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Autore: xingchan    02/03/2018    6 recensioni
[Post manga]
Dopo un incontro con due gemelli sfidanti del dojo Tendo, Ranma decide di farsi avanti con Akane. Ma qualcosa va storto, e la causa è proprio la piccola delle sorelle Tendo.
Estratto:
"Perché sì, lo avrebbe fatto. Ormai era troppo vicino a lei con lo sguardo incatenato al suo. Gli occhi di Akane lo trafissero tagliandogli involontariamente ogni via di fuga. Si sentiva esposto, come se fosse nudo, nei guai fino al collo. E non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva immergersi, in quei guai, e rimanerci.
Stranamente non gli importava se l'avesse mandato su Marte, se lo avesse riempito di pugni o se gli avesse dato del maniaco. Era troppo euforico per darsi pensiero per questo.
[Lieve OOC]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Don't ask me why





"Ecco, ho finito!"
Il dottor Tofu estrasse l'ago dell'iniezione dalla spalla di Ranma.
"Hai una infezione, per questo ti è salita un po' di febbre. Ma con questo antibiotico domani sarai come nuovo! Ora cambiamo queste bende."
Ranma lasciò che Tofu lo medicasse con completa apatia, senza nemmeno rendersi conto del tempo impiegato. La testa non faceva che girare, ma almeno non si sentiva così tremendamente stordito come pochi minuti prima. Questo gli permise di focalizzare la situazione delle sue ferite, vistosamente gonfie. Sperò con tutto se stesso che lo stato della ferita alla coscia di Akane fosse meno grave. Anche perché a quell'ora la sua famiglia sicuramente si era già data da fare per evitarle l'infezione.
"Domani ti cambierò le bende e ti somministrerò una dose di ricostituente..."
"Domani non sarò qui" affermò Ranma con il cuore pesante.
"Non se ne parla" rispose perentorio il dottore. "Non puoi andartene. Resterai qui, questa notte. Sei ancora troppo debole per fare i tuoi viaggi di addestramento, sempre che sia vero." Rimarcò con forza i suoi dubbi proprio nel momento in cui Ranma era in procinto di protestare. Finché la sua voce si addolcì, accennandogli un sorriso comprensivo. "Allora, non vuoi parlarne?" Per quanto fosse reticente a raccontare le sue faccende private, specie se riguardavano Akane, il ragazzo con il codino non voleva recare dispiacere a uno dei pochi individui a Nerima per cui nutriva una vera stima.
"Parlarne non risolverà niente."
"E' la prima volta che ti sento dire una cosa del genere. Solitamente non sei così pessimista e abbattuto, sei sempre così sicuro di te!"
"Le cose cambiano, a quanto pare..." mormorò Ranma, ripensando a come si fosse inaspettatamente ribaltata la sua vita dalla sera precedente.
"Già," confermò Tofu, fingendo di pensarci su "nell'ultimo periodo ho visto un sacco di cose strane."
Ranma fu colpito da quella considerazione, e prese a fissare il dottore negli occhi con fare interrogativo. Che gli stesse dicendo qualcosa dell'atteggiamento di Akane che il dottore aveva compreso alla perfezione ma che lui non era riuscito a leggere fra le righe? Perché oltre alla pretesa di Akane di voler gestire gli sfidanti del dojo per conto suo, il giovane Saotome non credeva ci fosse altro.
"Come la prima cosa che ho notato quando sono andato dai Tendo, per esempio" continuò l'uomo "è stata che tu non eri lì con Akane."
Ranma rimase di sasso.
Non aveva capito subito che con l'espressione nell'ultimo periodo Tofu intendesse nelle ultime ore.
Era ancora perso nello strambo giochetto di parole del dottor Tofu mentre con una velocità inaudita nella sua mente slittò una percezione semplice, era vero, eppure così potente da destabilizzarlo: che essere al fianco di Akane per lui era diventato naturale.
Così come lei c'era sempre stata per lui, pronta a parlargli, a sostenerlo, a malmenarlo anche.
Ora però non più.
"Questa mattina Nabiki mi ha telefonato. Akane ha avuto la febbre alta" gli comunicò il dottore. Fu una notizia che risvegliò in Ranma l'impazienza di avere altre informazioni riguardo ad Akane.
"Come sta?" domandò con preoccupazione.
"Ora piuttosto bene, ma se l'è vista brutta."
Cazzo, quanto sei bravo Ranma! L'hai abbandonata così, senza essere sicuro che stesse bene.
L'aveva perfino accusata di non essersi messa alla sua ricerca quando neanche poteva alzarsi dal suo letto.
Va bene, ora faccio proprio schifo.
"Ma quando sono entrato in casa ho trovato un putiferio. Soun Tendo stava piangendo come un matto per sua figlia e si chiedeva dove ti fossi cacciato - quel disgraziato di Ranma, ha detto -, tuo padre ti stava maledicendo in tutte le lingue del mondo..."
"Come al solito, quando le cose non vanno come vuole lui!" soggiunse il giovane Saotome, contrariato da quegli epiteti.
"Kasumi, lei... era indaffarata in cucina. Almeno, così mi ha detto Nabiki..."
Ranma abbozzò un sorriso, ricordando quasi una ad una tutte le volte che lui e gli altri avevano nascosto Kasumi da lui per evitare che perdesse la testa in momenti poco opportuni, quando si rendeva necessario un suo intervento.
"Quando ho visitato la piccola Akane aveva una ferita infetta proprio come le tue. Nabiki mi ha raccontato che c'è stato un incontro, e che ne siete usciti feriti entrambi. Quando le ho fatto notare che tu non eri a casa lei ha alzato le spalle. Sembrava davvero che fosse all'oscuro di tutto. E se non lo sa Nabiki, c'è da farsi due domande!" ironizzò Tofu.
"Se c'è una cosa positiva in questa storia, è che quella iena non sappia niente" commentò il ragazzo.
"Mi vuoi dire cosa è successo esattamente?"
"Perché non lo ha chiesto ad Akane?" sbottò Ranma con voce arrabbiata. Se ne pentì subito, ma il dottor Tofu sembrò indifferente a quello scatto d'ira.
"Non ha detto una parola quando gliel'ho chiesto sottovoce, ecco perché" proseguì l'uomo con gli occhiali. "Ha chinato la testa e non ha fiatato. Non si è confidata, nemmeno quando era palese che ci fosse qualcosa che non andava."
"Non l'ha fatto neanche con me..."
Ranma si accorse che il suo tono era diventato più malinconico e moderato.
Udì un sospiro rassegnato dall'uomo, poi lo vide alzarsi dalla sua sedia. Probabilmente aveva capito che non avrebbe ricavato uno straccio di spiegazioni da Ranma, così come non era riuscito a farsi dire qualcosa da Akane.
"Ora andiamo a mangiare. Le okonomiyaki si fredderanno."
Le okonomiyaki erano uno dei suoi piatti preferiti, ma ora come ora gli era totalmente indifferente mangiarne una.
"Mi dispiace, dottore, ma non ho fame."
"Fa' uno sforzo, devi rimetterti in forze" lo incitò.
Era come se lo stomaco di Ranma si fosse chiuso, e l'unico segnale che mandava era che avrebbe rigurgitato qualunque cosa il suo proprietario avesse voluto ingoiare. Tuttavia, stando a calcoli Ranma non metteva qualcosa sotto i denti da circa un giorno, e sarebbe stato comunque utile provare a mandare giù un boccone. Ma questo pensiero non funzionò.
Giocherellò distrattamente con le bacchette con un gamberetto dell'okonomiyaki, addentandolo quel po' che bastava per dare a Tofu l'impressione che stesse mangiando.
"Avete bisogno di chiarirvi" consigliò il dottore una volta seduti a tavola l'uno di fronte all'altro. "Al di là di qualunque cosa sia successa fra di voi, sono sicuro che Akane non voleva ferirti."
"E' stata abbastanza chiara, invece" disse, e per la prima volta in quelle ore valutò seriamente l'idea di aprirsi e raccontare tutto, dall'incontro con quei stramaledetti gemelli alla sua decisione di farsi avanti e rivelarle una volta per tutte i suoi sentimenti. E perché no, anche dell'anello. Il dottor Tofu si stava comportando con discrezione, ed era una cosa che Ranma apprezzava tanto, anche perché erano molte le persone che non volevano farsi i fatti propri: i loro genitori per primi, per continuare con una lunga serie di rompiscatole allupati che si contendevano ora lui, ora Akane, ora la famigerata "ragazza con il codino". Nessuno che si metteva da parte, nessuno che desse loro spazio e del tempo. Una vera tortura per lui che stava cercando di rendere il proprio fidanzamento combinato una decisione deliberata.
Ma non poteva ignorare il fatto che avrebbe voluto che Akane fosse la prima a sapere del suo amore per lei una volta per tutte.
No, non posso e non voglio che Akane sappia per bene tutto questo da altri.
Tofu in qualche modo glielo avrebbe fatto capire.
"Io invece penso che c'è qualcosa che non hai ben afferrato."
Ranma fece un sorriso amaro. Evidentemente il dottore non aveva mai avuto una esperienza come quella, prima.
Cos'è un bacio rifiutato, secondo lei?
Nonostante si fosse sempre considerato esperto in ambito femminile, Ranma era a conoscenza della sua totale inesperienza con l'altro sesso, e almeno a se stesso non poteva negarlo. Ma come si poteva interpretare altrimenti una cosa così?
"Non sono stupido."
"Ranma, non per impensierirti, ma credo che Akane fosse sul punto di piangere. Anzi, sono convinto che abbia pianto per un po' prima che io arrivassi."
Ha pianto?
Certo, lo aveva fatto anche la sera prima, ma Ranma era troppo concentrato sulla sua cocente delusione per poter pensare che ci stesse male anche lei. Non credeva che avesse passato quella notte a piangere.
Si alzò di colpo dalla sedia. Qualcosa non tornava.
"Non può essere!" sentenziò con voce ferma, e come una molla pronta a scattare si guardò attorno, cercando disperatamente con gli occhi l'apparecchio telefonico dello studio del dottore, ma si diede mentalmente dello sciocco. Non poteva assolutamente telefonare a casa Tendo.
Non sono un vigliacco!
Lasciò l'okonomiyaki quasi intera, con una determinazione nuova in corpo.
Se Akane aveva pianto significava che non voleva respingerlo, ma allora perché lo aveva fatto?
Devo sapere se Akane vuole davvero rompere con me oppure no.
Questo voleva dire tornare a casa, affrontare tutti i presenti e provare ad esprimersi con Akane: tutte cose che aveva sempre evitato di fare in quegli anni. E sinceramente non credeva possibile che una volta al dojo avrebbe trovato il coraggio necessario per fare tutto questo. Tanto meno credeva possibile che quella cocciuta bisbetica gli avrebbe finalmente dato delle spiegazioni. Ed era questo, che gli faceva più paura: di fare un casino colossale e non risolvere niente di niente, e di battere in ritirata con la coda fra le gambe.
Voleva davvero mettere a repentaglio così il suo orgoglio?
Era stato decisamente più semplice difenderla da una miriade di spasimanti pazzoidi rispetto a quello che stava passando adesso. Ma non avrebbe sacrificato la loro felicità per questo.
Ignorando altamente le urla del dottore che cercava di farlo tornare indietro, Ranma si caricò lo zaino in spalla e corse a perdifiato verso l'abitazione dei Tendo, per quanto le sue forze lo consentissero. Non aveva un piano, non sapeva cosa fare o dire una volta arrivato da lei. Sapeva soltanto - anzi, ne era assolutamente certo - che Soun e suo padre gli avrebbero fatto una testa così, tartassandolo con le loro minacce.
Il vero problema era aggirarli ed avere pochi minuti da solo con Akane.
Non chiedeva nient'altro.
Se lei non voleva saperne... beh, questo punto era da definire. Nella rabbia del primo momento si era fatto un piano, pressappoco lo stesso che aveva quando viaggiava con suo padre per imparare ed affinare le tecniche della loro scuola di arti marziali indiscriminate, ma quella prospettiva senza Akane gli appariva così ridicola e remota che paradossalmente il pensiero lo fece quasi sorridere.
Ma non importa: se Akane mi dirà chiaramente che vuole troncare il fidanzamento cercherò di mettermi il cuore in pace.

***

Dall'esterno casa Tendo appariva stranamente silenzioso.
Ranma si aspettava di sentire le grida di Akane che si allenava nel dojo, oppure gli assordanti piagnistei di Soun. Ma l'unico suono che si poteva udire distintamente era quello del vento pomeridiano che sferzava gli alberi del giardino. E poco cambiò quando il suo sguardo intercettò la finestra vuota di Akane.
Arrivato al muretto la figura di Kasumi attirò la sua attenzione. Stava stendendo il bucato al tiepido sole di primavera, fermandosi per toccarsi il volto forse per asciugare una lacrima.
Un colpo di fortuna, finalmente!
Fra tutti quelli che si immischiavano fra lui ed Akane, Kasumi era quella che tentava di essere più discreta e che sgridava bonariamente i loro padri quando la loro presenza era palesemente di troppo.
"Ranma!"
Non appena lo vide attraversare il cancello la maggiore delle sorelle Tendo gli si precipitò incontro con un evidente senso di sollievo dipinto in viso; come Ranma aveva previsto aveva gli occhi leggermente arrossati.
"Perché te ne sei andato?"
Ranma evitò di risponderle direttamente, chiedendole con timore ed un pizzico di impazienza se potesse parlare con Akane.
Dall'ingresso della casa però fece capolino Nabiki, più arrabbiata che mai. Gli si avvicinò a passo marziale, assestandogli una sberla che, per quanto fosse meno potente di quelle del maschiaccio, non era da sottovalutare.
"Nabiki!"
"Ehi, iena! Tieni giù le mani!" le intimò il ragazzo con il codino massaggiandosi la parte lesa.
"Ehi, deficiente!" rincarò immediatamente la mezzana "Che diavolo ha combinato?"
"Da' della deficiente ad Akane, piuttosto! Io non ho fatto niente!"
E' stata lei a provocare questo pasticcio, non io!
"Arrivi tardi! Già fatto, cosa credi?! Avanti" lo spronò con pungente sarcasmo, in un modo che era distante anni luce dal modo con cui il dottore aveva cercato di farlo parlare "spiegaci tu che cosa è successo, visto che Akane non apre bocca!"
"Non apre bocca? Non vi ha detto niente quella scema?"
"No, e neanche stamattina quando è venuto il dottor Tofu. Ha avuto la febbre ma sta meglio. Però non ha mangiato niente, e questo mi preoccupa" disse Kasumi.
"Le hai messo le mani addosso?"
Cosa?
"Come ti salta in mente, Nabiki?"
"Beh, sai quanto è suscettibile in quel senso" commentò Nabiki con sufficienza.
"Ti sembra che le abbia fatto qualcosa che non voleva?" ringhiò il giovane.
Per un istante nella testa di Ranma aleggiò l'idea che forse Nabiki aveva ragione, che forse Akane non voleva che si avvicinasse per baciarla, tutto qui. Che l'aveva respinto per pudicizia, o perché si era scoperta impreparata per un passo simile.
Ma quelle volte in cui lui maldestramente si metteva in testa di baciarla lei lo respingeva energicamente, e sempre per cause di forza maggiore. Come quella volta in cui rischiò di essere scoperto dalla madre, qualche tempo prima che lei lo accettasse in quanto figlio nonostante la maledizione. Non lo aveva mai respinto così. E non l'aveva mai implorato affinché non ci provasse. In lacrime, per giunta.
"Figlio degenere!"
Il vocione di Genma Saotome saettò nell'aria con una cadenza a dir poco minacciosa, ma Ranma non se ne curò più di tanto. Più cresceva e diventava forte, più imparava a non lasciarsi vincere dal timore nei confronti di suo padre ogni volta che non gli andava di obbedirgli. Infischiandosene deliberatamente di un eventuale peggioramento della situazione.
Lo raggiunse a grandi falcate in giardino, afferrandogli brutalmente il bavero della camicia cinese.
"Cosa diavolo ti è saltato in testa, si può sapere?" e lo scosse una volta. "Volevi scappare, eh?" e lo scosse una seconda volta. "Ah, ma io non ti lascerò andare così facilmente" ghignò, certo di averlo letteralmente fra le mani. Portò il volto del ragazzo vicinissimo al suo, nel vecchio tentativo di infondergli quanta più paura riuscisse a trasmettergli. "E ancor meno ti permetterò di mandare a monte il tuo matrimonio con Akane, mi hai sentito?!"
Gli aveva sempre detto che l’amore era roba da femmine, che nella vita di un combattente c’era spazio solo e soltanto per le arti marziali. Questo ovviamente finché gli faceva comodo. Poi gli aveva rifilato una fidanzata - anzi, settordicimila fidanzate, giusto per non farlo rimanere senza - e aveva fatto di tutto per piegarlo alla sua volontà, invano.
"Non decidi tu cosa fare della vita degli altri!"
Se era rimasto a casa Tendo tutto quel tempo era perché in fondo ad Akane ci teneva, e il fatto che lei era contraria quanto lui a quel fidanzamento combinato lo faceva sentire compreso, finché la complicità, l'affetto e l'attrazione avevano fatto il resto.
"Sono tuo padre e devi obbedirmi!"
Ecco la frase magica...
Era sempre quella che utilizzava, quando il suo ruolo era l'unico appiglio a cui aggrapparsi per ottenere ciò che voleva da lui.
"Non l'ho mai fatto e non lo farò!"
Come se non bastasse il capofamiglia Tendo doveva aver sentito tutto, perché appena dopo l'incursione di suo padre arrivò quella più dura del padre di Akane.
Se le sorelle Tendo erano state più o meno moderate con Ranma, lo stesso non si poteva dire di Soun. Era su tutte le furie, e il ragazzo con il codino notò anche che in poche ore sembrava invecchiato di dieci anni. Gli faceva decisamente più impressione questo aspetto che non il fatto che lo avrebbe frantumato da lì a poco.
"Ranma!" e quel suono, sì che lo fece tremare. "La mia Akane non mi parla! Che accidenti è successo? Che le hai fatto, maledetto?"
Urlava, e un po' Ranma poteva capire la sua preoccupazione. Ma non si lasciò intimorire neanche da lui, proprio come aveva fatto con il padre poco prima, quel buzzurro che ora lo guardava in cagnesco come se la sua vita dipendesse dalla sua condotta.
"Mi dispiace deluderla, ma non ho fatto proprio niente!"
"L'hai lasciata sola, ferita e malata e ritorni come se niente fosse?"
"Sola? C'era la sua famiglia a prendersi cura di lei, o sbaglio?"
"Sei anche tu la sua famiglia, te ne sei dimenticato?"
La tiritera è sempre quella, oh!
"Ancora con questa storia? Se non vuole più questo assurdo fidanzamento rispetterò la sua scelta! Akane non è costretta a sposare chi non vuole! Sarà lei a decidere se e con chi farlo!"
"Cosa?"
Bene, perfetto.
L'amabile conversazione stava prendendo una piega inaspettata.
Non solo Ranma non aveva mai parlato in quel modo a Soun, suggestionato com'era da una sua probabilissima reazione intimidatoria, ma era arrivato al punto di proteggere Akane anche dal suo stesso padre e dalla decisione di farli sposare.
Si sentiva tremendamente scosso: questo voleva dire lasciare Akane, forse definitivamente. Sarebbe stato molto più semplice scusarsi e avanzare la stessa pretesa di Soun facendo leva sulla promessa dei due amici.
Ma Akane non era mai stata d'accordo. E nemmeno lui, fino a qualche tempo prima. E comunque, ciò che poi era nato stando insieme a lei, Ranma lo considerava una cosa a parte.
"Voglio solo parlarle, tutto qui."
"Te l'ho detto: Akane non vuole parlare" disse Soun incrociando le braccia.
Stava facendo un sacrificio enorme al suo orgoglio. Non aveva mai fatto una cosa simile prima, o almeno non davanti ai loro genitori e alle sue sorelle.
Ritornare per lui era stata un'azione dettata dai dubbi e dall'istinto, e ora che aveva raccolto il guanto di sfida contro se stesso non si sarebbe tirato indietro senza arrivare alla realizzazione del suo proposito.
"Non importa" mentì infine. Importava eccome il fatto che lei si ostinasse a fare finta che non era affar suo. Ma doveva provarci, o avrebbe portato con sé quel rimpianto per tutta la vita.  
"E' nella sua stanza" sussurrò Kasumi, indicando l'interno dell'abitazione.
Ranma si avviò con passo deciso verso la stanza della ragazza come se si stesse preparando ad un combattimento, nonostante ci fosse una piccola parte di lui che non voleva assolutamente che lui si esponesse ancora: lo aveva già fatto la sera precedente con lei, lo stava facendo adesso mentre speditamente saliva le scale del piano di sopra, lo avrebbe fatto a breve ancora una volta. Ma non ne poteva più di dare ascolto a quella piccola parte.
Quando arrivò alla sua porta fu come se il suo cuore avesse ripreso a battere. Non c'era paragone alcuno fra quelli semplici e banali che aveva avuto in quelle ore e quelli che ora suonavano come tamburi nelle sue orecchie.
"Akane, indovina chi è alla porta?!"
Doveva essere una sorta di domanda ironica, ma non c'era nessuna sfumatura simile nella sua voce. Fu certo di essere ascoltato da lei, perché gli sembrò che dall'interno Akane avesse emesso un lievissimo singulto.
Alle spalle aveva il resto delle loro famiglie, ma per timore di bloccarsi Ranma non diede loro peso. Se Akane avesse accettato un colloquio con lui, con tutta probabilità si sarebbero allontanati un po'.
"Non devi preoccuparti, Akane. Ho afferrato il messaggio, e ti prometto che se è questo il tuo desiderio non mi vedrai mai più. Dimmi soltanto perché."
Faceva male, dannazione. Soprattutto se pensava al fatto che quella sarebbe stata la loro ultima conversazione. Rimase in ascolto, abbeverandosi di ogni minimo eventuale suono o rumore che arrivasse dalla stanza della piccola Tendo.
"Akane!" Ma non udì niente. Akane sembrava determinata a non tradirsi.
Quasi gli ritornò in mente la scenata a Ryugenzawa, con quel stramaledetto di un Shinnosuke che cercava di allontanarla da lui; e a causa di questa fuggevole considerazione il dubbio che Akane si fosse innamorata di qualcun'altro riprese ad infiammargli la testa.
Si sarebbe sentito decisamente meglio se gli avesse dato uno schiaffo come quella volta, perché in quegli anni aveva ormai constatato che il suo silenzio era peggiore di qualunque sberla o insulto.
Ma Ranma era felice soltanto se lo era anche lei, e se Akane voleva esserlo senza di lui... doveva andargli bene.
"Bene, ho capito."
Tutta questa baraonda per niente.
"Spero che qualcuno sia abbastanza matto da sposarti. Addio!"
In qualche modo si sentì cattivo abbastanza da dirlo, ma non ne fu affatto compiaciuto. E alla sconfitta di quell'impresa, si aggiungeva la sua totale incapacità di dominarsi e dirle qualcosa che magari avrebbe potuto convincerla ad uscire dalla sua camera. Ma aveva carattere, Akane; e a Ranma piaceva anche per questo.
Tuttavia, decise di non importunarla ulteriormente.
Fece dietrofront e, vedendo che le scale erano ostruite dagli altri inquilini di casa Tendo, scavalcò il corrimano con un agile balzo, atterrò con grazia un po' più in giù alle loro spalle e uscì con movimenti nervosi, senza voltarsi indietro.




   
 
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