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Autore: DonutGladiator    04/03/2018    0 recensioni
AUCoinquiliniuniversitari! e una bella festa con troppo alcool in giro.
-Bevi Keith!-
Lance sbucò dal nulla, allungando al ragazzo un bicchierino.
-Lance, dai, basta versare da bere a tutti.- si intromise Shiro, approfittando della situazione per avvicinarsi ai due, togliendo il bicchierino dalle mani di Keith...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Si aspettava di trovare la porta chiusa a chiave, quindi ci mise forse più forza di quanto volesse, entrando nella stanza e richiudendola subito dopo dietro di lui, lasciando che la musica diventasse meno prepotente e asfissiante.
Keith era seduto sul letto, con le gambe incrociate e la bottiglia sospesa a mezz’aria verso le sue labbra, sorpreso dall’ingresso di Shiro.
Al più grande scappò un sospiro di sollievo. Non sapeva perché, ma era convinto che l’altro stesse piangendo per quello che gli aveva detto e se fosse stato così non se lo sarebbe mai perdonato.
-Vattene.-
Shiro sorrise come se lo avesse appena accolto con un abbraccio e sospirò, con la testa che continuava a pulsare fastidiosamente.
Keith si alzò goffamente in piedi, tenendo la bottiglia tra le mani, traballando verso di lui con la solita espressione arrabbiata sul viso.
Quanto era riuscito a mandare giù prima che lo raggiungesse?
La risposta nella sua mente era una sola, troppo ma sapeva anche che stava cadendo nello stesso impasse della discussione di poco prima.
Keith non era un bambino, se voleva bere e sentirsi male poteva farlo e Shiro non era suo padre, quindi non poteva proibirgli di fare niente.
Poteva fare solo una cosa.
-Ti ho detto di andartene Shiro.- sibilò il ragazzo per la seconda volta, guardandolo con gli stessi occhi taglienti che riservava agli avversari durante le partite di calcetto all’università.
-Sai che non me ne andrò.-
La faccia di Keith si fece più rilassata ma sempre irritata dalla presenza dell’altro.
-Non l’hai mai fatto.- disse, la voce sottile che somigliava quasi a un pigolio: -Ci sei sempre stato.- aggiunse, fermandosi davanti a lui e abbassando lo sguardo.
Shiro sapeva perfettamente a cosa si riferisse l’altro ragazzo e un sorriso gentile si affacciò sul suo volto, sperando che potesse raggiungerlo.
E in quel momento capì che doveva scusarsi con lui, perché altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato.
-Keith…- iniziò Shiro, cercando le parole giuste: -Non volevo dirti quelle cose davanti a tutti.- disse, guardandolo negli occhi, trasmettendogli il dispiacere per aver iniziato una scenata davanti ai loro amici.
-Mi consideri solo un bambino in cerca di attenzione…- sussurrò, obbligando Shiro ad avvicinarsi ancora di più, perché il suo tono diventava sempre più basso.
Capire le sue parole era difficile ma il ragazzo tentava di lasciare la musica fuori dalla stanza per comprendere al meglio quanto Keith stava dicendogli.
-No…- tentò di spiegare, portando le braccia sulle spalle di Keith, scuotendolo appena e facendogli un sorriso incoraggiante: -Non avrei dovuto toglierti il bicchiere e intromettermi… o almeno, non in quella maniera. Sono stato impulsivo e invadente.-
Keith non rispose ma la bottiglia gli scappò dalle mani, cadendo sul tappeto con un rumore sordo, senza fortunatamente infrangersi in mille pezzi.
Il più grande la osservò non versare nemmeno una goccia e poi ritornò a guardare l’altro, strinse i denti e capì che forse non era il momento giusto, ma ormai aveva preso coraggio per andare avanti e aggiungere qualcosa che forse avrebbe dovuto dire già da qualche tempo.
-Quando ti ho visto sorridere a Lotor…- si fermò, cercando le parole giuste per fargli capire la situazione. Sapeva che se avesse continuato il discorso avrebbe messo in discussione quella che era la loro amicizia e si sarebbe arrivati a un punto in cui sarebbe o finita o, in un certo senso, cambiata.
-Shiro, io…- sussurrò Keith, portandosi una mano alle labbra e l’altra sul petto di Shiro, stringendo la sua camicia, cercando di spingerlo via, il ragazzo però non rilassò la stretta sulle sue spalle, tenendolo inchiodato sul posto.
-Mentre sorridevi a Lotor, mi sono sentito come se mi stessero derubando di qualcuno. Qualcuno di importante. Io…-
Keith, che aveva tentato di staccarsi da lui un’altra volta senza successo, sussultò e poi abbassò la testa, non riuscendo più a trattenersi, vomitandogli sulle scarpe.
Quando la stretta di Shiro si allentò, gli occhi dell’altro scioccati per quanto appena accaduto, il ragazzo ne approfittò per correre nel bagno che aveva nella stanza, lasciando l’altro pietrificato dalla sorpresa, urlando qualcosa di incomprensibile ma che non suonava particolarmente felice.
Shiro non aveva ancora compreso cosa fosse successo. Stava per dire qualcosa di importante e invece Keith… lui… gli aveva vomitato sulle scarpe.
Quando realizzò quanto accaduto, dovette fuggire dalla stanza e arrivare in fretta all’altro bagno che avevano in casa, fortunatamente libero, per abbassarsi anche lui e vomitare tutto quello che aveva bevuto quella sera, spinto dalla visione dell’altro che lo faceva proprio sulle sue scarpe.
Dopo circa un minuto con la testa abbassata sulla tazza, la rialzò, per poi appoggiarsi al lavandino, guardandosi allo specchio e facendo scorrere l’acqua, pulendosi le labbra.
Si sentiva un cretino per non essersi accorto di niente.
Il respiro era affannato, quasi come se avesse corso, ma dopo essersi svuotato si sentiva decisamente meglio. Abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe di tela e trattenne un altro conato, per poi ributtarsi di nuovo sulla tazza.
Una volta rialzato, tolse le scarpe con un gesto e le abbandonò nella vasca da bagno, sfilandosi anche i calzini. Fece lo stesso con i pantaloni, che mostravano schizzi che non voleva continuare a vedere, recuperandone un altro paio buttati nel cesto dei panni sporchi e poi aprì la porta del bagno, deciso nel portare a termine quella conversazione.
-Shiro, tutto bene?- chiese Matt, che fuori dalla porta aveva atteso che l’altro uscisse e comunicasse qualcosa.
-Scusa Matt, ne parliamo dopo. Puoi far uscire tutti per favore? Sistemerò io domani, ma ho bisogno che tutti se ne vadano e soprattutto, che la musica si fermi.- disse, ormai esausto da tutto quel trambusto che gli martellava nel cervello.
-Sì, non c’è problema.-
Shiro lo ringraziò chiedendo di scusarsi e di salutare tutti quanti, poi tornò nuovamente nella stanza di Keith, entrando ancora una volta senza bussare.
-VATTENE!- sentì urlare l’altro dal bagno, ma anche quella volta, non lo fece.
-Sono io.- era forse un’informazione superflua.
-Shiro ti prego. Vai via.-
Il più grande abbassò la maniglia, trovando però la porta bloccata, dato che non voleva insistere per farsi aprire e magari stare male di nuovo, decise di aspettare che fosse l’altro a uscire.
Recuperò la bottiglia a terra e la rialzò, poi, disgustato ma riuscendo a trattenersi, prese il tappeto dove Keith aveva vomitato oltre che su i suoi vestiti e lo appallottolò con un gesto, per poi aprire la finestra che dava sul piccolo balconcino comunicante con quello della cucina e buttarlo fuori dalla camera, sperando che il giorno dopo si sarebbe ricordato di buttarlo definitivamente.
Chiuse a chiave la porta della stanza e poi si sedette sul letto di Keith, aspettando che uscisse o gli permettesse di entrare. Nel frattempo la musica si era spenta e anche le voci degli ospiti diventavano man mano sempre più flebili.
Avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni la mattina dopo e fare le sue scuse a più di qualcuno, ma non era la situazione adatta per pensare a quelle cose. Voleva concentrarsi solo su Keith, capire come stava e se poteva, terminare quanto aveva iniziato a dire poco prima.
La porta scattò e poi si aprì poco dopo, facendo spuntare la figura del giovane, ancora più pallido del solito, una mano ancora vicino alle labbra e la faccia sconvolta.
-Ti avevo detto di andartene.-
Shiro sorrise: -Come hai detto anche tu, non l’ho mai fatto.-
Keith si sedette sul letto accanto a lui, le mani a stringere la coperta e lo sguardo che non riusciva a trovare un punto preciso dove sostare, nervoso.
Passarono circa cinque minuti in cui nessuno dei due disse niente.
-Mi dispiace per aver vomitato sulle tue scarpe.- sussurrò Keith.
-Che schifo.- rispose seccamente Shiro, ridacchiando e notando che le guance dell’altro s’imporporavano: -Non me l’aspettavo, stavo facendo un discorso così serio.-
-Io ho cercato di avvisarti, ma sei tu che non volevi lasciarmi andare.- ribatté il ragazzo seccato per quella risata.
Shiro rise un’altra volta e poi incontrò il suo sguardo, raggiungendo una delle sue mani, fermandosi a pochi centimetri, non osando andare oltre e stringerla: -Mi dispiace di non essermene accorto.-
Il silenziò scese di nuovo tra i due.
-Vederti con Lotor mi ha dato fastidio.- fu Shiro a interrompere quella volta il silenzio per primo.
Keith non rispose, ma l’altro riuscì a vederlo mordersi il labbro inferiore, come di solito faceva quando era nervoso.
Il più grande decise di ignorare quanto la sua mente razionale gli stava dicendo, di fermarsi ora che era ancora in tempo cioè e continuò a parlare, ormai deciso a non avere alcun rimpianto.
-Vedere che gli sorridevi, mi ha dato fastidio. Capire che eravate così in confidenza…- sospirò e si passò una mano tra i capelli corti, per poi guardarlo ancora: -Mi sono sentito geloso, come se mi stessero portando via qualcuno di veramente prezioso.-
-Sei ubriaco.- soffiò il ragazzo, deciso a non credere alla serietà di quelle parole, prendendo la via più facile. Shiro si voltò verso di lui, cercando il suo sguardo, allungando la propria mano e stringendo quella dell’altro.
-Non sono mai stato più serio di ora.-
Keith si alzò in piedi: -Come posso prenderti sul serio dopo tutto quello che hai bevuto?- era spaventato, Shiro lo capiva anche troppo bene, ma non gli avrebbe permesso di ignorare tutto quanto e liquidarlo come le parole di un ubriaco.
Il più grande si alzò in piedi e gli prese una mano, facendolo voltare verso di lui, attirandolo verso di sé mentre raggiungeva il suo viso.
Appoggiò appena le sue labbra su quelle dell’altro, non cercò un contatto più profondo ma si fermò nello sfiorarle, come se avesse paura di esagerare di nuovo e lasciarselo scappare dalle dita. Sperando che capisse quanto voleva dirgli.
Le ciglia di Keith si abbassarono per poi rialzarsi e guardare l’altro, stupito.
-Mi piaci Keith. Non so più come fartelo capire.- sussurrò Shiro a un soffio da quelle labbra che aveva appena assaporato. Non era la situazione migliore in cui avrebbe voluto dichiararsi all’altro, Keith aveva ragione, erano entrambi probabilmente ubriachi ed entrambi avevano vomitato più di quanto avevano bevuto.
Il martellare nella testa di Shiro, così come ogni altro suono nella stanza e fuori, si era interrotto. L’unico suono rimasto erano i loro respiri.
Keith aprì la bocca, gli occhi sgranati a quelle parole così dirette e le guance di nuovo imporporate.
-Io… non credevo che. Pensavo di aver immaginato tutto, quindi anche quando... quella volta stavi fingendo?-
Shiro rise ancora nel ricordare l’aneddoto a quale si riferiva e Keith arrossì probabilmente ancora di più. Il più giovane amava quella sua risata, non avrebbe mai smesso di ascoltarla se avesse potuto.
-Mi dispiace. Io pensavo di essere stato fin troppo ovvio.-
-Beh, non lo sei stato!- esclamò, di nuovo infastidito ma facendo spuntare un sorriso sul suo viso.
-Rimedierò…-
-Farai meglio a farlo.- sussurrò, alzando le punte dei piedi e avvicinandosi di nuovo a lui, strofinando la punta del naso su quello dell’altro: -Perché non ti dirò che mi piaci finché non ti sarai fatto perdonare.-
Shiro rise di nuovo a quelle parole.
-Mi hai vomitato sulle scarpe.- disse tra le risate.
-Quello non conta.-
-Invece sì, ricorderò questa serata come quella in cui hai vomitato sulle mie scarpe…- il suo volto si illuminò in un nuovo sorriso:-… e in cui mi hai anche reso un uomo molto felice.- dicendo queste ultime parole, anche sulle sue guance si accese un lieve rossore.
Keith sorrise e abbassò lo sguardo, imbarazzato dalle sue parole. Era vero che si era abituato a Shiro e a quelle espressioni a volte un po’ troppo dolci, ma sentirgliele dire in quel momento era completamente diverso rispetto al solito.
Era un affetto diverso quello che gli stava mostrando.
-Un po’ un controsenso.- sorrise di nuovo e rialzò lo sguardo a specchiarsi negli occhi grigi del ragazzo, divertito nonostante l’imbarazzo.
-Mi piacciono le cose complicate, come hai potuto notare.- soffiò il più grande sulle sue labbra.
-Ah sì? Sai, non me n’ero accorto.- disse sarcastico il giovane, chiudendo la distanza tra loro.

 

Note:
Grazie per aver letto fino a qui! Ho aggiornato la storia rendendola un po' più scorrevole e lunga rispetto la precedente, sperando di aver corretto tutte le sviste della prima versione. Spero di riuscire a scrivere ancora di questi due adorabili esserini in questa AU!

 
   
 
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