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Autore: I_love_villains    03/03/2018    1 recensioni
Raccolta di racconti horror. Spero di riuscire a provocarvi qualche brivido.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che i muri hanno le orecchie, i suoi invece avevano gli occhi. Megan li guardò sospettosa, aspettandosi di trovare un foro, una crepa, qualcosa. Gli occhi dilatati e umidi tornarono a fissare ciò che le mani tremanti reggevano. Foto. Foto di lei al lavoro, in macchina, a letto, sotto la doccia.
Si mordicchiò distrattamente un labbro, fino a farlo sanguinare, in preda al terrore. Una mano ravvivò meccanicamente i capelli.
Chi? Chi era potuto entrare liberamente in camera sua chissà quante volte senza che lei se ne accorgesse?
Tornò a passare in rassegna le pareti dell’ingresso: dal soffitto al battiscopa fino all’entrata del soggiorno. Una foto le scivolò dalle mani sudate. Notò allora che sul retro c’era scritto un piccolo commento. Si coprì la bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime, anche se si trattava solo di un Sei bellissima, Megan Hill. Girò le altre immagini, non accorgendosi di emettere piccoli gemiti terrorizzati, come non si era accorta di essere seduta contro la porta d’ingresso da quasi dieci minuti, con ancora cappotto, sciarpa e borsa. Dietro ogni fotografia c’era un breve ma incisivo messaggio: ti amo, sei la mia vita, giuro che ho chiuso gli occhi dietro quella che la raffigurava in accappatoio.
D’un tratto le confortevoli pareti domestiche la oppressero. Le sembrava che si facessero sempre più vicine, comprimendola, schiacciandola, soffocandola ... Il cellulare trillò e lei scattò in piedi con un piccolo urlo. Respirò affannosamente, cercando di controllarsi. Si trattava solo di un messaggio da parte di Camille, la sua migliore amica. La invitava a uno dei suoi soliti appuntamenti al buio. La ragazza era infatti famosa per organizzare incontri amorosi per conto delle sue amiche. Megan rifiutava puntualmente, ma quella sera accettò senza esitazioni, grata di poter uscire dal suo appartamento.
Raccattò in fretta tutte le foto, le rimise nell’anonima busta bianca in cui le aveva trovate e si diresse verso il tritarifiuti. Si bloccò a metà strada fra il soggiorno e la cucina. E se chi aveva scattato le foto fosse nascosto in quella camera, magari con un coltello in mano? O forse era in bagno, o in camera da letto, o ... Non resistendo un attimo di più, la giovane donna lanciò via la busta, che si aprì sparpagliando il suo contenuto, e si precipitò fuori senza neanche premurarsi di chiudere la porta.
Arrivò al ristorante in anticipo. Andò subito in bagno per sciacquarsi il viso e darsi una sistemata, grazie anche al trucco e alla cipria di emergenza che teneva nella borsetta. Si era resa conto di averla ancora con sè solo perché continuava a sbatacchiare contro il suo fianco. La breve passeggiata all’aria fresca era servita a distenderle i nervi. Sicuramente l’allegra compagnia l’avrebbe tirata su di morale. Dopodiché non doveva far altro che andare dalla polizia e raccontare tutto. Che stupida era stata a voler distruggere le foto, l’unica prova che testimoniava la sua storia.
Tornò in sala, si fece indicare il tavolo e si sedette in attesa. Pochi minuti dopo Camille la stringeva in un affettuoso abbraccio, ancora incredula per il fatto che lei avesse accettato.
“Giuro, Megan, ero convinta che volessi restare una zitella per tutta la vita.”
“Zitta, scema” scherzò lei, quasi non credendo possibile che meno di un’ora prima stava impazzendo di paura.
“Conosci già Trevor, il mio boyfriend. Lui invece è Robert, detto Rob, il tuo futuro marito.”
Megan e Rob risero imbarazzati e si scambiarono una stretta di mano. Come previsto la cena fu molto divertente. Si chiacchierò di tutto e di nulla, con molti riferimenti all’attualità e ai conoscenti comuni. Uscirono insieme. Quando Megan si voltò dopo un paio di isolati, si ritrovò sola con Robert. Scosse la testa, pensando che Camille era incorreggibile.
“Sigaretta?” le domandò gentilmente il ragazzo.
“No, grazie, non fumo.”
Iniziò a cadere una leggera pioggerellina.
“Meglio sbrigarci a tornare a casa, tanto sospetto che quei due si saranno imboscati da qualche parte a pomiciare.”
Megan sussultò alla parola casa. Improvvisamente aveva un significato oscuro. Rabbrividì.
“Ehi, tutto bene?” si preoccupò Rob.
“Sì. Sì, sto bene. È solo che ...”
Una sola occhiata negli occhi grigio-blu dell’altro e si ritrovò a raccontargli tutto. Alla fine scoppiò a piangere e Rob la strinse in un goffo abbraccio.
“S- scusa. Ho una p- paura matta a t- tornare a casa. Non puoi c- capire quanto sia ...”
“Tranquilla, andrà tutto bene. Adesso ti accompagno dalla polizia e poi a casa di Camille, mh?”
Megan annuì e riprese fiato. Sorrise per far vedere a Robert che si era calmata.
“Sei proprio un gentleman, Rob. Forse Millie ha ragione. Diventerai mio marito.”
Entrambi risero per scaricare la tensione. Megan aveva appena alzato la testa per stringere un’ultima volta il ragazzo prima di incamminarsi che qualcosa di argenteo balenò nell’aria. Un attimo dopo Robert era a terra: la pugnalata era stata così diretta e precisa che il ragazzo era morto sul colpo. Megan impallidì alla vista del corpo esanime del suo nuovo amico, come se fosse suo il sangue che imporporava il marciapiede. Spostò lentamente la testa e vide che un ragazzo ricambiava il suo sguardo.
Aveva profondi occhi scuri, neri come il cappotto e qualsiasi altro indumento che indossava. L’unica cosa che risaltava da quell’ombra era la faccia pallida. I capelli biondi si erano scuriti a causa della pioggia, ora più consistente.
In quei secondi in cui preda e assassino si fissavano, il raziocinio abbandonò la mente di Megan per far posto all’istinto. Così, appena il biondo accennò un movimento, lei si voltò e corse. Sentì che dietro di lei l’altro cominciava l’inseguimento, ma non si voltò per controllare. Né si fermò quando non udì più rumore di passi. Era sicura che il panico e l’adrenalina ora in circolo le avessero permesso di seminare il suo stalker - era certa che si trattasse di lui- ma avrebbe corso fino al commissariato. Almeno, queste erano le sue intenzioni. Svoltò un vicolo e un paio di robuste braccia la avvinghiarono. Megan urlò mentre cadeva per terra. Una mano le tappò la bocca, impedendole di produrre altri suoni. In breve si trovò inchiodata a terra, con il biondo sopra di lei. Si divincolò in preda al panico, senza ottenere alcun risultato.
“Ciao, Megan. Io sono John, il tuo ex ammiratore segreto” si presentò il ragazzo, il viso a pochi centimetri dal suo.
Megan fissò i suoi occhi scuri, smettendo di mugolare. Forse, se lo ascoltava e accontentava, se la sarebbe cavata ...
“È da una settimana che mi hai attratto, Megan. Sei splendida. I tuoi morbidi capelli neri, i tuoi occhi azzurri, la tua bocca piena ... Ma anche tu non mi meriti.”
La voce assunse un tono deluso.
“Ti ho mandato dei fiori e li hai buttati, ti ho fatto ottenere un aumento e ancora niente ...”
Ogni affermazione alimentava la rabbia di John. Il pugnale accarezzò i vestiti di Megan. Lei piangeva disperata, totalmente in balia di lui.
“E oggi ... io mi dichiaro e tu che fai? Corri fra le braccia di un altro uomo!”
La lama trafisse le carni della ragazza come se fossero burro. Megan urlò e riprese a divincolarsi, aggravando la ferita.
“Mi hai ferito, Megan. Profondamente. Sei un’ingrata!”
Il pugnale risalì fino allo sterno. John lo ritrasse e alzò il braccio.
“Ora ti mostro come mi hai fatto sentire ... più e più volte.”
L’arma calò giù, si rialzò, calò giù nuovamente. Quando il corpo giacque immobile in una pozza di sangue, John si rimise in piedi. Contemplò il cadavere quasi con disgusto. Finora nessuna aveva mai apprezzato le sue premure, ma lui era fiducioso. Prima o poi avrebbe incontrato la ragazza perfetta, l’unica degna di ricevere il suo amore. John si mise il cappuccio, nascose il pugnale in tasca e si incamminò sotto la pioggia, fischiettando.
   
 
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