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Autore: Sendy Malfoy    01/03/2018    3 recensioni
“Tutto ebbe inizio una sera d'inverno, forse l'anno successivo a quell'incontro fuori dai Tre Manici di Scopa. Non ricordava bene.”
Questa storia non è stata scritta da me, ma è in tutto e per tutto strettamente collegata alle mie: "Come i fiocchi di neve", della quale consiglio la lettura preventiva, e "L'avvelenata". La pubblico qui previo consenso dell'autore originale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Scorpius Malfoy | Coppie: Angelina/George, Draco/Astoria, Lucius/Narcissa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Di costellazioni, fiocchi di neve e lettere mai spedite.'
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[Questa storia ha partecipato al concorso di scrittura: "Harry Potter Contest: Speak about Drastoria" indetto da SendyMalfoy e madamepadfoot su Wattpad]

Titolo della storia: Una finestra sul tempo

Introduzione: “Tutto ebbe inizio una sera d'inverno, forse l'anno successivo a quell'incontro fuori dai Tre Manici di Scopa. Non ricordava bene.”

Generi: Malinconico, Introspettivo, Romantico

Personaggi: Draco Malfoy, Astoria Greengrass

Note dell'autore: Il racconto è stato scritto come regalo di anniversario per la mia compagna di vita, il sorriso che illumina ogni mio giorno.

Citazione scelta: 
"Stavo inseguendo i giorni di paura 
Inseguendo un sogno prima che scomparisse 
Soffrivo per voler essere da qualche parte lì vicino 
La tua voce era tutto quello che sentivo 
Ero scosso da una tempesta dentro di me 
Stregato dagli spettri che dovevamo vedere 
Sì, io volevo essete la melodia 
Sul frastuono, sopra al dolore" 
[The Miracle of Joy Ramones- U2]

 


Una Finestra sul Tempo
di AlexUltraviolet


Draco sedeva nella veranda, su di una sedia a dondolo e c’era un asse che cigolava ad ogni movimento di questa. Osservava lo sterminato paesaggio bianco che si stagliava di fronte a lui, tra le antiche case, i boschi e le solitudini lontane, le tinte bianche di una serata invernale dominavano l’orizzonte.
Era ancora troppo presto perché il suo vicino, un babbano vecchio e tremante, scendesse dalla collina dopo una dura giornata di lavoro sui campi, picchiando sui ciottoli col suo bastone.
Sospirando, chiuse il tomo che teneva tra le mani, ponendolo in cima alla pila di manoscritti con cui aveva a che fare ogni giorno. Trovava difficile, in quel periodo dell’anno, riuscire a lavorare: aveva tanti libri da leggere, formule da perfezionare ed esperimenti da eseguire ma quel giorno aveva solo voglia di dedicarsi ai suoi tormenti interiori. L’inverno era una stagione che portava con sé un corposo bagaglio di contrastanti emozioni. Rimase seduto per un momento, scrutando pensieroso le luci accese del paese vicino e la quiete della campagna che lo circondava. Ogni piccolo bagliore che riusciva a scorgere gli faceva pensare a lei, al suo sorriso, ai suoi occhi brillanti come uno smeraldo e alle sue parole sempre confortanti.
Ad un tratto, il suo sguardo verso l’orizzonte e il fiume di pensieri nel quale era avvolto, furono spezzati da una voce:

«Ciao papà».
Draco, assorto com’era nelle sue elucubrazioni, non si era accorto della presenza di Scorpius.

«Ma… Cosa… Da quanto tempo… Sei in anticipo. È successo qualcosa a scuola?»
Il giovane era comparso a pochi metri dalla porta di casa già da qualche minuto e aveva osservato il padre, cercando il momento adatto per rompere il silenzio.

«Oh, no, no! Semplicemente i professori hanno premiato alcuni degli studenti più meritevoli – aggiunse senza rimarcare più del dovuto che lui rientrava in quel gruppo – concedendo di anticipare di qualche giorno le vacanze natalizie»

«Anche se la faccenda mi giunge un po' strana all’orecchio, mi assicurerò che ciò che mi hai appena detto corrisponda al vero. Sono felice che tu sia tornato prima quest’anno… Sono certo di poterti preparare la cena, forse in casa è rimasto qualcosa di commestibile»

«Scusa ma non ci sono i domestici?» Scorpius aveva sbarrato gli occhi sentendo quelle parole. Non era mai capitato che in casa Malfoy mancassero cuochi, maggiordomi e donne delle pulizie. Suo padre, pensò, doveva aver avuto un brutto incidente con quella seggiola dondolante.

«No. Li ho mandati via – sentenziò senza prestar caso all’espressione del figlio, poi proseguì – Non ero dell’umore giusto in questi giorni per veder gente gironzolare per casa e alla quale dover prestare anche la minima attenzione». La voce di Draco era sfuggente, tremante come quella di un ragazzino che ne ha combinata una delle sue.

«Oh andiamo… Stai ancora pensando alla mamma? Manca anche a me cosa credi? Ti ricordo che siamo una famiglia e vorrei vederti felice, anche lei lo vorrebbe. Perlomeno quando torno a casa e non ti vedo da tre mesi»

«Queste sono cose da grandi, Scorpius, adesso credo che tu ti debba riposare. Ci vediamo tra un’ora nella sala da pranzo».

Quella sera il lauto pasto preparato da Draco faceva da sottofondo ad un pesante silenzio.
Quando ebbero finito, Draco uscì a fare una passeggiata. Anche una semplice luce può risvegliare profondi ricordi. Ed è proprio quello che accadde a Draco mentre camminava lentamente tra le strade flebilmente illuminate della contea. Non aveva fretta di ritornare a casa, da quando non c'era più Astoria ad aspettarlo. Viveva ogni giorno aspettando l'alba di quello successivo, immerso nel silenzio della sua sfarzosa dimora. Era solito percorrere quelle piccole strade battute ogni sera quando cercava di allontanarsi da quella casa, un piccolo sforzo per dimenticare il vuoto che sentiva dentro, ed ogni volta cercava di allontanare il più possibile il momento del rientro.
Si fermò nell'oscurità in una distesa bianca di neve fresca. Gli ricordava il soffice candore della panna sui dolci che divorava nei pomeriggi della sua fanciullezza.
Si ricordò di quella sera in cui Astoria aveva seguito le sue orme nella neve: lui era infastidito dalla sua presenza e non voleva vedere nessuno, eppure trovò conforto nella dolcezza e nell'ottimistica visione del mondo mostratagli da quella gentile fanciulla.

Era arrabbiato con il mondo, con i suoi genitori ed era infastidito dal placido clima che stavano vivendo tutti dopo la fine della Seconda Guerra Magica. Riecheggiavano ancora nella sua mente le parole che gli rivolse in quel momento:
I fiocchi di neve, Draco, sono tutti diversi fra loro, eppure coesi come sono ci regalano questo spettacolo della natura, questo candido manto bianco, uniforme, luccicante, puro… Nessuno mi può impedire di sognare qualcosa di diverso, qualcosa di migliore... E neppure a te Draco! …Lascia che arrivi la primavera, il sole scioglierà la neve, ed il pericolo sarà passato.
Non era la prima volta che era tormentato dai ricordi di quello e di molti altri momenti felici passati assieme.
Mentre era disteso nella neve ad ascoltare il vento soffiare tra gli alberi e la vegetazione circostante, notò come quella sera era diversa dalle precedenti. Il paesaggio era illuminato da una luna che risplendeva nella sua interezza, la cui luce faceva brillare, di un candido biancore, tutto ciò che gli stava attorno.
Raggiunse la cima di una piccola collinetta che sovrastava il paesaggio circostante, si appoggiò ad un albero. Gli piaceva quel posto, in vista ma allo stesso tempo isolato e silenzioso, lo tranquillizzava. Rimase qualche minuto ad osservare l'orizzonte, poi aprì un piccolo fagotto che si era portato da casa. Al suo interno vi erano riposti, ordinati alla rinfusa: la sua bacchetta magica, un piccolo taccuino, una penna dall’aspetto pregiato, qualche fotografia e altri oggetti che gli ricordavano Astoria.
Portava con sé quegli oggetti ogni qual volta si allontanava da casa. Era un modo come un altro per sentire la presenza di lei. Sebbene la maggior parte delle volte quegli stessi oggetti tormentavano i suoi pensieri, altre volte, come quella sera, erano semplicemente un modo per riallacciarsi a quegli stessi ricordi che gli davano la forza di andare avanti. Erano la spinta necessaria per proseguire la sua vita.
Non aveva scelto a caso quella collina. Non appena chiuse gli occhi, fu investito da un’ondata di ricordi. In quel vortice riaffiorò un episodio che aveva dimenticato...

 

***


Tutto ebbe inizio una sera d’inverno, probabilmente l’anno successivo a quell’incontro fuori dai Tre Manici di Scopa. Non ricordava bene.
Quel pomeriggio Lucius e Narcissa l’avevano trascinato ad assistere assieme a loro all’ennesima partita di Quidditch ad Hogwarts, una tradizione di famiglia alla quale non poteva sottrarsi, neppure adesso che non era più uno studente. Aveva cercato di divincolarsi da quell’impegno ma Lucius era stato alquanto deciso: «Draco, adesso non sei più il giovane Malfoy che frequenta la scuola di magia. Sei un uomo e come tale devi presenziare agli eventi in cui la tua famiglia mette in mostra la sua regalità. Ho deciso di continuare a sponsorizzare la squadra di Serpeverde, così magari quando ti deciderai a sposarti, proseguendo la nostra stirpe, mio nipote potrà far parte della squadra. Proprio come hai fatto tu. Non vorrai che dei mezzosangue vincano il torneo. Siamo noi i predestinati prosecutori della vera arte magica, non scordarlo mai».
A Draco poco importava dei discorsi del padre, né tantomeno di ciò che accadeva ad Hogwarts una volta che aveva concluso i suoi studi. Avrebbe potuto utilizzare le sue abilità magiche per ingannare il padre ma sapeva bene che non sarebbe servito poi a molto. Sarebbe stato scoperto come tutte le altre volte che aveva avuto la presunzione di pensare di essere più abile del proprio genitore.
Quel giorno non aveva voglia di scontrarsi con le opinioni bigotte del padre così, esortato anche dallo sguardo severo di Narcissa, si mostrò accondiscendente e si preparò per recarsi ad Hogwarts.
Raggiunte le tribune del campo di Quidditch, scorse pochi visi conosciuti. Erano passarti diversi anni da quando aveva terminato gli studi alla scuola di magia ed era improbabile scorgere facce amiche. La partita vedeva contrapporsi le squadre di Grifondoro e Serpeverde. Assistere ad un incontro del genere dalle tribune era quasi una novità per lui e rievocava ricordi e, soprattutto, rivalità sopite nel tempo.
Trascorsi trenta minuti di partita era già annoiato e non sapeva come ammazzare il tempo. Volgendo lo sguardo verso le tribune credette di vedere finalmente una figura conosciuta. La chioma lunga e ondulata dei capelli di Astoria era facilmente distinguibile tra la folla. Ebbe l’impulso di alzarsi e raggiungerla ma decise di aspettare la fine della partita. Passarono circa altre tre ore e nessuna delle due squadre era ancora riuscita ad aggiudicarsi la cattura del Boccino d’Oro, Draco era quasi al limite della sopportazione “Io l’avrei già acciuffato da un pezzo, ma cosa diavolo hanno queste nuove generazioni?” pensò tra sé e sé l’ex Cercatore. A un certo punto la voce amplificata del commentatore annunciò un time-out di venticinque minuti richiesto dal Capitano dei Serpeverde. Il giovane, che non avrebbe mai immaginato di annoiarsi così tanto nell’assistere ad una partita del suo sport preferito, represse l’impulso di scendere a far visita alla panchina della sua ex-squadra per fare un bel discorsetto motivazionale ai giovani giocatori, in compenso colse l’occasione per sgranchirsi un po’ le gambe ed avvicinarsi all’amica, intravista, ormai, qualche ora prima.
Si fece strada tra la folla, rimuginando su quali parole avrebbe potuto utilizzare per approcciarsi a lei. Non vedeva la giovane Greengrass da circa un anno e se da un lato si chiedeva per quale motivo sembrasse svanita dalla circolazione, dall’altro si sentiva in colpa per essere sparito a sua volta. Aveva passato gli ultimi mesi a studiare Alchimia, Pozioni più che avanzate ed elementi di Medimagia alla Scuola Specialistica per Alchimisti e Pozionisti. La severità di Lucius non gli aveva lasciato molto tempo da dedicare ai pochi amici che gli erano rimasti. Suo padre era ben deciso sulla strada che avrebbe dovuto percorrere e, poiché Draco era il suo primo e unico genito, pretendeva che il nome dei Malfoy all’interno della comunità magica tornasse ad essere temuto e rispettato come un tempo.
Aveva il battito accelerato per l’emozione. Era felice di aver intravisto una persona che conosceva in quel marasma? Oppure quella dolce ragazza gli provocava un rimestamento interiore che non riusciva a gestire a dovere?
“Oh cavolo! Non ti starai mica innamorando Draco?”

«Astoria?» esordì il giovane Malfoy. Astoria si voltò sentendo quel flebile sussurro disperso nel chiacchiericcio della folla: «Sì?» Il suo sguardo si posò dapprima sul viso pallido del giovane e proseguì scrutando l’elegante veste di velluto che indossava. Quel verde cupo era così elegante da farlo apparire più adulto di quanto lei ricordasse.
«Ciao Draco, cosa ci fai qui? – continuò – Io sono venuta ad Hogwarts per vedere questa partita. Sai mi mancava questo posto… Anche se mi ero scordata di quanto, in realtà, mi annoiasse questo sport»

«Come puoi fare queste affermazioni di fronte a Draco Malfoy, illustre cercatore di Serpeverde» sostenne tronfio della sua celebrità.
«Da queste parti ricordano spesso un certo Harry Potter – ribatté la giovane, sorridendo – Non credo di aver mai sentito parlare di te dopo che hai terminato la scuola».
Draco era combattuto, stava pensando di risponderle per le rime ma poi capì che Astoria si stava solo prendendo gioco del suo ego.

«Sai, il mio nome è scritto nelle bacheche storiche della tribuna, ma noto che la tua conoscenza in fatto di sport non è affatto migliorata. Tua sorella Daphne aveva ragione a prendersi gioco di te» il tono della sua voce si abbinava bene al sorriso sornione che aveva stampato in volto.

«Sì, sì, certo… – tagliò corto lei – Lascia perdere quella presuntuosa di mia sorella, piuttosto, dimmi di te, che fine hai fatto? Sei scomparso nel nulla… Ti sei allontanato, di nuovo…»

«Beh, mio padre ha fatto pressioni perché continuassi i miei studi e combinassi qualcosa nella vita, per non parlare delle altre pressioni che lui esercita su di me… – s’interruppe per qualche istante, pensieroso – Credo tu sappia che sto frequentando la Scuola Specialistica per Alchimisti e Pozionisti ormai da tre anni, mi manca poco per conseguire il titolo e così mi sono dovuto rinchiudere nella mia piccola casetta a studiare»
«In un certo senso ti capisco, sai, sono stata ammessa alla Scuola Superiore per Medimaghi del San Mungo e c’è davvero molto da studiare…» approfittando dell’esitazione della ragazza, Draco la interruppe: «Quindi alla fine ce l’hai fatta! Questa è proprio una bella notizia, era quello che volevi, no? E perciò per tutto questo tempo sei stata così vicina ed io non ne sapevo nulla…» Astoria lo guardò, leggermente spiazzata per le sue parole «Ehm… Scusami, forse avrei dovuto mandarti un gufo, sono stata completamente assorbita dallo studio… – sussurrò dispiaciuta per poi continuare con maggiore sicurezza e un pizzico d’ironia – Però mi risulta che lo abbia anche tu un gufo… Non ritenerti giustificato dalla mia mancanza, bel biondino, dovrai farti perdonare per la tua assenza. Ti sembra questo il modo di trattare una signorina?». Le sue parole decise non lasciavano trasparire quanto, invece, fosse imbarazzata. Si trovava accanto a Draco senza essersi neppure truccata e aver scelto un vestito adatto.

«Beh, visto che hai ammesso le tue colpe per essere sparita dalla circolazione, possiamo rimediare stasera, potremo andare a fare un giro da qualche parte e recuperare il tempo perduto… Che ne dici?»
«Accetto ma a una condizione. Voglio che tu veda con me il resto della partita» rispose Astoria divertita.
«Controllerò la mia agenda – replicò in tono scherzoso Draco, mentre si faceva spazio tra le sedute della tribuna Malfoy – dove potremmo andare? Hai qualche idea in mente?»

«In effetti un posto ci sarebbe… Sei mai stato alla “Nucciolateria”? Ha aperto al posto della vecchia gelateria di Florian Fortebraccio. Lì fanno una Nuccioccolata calda davvero speciale! Con questo freddo sarebbe l’ideale!»

«Nucciocco-che? – domandò lui incuriosito – Credo di non averne mai sentito parlare… Ed è buona?»

«Non immagini nemmeno quanto».

Il suono acuto e stridente del fischietto di Madama Bumb segnò la ripresa della partita.

 

***


Poco dopo il termine della partita, che durò fino a sera, Draco, una volta congedatosi dai propri genitori, decise assieme ad Astoria di passare il resto della serata come programmato. Qualche istante più tardi, giunti fuori dai confini della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, i due giovani si smaterializzarono alla volta di Londra, per la precisione di un piccolo vicoletto cieco che s’intersecava con Charing Cross Road, entrarono dunque al Paiolo Magico ed usufruirono quindi del passaggio segreto nel retro del locale giungendo, così, a Diagon Alley diretti verso il nuovo negozio di dolci di cui avevano parlato qualche ora prima. Mentre attraversavano la via verso il lato nord, non poterono fare a meno di notare una diffusa desolazione. Vista l’ora tarda, i vari esercizi commerciali che ivi sorgevano erano tutti chiusi e lungo la strada non incontrarono anima viva. Evidentemente gli altri maghi preferivano ripararsi dal freddo pungente della serata invernale, coccolandosi al tepore delle proprie abitazioni. Il contrasto con l’inizio dell’anno scolastico di Hogwarts appariva evidente agli occhi dei due: la tipica folla di ragazzini accompagnati dai genitori lasciava il posto ad un freddo penetrante e a una leggera nevicata. Astoria guardò estasiata gli sporadici fiocchi bianchi che lenti scendevano fino ad adagiarsi dolcemente sul terreno, poi rivolse uno sguardo sereno e brillante al ragazzo che camminava al suo fianco, quest’ultimo ricambiò, a sua volta, con un’occhiata complice, esortandola in silenzio ad affrettare il passo. In lontananza scorsero la loro meta, una nuova struttura aveva soppiantato il vecchio chiosco di Florian Fortebraccio che sembrava ormai un ricordo lontano, qualcosa sembrò turbare Draco man mano che si avvicinavano. Dalle vetrate del locale si spandeva una luce calda ed invitante, i due giovani maghi poterono scorgere altre persone al suo interno, il turbamento del ragazzo andava via via aumentando ma lui tentava, forse con successo, di dissimularlo; posò la mano destra sulla gelida maniglia d’ottone dell’uscio e, come un vero galantuomo, aprì la porta con l’intento di cedere il passo alla giovane strega. Un tintinnio cristallino di campanelli seguì questo gesto ed accolse i due all’interno del locale, destando l’interesse di alcuni dei presenti che occupavano i tavolini bassi e le comode poltrone anni ’50, intenti a gustare dolci e bevande dall’aspetto estremamente appetitoso. Draco non poté fare a meno di notare qualche occhiataccia al loro indirizzo ed udire qualche bisbiglio che suonava decisamente come un “Ma quello è Draco Malfoy? E chi è quella pazza che ha il coraggio di uscire con uno come lui?”, rivolse ad Astoria uno sguardo dall’aria mortificata, manifestando in silenzio la volontà di abbandonare quel luogo. Lei, accortasi della situazione, lo guardò rassicurante, afferrò saldamente il suo avambraccio destro, quasi a volergli dire “Non è colpa tua” e lo invitò a muovere qualche passo verso l’interno del locale, senza però dimenticarsi di fulminare con lo sguardo il gruppetto di individui che pareva essere la fonte di quei bisbigli fastidiosi. Quindi parlò, alzando il volume della voce rispetto al suo consueto tono pacato: «Vieni Draco, vediamo se c’è un tavolo libero per noi…» lui si lasciò trascinare da lei verso il bancone, accanto al quale stava in piedi un uomo sulla sessantina, tracagnotto, completamente calvo e dall’aria affabile. Capì che doveva trattarsi del titolare: un certo Nuccio. Draco lo osservò attentamente, indossava un grembiule a righe verticali color crema e rosa antico, in pendant col motivo decorativo del muro dietro di lui. Il giovane mago non fece in tempo a riflettere su quanto il nome di quel tipo gli sembrasse insolito, che questi li accolse gioviale, rivolgendosi ad Astoria: «Buonasera bella signorina, che piacere averla qui! E chi è questo spilungone? Finalmente ci ha portato il fidanzato?»

«Oh – rispose prontamente lei, anche se leggermente in imbarazzo – no, cioè, lui è un mio caro amico che aveva un estremo bisogno di uno dei vostri dolci squisiti… Sarebbe possibile trovare un tavolo per noi due?»

«Ma certamente cara, vi faccio accomodare immediatamente!» disse l’uomo invitandoli a seguirlo fino ad un tavolino da caffè corredato da due poltrone a fiori dall’aria molto comoda. Fu lo stesso Nuccio a consegnargli i menù, una volta che si furono accomodati. Questo semplice gesto, fece supporre a Draco che quel vivace locale dovesse essere gestito a conduzione familiare.
«Salazar, che fame! – esordì Astoria – Non mi ero resa conto che si fosse fatto così tardi. Probabilmente quella di oggi è stata la partita di Quidditch più lunga alla quale io abbia mai assistito, soprattutto ad Hogwarts. Non trovi?»
«Mhm… Mhm» mugugnò Draco apparentemente molto concentrato sul menu.
«Mhm… Già… – cominciò leggermente contrariata, per poi continuare con un tono più dolce e accomodante – Penso che per te debba essere difficile scegliere tra così tante leccornie, vuoi che ti aiuti a decidere? Ho assaggiato parecchi di questi dolci da quando ho scoperto questo posto per la prima volta»
«Non lo so, Astoria! Senti, credo di aver commesso un errore, forse non dovrei stare qui, non è mia intenzione coinvolgerti – si guardò fugacemente intorno – in questa situazione… – disse alludendo alle malelingue – Quelle persone, le hai sentite anche tu, no? Adesso che ti hanno vista assieme a me cominceranno a bersagliare anche te con le loro malignità e le loro occhiatacce, tu non meriti un simile trattamento…» Draco lasciò la frase in sospeso e la guardò dritto negli occhi mentre poggiava il menu sul tavolino.
«Perché tu sì? – rispose lei risoluta – Tu credi di meritare un trattamento simile? Ti rivelerò una cosa, Draco Malfoy, tu non meriti un trattamento del genere, nessun essere vivente lo meriterebbe, lascia che parlino, continueranno a farlo in eterno, a me non importa e non deve importare neanche a te»

«Ma…» provò a controbattere lui.

«Ma… Allora, la ordiniamo questa Nuccioccolata calda oppure no?» replicò lei sorridendo.

Per un attimo lui parve ricambiare quel sorriso «E sia, gusterò con piacere questa, cos’è? Una bevanda?» la sua attenzione fu attirata dal tintinnio dei campanelli che segnalavano l’ingresso di nuovi avventori, si girò per un istante a guardare e scorse una coppia che si addentrava nel locale, l’uomo esibiva un’inconfondibile chioma rossa e un’aria apparentemente serena ma sembrava irrimediabilmente mutilato, come se gli mancasse qualcosa e non soltanto un orecchio. Draco si rabbuiò immediatamente. Anche Astoria osservò la coppia appena arrivata e colse il tormento nell’animo del suo silenzioso interlocutore «Stai guardando George e Angelina Weasley – era un’affermazione più che una domanda, vide lui annuire mestamente, poi continuò – ti senti in colpa per la morte dell’altro gemello, Fred? Non è colpa tua, Draco».

Lui rispose, parlando in maniera concitata ma a bassa voce: «Invece sì, Astoria! È proprio colpa mia invece. Sono stato io a fare introdurre i Mangiamorte a Hogwarts, è colpa mia se Fred Weasley è morto. È anche colpa mia se tutte quelle altre persone sono morte, se ci sono bambini rimasti orfani e genitori che non avrebbero mai dovuto piangere i loro figli e che invece sono stati costretti a farlo prima del tempo, è colpa mia. Soltanto colpa mia.» Si interruppe vedendo sopraggiungere il proprietario del locale «Allora, ragazzi, cosa gradite? Per lei il solito, signorina bella?»

Astoria regalò uno dei suoi splendidi sorrisi a quell’uomo pittoresco «Sì, grazie, due!»

«Arriveranno prima che possiate dire “Nuccioccolata!”» disse l’uomo e, sorridendo, si allontanò.

La giovane strega rivolse nuovamente il suo sguardo verso Draco «Cosa vuoi che ti dica? Che sei stato costretto a farlo? Che non hai avuto scelta? Queste sono soltanto banali scuse, tu sai benissimo come è andata…»

«Quindi è vero, vedi? Anche tu credi che sia colpa mia, che io sia una persona spregevole, un assassino…»

«No! – lo interruppe decisa Astoria – Non è colpa tua, tu non sei una persona spregevole, men che meno un assassino. Forse eri solo un ragazzino egoista e soggiogato, temevi per la tua vita, per quella dei tuoi genitori, che ti hanno cresciuto con degli ideali abbastanza discutibili, vabbè. Al posto tuo un’altra persona cosa pensi che avrebbe potuto fare?»

«Potter si sarebbe fatto ammazzare»

«Fortunatamente tu non sei Harry Potter» disse lei, scoppiando a ridere.

Senza capire cosa stesse succedendo Draco si lasciò contagiare da quella risata cristallina. Tra le risa i due videro comparire sul loro tavolo due tazze fumanti colme dell’ormai famosissima Nuccioccolata calda, un inebriante profumo di cacao e nocciole, con un lieve sentore di vaniglia pervase le narici del biondo facendogli tornare l’appetito. Avvicinò la mano alla bevanda e appena stava per afferrare la tazza fumante scorse una scritta comparirvi sopra “Attenzione alla tazza che è calda” sorrise divertito e guardò Astoria che ricambio il sorriso e disse: «Sì, funziona così, dovrai aspettare un altro po’ per poterla assaggiare…»

«Sul serio, perché sei venuta qui con me stasera?»

«Come?»

«Perché non mi stai evitando come fanno più o meno tutti dalla fine della guerra? Perché non ti vergogni a farti vedere in giro con un essere così oscuro ed immondo come invece farebbero tutti gli altri che sono in questo locale, ad esempio?»

«Certo che sei duro di comprendonio, Draco»

«Spiegami…»

«Ok, ti spiego: il solo fatto che tu ti ponga tutti questi problemi, che tu ti senta in colpa per tutto quel male, mi è sufficiente per sentire che c’è ancora un barlume di bontà in fondo alla tua anima, che sei cambiato dai tempi della scuola, non sei più un ragazzino viziato che crede che tutto gli sia dovuto, sei cresciuto, sei maturato, forse hai formulato una tua personale opinione riguardo tutte le baggianate con cui ci hanno riempito la testa per anni i nostri genitori. Ti conosco fin da quando eravamo bambini e, nonostante tu mantenga un pessimo carattere, ti sono amica»

«Io sento solo la tua voce, Astoria. Il resto è un silenzio assordante e cupo»

«Ascolta meglio – rispose lei, enigmatica, bevendo un sorso di Nuccioccolata calda – non la senti?»

«Cosa? – la imitò e bevve anche lui – Cosa dovrei sentire? Merlino, ma quanto è buona?»

Astoria sorrise «Sapevo che ti sarebbe piaciuta! Adesso la senti? – vide lo sguardo interrogavo di Draco e, senza dargli il tempo di controbattere, continuò – Eppure i dolci dovrebbero aiutare… Non ti accorgi che, in fondo al tuo cuore, risuona ancora un'armoniosa melodia? Una scintilla di umanità?»

«Tu credi?»

«Sì, ti conosco, e raramente mi sbaglio. Tu non sei cattivo, se lo fossi non avremmo fatto tutto questo discorso e io non sarei qui con te a gustare questa dolcissima bevanda»

«Forse hai ragione, pare che tu mi conosca più di quanto possa conoscermi io stesso, come fai?»

«Diciamo che è un dono…»

«Questa serata è un dono, la tua stessa compagnia lo è…»

Astoria arrossì in maniera appena percettibile, Draco sentì di essersi sbilanciato troppo e credette di aver fatto la figura dell’idiota. Finirono di bere la loro Nuccioccolata calda in silenzio, accompagnati da un lieve senso d’imbarazzo. Sì alzarono e, una volta saldato il conto e salutato il simpatico Nuccio, uscirono dal locale. La temperatura all’esterno sembrava essersi notevolmente abbassata, una buona parte la fece anche il contrasto col calore che li aveva coccolati all’interno del negozio di dolci, Astoria si strinse nel suo soprabito viola, visibilmente percorsa da un brivido di freddo. Draco, dal canto suo, con un gesto istintivo e un po’ impacciato si aprì il cappotto e le avvolse un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé per ripararla dal freddo. Lei lo lasciò fare «Mi sei mancato» gli disse.
 

***


Quando riaprì gli occhi, la luna era svanita dalla sua vista lasciando che l’oscurità celeste cedesse, di lì a poco, il passo alle prime luci dell’alba. Anche il piccolo fuoco che aveva acceso qualche ora prima, si sarebbe spento se non fosse stato alimentato ulteriormente. Draco si alzò, asciugandosi le lacrime dal volto. Tra le mani teneva stretto un piccolo braccialetto argentato dal quale non si separava mai. Rilesse, per la millesima volta o forse più, le parole che Astoria aveva fatto incidere al suo interno: “La tua dolce melodia sul frastuono della vita”.

  
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