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Autore: Flaesice    08/03/2018    2 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Buonasera a tutti, non so da quanto tempo è che non scrivo qualcosa all'inizio di un capitolo. Nelle prime storie che ho scritto (anni fa ormai) ero solita "chiacchierare" coi lettori prima di pubblicare, poi tante cose della mia vita sono cambiate - io sono cambiata - e così mi sono ritrovata a pubblicare questa storia solo perché l'avevo iniziata ed era giusto per chi la stesse leggendo che io la portassi a compimento. Questa storia non ha mai riscosso molto successo, o forse semplicemente viene letta ma poco commentata, in ogni caso io mi sono resa conto di amare ancora tanto questi personaggi e di emozionarmi quando scrivo di loro. Per questo motivo stasera ho deciso di parlare con voi, i miei lettori, sperando di riuscire a trasmettervi le stesse emozioni che provo io. Siamo arrivati ad un punto cruciale della storia, questo sarà l'inizio o la fine definitiva di tutto. Vi auguro una buona lettura e se vi fa piacere fatemi sapere cosa ne pensate di Penny e Nate.

Capitolo XXV
«Scusa, non volevo spaventarti»
Avanzò verso di me con passo rigido, le labbra tese in una linea dura, le deboli luci della saletta che fungeva da anticamera per i bagni marcavano i lineamenti spigolosi del suo viso donandogli un’aria quasi cattiva.
«Non preoccuparti, è che credevo di essere sola quindi…» lasciai la frase in sospeso, troppo occupata ad osservarlo «Come mai non sei con gli altri?» domandai curiosa.
«E tu?» chiese lui, prendendomi in contropiede.
Sentii il mio corpo irrigidirsi, la punta delle dita iniziò a pizzicarmi ed il palmo sudato per poco non mi fece perdere la presa sulla pochette. Mi sentivo agitata ed estremamente vulnerabile al solo pensiero di essere in un ambiente chiuso, sola con lui.
«Ho conosciuto Blake»
Elusi la sua domanda, sperando di spostare l’argomento altrove e di recuperare un minimo di vantaggio.
La sua mascella si contrasse, come in un moto nervoso, ma per il resto restò perfettamente immobile; limitandosi ad osservarmi senza muovere un muscolo, se non fosse stato per il respiro che gli faceva gonfiare e sgonfiare ritmicamente il petto sarebbe sembrato una statua di marmo.
«Ho bisogno di parlarti» disse ignorando il mio tentativo di metterlo in difficoltà.
«Adesso?» chiesi confusa «Nathan non mi sembra il momento…»
«Perché no?» domandò interrompendomi.
«Beh perché…» mi strinsi nelle spalle come se la risposta fosse ovvia «Siamo ad una festa, di là c’è della gente che…»
«Nessuno si accorgerà della nostra assenza»
«Tu credi?» chiesi retorica «Io invece dico che Jamie già se n’è accorto e presto verrà a cercarmi» la tensione che avvertivo si riversava nella voce al punto di farmi dire cose senza senso.
“Come mi è venuto in mente di tirare Jamie in ballo se non è nemmeno nella mia stessa sala?” mi chiesi afflitta, anelando disperatamente un pizzico di quella scaltrezza che un tempo mi contraddistingueva e che adesso sembrava avermi abbandonata.
Mi sorrise beffardo avvicinandosi appena.
«Jamie non sa nemmeno che sei qui, si sta tanto divertendo con Marc e Thomas sai?»
Divertendo? Lo guardai di sbieco soffocando una risata nervosa, se il suo era un tentativo di farmi ingelosire cascava decisamente male.
«E poi il tuo ragazzo non può essere geloso di me» proseguì «Sono solo un amico» disse con un pizzico di velenosa ironia.
«Piantala Nathan, Jamie non è il mio ragazzo»
«Oh scusa, dimenticavo che tu non vuoi legami sentimentali» disse alzando le mani come per pararsi da un colpo invisibile «Mi correggo. Il ragazzo che ti scopi non può essere geloso del ragazzo che ti scopavi» mi sorrise ma era palese che non fosse affatto divertito.
Nonostante le sue parole fossero dure non persi la calma, era chiaro come il sole quanto si sentisse ferito e non stava facendo altro che cercare di vendicarsi, ferirmi e magari umiliarmi. Non potevo biasimarlo, comprendevo la sua rabbia, così gli risposi pacata anche se dalle mie parole trapelava un pizzico di esasperazione.
«Lui è gay, Nate»
La gettai lì con finta noncuranza e non potei evitare di notare la sua espressione di sorpresa mista a qualcosa che sembrava… sollievo?
La fronte che per tutto il tempo era stata aggrottata si distese appena, anche se la mascella restava contratta in una smorfia dura.
Dato che non si decideva a dire qualcosa, cominciai io.
«Nate io… capisco che tu possa avercela con me, è lecito ma…»
«Certo che è lecito» mi interruppe per la millesima volta e data la situazione glielo lasciai fare «Cristo Penny tu…»
Vidi la sua mano stringersi in un pugno, premuta saldamente contro il fianco fino a farne diventare le nocche bianche, capii che era arrivato il momento della verità, del confronto al quale non potevo sottrarmi.
«Tu… sei andata via, mi hai lasciato qui come un completo idiota fregandotene di quello che provavo»
Le ultime parole mi colpirono più di tutti i peggiori insulti che potesse rivolgermi, accusarmi di essermene fregata di lui come se per me non contasse nulla fu un vero colpo al cuore, lo stomaco si strinse in una morsa dolorosa.
Come potevo biasimarlo se pensava questo di me? Come potevo fargli cambiare idea, e soprattutto, per quale motivo avrei dovuto provare a fargliela cambiare?
«Non è così Nathan, sapevi esattamente quali erano i miei problemi, io… mi sono aperta a te come a nessun altro mai e tu non puoi venire qui a dirmi che di te non mi importa nulla»
«Perché non è la verità?» mi rinfacciò duro «Perché se non è così il tuo è un bel modo del cazzo di dimostrare interesse» la sua voce era quasi un ringhio rabbioso.
Lo comprendevo, ma non potevo sostenere oltre la tensione. Dopotutto andando via avevo fatto del male soprattutto a me stessa, e stavo lavorando tanto per cercare di risolvere i miei problemi. Lui invece, cosa aveva fatto se non mettersi con una figa da paura alla prima occasione? Esplosi.
«Cazzo Nathan, io con te sono stata chiara»
Gli urlai contro furibonda, aiutata anche dai fumi dell’alcool che mi conferivano un’aria più spavalda.
«Chiara, eh? Abbiamo un modo un po’ diverso di vedere la trasparenza Penny. Tu mi hai preso in giro per settimane, ti sei aperta con me soltanto quando ti sei sentita alle strette. La sera prima che partissi tra l’altro»
Scosse la testa sorridendo nervosamente. Sapevo di aver sbagliato e di aver ferito i suoi sentimenti, ma ero sempre stata abituata a rapportarmi con gli uomini senza coinvolgimenti sentimentali e quello che avevo provato per Nathan mi aveva reso completamente priva di ragione, per la prima volta in vita mia non ero stata in grado di condurre il gioco.
Iniziai a sentire le mie gambe nude come raggelate, paralizzate a causa della tensione. «Di questo ne abbiamo già parlato a suo tempo, sapevi che dovevo andar via per ritrovare me stessa»
«Certo che lo sapevo, ma ti ho anche implorato di non farlo. Ero disposto ad aiutarti a superare tutto, ti avrei dato i tuoi spazi» si passò nervosamente una mano tra i capelli ansimando appena «Ma tu no, sei una fottuta cocciuta e non ci hai pensato su due volte a sacrificare la nostra storia» si fermò un istante e sbottò in una fragorosa risata mentre osservavo perplessa i suoi repentini cambi d’umore «Storia? Perdonami per quel che dico. Forse è meglio dire che non ci hai pensato su due volte a sacrificare le nostre magnifiche scopate, va meglio così per te?»
Una rabbia furibonda mi offuscò la vista, ci mancò poco che gli tirassi uno schiaffo in pieno viso e fui grata che fossimo lontano dagli altri, in un luogo dove le nostre urla non avrebbero attirato l’attenzione di nessuno. Per anni non mi ero mai interessata al giudizio altrui, avrebbero potuto pensare qualunque cosa su di me tanto mi sarebbe scivolato addosso senza problemi. Ma adesso no, non era più così. Quello che Nathan pensava di me era importante, perché lui­ era importante.
«Oh ma certo» mi limitai invece a dire scuotendo la testa «Dimenticavo che io sono la troia che si è approfittata del tuo amore, quella arida e senza sentimenti. Eppure, a otto mesi di distanza non sono io quella che ha una storia con un altro» sputai velenosa, guardandolo con occhi di puro odio, riversando tutto il mio dolore represso verso di lui «Tu sei innocente vero? Tu che millantavi così tanto il tuo amore, tu che sei tanto migliore di me, dimmi un po’ che fine ha fatto la tua promessa?» vidi il suo sguardo confuso e continuai «“Ti aspetterò Penny, per tutto il tempo che sarà necessario”» feci scimmiottando la sua voce «Cosa ne è stato di quelle parole, le ha portate via il vento?»
Gli urlai contro, la voce incrinata dal nodo alla gola creato dalle lacrime che mi rifiutavo di versare.
Il suo volto perse un po’ di colore, i suoi occhi ardevano ma avevano perso la durezza di poco prima. Una smorfia gli si dipinse sul viso, come se il solo respirare gli procurasse un forte dolore.
«Non puoi dirmi questo, Penny. Non a me»
Abbassò lo sguardo e scosse la testa, la sua voce adesso era un sussurro come se non credesse alle sue stesse parole e a quello che stava accadendo. Ci stavamo ferendo a vicenda e dopo ogni accusa, ogni parola tirata fuori con rancore, eravamo sempre più deboli, la rabbia stava lasciando il posto ad un’immensa tristezza.
«Perché non posso Nathan? Non… non è la verità?»
La mia era quasi una preghiera, desideravo soltanto che mi dicesse che mi stavo sbagliando e che lui mi amava ancora e che forse per noi ci sarebbe stata ancora una speranza, ma questa era soltanto un’illusione.
«No, non lo è» disse puntando lo sguardo nel mio, sicuro di sé «Mi avevi chiesto di lasciarti andare e l’ho fatto, eccome se l’ho fatto… ma solo perché pensavo che stare un po’ da sola ti avrebbe aiutato a schiarire le idee per farti tornare da me. Ti ho aspettata i primi mesi, ma sai cosa significa vivere ogni giorno ed ogni notte nella speranza e nell’attesa di una telefonata, un messaggio o qualsiasi altro cenno che mi facesse capire che tu mi pensavi, che ti mancavo?» si fermò un istante, furente.
Il mio respiro era agitato, mi sentivo come se uno squarcio nel petto mi impedisse di prendere aria a sufficienza.
Se lo sapevo? Pensai amaramente tra me. Certo che lo sapevo, avevo vissuto un’intera vita nell’attesa che mi venisse dimostrato un po’ di affetto, nella speranza che qualcuno mi tirasse fuori dal buio facendomi capire che l’amore era tutt’altro che sofferenza. Nathan c’era riuscito, senza che nemmeno me ne rendessi conto. Ma il suo amore era arrivato troppo forte ed improvviso, come l’onda di un inaspettato tsunami che ti travolge e distrugge costringendoti a ripartire da zero. Il suo amore mi aveva colta impreparata, ed accidenti a me proprio non ero riuscita a gestirlo.
«Mi mancavi. Volevo rivedere il tuo sorriso, sognavo le tue labbra, il tuo corpo stretto contro il mio, è stato un inferno» continuò poco più calmo.
Mi morsi le labbra con rabbia, sentirlo parlare della sofferenza che gli avevo inflitto e che mi ero auto imposta non faceva altro che aumentare l’odio che nutrivo verso me stessa, verso la mia infanzia traumatica e l’adolescenza difficile che avevo vissuto.
«E tu… credi lo sia stato solo per te?» gli domandai «Per me credi sia stato facile?»
«Sei tu che mi hai totalmente cancellato dalla tua vita» mi accusò.
«Non è vero. Avevo bisogno di tagliare un po’ i ponti Nathan, te l’ho già detto» provai a difendermi per quel che potevo, non credendoci realmente nemmeno io.
«Queste sono scuse, Penny. Non lo capisci?» la sua voce riprese vigore «Tu non hai dato un taglio alla tua vita, tu hai tagliato fuori me» disse severo.
Sussultai per la crudezza delle sue parole che contribuiva ad alimentare ed accrescere i sensi di colpa che da sempre sembravano essere il mio pane quotidiano.
«Così sei ingiusto»
Sospirai forte, afflitta dalla consapevolezza che per quanto volessi convincermi del contrario sapevo perfettamente che la colpa di tutto quello che stava accadendo era soltanto mia.
«No, non lo sono. Hai continuato a sentire tutti: Tanya, Beth e Tom, persino mia sorella» mi inchiodò coi suoi occhi di smeraldo «E’ con me che hai chiuso»
«Forse perché sei stato l’unico in tutta la mia vita a farmi sentire…»
«Amata, forse?»  mi fece notare ironico.
«VULNERABILE» gridai allo stremo delle forze, il corpo in preda ai tremori.
Indietreggiò appena, come se la mia risposta fosse l’ultima cosa che si aspettasse di sentire, come se dalla mia voce si fosse sprigionata tutta la forza che avevo in corpo e questa l’avesse colpito.
Aveva le labbra semi aperte ed alcune ciocche di capelli gli ricadevano sul viso straziato, sembrava un angelo vendicatore accorso per essere la mia salvezza e la mia condanna allo stesso tempo.
«Quindi tu…» si fermò puntando i suoi occhi lucidi nei miei «…mi stai dicendo che è colpa mia se sei andata via? Perché io ti rendevo… vulnerabile?»
«No Nathan»
Mi avvicinai appena, desideravo così tanto abbracciarlo, toccarlo, e far sparire quell’espressione sconvolta dal suo volto. Avrei voluto lenire tutte le sue ferite e nel farlo avrei curato anche le mie.
«Ti sto dicendo che sei il primo uomo che è riuscito ad entrarmi nel profondo. L’unico che mi ha fatta sentire amata e l’unico di cui mi sia mai innamorata davvero» Inalai una grossa boccata d’aria, necessaria per proseguire.
«Non credevo nell’amore, non concepivo l’idea che la mia felicità potesse dipendere da quella di qualcun altro. L’idea di fidarmi ciecamente di qualcuno e lasciarmi andare mi terrorizzava, ho sempre avvertito il bisogno di avere il controllo su tutto e…» sospirai passandomi una mano tra i capelli, mi poggiai con le spalle contro il muro freddo provando uno spiacevole brivido lungo la schiena «Dio, magari non ci crederai a quello che sto per dire, ma con te, stretta tra le tue braccia mentre facevamo l’amore, io mi sentivo realmente protetta e mi abbandonavo al tuo volere» confessai, agitata ma sincera «Non potevo restare, avevo paura di quello che provavo e dovevo prima imparare a gestire la situazione senza sentirmi schiacciata dal peso delle emozioni, se davvero volevo sperare di avere una storia con te»
Ecco, l’avevo detto. Era fatta.
«Non credi che la mia vicinanza avrebbe potuto aiutarti a superare le tue paure?» chiese avvicinandosi cauto, dopo qualche minuto di silenzio presosi per assimilare le mie ultime parole.
«Sì Nathan, ed è proprio questo il punto. Se lo penso è soltanto perché adesso sono cambiata, sono più consapevole di quello che voglio e di come lo voglio» gli feci notare seria «La Penelope di adesso resterebbe e si affiderebbe a te nella speranza di ricevere un aiuto. La Penelope di otto mesi fa non accettava l’idea di non risolvere tutto da sola e per lei scappare era l’unica soluzione possibile» terminai nella speranza che, se non voleva perdonarmi, almeno potesse comprendere le mie ragioni.
I suoi occhi si sgranarono, increduli, come se non avesse mai preso in considerazione l’idea che potessi mettere in discussione le mie scelte. Ed era proprio questo che era cambiato in me, dopo aver lavorato per mesi sulla mia persona non ostentavo più una sicurezza fittizia, ero pronta a ragionare sulle mie scelte e ad ammettere i miei sbagli.
«Se allora sono questi i motivi che ti hanno spinto ad allontanarti, vuol dire che… i tuoi sentimenti per me non sono cambiati?» si avvicinò fino a quasi sfiorarmi, avrei voluto indietreggiare ma oramai ero già completamente incollata al muro.
«Nathan ti prego…» mi lamentai, mi sentivo come intrappolata tra i miei sentimenti e la cosa giusta da fare.
«No Penny, tu devi dirmelo» la sua fronte si posò sulla mia, mi schiacciò tra la parete e il suo corpo e potei avvertirne il rassicurante calore.
«Perché dobbiamo farci del male? Tu stai con Blake ed io…»
«Rispondimi Penny»
La sua grande mano si posò sul mio collo nel punto dove il mio cuore pulsava violentemente, il tono imperioso della sua voce non ammetteva repliche.
Le labbra si portarono un soffio dalle mie, potevo avvertire il profumo della sua pelle e l’alito caldo che mi procurava bollenti brividi lungo la schiena, era tutto troppo intenso e non riuscivo a sopportarlo.
Girai il volto per schivare il suo tocco.
«Nate tu sei impegnato, non avrei mai fatto una cosa del genere prima men che meno adesso» protestai nonostante morissi dalla voglia di baciarlo.
Con le mani cercai di spingerlo via ma la sua mano si spostò dal collo al mento, strinse con forza per costringermi a guardarlo, poi puntò i suoi occhi angosciati nei miei «Quanto avrei voluto essere più forte» sussurrò roco scandendo lentamente ogni parola, mentre col suo corpo incombeva su di me «Sono incazzato nero Penny, perché sento che tutto questo è anche colpa mia»
Era terribilmente angosciato, avrei voluto smentire le sue parole ma prima che potessi aprire bocca lui mi baciò. Avrei voluto oppormi a quell’invasione, ma il suo profumo, il suo calore, erano dei richiami troppo forti per i miei sensi annebbiati,
La sua lingua mi sfiorava languidamente ed io sentivo il sangue scorrermi bollente nelle vene, come miele fuso che si irradiava lungo tutto il corpo in un piacevole brivido caldo.
Quando si fermò il mio respiro era agitato, la vista offuscata al punto che a malapena riuscivo a distinguere i suoi tratti nonostante fosse terribilmente vicino. Quando sbattei le palpebre delle gocce calde mi rigarono le guance e solo allora mi resi conto che le lacrime a lungo trattenute avevano trovato una via d’uscita, riversandosi lente e copiose lungo il mio volto.
Nathan posò pesantemente la fronte sulla mia, le sue mani mi strinsero spasmodicamente mentre continuava a ripetere come una nenia «Perché? Perché? Perché?»
Piccoli spasmi involontari continuavano a far sussultare il mio petto, avrei voluto urlare e fuggire, baciarlo e respingerlo, picchiarlo e amarlo in un mix di emozioni micidialmente contrastanti. Mi sentivo annientata.
«Non… dovevi farmi questo» sussurrai sconvolta «Che senso ha questo bacio, Nathan?»
Con le dita mi sfiorai le labbra laddove i suoi denti avevano lasciato un piccolo segno ed in un angolo del mio cuore desiderai ardentemente che quella piccola cicatrice rimanesse lì per sempre, indelebile, cosicché un giorno avrei potuto risentirla sotto le dita a ricordarmi tutto l’amore che avevo provato.
«Io…» mi lasciò andare, allontanandosi appena «Lo volevo» disse semplicemente.
«E adesso? Cos’è cambiato, dimmi» dissi dura, perché dopo tutto quello che gli avevo detto non poteva cavarsela con un semplice ‘lo volevo’.
Per quanto fossi consapevole di non meritarlo, la mia parte irrazionale non desiderava altro che sentirgli dire che avrebbe lasciato Blake per stare con me, mentre quella razionale continuava a ripetermi quanto fossi fuori di testa.
 «Non sarò io a trasformarti nel peggiore degli uomini, mantieni il tuo impegno con quella ragazza oppure lasciala andare» gli dissi lasciando prevalere la ragione «Non prenderla in giro come…»
«Come tu hai fatto con me?» irruppe.
«No Nate, piantala» sbottai esasperata «Non ti ho preso in giro e tu lo sai bene. Fai pure finta di non capire cosa significa tutto quello che ti ho detto. Vuoi farmela pagare? Bene, mi prenderò le mie responsabilità ma ti prego, con tutta me stessa, smettila di fare lo stronzo»
Feci per allontanarmi ma la sua mano mi bloccò. Mi voltai intenzionata a dirgli di lasciarmi andare ma i suoi occhi, belli come il mare illuminati da un caldo sole estivo, mandarono in fumo i miei propositi.
«Mi dispiace Penny»
‘Cosa voleva dire? Gli dispiaceva di avermi baciata, o di tutto quello che era successo?’   
Non dissi nulla, prima che potessi ripensarci mi sistemai ed uscii dalla saletta e dal locale. Mi ritrovai per la strada scontrandomi con l’aria umida della calda notte di Los Angeles, camminai fino alla spiaggia dove la prima volta Nathan aveva detto di amarmi. Il rumore dei tacchi sull’asfalto riecheggiava nelle orecchie, gli occhi pieni di lacrime erano rivolti verso l’orizzonte infinito, verso il cielo ed il mare che si univano in un unico pozzo nero, lasciai libero sfogo alla testa e al cuore pieni di interrogativi.
Come fin da bambina avevo capito l’amore poteva trasformarsi in sofferenza, ma stavolta era davvero troppo persino per una come me.
   
 
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