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Autore: ChaosReign_    02/03/2018    1 recensioni
"Quando sei giovane non ti accorgi del passare inesorabile del tempo, non ti accorgi del cambiamento che silenzioso sta avendo luogo proprio dentro di te: a diciassette anni pensi di essere immortale, ti sembra che le amicizie create in quegli anni possano durare per sempre, credi che il primo amore sia anche l’unico possibile e che quindi il tuo lieto fine sia già in dirittura d’arrivo. Poi un giorno ti svegli e in un battito di ciglia hai diciotto anni e, sempre senza accorgerti di nulla, sei cambiato."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, ritorno sul campo dopo un’assenza di ben quattro o cinque anni, volevo introdurvi un attimo la storia perché non è una storia come tutte le altre per me (per chiunque abbia letto mie storie precedenti in questo fandom, vi prego cancellate tutto dai vostri ricordi, ero una pre adolescente innamorata della band e delle mie farneticazioni). Questa storia l’ho inserita in questo fandom per la canzone, è una canzone molto significativa per me e volevo sfogarmi scrivendo, cosa che non facevo da molto tempo. i fatti si ispirano a fatti realmente accaduti a me in prima persona, ovviamente non ho trentasette anni, non ho scritto io la canzone e molte altre cose sono frutto di fantasia, semplicemente per legare il tutto. In più era nata come One shot, ma ho deciso di dividerla in due parti per non far su un minestrone lunghissimo…
Detto questo mi scuso in anticipo per gli eventuali errori, grammaticali, di sintassi e tutto, il mio italiano è un po’ arrugginito e il fatto che sia uno sfogo mi ha fatto scrivere di getto quello che mi passasse per la testa.
Buona lettura a chiunque sia rimasto un po’ incuriosito.
 

 
SECOND HEARTBEAT
 
Ritorni.
 

Andato…

Era da anni che non mettevo piede in quella città, la città della mia adolescenza, dove realizzai le migliori ragazzate che potessi immaginarmi ai tempi.
In realtà non avevo molte pretese, mi bastava qualche amico, i bar ormai chiusi a notte inoltrata, qualche birra e una di quelle transenne di metallo tipiche dei concerti estivi, quelle di cui portavi i lividi delle sbarre sul costato per una settimana dopo il concerto della tua band preferita, si, proprio quella per cui avevi sgomitato energicamente per arrivare in prima fila.
Come ho detto ero una ragazza semplice e mi divertivo con poco, ma questa è un’altra storia.
Quando sei giovane non ti accorgi del passare inesorabile del tempo, non ti accorgi del cambiamento che silenzioso sta avendo luogo proprio dentro di te: a diciassette anni pensi di essere immortale, ti sembra che le amicizie create in quegli anni possano durare per sempre, credi che il primo amore sia anche l’unico possibile e che quindi il tuo lieto fine sia già in dirittura d’arrivo. Poi un giorno ti svegli e in un battito di ciglia hai diciotto anni e, sempre senza accorgerti di nulla, sei cambiato.
La persona che quella mattina si guarda allo specchio non è più la stessa di un anno prima, magari può sembrarlo esteriormente, probabilmente anche gli altri non se ne accorgeranno e soprattutto tu non capirai che il cambiamento in te ormai è avvenuto.
Non c’è da preoccuparsi, non correre in bagno a guardare se noti qualcosa di strano sul tuo volto, magari un pelo di barba in più, o un capello bianco e non guardare nemmeno dritto negli occhi il tuo riflesso, non noterai una luce diversa, una profondità più intensa e scura o una leggerezza che prima ti era estranea…
Il cambiamento avviene a piccoli passi, misurati, in punta di piedi, giorno dopo giorno senza farsi notare, è questo che ti frega: il cambiamento ti fa abituare pian piano a quella piccolissima modifica che ha impiantato in te e poi ti fa abituare ad un’altra ancora e ancora una e il bambino un giorno si sveglia ragazzo, che a sua volta si sveglierà adulto e nessuno riuscirà mai a spiegarsi come questo cambiamento sia avvenuto, o meglio, quando sia avvenuto di preciso.
Come la diciassettenne che un giorno si sveglia di un anno più vecchia, la stessa diciottenne un giorno si sveglierà trentasettenne e non capirà come sia stato possibile che ventisette anni siano passati così velocemente e capirà ancora meno come la sua vita abbia potuto cambiare così tanto direzione da quelli che erano i progetti iniziali.
Quel primo amore? Finito, e così il lieto fine distrutto, completamente da riscrivere. E gli amici? E le serate svegli fino all’alba? Quelle tacite promesse, il fatto di non cambiare mai, nessuno si spiega mai come tutto quello che era importante un tempo, durante il “cambiamento” si sgretoli fino a scomparire.
Ventun’ anni dopo, tornare indietro alla città che più di qualunque cosa o persona abbia contribuito al mio cambiamento non è stata una scelta saggia, il solo rivedere la piazza centrale della cittadina piena di gente, esattamente come un tempo, mi rimanda a pensieri di cui solo io posso comprendere il messaggio.
Mentre mi aggiro, con la borsa pigramente appoggiata sulla spalla, per le vie del mio vecchio paese, mi rendo conto che involontariamente mi ritrovo a vagare nelle zone del bar preferito da me e i miei vecchi amici fino a ritrovarmelo davanti, la struttura ad angolo del palazzo che al primo piano ospita il Tunderstruck si erge in tutta la sua fatiscente essenza davanti a me.
Appena dietro si estende un parco per bambini e dietro ancora un piccolo canale famoso per essere uno dei più inquinati della regione, se non addirittura dello stato. È incredibile come un bar per motociclisti possa trovarsi attaccato ad un parco per bambini, che diavolo di madre porterebbe il proprio figlio a giocare in un luogo frequentato da motociclisti metallari già ubriachi alle 11.00 di mattina?
Il passo verso il Thunder avanza contro la mia volontà, ma prima di attraversare la strada ci penso due volte, magari sarebbe stato meglio entrare a fare un giro di sera, quando, a causa della clientela sarei potuta passare inosservata.
Così torno nella piccola stanza di hotel, a pochi passi dal centro della città, per prepararmi alla serata.
 
 
 
Dopo essermi fatta una doccia mi stendo sul letto, con i capelli ancora bagnati avvolti in un asciugamano pulito, tiro un lungo sospiro: chi me lo ha fatto fare di tornare indietro? Chi mi ha costretto a far riaffiorare tanti di quei ricordi ormai sepolti? Chi, per Diana, mi ha costretto a rimettere piede dove la testa implorava di non voler tornare?
Nessuno.
Nessuno una mattina mi ha svegliato e mi ha proposto di mettermi in cammino verso quella meta così familiare e nello stesso tempo, ormai, così estranea.
Semplicemente un giorno, a trentasette anni, mi sono svegliata e ho sentito di dover tornare indietro, di dover sistemare le cose che, durante il mio cambiamento (tutt’ora in corso), ho lasciato indietro.
Ad essere sincera può essere che non sia stata un’idea, quella di tornare, del tutto formulata da me, ma una canzone, una in particolare ha gettato il suo baccello e una volta che un'idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla.
Così quella mattina, una volta sveglia decisi che era il momento di ripulire casa e insieme a della buona musica formai il connubio perfetto per un sabato mattina di riposo.
Una volta accesa la radio e alzato il volume, il nome del gruppo appena annunciato mi colse di sorpresa, quasi mi strozzai con la saliva e la scopa mi scivolò dalle mani che, improvvisamente, si fecero molli e sudate.
-Nonostante la carriera ormai quasi ventennale degli Avenged Sevenfold e con l’uscita del loro ultimo album “The Stage” vogliamo omaggiarli con un vecchio brano: Second Heartbeat!-
Avenged Sevenfold.
La prima cosa che mi restò impressa nella mente fu il nome di quella band che ormai pensavo di aver scordato.
Li ho seguiti fino all’uscita dell’album Nightmare, apprezzando anche il loro lavoro, dopodiché con l’acquisto del loro successivo album, quasi più per abitudine che per interesse, in quel periodo già il nome mi era quasi del tutto obsoleto, li persi completamente di vista.
Avenged Sevenfold.
Da almeno cinque anni non pensavo a quel nome associandolo a quelle persone, “Avenged Sevenfold” ormai era diventato un marchio per me, quasi come la scritta Metallica sulle magliette o, ancora peggio, come un qualunque altro marchio famoso come Nike o Vans.
Contemporaneamente a questi pensieri la canzone si avviò verso il ritornello.

“Wishing the clock would stand still, the world can wait.
Wasting away once again, once lived as friends”
 
Quelle parole mi colpirono come un pugno in pieno petto, mi mancò il respiro e dimenticando completamente i miei progetti per la giornata mi sedetti sul letto, con i polpastrelli a massaggiarmi le tempie, subendo passivamente le parole di quella canzone.

“Never will I forget you, and all the memories past.
So rarely, I get to see your face.
Growing I looked to you in guidance.
We knew that time would kill us, but you're still so close to me.”

Come ho detto, l’idea di tornare non è stata completamente mia, ma mai avrei pensato che a convincermi a tornare sarebbero state le parole dell’unica canzone che non fu scritta da Matt, Brian o James, ma nemmeno da Zacky o Johnny, ma da me.
Con questi pensieri per la testa controllo le pagine Instagram di quelle persone ormai famose in tutto il mondo, ci sono molte foto degli show, del merchandise, delle date sold out e dei ragazzi in tour, poche foto personali e della vita privata.
Guardo l’ora, sono quasi le nove e io non ho ancora cenato, ma come un blocco sullo stomaco mi impedisce di mettere in bocca anche solo una caramella.
Desisto dall’intento di mangiare qualcosa e torno ad asciugarmi i capelli e finire di prepararmi per quella che sarà, ne sono proprio sicura, la peggiore idea che abbia mai avuto.
 
 
 
 
 
Il primo dei due capitoletti è andato, il secondo penso sarà più lungo, questo è stato una sorta di prologo, di riflessione.
Come ho accennato prima non si parla subito e molto degli Avenged Sevenfold in persona, in più ho evitato di mettere i nomi del paese e del locale (Beh, nell’universo A7X sarebbero stati Huntington Beach e Johnny’s) che ha un nome di fantasia, proprio perché se volete potete immaginarvi proprio H.B. in fin dei conti è il posto dove sono cresciuti i Sevenfold.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete vedere come la canzone prenderà vita nel prossimo capitolo eeeeee niente
Mi sento quasi sollevata a pubblicare qualcosa qui, sa di casa.
Bacini a tutti.

p.s. non so se è cambiata la formattazione, ma avendo scritto 4 pagine di world, il testo pubblicato qui, da pc, mi sembra corto corto e fitto fitto... Brutto da vedere ahah 
Beh, scusate anche per questo se lo vedete come lo vedo io
  
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