Fanfic su attori > Cast Castle
Segui la storia  |       
Autore: germangirl    01/03/2018    3 recensioni
Un uomo in crisi per il suo lavoro e per la sua vita sentimentale.
Una donna ferita.
Un paio di nuovi amici.
La magia della Ville Lumière.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathan Fillion, Nuovo personaggio, Stana Katic
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 11 – Montmartre

Esattamente mezzora più tardi lo vide entrare nella boulangerie. Nel frattempo aveva finito sia la baguette con quel delizioso burro salato che il café au lait – sarebbe stato un delitto farli freddare – ma era più che felice di condividere qualcos’altro con lui per festeggiare il suo nuovo incarico. Sapeva quanto potesse essere frustrante aspettare che il telefono squilli per annunciare una nuova opportunità di lavoro: nel loro ambiente, i tempi morti potevano protrarsi a lungo. Le era capitato all’inizio della carriera, ma tutto considerato dovette riconoscere di essere stata molto fortunata. Subito dopo Castle, in cui aveva recitato per otto anni, le era stata offerta la parte di Emily in Absentia, praticamente senza alcuna pausa. A questo proposito, le sue vacanze ormai erano agli sgoccioli e presto sarebbe dovuta ritornare in Bulgaria e indossare di nuovo i panni, molto impegnativi, del suo ultimo personaggio. Cosa sarebbe stato di loro due? Ma poi, era davvero sicura che ci fosse un “loro due”? Sospirò e si concentrò sul suo commensale, che nel frattempo l’aveva raggiunta al tavolo.

Gli occhi di Nathan indugiarono compiaciuti su di lei: indossava una camicetta avorio e un pullover con uno scollo a V color miele che metteva in risalto quei due fari verdi-castani che adorava. E gli sorrideva, con quel sorriso che lo faceva sciogliere come neve al sole e che ogni volta lo fulminava con una saetta in mezzo al petto.

Non sapendo come salutarla, visto che erano in un locale pubblico e visto quello che era successo la sera precedente, le sfiorò delicatamente un braccio e prese posto davanti a lei.

“Ehy, dov’è la baguette?” la apostrofò scherzando, ma la sua voce tradì una nota di malinconia.

Stana si prese un po’ di tempo per osservarlo bene e ciò che vide le fece aggrottare la fronte. Non aveva l’aspetto entusiasta di uno a cui è stato appena affidato un ruolo da protagonista in una nuova serie sulla ABC. Due profonde occhiaie tradivano un pessimo rapporto con il sonno. Un morso allo stomaco le ricordò che potevano essere dovute a una notte sfrenata in dolce compagnia. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Però volle scacciare quel pensiero e concentrarsi sul fatto inequivocabile che la aveva cercata più volte e persino aspettata in albergo per poter condividere con lei la bella notizia meno di 24 ore prima, quindi non ci poteva essere un’altra donna. Allora qual era il problema?

“Nate, tutto bene?” gli chiese, sinceramente preoccupata.

“Ehm… sì, più o meno… piuttosto, sono digiuno da ieri, ti dispiace se ordiniamo qualcosa da mangiare?” propose e, senza aspettare alcuna risposta, aprì il menù e si concentrò su quello. L’offerta gastronomica del locale rifletteva le origini bretoni del proprietario, con un tripudio di crepes e galettes, baguette accompagnate da burro salato e naturalmente il kouign-amann. L’uomo optò per una tipica galette di grano saraceno e si limitò ad un caffè, decidendo che il sidro, seppure tradizionale, non fosse la scelta più adatta a quell’ora.

Trascorsero i successivi quindici minuti a parlare di argomenti banali, con grande frustrazione di Stana che non riusciva a comprendere cosa diavolo gli fosse preso. Appena ebbe terminato il suo pasto, la donna propose una passeggiata nel quartiere ed uscirono.

Il sole stava tramontando e ciò regalava all’ambiente un’atmosfera fiabesca. Si ritrovarono davanti al Moulin de la Galette, immortalato in tanti quadri impressionisti, da Renoir a Toulouse-Lautrec, ma anche da Van Gogh e persino da Pablo Picasso. Anche se ormai era stato trasformato in un ristorante, era comunque strano vedere un mulino nel cuore di una metropoli. Ma Montmartre rappresentava un’oasi surreale in sé: c’era persino un vigneto che produceva un vino le cui bottiglie venivano invecchiate nelle cantine del municipio e dipinte da artisti famosi. Non era certo usuale trovare una collina coperta da viti al centro di una grande città. Non stupiva che tanti artisti, più o meno famosi, avessero soggiornato in quella zona e la frequentassero tuttora.

“Adoro questo posto!” dichiarò Stana. “E’ tutto un pulsare di curiosità e un fremere di vita. Si respira arte ad ogni passo, non credi?” gli chiese, tentando di coinvolgerlo nella conversazione e di strapparlo al rimuginare nel quale sembrava sprofondato. Anche quella manovra però non ebbe successo.

Stufa dei suoi monosillabi e dello sguardo spento, gli si piazzò davanti, gli mise le mani sugli avambracci e gli disse: “OK, sputa il rospo. Cosa c’è che non va?”

Nathan si arrese, prese un respiro profondo e le disse: “Ho capito perché mi hanno dato quella parte”

“E quindi?” lo incitò lei.

“Sono vecchio” dichiarò, abbassando la testa e incurvando le spalle. Stana trattenne a stento un sorriso: uomini... Però lui sembrava profondamente angosciato e lei ne ebbe pietà. Nathan riprese la parola e le raccontò in breve quale sarebbe stato il suo ruolo. “La maggior parte degli altri attori ha la metà dei miei anni e il doppio della mia massa muscolare!” concluse affranto. La donna lo ascoltò con attenzione, poi girò la testa e vide una cosa che sicuramente gli avrebbe tirato su il morale. O almeno così sperava.

Il tramonto aveva lasciato spazio all’oscurità e un gioco di luci aveva trasformato la vetrata dell’edificio alle loro spalle in uno specchio. L’attrice lo prese per un braccio e lo fece voltare, così che entrambi scoprirono le proprie immagini riflesse in quello specchio improvvisato.

“Dimmi cosa vedi” gli ordinò con un sorriso incoraggiante.

“Vedo una ragazza bellissima e giovane accanto a un uomo imbolsito” rispose con un tono di voce triste.

“Sai invece cosa vedo io?” gli chiese. Lui scosse la testa. “Vedo una donna fortunata perché è al fianco di un signore molto affascinante. Anzi, direi irresistibile”

Le prese la mano, gliela strinse e se la portò alle labbra, senza distogliere lo sguardo dall’immagine di loro due sulla finestra e senza dire una parola. Poi, continuando a tenerla per mano, si voltò verso di lei e finalmente le sorrise, non solo con la bocca ma anche con gli occhi, per la prima volta da quando l’aveva raggiunta nella boulangerie quel pomeriggio. “Posso invitare questa donna fortunata a fare un giro sul bateau mouche? Lo so che è schifosamente turistico, ma è un’esperienza che non ho ancora fatto da quando sono a Parigi e non me ne voglio andare senza averla provata!”

Stana annuì, mentre la piacevole sensazione delle loro dita intrecciate frantumò in mille pezzi il macigno che aveva sul petto, sbriciolandolo completamente. Non era più arrabbiata con lui. Anzi, stare con lui era come andare in bicicletta: anche se cadi, appena ritrovi il coraggio di riprovarci diventa tutto naturale.

Saliti sul battello, si sedettero all’esterno sul pontile più alto. Spirava una brezza pungente, ma il paesaggio che scorreva ai loro occhi meritava quel piccolo sacrificio. Senza considerare che nessuno dei due si lamentò dell’opportunità di stare appiccicati l’uno all’altra per ripararsi dal vento freddo. Il bateau mouche oltrepassò Place de la Concorde e svelò l’imponenza del Louvre, per poi dirigersi verso le guglie della cattedrale di Notre Dame. Non si persero il museo d’Orsay con la sua architettura inconfondibile né, naturalmente, la Tour Eiffel sfavillante di luci. Da quel nuovo punto di vista, la Ville Lumière mostrò un’ulteriore sfaccettatura del suo fascino ai due attori, che ne assaporarono ogni goccia, immersi nella loro bolla. Entrambi sapevano che quella vacanza aveva i giorni contati e che poi sarebbero dovuti tornare alla vita normale, che li vedeva in due continenti diversi. Ma decisero di godersi solo il presente e ciò che di bello e inatteso aveva da offrire.

 

Nel frattempo, in un grazioso appartamento non lontano dalla Sorbonne il professor Shermann stava rientrando a casa dopo aver concluso la conferenza su Shakespeare. Varcò la soglia e le sue narici vennero invase dal profumo invitante del coq au vin che sua moglie Rosalie stava finendo di cucinare per loro. Si tolse la giacca, la appese all’attaccapanni nell’ingresso e rilasciò un sospirò di sollievo. Adorava il suo lavoro e non mai una volta si era pentito di averlo scelto a scapito del fiorente studio legale di famiglia in America, ma l’ultima settimana era stata particolarmente faticosa e l’adrenalina che lo aveva accompagnato fino a quel momento stava scemando per lasciare il posto a una stanchezza dolorosa, che si manifestava nelle spalle contratte e in un principio di mal di testa. La sua deliziosa consorte adorava ascoltare la musica mentre si dilettava in cucina e anche quella sera un CD che raccoglieva vecchi brani cantati da Charles Aznavour diffondeva un piacevole sottofondo in tutta la casa. In quel momento, in particolare, “Tous les visages de l’amour”, la versione in francese della celeberrima “She”, inondava di note ogni stanza.

Il bel professore si avvicinò alla moglie e la abbracciò da dietro, posandole un delicato bacio sul collo e assaporandone il tepore profumato. Rosalie sorrise e un brivido le percorse la spina dorsale: il contatto fisico con suo marito era ancora elettrico, come il primo giorno. “Com’è andata la conferenza?” gli chiese.

“Bene, l’audience era attenta e i relatori sono stati molto disponibili anche al termine dei loro interventi. Hanno risposto alle domande e si sono fermati a parlare con gli studenti…yawn…” rispose, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio. Rosalie dette un’ultima mescolata al sugo affinché tutti gli aromi si fondessero insieme, poi abbassò il gas sotto il recipiente nel quale si stava cuocendo il pollo e si voltò nell’abbraccio del marito. Lo baciò a fior di labbra e stettero qualche secondo fronte contro fronte, a occhi chiusi. Robert era davvero esausto, ma sua moglie gli era mancata molto negli ultimi giorni: l’organizzazione della conferenza aveva assorbito ogni sua energia, praticamente giorno e notte. Non aveva nemmeno avuto il tempo per mandare un messaggio al suo nuovo amico americano. Chissà cosa stava combinando…

“Tesoro, che ne dici se invitiamo una mia amica a cena domani sera?” propose Rosalie appena il marito aprì gli occhi.

“In realtà anch’io avevo promesso a un amico di invitarlo a cena appena finita la conferenza…” aggiunse lui. Poi un lampo furbo gli balenò nello sguardo. Rosalie comprese al volo. Avevano parlato a lungo dei due attori che il destino gli aveva fatto incontrare in modo così rocambolesco. E anche se a Robert il ruolo di paraninfo non piaceva, per solidarietà maschile aveva deciso di stare dalla parte di Nathan e sostenerlo nel suo tentativo di riconquistare la bella Stana. Rosalie invece era combattuta: da una parte, il suo animo romantico avrebbe voluto un happy end per loro due, dall’altra le sembrava di tradire le confidenze della sua nuova amica, che aveva sofferto molto a causa di quell’uomo, ma a cui era profondamente legata, anche se forse non sapeva di esserlo.

L’amour gagne toujours” dichiarò Rosalie e prese il cellulare per mandare un messaggio a Stana, mentre suo marito faceva altrettanto, destinandolo però a Nathan. Omisero entrambi il piccolo, insignificante, trascurabile dettaglio che nessuno dei due sarebbe stato l’unico ospite a cena.

 

La gita sul bateau mouche era stata perfetta: le bellezze di Parigi di notte avevano catturato l’attenzione di entrambi, tanto che avevano scambiato solo poche parole, inebriandosi del fascino della Ville Lumière e della vicinanza l’uno dell’altra.

Anche se volevano evitare di pensarci, tutti e due erano dolorosamente consapevoli che la loro vacanza stava quasi per finire. L’agente di Nathan gli aveva intimato di rientrare a Los Angeles seduta stante, così da finalizzare i dettagli del suo nuovo impegno lavorativo e iniziare a calarsi nel personaggio. L’attore non aveva ancora perso la speranza di riuscire a strappargli il permesso di fermarsi a Parigi per altri due giorni, così da poter festeggiare il suo compleanno proprio nella capitale francese, e possibilmente in compagnia di Stana. A lei non lo aveva ancora chiesto e non osava nemmeno sperare che se lo ricordasse: negli ultimi anni, l’evento era passato in secondo piano o comunque lei non aveva partecipato alle uscite organizzate con gli altri colleghi per brindare alla sua salute. Confidava però nell’atmosfera speciale della capitale francese, unica nel suo genere, affinché quest’anno le cose potessero andare diversamente.

Scesero dal battello e si incamminarono verso l’albergo di Stana. Lei lo prese a braccetto e durante il tragitto chiacchierarono fitto fitto di tutto quello che avevano visto scorrere lungo la Senna, della cucina bretone, degli impressionisti e di tanti altri argomenti, senza mai affrontare la questione del bacio, né tantomeno cosa avrebbero fatto al termine della loro parentesi francese. Nathan non trovava il coraggio per dirle che da lì a poco più di 48 ore si sarebbe potuto trovare su un volo intercontinentale con destinazione Stati Uniti.

Giunti all’Hotel du Marronier, si fermarono l’uno di fronte all’altra. Lo sguardo di Nathan scese dagli occhi di Stana verso la sua bocca, indugiandovi forse più del dovuto, per poi salire di nuovo e incatenarsi alle sue iridi. A sua volta, la donna non poté fare a meno di inumidirsi le labbra con la lingua, gesto che non passò certo inosservato all’uomo, il quale alzò un sopracciglio e le fece un sorrisino, come a volerle chiedere il permesso di baciarla. Lei chinò leggermente la testa da un lato e rispose al sorriso di lui, avvicinandosi di qualche centimetro. Nathan sollevò una mano e le accarezzò delicatamente una guancia, per poi delineare con il pollice il contorno della bocca e attirarla verso di sé. Fu un bacio diverso da quello a stampo della sera precedente, sicuramente più passionale ma non ancora da fuochi d’artificio. Nathan aveva paura che, se non si fosse trattenuto, l’avrebbe presa lì, in mezzo alla strada, noncurante di eventuali spettatori. E lei non se lo meritava. In realtà, anche la nuova versione di sé che l’uomo stava costruendo non si meritava un epilogo simile. Da parte sua, Stana non era ancora pronta del tutto a imbarcarsi in una nuova storia. Ma il bacio le piacque, e anche molto. Si staccò da lui con difficoltà e quando entrambi aprirono gli occhi, lessero nel luccichio dello sguardo dell’altro il nascere di un sentimento nuovo.

“Buonanotte, splendore” le disse Nathan con voce sensuale, prima di deporle un bacio sulla fronte.

“Ciao, uomo affascinante” gli rispose. Poi gli voltò le spalle ed entrò nell’albergo. Monsieur Dupont, che anche quella sera era alla reception, non poté non notare l’espressione raggiante della bella signora americana.

 

Nota dell’autrice

Abbiamo fatto anche un salto in Bretagna, almeno dal punto di vista gastronomico ;-)

Il riavvicinamento fra i protagonisti prosegue e anche i loro amici si impegnano per raggiungere l’obiettivo!

Grazie mille per avermi regalato il vostro tempo leggendo anche questo capitolo.

Al prossimo,

Deb

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Castle / Vai alla pagina dell'autore: germangirl