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Autore: Daleko    01/03/2018    2 recensioni
"Lui camminava guardando lei, lei gli trotterellava al fianco fissando la strada. «Ma Nico che ha detto, viene per Olandese?» gli chiese all'improvviso. Alessandro notò lo smartphone crepato che stringeva nella mano destra. «Gli stai scrivendo?» domandò in rimando, occhieggiando lo schermo. «Sì, ma su Whatsapp non risponde» gli mostrò lei: gli ultimi sei messaggi erano stati inviati da Chiara. Alessandro apprezzò mentalmente il non aver trovato emoticon affettuose sullo schermo."
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"«Giuro che questa volta t'ammazzo, questa volta ti... Devi smetterla di tirarmi in mezzo a questa roba, hai capito?» ringhiò il ragazzo al telefono. Ci fu qualche secondo di silenzio riempito solo dalla pioggia. Nicola si era riparato sotto uno dei balconi del primo piano, l'acqua gli schizzava sulle scarpe ma la rabbia gli impediva di sentire freddo. «Senti Nico... Tu non devi rompere i coglioni a me perché tu c'hai i cazzi tuoi per la testa e all'improvviso te ne vuoi tirare fuori, t'è chiaro?». La voce al cellulare era stranamente glaciale, sgarbata, poco familiare. Il ragazzo non fu reattivo come avrebbe voluto."

Storia romantica ambientata all'Università "L'Orientale".

Feb2019: Storia modificata e revisionata.
Genere: Malinconico, Slice of life, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori sanguigni'
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1.

 

La frase pronunciata maggiormente, quella mattina, era: «Ma quanto cazzo è lento 'sto ascensore?». In attesa di poter entrare in quel fetido cubicolo c'erano almeno una ventina di studenti; qualche altro temerario si avvicinava, osservava un po' la scena, e poi si dirigeva verso le scale con fare sconsolato, di solito seguito da qualcun altro che aveva deciso di abbandonare la missione. Dopo quella che parve un'eternità finalmente le porte si aprirono, qualcuno ne uscì incolume nonostante la pressa della folla, e infine –sgomitando e bestemmiando– riuscirono a entrare quasi tutti i ragazzi desiderosi di salire. In fondo alla folla, fermo nell'atrio come un giunco afflosciato, rimase l'unico disgraziato che non riuscì a schiacciarsi nell'ascensore con gli altri. Le porte gli si chiusero davanti al naso; qualcuno gli ghignò in faccia e a lui partì un "vaffanculo" mentale che evitò di esprimere ad alta voce. Li vide trattenere il fiato, stare sulle punte, alitarsi in faccia per riuscire a entrare tutti insieme. Sparirono dalla vista... E poi ricomparvero con la riapertura delle porte. «Scendete!» qualcuno urlò dal fondo, irritato. Uno dei più vicini all'uscita sospirò, uscì dall'ascensore e si stirò gli abiti con fare annoiato, mentre l'ascensore si decideva a partire. Le porte non si riaprirono e l'atrio si ritrovò a essere molto più vuoto e silenzioso di quanto non fosse soli pochi secondi prima. I due ragazzi si guardarono, uno infastidito, l'altro divertito; stranamente, quello cacciato dall'ascensore era il più allegro. Fu lui a parlare per primo. «Questo di Giusso sembra l'ascensore a Garibaldi, eh?» commentò nel tentativo di fare conversazione. L'altro si accigliò. «Garibaldi?» ripeté senza capire. «Sì, alla Stazione Centrale. Non lo prendi mai?» domandò di nuovo. «Oh. No, no, vengo in autobus». La conversazione cadde per un momento, e gli occhi di entrambi rimasero fissi sulle porte metalliche ben chiuse. «Ah, io comunque sono Alessandro» riprovò quello a socializzare, tendendogli una mano abbronzata. «Nicola» gli fu risposto. Al nome seguì una breve stretta di mano di circostanza, poi gli occhi tornarono all'ascensore. «Certo che è lento davvero...» mormorò Alessandro. «Mh. Mi sa che salgo a piedi o ritardo il primo giorno» commentò Nicola, muovendosi verso le scale senza dire altro.

 

Il cellulare spento rifletteva vagamente il suo viso; in attesa dell'ascensore Alessandro ne approfittò per controllare il suo aspetto. I capelli neri erano tenuti fermi da un cappello di filo, la barba incolta gli dava un'aria vagamente adulta e gli occhi scuri, incorniciati da ciglia folte e lunghe, lo facevano apparire esotico agli occhi dei concittadini. Quel giorno si trovava attraente e fu con quel pensiero in mente che finalmente riuscì a entrare nell'ascensore vuoto. Non fece in tempo a pigiare sul pulsante, però, che una ragazza entrò di corsa nell'atrio. Vedendo la porta dell'ascensore aperta sventolò una mano in sua direzione. «Tieni aperto!» gli urlò e Alessandro alzò istintivamente una gamba contro la fotocellula. Pochi secondi dopo una ragazza ansimante saltò nell'ascensore. La osservò per un momento: guance rosse dal freddo, vaporosi capelli castani, occhi scuri, trucco leggero e abbigliamento nella norma per una studentessa universitaria. Lo zaino che aveva sulle spalle sembrava più grande di lei e questo pensiero gli indusse un sorriso. Rivolgendogli uno sguardo interrogativo, la nuova arrivata pigiò sul pulsante del quarto piano. «A che piano vai?» chiese lei con voce pacata. «Stesso tuo» rispose Alessandro. Lei emise un verso di disperazione. «Ti prego, dimmi che devi seguire Lingua Olandese. Non conosco nessuno del mio corso» ammise alzando gli occhi al cielo, e l'altro scoppiò a ridere. «Sì, Lingua alle dieci e mezzo. Alessandro, piacere» si presentò per la seconda volta in pochi minuti. Le tese la mano e lei la strinse prontamente, con fare allegro. «Chiara, piacere mio! Che bello conoscere già qualcuno, mi sono tolta un peso!» esclamò continuando a stringergli la mano. Alessandro continuò a sorridere con gusto e fecero in tempo a scambiare altre due parole prima che le porte dell'ascensore si riaprissero. Trascorsero qualche altro minuto a cercare l'aula, girando in tondo per il piano almeno un paio di volte, prima di trovare l'ingresso giusto.

 

Per essere la prima lezione del suo primo anno, l'aula gli sembrò tremendamente piccola. C'erano una mezza dozzina di persone sedute qui e là, sparse e in religioso silenzio, probabilmente nessuno che si conoscesse già da prima. Entrò senza salutare, si diresse verso la terza fila e si sedette a un'estremità, lasciando lo zaino sul pavimento e aprendo la giacca a vento, senza sfilarla. Era magro, con un'altezza nella media, ed era abituato a passare inosservato: tutto in lui era estremamente nella norma, come il suo aspetto, la voce e il comportamento, gentile ma freddo con pressoché chiunque lo avvicinasse. Sistematosi nel suo banco aprì un quaderno, prese una penna nera, scrisse in alto a destra il suo numero di matricola e ripose la penna sul foglio, non sapendo cos'altro fare. La sua attenzione venne attirata verso l'ingresso, dove un crescente chiacchiericcio indicava altri studenti in avvicinamento. Non appena alzò lo sguardo sulle nuove figure appena entrate, un braccio si alzò a indicarlo con le parole: «C'è Nicola!». Sorpreso, si ritrovò incollato addosso gli occhi di una coetanea eccessivamente esuberante, accompagnata dalla sua nuova conoscenza. Entrambi gli si avvicinarono rumorosamente. «Eeeehi, non mi avevi detto che seguivi Olandese! Lei è Chiara. Scali di posto?». Tutti i presenti osservavano e giudicavano il terzetto senza emettere un fiato. Nicola arrossì, imbarazzato a causa di quell'eccessiva attenzione, e si alzò per addentrarsi nella fila. Chiara ne approfittò per tendergli la mano destra, e lui la strinse distrattamente senza ripetere il proprio nome; raccolse poi le proprie cose, fece spazio per entrambi e tornò a sedersi. Alessandro non perse tempo, sedendosi accanto a lui e tirando fuori lo smartphone quasi contemporaneamente. «Raga, è la prima ora del primo anno. Ci vuole un selfie di gruppo, forza!». Chiara si gettò nell'inquadratura con un sorriso smagliante e Nicola fu tirato dentro con un braccio sulle spalle; si costrinse a un sorrisetto, sentendosi fuori posto. Sbirciò sullo schermo mentre Chiara sceglieva il filtro per Instagram e Alessandro sciorinava hashtag sui nuovi amici e l'università. Il silenzio fu ristabilito solo con l'inizio della lezione.


 


Note dell'Autore
Salve amici! Provo a fronteggiare la noia del secondo semestre con un nuovo racconto romantico (e con lacrime, e sudore, e tutti gli altri liquidi corporei che vi vengono in mente), questa volta ambientato nella mia stessa università. Purtroppo non seguo Olandese e non ho idea di quanto siano più o meno seguiti i corsi di Olandese, nel caso siate studenti di Olandese vi prego di non odiarmi a morte per eventuali incongruenze con la realtà. Vi ricordo inoltre che tutti i personaggi sono solo frutto della mia immaginazione, disclaimer che è sempre bene ripetere fino alla nausea. Se il primo capitolo vi ha incuriosito, se volete essere sicuri di esprimere il vostro gradimento o se volete farmi sapere che anche voi frequentate l'UniOr e che l'ascensore di Giusso è davvero schifosamente lento, lasciate una recensione. Love you all, e a presto.

   
 
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