visione che aveva di fronte per badare a noi.
 
“Finalmente il sigillo è spezzato...ho vinto! AKUMA È TORNATO!” annunciò aprendo le braccia con fare teatrale, allargando un ghigno.
 
La sua espressione non era di estasi paradisiaca, ma di piacere perverso. Il sorriso era beffardo, sadico, gli occhi ricolmi del veleno demoniaco che aveva intossicato la sua mente.  Era raccapricciante. Non riesci ad odiare qualcuno che più d’ogni altra cosa ti fa pietà. Guardava in direzione della luce, ma non stava osservando nessuna delle due creature mitiche. Contemplava la scena in sé, come un quadro incorniciato. E lui era il Mecenate che l’aveva commissionato. Stava guardando il risultato del suo operato, dei suoi calcoli perfettamente riusciti, di tutto il male che lui stesso aveva fatto. Non era Akuma che venerava, ma soltanto se stesso. Magari pensava di avere un demonio sotto il suo controllo, ma era chiaro che si sbagliasse. Il vero schiavo era soltanto lui, e forse non se n’era nemmeno accorto.
 
 Il cerchio di fuoco attorno ad Akuma cominciò a vorticare sempre più rapidamente, finché non divenne incandescente, sollevandosi da terra. Ad un certo punto, ci fu un’esplosione di luce, troppo abbagliante per sostenerla con lo sguardo. Ci buttammo a terra coprendoci il volto, intanto che il suolo ancora si scuoteva e che il ringhio del demone si faceva sempre più sonoro.
 
Quando riaprimmo cautamente gli occhi, la luce dell’ambiente era del tutto cambiata. Era giorno. Il terreno era dello stesso tipo, ma esteso a perdita d’occhio. Sopra di noi non c’era più la cupola buia della grotta, ma un cielo azzurro, un sole e una grande stella rossa. Molto vicina, oppure lontana e molto grande.
 
Davanti a noi, non c’era più né il simbolo del Drago, né la montagna di roccia. In compenso, lontano da noi, sulla terra, vi era una creatura immensa, nera, sembrava un ammasso deforme di liquami, ma provvista di zampe, artigli, ali e tre bocche una sopra l’altra, piene di denti acuminati. Era davvero Akuma, ed era libero. Divine si era di nuovo teletrasportato davanti a noi, una ventina di metri distante. Era avvolto da un’aura verde, oscura, e non parlava. Si voltò lentamente in nostra direzione, sorridendo maligno. Era proprio come avevo visto in sogno. Prima Rowta, adesso Divine. Schiavi del male. Completamente soggiogati.
 
Questo però non era un sogno, né un lontano ricordo.
 
Questo era reale. E noi eravamo i protagonisti.
 
L’intenzione omicida di Divine era palpabile. Ma io non facevo che rivedere Yatol decapitare Rowta davanti a me, ossessivamente. E in un flash ancor più fugace, gli occhi di quell’omicida di tanto tempo prima… Il disagio era viscerale. Avrei dovuto davvero imitare il mio predecessore, macchiando le mie mani di sangue umano? Quando mi sono ripreso da quella visione, mi sono ripromesso di non fare lo stesso. Non volevo sperimentare quel brivido oscuro una seconda volta, stavolta essendone responsabile. Era un limite proibito. Se avevo certezze nella vita, era che uccidere un altro uomo –soprattutto consapevolmente, e non accidentalmente- era sbagliato. Ma c’erano forse eccezioni…?
 
‘Drago’ lo interpellai con la mente, ‘esiste… un modo per vincere senza dover uccidere Divine?’
 
‘Dipende da te,’ sussurrò una voce dolce ma salda, ‘perché vuoi saperlo?’
 
Continuai: ‘So che è controllato ed è malvagio, ma è un essere umano come me, che sia buono o che sia cattivo. Non… non posso togliere la vita a un altro uomo. Non sono Yatol. Non pretendo di salvargli l’anima. Ma non voglio togliergli la vita. Qualunque sarà il destino di Divine, io non voglio ucciderlo. Non voglio portarne il peso. Perché so che nel mio futuro sarà un peso grande lo stesso. Per favore, aiutami.’
 
“Il tuo desiderio è giusto, Yusei. Un modo c’è. Ma se vorrai salvare tutti, ti costerà caro.’
 
‘Cosa mi costerà?’
 
‘Molto dolore.’
 
‘Perché questo?’
 
‘Perché non c’è cosa più grande che voi umani possiate offrire.’
 
‘Non capisco che significa… non c’è un altro modo?’
 
‘Se ci fosse stato, te l’avrei detto. Un giorno capirai. Ma guarda i tuoi amici: è un prezzo accettabile da pagare perché anche loro vivano?’
 
Mi voltai. Jack, Crow, Aki e Ruka mi fissavano interrogativi. Scrutai ognuno dei loro volti. Non avevo considerato che loro fossero tutti in pericolo tanto quanto me. Per qualche motivo, avevo dato per scontato che avessi più responsabilità degli altri in questo scontro. Non era così. Sentii la gola stringersi come in procinto di pianto. Ma certo che volevo che vivessero. Certo che volevo tornare a casa con loro, con tutti loro.
 
‘Giurami che mi difenderai e che mi aiuterai a sopportarlo fino alla fine.’
 
‘Lo giuro.’
 
Un possente ruggito proveniente dal cielo attirò la mia attenzione: un sinuoso serpentone danzava in cielo sopra di noi, lunghissimo e grandissimo, aprendo le immense ali che ci sovrastavano, come per coprirci col suo manto di fuoco. Come per protezione.
 
Mi sentivo davvero protetto. Forse era per questo che i sigilli erano stati rotti all’improvviso nella grotta, senza che ci venissero strappati uno per uno, prima che di noi non restassero che briciole. Era stato il Drago. Aveva preferito sciogliere il suo stesso sigillo e liberare Akuma in anticipo, piuttosto che farci uccidere. Potevo fidarmi. Apparentemente, la vita era la priorità del Drago. Persino quella di Divine. Se non altro, questa era garanzia che fossi schierato dalla parte giusta.
 
Considerai per un attimo i miei ultimi pensieri e tutto ciò che avevo di fronte. Se qualcuno me l’avesse raccontato qualche giorno fa, l’avrei preso per uno scherzo, neanche tanto buono. E invece no, era tutto reale. Ed ero l’ultimo baluardo di difesa della Vita stessa, assieme ai miei amici.
 
Il destino mi aveva gettato il guanto di una sfida fuori dal mondo. Stava a me raccoglierlo o no. Ma come dire, ritirarsi non era più contemplabile: se ormai si era in ballo, tanto valeva ballare. Presi un bel respiro, sentendo l’elettricità nell'aria a fior di pelle. Strinsi i pugni, alzando lo sguardo verso il mio nemico. Un fuoco cominciò a bruciarmi nel petto.
 
In fondo era bello combattere per qualcosa più grande di me.
 
 
 
 
 
 
 
 
*Nell’antro oscuro della scrittrice*
 
Puntata speciale: mai così ambigui
 
Io: questo capitolo è stato meditato molto su alcuni dettagli. Ci tenevo, ecco.
 
Yusei: *sospira rassegnato* tanto sono comunque condannato a patire come un cane nelle tue storie, punto
 
Io: lo so che ti va sempre male, ma l’ultima parte dipende da realizzazioni personali :V scrivere è bello anche per sublimare e trasmettere quello che impari o che credi, no?
 
Yusei: io vedo solo tanto sadismo, a mie spese, come sempre da 15 capitoli
 
Io: gnooo eddai, guarda che ero seria, almeno gli do un senso  
Jack: ringrazia che non era sadismo stile 50 sfumature
 
Yusei: Jack non darle idee
 
Io: … veramente mi pensate capace di una cosa del genere?...
 
Tutti, in coro: SÌH
 
Io: ma ma ma ma- gnooo io sono una giuggioletta pura e innocua, non scriverei mai questa roba ;w;
 
Aki: di certo la tua inclinazione al sadismo non è un buon indizio
 
Io: …. da che pulpito.
 
Aki: ehi!!! Era… tanto tempo fa, ecco
 
Io: tanto, fra noi due, quella che è andata più vicino a 50 sfumature sei tu
 
*cala un disagio palpabile nella stanza*
 
Yusei: iiio me ne vado
 
 
(Nuovo disegno!! L’ambiente descritto è qualcosa del genere! e SOno stati aggiornati anche i capitoli 12, 13 e 14! Ho notato che i vecchi url non sono visibili, li sistemerò presto)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's / Vai alla pagina dell'autore: Aki_chan_97