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Autore: tixit    02/03/2018    10 recensioni
Brevissima storia su una scelta e tutto quello che è venuto prima.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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5. Un Passato di Verdura

“Ci farà tardare la cena!” la vocetta irritata filtrò attraverso la porta dello studio, proprio mentre Girodelle la stava chiudendo, ed Oscar arrossì infastidita. E così agli occhi di quella smorfiosetta lei era diventata una rompicoglioni. Quando era successo? In che giorno esatto era diventata una adulta vecchia e noiosa?

Girodelle la invitò a sedersi con un gesto elegante, facendo finta di nulla - la cosa la irritò parecchio: era solo una bambina, non una anziana zia ormai svanita da tempo, accidenti! Se fosse cresciuta a Palazzo Jarjayes non l’avrebbe passata liscia.

“Cosa posso fare per Voi?”

Niente, pensò, non potete fare proprio niente e non avreste dovuto fare proprio niente, solo essere a Versailles al momento giusto, in modo da lasciarmi fare il mio dovere. Dovere che non vi posso spiegare perché dovremmo ammettere qui a quattro occhi che la Regina si incontrava con Fersen di nascosto, e forse si guardavano solo negli occhi, come degli angioletti in un dipinto di Raffaello, con gli uccellini che cinguettavano ed i cori dei cherubini, e forse no, forse lei gemeva sotto le sue dita - io di certo l’ho fatto e me ne vergogno - ma voi siete un modello di decoro ed io sono un modello di lealtà e quindi fingeremo di non sapere nulla di tutto ciò e di tutto quello che ne consegue e questo non ci lascia molto margine per una conversazione significativa su un argomento così ampio ed in fondo così ridicolo come l’amore.

Lo guardò di sottecchi, e poi d’impulso le sfuggì dalla labbra: “Potreste invitarmi a cena.”

Girodelle corrugò la fronte e lei si incupì - il corvo stava per perdere il suo aplomb, giunti al dunque, quindi.
“Vostra figlia ha fame.”borbottò, strofinandosi le tempie con un gesto irritato, “Parleremo dopo averla messa a dormire.”

“E’ anche piuttosto viziata.” aggiunse, mentre lo precedeva verso la porta con passi decisi. E forse, pensò irritata, dovreste pensare ad educare lei e non me.

Come si accomodò sulla sedia alla destra di Girodelle, vide i bambini sobbalzare e fissarla sgomenti. Si accorse solo allora che per lei avevano apparecchiato il posto di sinistra e goffamente si alzò, cercando di non fare rumore, mentre la spada le sbatteva contro gli stivali inzaccherati.

A quel punto notò le sue stesse impronte che dall’ingresso sbiadivano sopra il tappeto e d’istinto cercò nello spazio sopra il camino una rassicurazione. Quello che vide la sorprese - aveva gli occhi pesti ed i capelli erano un groviglio di bronzo, scuro di pioggia. Era lei quella? E da quando?

Si sedette rigida e guardò i suoi commensali, sentendosi fuori posto. Fermarsi in una guinguette prima di entrare a Parigi era stata una pessima idea, ma aveva cavalcato furibonda sotto la pioggia e ad un certo punto non aveva sentito più le briglia sotto le dita irrigidite - aveva dovuto fermarsi e cercare un po’ di calore.

 

La bambina la osservava sospettosa ed Oscar abbassò lo sguardo a disagio.
Era in trappola, pensò di colpo, tra la saccenza del corvo e l’impertinenza della sua prole.
E aveva fatto tutto da sola.

Un valletto le versò la minestra e lei fu felice di avere un motivo per non parlare - quale sarebbe stato l’argomento di conversazione consigliato da Madame de Noailles, in presenza di due bambini? Lei, in fondo, non si era mai seduta al tavolo degli adulti quando aveva la loro età - i bambini, come i cani, in una "magione" non si devono né sentire, né vedere. Specialmente durante una cena.
Con decisione affondò il cucchiaio nel passato denso di verdura, fissando il piatto rabbuiata. Avrebbe ingoiato la rabbia a bocconi.
Fu solo quando si accorse che nella stanza si sentiva solo il tintinnio delle sue posate, in un silenzio raggelante, che si bloccò.

“Noi diciamo una preghiera in silenzio, prima.” la bambina era davvero irritata. Degna figlia di suo padre, pensò. Una piccola civetta, animaletto domestico di qualche vecchia strega.

Girodelle intervenne pacato “Madamigella Oscar, che è nostra ospite, è abituata diversamente.”

Non le sfuggì il piccolo sospiro trattenuto - evidentemente un rimprovero non era gradito alla principessina di casa - ma la bambina la stupì: “Scusate madamigella, sono stata scortese ed una pessima padrona di casa. Prego continuate, pure. Mi fa molto piacere che il nostro cibo Vi piaccia.”

La sorprese più che altro il tono, dispiaciuto senza esagerare.
Il dispiacere non era per lei, se non in modo marginale, lo sapeva, era per suo padre, che non aveva sbattuto i pugni sul tavolo, e non l’aveva picchiata e nemmeno rimproverata aspramente.

Lei da piccola era molto più scontrosa, rifletté, teneva il punto. Il primo passo toccava sempre a… toccava sempre agli altri.

“Scusatemi Voi,” si sorprese a dire, pensandolo, per altro, davvero. Altro non le uscì dalla gola perché faceva male - era tanto che non cenava con qualcuno, chiacchierando del più e del meno, era tanto che non si adeguava ai ritmi di un altro. E anche questo lo aveva scelto lei.

Il valletto si chinò per versarle il vino e lei di scattò coprì con la mano il bicchiere “No grazie,” sussurrò, diretta a tutti e a nessuno.

Guardò la sedia vuota davanti a sé evitando accuratamente lo sguardo di Girodelle - il corvo avrebbe gioito, tronfio come una rana in uno stagno, perché sembrava che stesse seguendo i suoi consigli? Non era così, era solo il pensiero del mal di testa del giorno dopo.
O era solo sollevato perché Madamigella Oscar non avrebbe dato scandalo davanti ai suoi preziosi bambini? Alla civettina imperiosa?
Fissò con ostinazione la sedia - fino a che non comprese che quello, il posto che aveva cercato di occupare sotto gli occhi della bambina, era il posto della sposa di Girodelle.

Una scriteriata, pensò inacidita sentendosi in colpa.
Aveva ancora in mente il giorno del suo fidanzamento - c’erano tutti quelli che contavano in un tripudio di seta ed organza, le due famiglie riunite, la limonata e i regali rigorosamente d’argento massiccio.

Era chiaro che li aveva restituiti e che i suoi le avevano tagliato i fondi e la dote - quello non era un Palazzo, non come Palazzo Jarjayes, ma una casa, un hotel particulier, stretto tra altri hotel particulier in una via di Parigi, nel Marais, che la nobiltà alla moda ormai stava abbandonando. Ne era valsa la pena?
Lo sguardo corse alle pareti di un verde leggermente acido, con poche dorature - indubbiamente elegante, ma, di certo, non sfarzoso.

Solo adesso le riusciva di dare un senso all’abito sobrio che Girodelle aveva indossato quella sera - per lui non c’era stato niente per cui gioire a quella festa. Per il resto era stato un ospite inappuntabile. L'unica sbavatura quel suo sorriso divertito quando lei gli era passata accanto per andarsene, incurante del vistoso imbarazzo di suo padre e di sua madre.

Nessuno sapeva, o aveva intuito, che quella stupida amava Girodelle, che lo amava sul serio - o forse credeva di amarlo e basta: non sarebbe stata la prima e nemmeno l'ultima a confondere i desideri con i sentimenti.
Non era paziente, avrebbe solo dovuto dare un erede al marito, forse anche uno di scorta, e poi avrebbe potuto prendersi il corvo come amante - qualche amica fidata avrebbe portato biglietti a Girodelle sotto la pioggia e magari Girodelle...

Pensò a Fersen e le mancò il fiato. Quando la camicia era finita sul tappeto e lei l’aveva seguita, subito dopo, con la lana che le solleticava le spalle nude, le dita di lui erano risalite dallo sterno alla gola, pazienti, mentre,impazienti, i suoi seni sbocciavano.
Oscar ricordava l’onda lenta del desiderio, i capezzoli induriti, la fame disperata di una carezza sulla pelle, ma lui aveva riso, felice, toccandola con la punta delle dita, su e giù tra la pelle sensibile della gola, indugiando tra i seni, senza mai donarle un piacere che la saziasse, per poi risalire, di nuovo a sfiorare il battito affrettato del suo cuore.
L’aveva fatta morire di desiderio e vergogna, mentre la dichiarava donna. Donna come tutte le altre.

“Vi spiace?”

Oscar fissò lo sguardo sull’uomo - le aveva chiesto qualcosa ma non sapeva cosa, e, onestamente nemmeno le importava: venire a cercare Girodelle era stata una pessima idea, avrebbe solo dovuto aspettarlo al varco a Versailles.

La bambina sospirò, poi disse parlando lentamente: “Oggi avevo la febbre, papà mi ha promesso di leggermi una storia prima di andare a letto… Voleva sapere se Vi spiaceva aspettare.”

Oscar trattenne un sorriso - e così non solo era vecchia e rompiscatole per la piccola, ma pure sorda e dura di comprendonio. Scosse la testa, poi li seguì in un salottino, sedendosi su una poltrona avvolgente, vicino al fuoco.

I tre si accomodarono sul divano, enorme, i piccoli con le gambe incrociate e le testoline sotto le braccia dell’uomo, stretti a lui come se stessero difendendo il loro territorio. Pensò ad altri due ragazzini e il ricordo stranamente non le fece così male come temeva.
Girodelle aveva una voce noiosa decise. Senza accorgersene piano piano si addormentò.

 

Subito dopo era buio. Qualcuno le aveva sfilato gli stivali, pensò confusa, e l’aveva avvolta in almeno due strati di coperte. Sentì i passi dei bambini e capì che erano stati loro a svegliarla

“Per Voi.” La piccola le mostrò con aria complice uno scaldaletto che infilò con destrezza sotto le coperte. “Papà ci ha detto che avete perso qualcuno.”

Oscar la fissò stralunata, puntellandosi su un gomito, ma, prima che potesse lasciar esplodere tutta la sua rabbia verso quel maledetto corvo che credeva di sapere tutto, il bambino le sussurrò “Noi abbiamo perso la mamma.” lasciandola senza parole.

“E’ per quello che siete un po’ strana.” disse la bambina, con una vocetta giudiziosa. Poi le porse una caramella, prima di zampettarsene via.

 

Sapeva di Madame Girodelle, anche se non era andata al suo funerale - il cuore non le reggeva in quei giorni, aveva perso un po’ troppe cose, anche il senso di certi rituali e forse aveva sbagliato.
Si chiese se quella preghiera prima del pasto - era chiaro a chi era diretta - se il Corvo ci credesse davvero, o se era solo una illusione per i bambini, per fargli credere che un giorno le cose perse sarebbero state tutte ritrovate e restituite con sollecitudine al legittimo proprietario.

Il Corvo sbagliava.
E si impicciava di cose che non lo riguardavano affatto.

   
 
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