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Autore: MaryS5    04/03/2018    5 recensioni
“La storia che voglio raccontarvi è dedicata ad una persona speciale che vive sempre nel mio cuore. Vi racconterò i momenti passati insieme; le paure, le gioie, le confessioni sfuggite nel silenzio di un marciapiede, ogni cosa solo per presentarvi la persona più fantastica e speciale che abbia mai conosciuto. Credete che stia esagerando? Che usi parole troppo grandi? Be’ ascoltate la mia storia e giudicate voi stessi”
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlos, James, Kendall, Logan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.




Un forte odore di pioggia si diffondeva per le strade di New York. Aveva appena piovuto e io camminavo a testa bassa ai margini di un marciapiede ascoltando il rumore delle gomme che strisciavano sul cemento bagnato.
Ero stufo di stare in quella città continuamente grigia e bagnata, ma ero costretto. I Big Time Rush erano ancora all’inizio della carriera, avevamo ancora tanta strada da fare, ma prima avremmo dovuto farci conoscere. Così eravamo venuti momentaneamente nella grande mela.
Saremmo dovuti rimanere qualche mese o anno e l’idea non mi allettava per niente, tuttavia l’entusiasmo degli altri mi spingeva a superare la mia negatività e a farcela tutta per realizzare il nostro sogno.

Dopo aver superato un ponte, che si stagliava con tutta la sua maestosità sopra la mia testa, mi diressi verso una fermata dell’autobus per poter tornare finalmente a casa.
Ero appena uscito da scuola, se così si può chiamare, in realtà era uno studio musicale adibito a scuola solo per noi quattro e per qualche altro ragazzino che sperava di diventare una futura pop star. Avevo perso una scommessa con i miei amici. In palio c’era un passaggio da scuola fino a casa, che durava per tutto il tempo in cui saremmo stati lì. Purtroppo i posti erano limitati; una scommessa tra di noi avrebbe deciso chi avesse usufruito della grande comodità e indovinate chi aveva perso?
Non mi importava più di tanto. Mi piace camminare, avrei sgranchito un po’ le gambe, ma la pioggia e l’umidità mi infastidivano parecchio.

Arrivato alla fermata mi appoggiai distrattamente al cartello che indica l’obbligo di fermata del mezzo. Avevo i calzini odiosamente fradici e per non pensarci cominciai ad osservare la vita che scorreva intorno.
Ad aspettare insieme a me c’erano poche persone: un anziano appoggiato al bastone cercava qualcosa nelle tasche, lo guardai finché non scoprii l’oggetto che provava ad afferrare, ovvero un enorme fazzoletto a scacchi con cui si soffiò rumorosamente il naso arrossato. Dietro di me invece c’era una coppia di trentenni che chiacchierava sommessamente. Li guardai ridacchiare abbracciati l’un l’altro, poi spostai l’attenzione su una figura minuta, l’unica seduta sulla panchina umida. Aveva il capo basso, ma non riuscivo a comprendere che cosa stesse facendo.
Mi girai per guardarla, forse un po’ troppo sfacciatamente. Era una ragazza con un elegante cappotto rosso. Capelli color castano chiaro fuoriuscivano dal cappello, abbinato all’indumento, e si poggiavano con grazia sulle spalle. Teneva un quadernino nero, ma non lo stava sfogliando, lo stringeva semplicemente.
La vidi sobbalzare e tremare appena. Mi sorpresi di questo e non distolsi lo sguardo. Sentii un singhiozzo e la vidi passarsi la mano bianca sulle guance. Stava piangendo.
Intenerito e allo stesso tempo sorpreso dalla scena, mi guardai intorno. Possibile che nessuno facesse niente? Le puntai lo sguardo per qualche minuto, poi mi decisi a fare qualcosa. Pensai che se fossi stato io al suo posto avrei gradito una leggera considerazione.
Mi sedetti alla sua sinistra e abbassai un po’ la testa cercando di scorgere la sua espressione. Lei finalmente si accorse della mia presenza e sussultò. Mi squadrò velocemente, in quell’attimo vidi i suoi bellissimi occhi verdi inondati dalle lacrime, ma poi si allontanò alla punta della panchina, che comunque non distava molto da me, e mi guardò con sguardo crucciato.
<< Vuoi prendermi in giro anche tu? >> chiese flebilmente, << Avanti, fa pure! >>. Rimasi sconvolto. Allora era quello il motivo delle sue lacrime.
<< No, no, no, no, ti sbagli, non voglio assolutamente prenderti in giro. Perché dovrei fare una cosa simile? Desideravo soltanto sapere perché stessi piangendo. Tutto qui >>. La ragazza sospirò abbassando ancora lo sguardo << Lascia perdere … sono solo uno stupido sbaglio e non merito l’attenzione di nessuno … >>, << C-come? Perché dici queste cose? >> chiesi avvicinandomi un po’. Lei sembrò intenzionata a rispondere, ma poi scoppiò a piangere con foga. Rimasi stupefatto, immobile a fissarla.
Non so da quale angolo oscuro della mente mi venne quell’assurdo pensiero che mi fece agire, ma senza nemmeno ascoltarlo misi un braccio sulle sue spalle e la abbracciai delicatamente. Non la conoscevo e intuivo appena il motivo delle sue lacrime, tuttavia avevo come la sensazione di conoscerla da tempo, mi sembrava familiare. Ovviamente era la prima volta che la vedevo in vita mia.
Lei non mi spinse via. Rimase accucciata a piangere.

Ad un tratto si avvicinò un uomo trafelato. Aveva la divisa da autista. << Mi dispiace per il disagio signori, ma l’autobus ha una gomma a terra e ci vorrà qualche minuto prima che venga riparato il guasto o sostituito il veicolo >> disse rivolto a noi per poi continuare la sua marcia per chissà dove.
<< Ohhh! Sapevo che fosse stato meglio andare a piedi!! >> si lamentò il vecchietto allontanandosi seccato.
<< Tesoro, mentre aspettiamo che ne dici di entrare in qualche negozio? >> << Sì! Mi conosci così bene! >>, dopo essersi scambiati un veloce bacio la coppia sparì dietro un angolo.
<< Meglio di così non poteva andare! >> sussurrò lei asciugandosi le lacrime. Mi discostai guardandola. << Approfittiamo di questo tempo per dirmi perché piangi, ok? >>. La ragazza sembrò pensarci un attimo, poi alzò le spalle e cominciò. << I miei compagni mi prendono continuamente in giro, sta diventando insostenibile e a casa non va meglio. Sono stufa della mia vita >>, << Mi dispiace tanto >>. Lei mi sorrise. << Sei molto gentile >> constatò. Sorrisi con lei compiaciuto.
<< Io sono Grace >> si presentò porgendomi la mano, << Logan >> dissi stringendogliela.
<< Come mai sei qui? Non ti ho mai visto in questa fermata. Forse … sei solo di passaggio? >> mi domandò, << Veramente la mia casa non è a New York, ma in Texas. Sono venuto qui con la mia band. Stiamo cercando qualche sponsor e nel frattempo ci diamo da fare e ovviamente studiamo >>. << Fantastico! Fai parte di una band! Per quanto rimarrete? >>, << Beh credo un bel po’. Forse un anno o due, ma spero non troppo. Dipende che deciderà il nostro manager >>. << Ohh quindi siete famosi!! >>, << Non proprio, ma qualcuno sa chi siamo >>. Grace scoppiò a ridere e io con lei.
Ero riuscito a farla smettere di piangere e mi stava molto simpatica. Ero orgoglioso del mio operato. << Mi piacerebbe sentire qualche vostra canzone >>, << Se ti va domani porto il mio mp3 e ti faccio ascoltare qualcosa. Ovviamente se sarai qui >> << Certo! Mi renderebbe molto felice. Mi puoi trovare qua tutti i giorni, ma il sabato e la domenica è festivo >> si mise a ridere ancora e io la seguii sollevato. Poi però si rabbuiò subito.
<< Non voglio tornare a casa >> rispose al mio sguardo interrogativo. << Scusami, a te non interesserà niente dei miei problemi, ma io ho così tanto bisogno di confidarmi con qualcuno. Purtroppo nessuno vuole avere a che fare con me >> disse con le lacrime agli occhi. << Racconta pure. Ti puoi fidare di me, sta tranquilla >>, non se lo fece ripetere due volte, mi sorrise e cominciò; << Mio padre è morto quando ero molto piccola, non ricordo quasi niente di lui, ma una cosa che mi ritorna sempre in mente è ciò che pensavo a quel tempo. Ricordo che avevo un grande desiderio di riunirmi a lui, che pensiero infantile, vero? Quando era ancora con noi mi metteva tanta tranquillità ascoltare il suo respiro o la sua voce, ma nonostante fossi ancora una bambina sentivo che avrei dovuto prendermi cura di mia madre. Era così debole. Non ce la fece a resistere, a crescermi da sola, a sostenermi nonostante il dolore. Così si mise con un altro uomo: il mio patrigno. Adesso sta con lui, ma è irruento, si arrabbia per niente e beve, beve moltissimo. Desidero che mia madre la smetta di andargli sempre dietro. È sempre più sciupata, non dorme, non mangia se non glielo dice lui. Sta cominciando anche a non considerarmi più perché lui gli dice di farlo. Il mio patrigno è una specie di psicologo, anche se non è laureato, per farti capire meglio è un mago delle parole. Dice di sapere cos’è giusto fare e incita mia madre a seguirlo per stare bene e per far stare bene anche me. Tuttavia la sta solo distruggendo e io non riesco a farla ragionare. Mi sento sola. >> confessò tutto d’un fiato.
Rimasi senza parole. Non avrei mai potuto credere che una ragazzina, all’apparenza così semplice e dolce, nascondesse tali segreti. << Ma adesso basta parlarne. Mi ha fatto bene, ma ho detto anche troppo. Tu piuttosto, parlami un po’ di te >>, mi incitò con un sorriso un po’ forzato.
<< O-ok … mhh … non c’è molto da dire … ho una sorellina, che si trova in Texas con i miei. Amo gli animali da compagnia, soprattutto i gatti. E ho tre amici fantastici con cui, per il momento, dividiamo l’appartamento … >>, << I membri della tua band? >> << Esatto >> annuii con un sorriso.
Restammo un momento senza dir niente, entrambi troppo occupati ad osservare la strada trafficata. << Credi alla magia? >> disse ad un tratto rompendo il silenzio. << Che intendi dire? >> domandai un po’ perplesso. << La magia … mi riferisco proprio a quella >>, rispose sicura. << Non sei un po’ grande per credere in queste cose? >>, lei scoppiò a ridere di gusto, << Ma non sto parlando della magia che permette di far uscire delle colombe da un cilindro o che fa levitare le persone. Io mi riferisco alla Magia, quella con la M maiuscola, quella che fa muovere il mondo, fa sognare le persone, ti fa vivere … >> lasciò la frase in sospeso immersa in chissà quali pensieri.
Io non avevo la più pallida idea di ciò a cui si stesse riferendo così risposi un po’ titubante per paura di essere preso per uno stupido: << Beh credo di no … >>. Lei mi guardò per pochi secondi e io ebbi l’impressione che con il suo sguardo riuscisse a leggermi l’anima.

<< Qual è il tuo animale preferito in assoluto? >> chiese cambiando improvvisamente discorso. Rimasi un po’ spiazzato. << L-la tigre >> le dissi mentre la osservavo aprire il quadernino nero e impugnare la matita che si trovava tra le pagine.
<< Perché? >> chiese in modo indifferente sfogliando le pagine bianche. << Non lo so… è forte e maestosa, veloce, potente, saggia, bellissima e … c-che stai facendo? >> stava scribacchiando qualcosa, anzi stava disegnando. Cercavo di scorgere qualcosa tra la punta nera della matita e le sue dita sottili. Muoveva la mano destra con delicata precisione, ma anche con velocità. Era molto aggraziata nei movimenti e ciò mi incantava.
<< Ecco! >> esclamò porgendomi il quaderno. << Ma questo è un coniglio! >> mi lamentai deluso.
<< Infatti! >> disse senza scomporsi. << Questo è il mio animale preferito; un po’ simile alla lepre, ma più dolce. Tutti credono che sia solo una preda, un animale troppo delicato e piccolo, ma dentro di lui si cela una potenza e una forza che l’avversario non vede. È saggio. Sa quando fuggire via o affrontare il pericolo. Ha denti e artigli pericolosi se decide di usarli, ma è molto fedele e dolce se decide di voler bene a qualcuno. Per non parlare di quando corre … il vento gli accarezza il pelo mentre le zampe danno una potente spinta al terreno, riesce quasi a volare >>.
La guardai incantato, sembrava quasi appartenere ad un altro mondo. << Vedi? >> avvicinò la pagina bianca su cui risaltava il disegno, piccolo, ma a tratti decisi. Lo guardai concentrandomi in ogni particolare; le zampe morbide, le orecchie lunghe e la codina soffice. Sembrava quasi che si stesse per muovere, o che camminasse, sembrava che corresse, anzi … stava correndo!!
Si muoveva in fretta sulla pagina bianca. Correva come un matto scalciando di gioia di tanto in tanto, poi si avvicinò a me e stirò il musetto in un sorriso socchiudendo gli occhietti neri. Dopo ritornò al suo posto come se non fosse successo niente.
Io rimasi con gli occhi sgranati a fissare il disegno. Il coniglio si era mosso e … mi aveva sorriso. Il disegno di un coniglio mi aveva sorriso?!?
<< C-che è s-successo?! L’hai visto anche tu? >> il suo sguardo divertito mi fece intuire che non ero impazzito.
<< Come hai fatto? >>, la guardavo a bocca aperta cercando di carpirle un’informazione, per capire. << E qui ritorniamo alla magia … >> disse ridacchiando, ma lasciò anche questa frase in sospeso.
<< Dai dimmi come hai fatto! >> la supplicai. << Io no ho fatto niente, è stata la tua magia, che si trova qui … >> e mi sfiorò il lato sinistro del petto << … oppure qui … >> aggiunse indicando la mia fronte << … la magia sei tu, siamo noi è tutto questo. Forse è un po’ difficile da spiegare … vorrà dire che lo capirai da solo. Forse in futuro >>, << Cos… no! Aspetta! Non vale!! >>.
Un autobus che si fermò proprio davanti a noi mi interruppe. << Andiamo? >> << Sì >> risposi ridestandomi.

Mentre salivo su quell’autobus non avevo la più pallida idea che quella figurina fasciata da un cappotto rosso, proprio davanti a me, sarebbe diventata molto importante nella mia vita. Un unico incontro che mi cambiò facendomi crescere e per questo le devo molto.


 
  
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