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Autore: Arya Tata Montrose    08/03/2018    3 recensioni
Fino a quel momento era stata una giornata normalissima, a tratti noiosa. Le nuvole avevano oscurato il cielo, preannunciando uno di quei rapidi, violenti acquazzoni estivi, ed il placido odore che annunciava la pioggia filtrava attraverso la finestra aperta. [...] Per quel che lo riguardava, in quel momento c’era solo silenzio ed il fragore della sua mente in tumulto;
***
Qualche giorno dopo la rimpatriata della sezione A (più qualche ospite), Bakugou ed Uraraka sono ancora a Tokyo a trascorrere le loro vacanze. Lei è uscita, e Bakugou si trova solo con la pioggia ed i pensieri che trascina.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per partecipare ad un evento di Fanwriter.it ma finita in ritardo.
Così, ho deciso che possa valere come contributo alla Kacchako Week di quest'anno,
sulla base del prompt Rainy Days (come se non si fosse capito).

Enjoy!


 


Brought by rain
 

 

Fino a quel momento era stata una giornata normalissima, a tratti noiosa. Le nuvole avevano oscurato il cielo, preannunciando uno di quei rapidi, violenti acquazzoni estivi, ed il placido odore che annunciava la pioggia filtrava attraverso la finestra aperta.  L’intera casa risuonava di silenzio, nonostante la voce doppiata di Neil DeGrasse Tyson s’irradiasse dal televisore del tutto ignorata. Per quel che lo riguardava, in quel momento c’era solo silenzio ed il fragore della sua mente in tumulto.

Si era alzato dal divano con il solo proposito di chiudere la finestra ed era rimasto ad osservare il cielo grigio oltre il vetro. Un solo pensiero, un attimo, e dopo la prima goccia mille altre avevano cominciato a cadere come una cascata in pezzi. C’era stato qualcosa che aveva fatto riaffiorare un ricordo, uno di quelli che avrebbe volentieri seppellito nella più profonda delle fosse.

«Ma chi te l’ha fatto fare?»

Oh, poteva sentirle, tutte quelle lingue biforcute che le chiedevano come potesse una come lei stare con uno come lui e che, alle loro spalle, commentavano con la falsa indignazione di chi parla per dar fiato alla bocca che l’ha rovinata, povera ragazza. Chi gliel’ha fatto fare?

Katsuki aveva sempre fatto convenientemente orecchie da mercante, ignorando il veleno che gli scorreva addosso, che ristagnava attorno a lui e che in momenti come quello, dove il silenzio faceva più rumore che la pioggia battente, lo aggrediva con i suoi fumi. Ed in quei momenti quella stessa paura che aveva fomentato la sua rabbia da ragazzino gli insinuava il dubbio, sussurrandogli all’orecchio quelle stesse domande.

Chi gliel’ha fatto fare, eh, di stare con un bastardo come te? Uno che è buono solo ad urlare e combattere, uno che distrugge ogni cosa buona che tocca?

Era come un piccolo mostriciattolo sulla sua spalla, quella piccola voce che lo assillava con la pioggia. Per un attimo tacque e si domandò se lei fosse all’asciutto.

Oh, sì, perché se n’è andata con le sue amiche. Sicuramente le staranno chiedendo come fa a sopportarti, o se soffre della sindrome di Stoccolma. Avanti, menti e negalo.

Sapeva benissimo che Yaoyorozu, Ashido, Asui e Jirou lo conoscevano e che non avrebbero mai detto niente del genere. Ma loro pensavano che lei fosse innamorata di Midoriya, o no? Idiota

Grugnì, infastidito da quei pensieri che spesso era la pioggia a portare. Le parole si mischiavano con il fruscio del vento, con il fragore del temporale che infuriava nel cielo e nella sua testa, rendendo il tutto un unico, disarmante bisbiglio. Odiava quella frase, ma era vero. Tutti lo pensavano e tutti l’avevano detto, almeno una volta. Forse, e solo forse, l’unica nota fuori da quella sequenza di suoni tutti uguali era stata Asui, che non aveva mai detto nulla e basta. E ciò non esclude che l’abbia pensato.

Ben presto sentì la rabbia montare. Lei poteva avere quell’idiota di Deku, il fottuto eroe numero uno, quello buono, quello gentile, schifosamente dolce e generoso. Poteva avere il principe azzurro di ‘sto cazzo, con cavallo bianco e tutte quelle stronzate annesse e connesse. Poteva essere considerata alla stregua della regina degli eroi, accanto a Deku, il re erede del simbolo della pace.

«Già… perché sta con me, allora?»

Se la voce avesse dato forma al pensiero, non gli fu mai dato di saperlo, oscurato come fu dallo scatto del chiavistello e dal leggero cigolio della vecchia porta dell’appartamento sui cardini che nessuno si era mai premurato di oliare un po’.

«Ciao Katsuki!» Allegra come sempre, era entrata in fretta ed aveva richiuso la porta dietro di sé, togliendosi le scarpe e zampettando allegra verso di lui. Lo abbracciò, strusciando la guancia sulla sua schiena. Attraverso la maglia leggera, Katsuki poteva sentire la sua pelle raffreddata dal contatto con l’aria tiepida e la maglia leggermente umida.

«Sei sempre una stufa» commentò, il sorriso che si sentiva vibrare nella voce.

«E tu sei gelata, cazzo. Dovevi portarti l’ombrello» La sentì fare spallucce e stringere ancora un po’ l’abbraccio. «Cretina»

Ochako, in risposta, ridacchiò un po’ ed indugiò in quel contatto ancora qualche secondo, prima di arrendersi e liberarlo dalla stretta con un profondo sospiro. «La pioggia mi ha presa di sorpresa. Come quella volta, ricordi?» Il suo tono si era fatto dolce, soffice, permeato di una nostalgia serena, un ricordo felice. Non ci fu bisogno di specificare a cosa Ochako si riferisse, l’immagine di loro due che correvano sotto la pioggia gli tornò in mente vivida come se l’avesse appena vissuta e avesse ancora la pelle bagnata da quel temporale. Katsuki annuì, mentre l’ombra di un sorriso si faceva strada sulle sue labbra.

«Me lo fai un tè?» Quella semplice richiesta ruppe il nuovo silenzio, Non attese risposta e, girati i tacchi, sculettò allegramente verso la camera da letto, stretta nei suoi pantaloncini rosa preferiti ed una maglietta azzurra che poteva essere considerata trasparente.

Katsuki la osservò sparire oltre lo stipite e si avviò a sua volta nel cucinotto open space. «Che stronza»

 

Una volta tornata si era appoggiata sul bancone, osservandolo versare i tè nelle loro due tazze con un luccichio negli occhi che lo faceva sciogliere ogni volta. Dannata strega. L’aveva riempito di zucchero.

«Che hai da guardare?»

«Niente», trillò Ochako.

Prese la sua tazza e si alzò, facendo rotta verso il divano e piantandosi lì, in attesa che la raggiungesse. Katsuki, invece, si era fermato ad osservare quello che la ragazza aveva indosso.

«È la mia felpa, quella?» Domanda retorica, visto che era nera, con il teschio di The Punisher che spiccava in bianco e, ultimo ma non meno importante, era grande due volte lei.

Ochako ridacchiò, mentre si sistemava addosso a lui e tirava una coperta addosso ad entrambi, come se fosse pieno inverno.

«Stavi guardando Cosmos

«Più o meno»

«Mh» Prese un sorso dal suo tè e gli si sistemò meglio addosso. Fece ripartire la puntata e rimasero in silenzio ad ascoltarla.

Di nuovo, Katsuki non ascoltò una singola parola di quello che stava spiegando Neil, troppo preso a fissare fuori della finestra, chiedendosi ancora una volta perché diavolo quella faccetta d’angelo avesse scelto una testa di cazzo come lui. Non ne aveva nessun valido motivo. ma lei una volta gli aveva detto che lui era il suo mondo, un sussurro tiepido in una notte d’inverno.

Si sentì una mano fredda sulla guancia, i polpastrelli in rilievo che sembravano i cuscinetti di un micio. «Katsuki?»

La sigla di Cosmos si fece di nuovo strada nelle sue orecchie, mentre abbassava lo sguardo per osservarla in volto. «Mh?»

Ochako si sollevò un poco, scoccandogli un veloce bacio sulle labbra che lo colse del tutto di sorpresa, così come il sorriso che ne seguì. «Lo so che te l’ho già detto e che detesti queste cose sdolcinate, ma io sono in vena: sei il mio mondo. Ti amo».

Sentiva il cielo tuonare, come lontano, come se loro due fossero in una dimensione differente dove non pioveva mai, mentre il peso di quel mostriciattolo si faceva inconsistente. Oh, sì, lei avrebbe decisamente potuto avere qualsiasi cosa avesse voluto, il meglio per se stessa. Ma nei suoi occhi vedeva come per lei, nonostante tutto, il meglio fosse lui, pregi e difetti. Non aveva bisogno di un motivo per amarlo, non doveva spiegazioni a nessuno  — che andassero tutti a farsi fottere. Lui era il suo mondo, aveva detto, e Katsuki, in quel momento, si sentiva come attratto da una forza invisibile, come la gravità che lega le stelle di un sistema binario.

Sollevò l’angolo della bocca in un mezzo sorriso, prima che si chinasse quel poco che bastava a colmare di nuovo la distanza tra le loro labbra.

Quella stessa pioggia che l’aveva tormentato quel pomeriggio anni prima li aveva uniti, era stata la forza che li aveva fatti avvicinare, che aveva intersecato le loro orbite. La gravità aveva fatto il resto.


 


Noticine autrice:

Buon salve a tutti voi! 

Torno dopo tanto tempo con una Kacchako che non so esattamente come possa essermi riuscita. Vi prego, ditemi se è OOC e perdonatemi. 
Anyway, è ambientata qualche giorno dopo Corde sulla sabbia. In questa serie di storie, io vedo sempre un Katsuki più maturo (anche perchè è una serie ambientata sostanzialmente nel futuro) e dunque un po' più propenso a delle riflessioni su certi aspetti di sè stesso che generalmente ora maschera con la rabbia. Devo ammettere che amo scrivere di questo Katsuki, mi fa apprezzare ancora di più il suo personaggio. Spero che questa mia interpretazione possa farlo apprezzare anche a voi che mi leggete!

In conclusione, voglio fare i miei ringraziamenti alla sempre presente NanaLuna, che mi ha aiutato sia per la stesura della trama che per il beating, dato che questo è un periodo particolarmente no per me.
Aspettatevi, comunque, tra qualche giorno, un'altra aggiunta alla serie, sta volta che tratta di Kaminari e Jirou.

A presto,
Tata

   
 
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