Storie originali > Favola
Ricorda la storia  |      
Autore: Domenico De Ferraro    01/03/2018    0 recensioni
Fiaba Tragicomica
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
LA SCIORTA DELLA SORA 

DI DINO FERRARO



C’era  una volta nà bona guagliona che sapeva volare per lo cielo e cantare  tante belle canzoni zuccherose , scavezzacollo , sciuliva miezze alle nuvole poi si riposava sopra alle rose chiene di neve,  velate di tanta malinconia.  La bona guagliona , quagliava  e squagliava , miezzo alla gente e non conosceva malizia , se la portavi in giro , ridendo ti mostrava la sua parte migliore chella chiu calda , ti  sapeva pigliare  per  mano e con fare grazioso ti raccontava tuta la sua vita , di quando era guagliona e correva sopra le nuvole appresse all’ auciello affatati  . La guagliona teneva nà sora brutta come nù debito senza culo e senza seni che  sapeva sulo parlare male della gente,  mo’ pigliava la nziria coppe alla signora dello quarto piano , mo’ con lo signore che faceva l’infermiere  in ospedale e conosceva tutte le malattie dei cani e dei  gatti. Era per Giovannella chella sora,  nù vero tormento e non sapeva come fare per farla stare zitta  e tante volte l’avrebbe voluto affogare dentro lo suonno , cavargli gli occhi dalla fronte dargli nà mazzata cape e stenderla sopra nà terra bruciata , senza nu sciore,  senza nà  lacrima. Ma poi  dentro lo core suo,  pensava a mamma soia a quando era piccerella  allora la ragione si faceva avanti gli apriva le porte dello core e la mente si liberava di incubi e brutte parole di cose che mai avrebbe voluto dire e pensare. Giovannella era alta un metro e mezzo  ed era nà  bella figliola per  tre volte si stava per nzorare , tre volte era salita  sopra all’altare e per tre volte era rimasta sola,  cuffiata e maledetta senza marito in preda alla disperazione in preda a demoni antichi che ti portato dentro l’averno e ti fanno maledire quando sei nata.  Rimasta sola  sopra questa terra arida ,  fredda  spesso faceva la gnorra  ed in silenzio si magnava  li mane per non essere riuscita a divenire nù sciore o una balena che nuota  libera in mezzo allo mare  che và dove gli pare e spruzza l’acqua dal suo foro per segnalare alla gente curiosa : faciteve e cazzi vostri , pigliatelo a quel posto. Ma nà balena e nà balena non è certo   una falena  che sbatte contro le lastre e vuole uscire dalla stanza dove è rimasta prigioniera. Giovannella  da  bona guagliona ,  giocava con le bambole,  quando era piccerella  e nun teneva chiu mamme e pate,  sulo chella sora  l’era rimasta. Mo’ quando fu una fredda giornata di febbraio , venette a fa tanta neve,  ma tanta neve che la terra si fecette fredda , fredda e teneva lo culo freddo,  lo core di ghiaccio,  lo corpo gelido come la mano della morte.  Pazza ed in preda ad una follia , pigliate per i capelli da demoni ed angeli vestiti eleganti con pastrani ed occhiali d’oro con mantelle rosse vide  levare  le ancore  ad una  nave dentro lo puorto e purtava li marinai luntano dentro un gioco di forme et incantesimi e tragici equivoci  risucchiati dai sensi che  sembravano sputare  molluschi dalla bocca.  Un viaggio  che per molti diveniva  andando avanti una vera maledizione.  A prua un marinaio fumava la sua pipa,  sopra quella  nave  traballante  sulle onde , la nave voleva portare tutti   dall’altra parte dello munno. Un viaggio   ti regala una nova vita,  nova avventura , forse nuovi amori. La nave ti allontana dalla morte , che ti costringe a vivere una vita infame,  senza scuorno e senza lustro , il  marinaio era vecchio chiù vecchio di questo racconto che vado raccontando , chiù vecchio dello munno  e si chiamava  Filippo .  

Lo munno spesso  inganna gli uomini ed inganna le donne , inganna chi vuole e cerca insistentemente  un amore nuovo e non ci sono parole per fermare a volte il delirio che ti trascina verso luoghi inimmaginabili.
Giovannella  sali sulla nave
Ma io nun  voglio partire
Andiamo e sali andremo lontano
Dove mi vuoi portare ?
Dove hai sempre sognato andare
Tu m’inganni
Credi ?
Rimani ed ascolta
Quando tempo mi rimane ?
Tanto , quante sono le dita delle mani di dio
Cielo e mia sorella può venire anch’ella ?
Portala
Dove la metterò?
Mettila dentro nu suonno
Se la metto nascosta dentro un  cesto
Fai accussi trova na  bona sciorta per ella
Ma e nà cosa assai difficile
Basta  saper volare , basta volerlo
Io vado contro il mio orgoglio ,  contro a tutti li maledizioni , l’imbrogli che fingono,  fuggono si replicano all’infinito senza una morale . E se avesse pigliate lanterne per lucciole , sè avesse sposato nu bello guaglione mo’ sarei madre e forse nonna, la sciorta tu dice , la mia è  stata carogna non ma lassate niente e nisciuno , ma miso fore alla porta ad aspettare che io vedessi chesta morte trasire ed uscire dalla mia vita. Mo’ se vulesse , portate via pure a soreme , ma sa che ti dico , sa pigliasse pure , accusi campo meglio. Anzi stasera m’inzegno  nù bello vestito,  fatte di perle e diamanti di merletti e coriandoli tutti quelli che incontro  devono  schiattare d’invidia,  quando passo.  Dobbo  essere a chiù bella delle belle e chi dice uhe guarda a chella  quante e curiosa gli  sparo miezzo agli occhi , anzi  lo sputo in faccia e me ne fuio , addò stanne li sante,  addò si prega e si balla,  addò si è  liberi di credere di essere quello che si crede.
Fai buono Giovannella, fai proprio buono 
Grazie
Di che
Mi stai dando conforto
Alla morte nu c’è rimedio, come alle tante  scemenze , invenzioni e falsità 
Cosa vuoi fare Giovannella io ho girato per tanti luoghi sono stato lassù su Marte e su venere , sono  stato a  Lago patria  ho  magnato buono e quando qualcuno mi diceva qualche cosa lo pigliavo  a schiaffi. Una volta sono stato carcerato . Che bella cella avevo la dividevo con un  africano della Tanzania che non sapeva parlare in italiano  . Certo perché nu conosceva le male parole in italiano , ne in napulitano parlavamo per gesti per segni e ci capivamo benissimo in questo modo lui mi raccontò tutto la sua vita di quando,  fu morso da un leone e di quando fece la danza  della pioggia assieme ad uno  sciacallo. La vita Giovannella mia è  un breve suonno tanta invidia , tante incomprensioni nun si capisce mai quando s’incominci  ad amare , quando si finisce per odiare questa vita e questa storia che tiene una lingua longa , longa chiù longa di un treno che corre sopra li rotaie , verso terre sconosciute , verso una lieta  canzone , verso un ritornello felice.  Ma quando  credi che ogni cosa stà per finire  , quando  chiami il proprio  capitano omme merde,  tutto ritorna ad essere sincero , tutto ricomincia nel bene,  nel male  legato  ad un carro che  ti porta dove eri l’ultima volta,  che sei stato insieme ai tuoi amici , con quella gioia di vedere cambiare la tua sorte in qualcosa di diverso . E si chella cella sta ancora dentro i miei ricordi , sospeso nel tempo che è  passato cosi in fretta che  mi ha  lassato all’intrasatte viecchio ,  pieno di  rancore,  pieno  d’acciacchi che  mi viene voglia di   sputare  in faccia alla morte  no una volta , ma mille volte., 
E che fine ha fatto l’africano ?
E chi lo sà forse e volato via ,forse è morto dopo che io fui liberato.
Poveretto chi sà  quando ha sofferto.
La morte nun guarda in faccia nisciuno,  venne si presenta fore a porta con l’ombrello sotto il braccio  e pretende  che la segui  e vuole  ad ogni modo parlarti dei suoi dolori , della sorte avversa che porta seco  ed il freddo del tempo ed i giorni obliqui , lascivi  ti fanno  crescere dentro una rivolta,  come  uno sparo nell’illusione di essere qualcosa altro , qualcosa che ti trasforma in un'altra persona , meno abbietta,  meno sincera , meno menefreghista . Ed è una maledizione venire respinti per un nulla , venire  trafitti  da mille lame di coltelli , da codici senza nessuna regola. Tutto prende il suo verso, nell’inverso  delle cose che precedono l’atto ed i fatti  formati in se stessi , dentro l’ossesso del sesso che ti brucia dentro . 
Mia  sorella la ricorda da bambina ed era cosi bella con quelle treccine dorate  con tutte le sue moine con le sue insignificanti riflessioni sull’universo su  come si poteva divenire , seguendo principi e varie fandonie ,  increduli  deliri giovanili  una dura legge,  regole legate a prosodie superate , chete,  triste,  affacciate fuori una finestra  spalcata sulla vita , su un mondo che gelido sta  dentro i tuoi occhi,  dentro la tua mente di bimba incapace d’amare , di odiare se stessa.
Giovannella sorella mia  perché mi getti dentro questo mare di calunnie ?
Sorella mia t’annego nell’amore che hai sempre desiderato.
Io ti ho voluto bene
Anch’io
In  noi  due un mondo fantastico 
Senza un amante 
Abbracciate  nel buio
Sedute in auto con papa e mamma
Tu mi rubavi  i miei sogni
Tu mi bastonavi  senza perdono
Tu cosi simile a me in questo viaggio , su questa nave guidata da un vecchio marinaio che non ha più tempo non ha più nome ed oltre andiamo,  incredule , strette nel nostro comune destino , oltre il tanto dire,  senza regole,  perdute nell’amore che ci ha rese sorelle poi protagoniste di questo andare per rime in novelle con tanto bene , poche pene che rabbrividiamo entrambe e facciamo comunella ,  facciamo swing,  facciamo jazz  con  parole usate,  trovate strada facendo,   tra mille sentimenti in una o due  fermata di metrò  , saremo per sempre insieme , là dove tutto ebbe inizio,  dove l’amore è  amore e l’odio è  il viso di un dio dalla faccia di marinaio che ci porta lontano, tanto lontano più lontano da questo mala sciorta  che c’affligge entrambe sorella mia . 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Domenico De Ferraro