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Autore: Fata_Morgana 78    08/03/2018    2 recensioni
Al mondo tutti meritano una seconda possibilità, anche quelle persone che... dopo aver abbracciato per anni il buio, credono di non avere nessun diritto ad essere felici... La seconda possibilità, per avere una vita felice, per Severus Piton potrebbe chiamarsi Clarice Johnson una sua ex studentessa Serpeverde... Una cosina piccola, piccola per la Festa della Donna...
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Opportunità'
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La cena era ormai finita da un pezzo, il coprifuoco stava per scattare e per i corridoi il vociare degli studenti delle varie Case andava scemando.
C’erano poche luci accese. I sotterranei, regno della Casa dei Serperverde, erano fiocamente illuminati; solo uno spicchio di luce più forte “offendeva” il corridoio.
 La studentessa, con il cuore in tumulto, lasciò passare l’ultimo gruppo di compagni di Casa; poi uscì dal ritratto che dava l’accesso alla Sala Comune e si incamminò silenziosa lungo il corridoio fermandosi davanti alla porta dell’Aula di Pozioni.
- Professore, mi scusi se la disturbo. – parlò con voce bassa e titubante - Posso farle una domanda? – continuò aprendo la porta che scricchiolò debolmente.
 L'uomo, che aveva tolto la veste che indossava solitamente durante le lezioni ed era rimasto con un paio di pantaloni aderenti ed una camicia nera, era impegnato a mettere a posto degli ingredienti di pozioni, ed alzò un sopracciglio osservando la sua studentessa entrare.
 La ragazza, nascondendo il viso dietro il caschetto biondo ramato, con un sospiro continuò:
-  Oh sì lo so. Le ho già fatto una domanda.
Il Pozionista non poté far a meno di increspare le labbra in quello che poteva assomigliare ad un sorriso. Ma durò poco, perché lo sguardo nero come una notte senza stelle dell'uomo, fu attraversato da un lampo irritato e la ragazza pensò bene di sbrigarsi a porre la sua domanda.
-  Non aveva detenzione stasera, signorina. – parlò con la sua voce strascicata, un po’ annoiata.
La ragazza annuì mentre osservava le mani dell'uomo muoversi sicure dividendo gli ingredienti per le pozioni, lo sguardo di lei era calamitato dalla pelle diafana, che sembrava così liscia, e dalle unghie ben curate, rimaste macchiate qua e là da qualche ingrediente.
-  È vero, signore. Ma avevo bisogno di chiederle una cosa. - continuò avanzando verso il bancone, gli occhi fissi sulle mani dell'uomo.
Il pozionista sbuffò, attirando l'attenzione di lei sui suoi occhi.
- Non ho tutta la sera per lei, signorina. – disse acidamente.
- Ha ragione signore. – sobbalzò – Volevo chiederle se potevo aiutarla a smistare gli ingredienti.
L'uomo la osservò in silenzio per alcuni secondi, durante i quali lei si mordicchiò le labbra, cercando di evitare di guardarlo negli occhi troppo a lungo.
- Si accomodi signorina Johnson. - le fece posto al tavolo, mostrandole alcuni ingredienti ancora da sistemare.
- Grazie professor Piton. - esultò felice lei mettendo la sua borsa e la tunica su una sedia poco lontano.
- Ha chiesto al suo Caposcuola il permesso? - domandò notando in quel momento i colori della Casa Serpeverde.
- Non ne ho bisogno, signore. - scosse la testa dopo averlo guardato negli occhi, il nero opale di lui si mescolò al miele di quelli di lei, che sentì le guance colorarsi di rosa acceso - Sono io il Caposcuola di Serpeverde quest'anno. Basta che lei mi firmi un permesso per rientrare. - gli fece un sorriso incerto e continuò a sistemare gli ingredienti.
 Severus si limitò a emettere un suono annoiato, poi chinò il capo continuando a lavorare in silenzio, concentrandosi sui preziosi ingredienti che erano finalmente giunti al Castello dal villaggio magico sulle coste gallesi dal quale si rifornivano solitamente.

I due, lavoravano in armonia per buona parte del tempo, apprezzando l’uno la silenziosa compagnia dell'altra. Il professor Piton, aveva riconosciuto la strega che si era affacciata nella sua aula quella sera: era Clarice Johnson una delle studentesse migliori della sua Casa; ma, aveva preferito fingere di non sapere chi lei fosse realmente. Dal canto suo, la signorina Johnson Caposcuola Serpeverde, era colpita dalla propria audacia. In tutti gli anni di Scuola non aveva mai osato tanto, non aveva mai trovato il coraggio di avvicinarsi a quell’uomo che tormentava i suoi sogni e che faceva accelerare i battiti del suo cuore; così di tanto in tanto, lanciava rapide occhiate al profilo del suo professore, trovandolo "interessante".
Severus, troppo concentrato dalla catalogazione degli ingredienti, si era quasi dimenticato di non essere solo e sobbalzò quando sentì provenire un gemito di dolore da parte della sua alunna.
- Signorina che succede? – la chiamò girandosi e, notando che si era tagliata, continuò – Come ha potuto essere così distratta?
- Mi scusi professore. – mormorò cercando di essere sarcastica; ma la ferita bruciava come lava, e gli occhi chiari della ragazza erano pieni di lacrime di dolore.
- Mi faccia vedere. – disse perentorio prendendo la mano ferita nella sua.
Clarice sobbalzò, la mano dell’uomo era semplicemente perfetta: grande, calda, la pelle del palmo era morbida, rassicurante. La mano di Clarice stava raccolta nel centro del palmo della mano di Severus, come una rondine in un nido.

 La ragazza non poté impedirsi di arrossire. Il calore della mano del docente sembrò diffondersi in tutto il suo corpo.
- Cosa stava facendo? – le domandò.
- Stavo sistemando quelle radici. – gliele indicò con un cenno del capo – Mi è sfuggito il coltello di mano. – spiegò mentre lui ripuliva la ferita con un panno pulito.
- Non le ho dato un coltello. – la sgridò stringendo gli occhi.
- Lo so. – fece un sorriso mesto – Ho usato il mio. Una mia antenata era una Pozionista molto conosciuta, professore. Data la mia passione per questa materia, mia madre ha deciso di regalarmi i suoi strumenti. – chiarì indicandoglieli sul tavolo.
- Non le avevo chiesto di tagliare nessuna radice. – la sgridò brusco mentre osservava i lembi della ferita.
- Volevo fare un lavoro il più accurato possibile, professore. – spiegò.
- Questo dimostra che non è poi così brava come la sua antenata, no? – disse con cattiveria costringendola a guardare la mano ferita.
- È crudele. – sibilò tra i denti.
- Signorina, la vita…
- È ingiusta, lo so bene. – concluse la studentessa sfilando la mano da quella calda dell’uomo, non appena se la portò al petto, Severus avvertì uno strano senso di vuoto nel proprio palmo.
- Non ho ancora finito di disinfettarla. La radice che stava tagliando è…
- Mandragora. – concluse – Ma sto bene. – tentò di rassicurarlo; ma l’uomo non le credette e, prendendola per un braccio, la costrinse a sedersi.
- Visto che è una studentessa del Settimo Anno, e che ha “passione” per la materia che insegno, – replicò seccamente – dovrebbe sapere quali controindicazioni ha la radice di Mandragora.
- Li conosco signore. – gemette mentre l’uomo riprendeva a disinfettarla con attenzione.
- Perché non l’ho mai notata alle mie lezioni? – le chiese fasciandola dopo aver applicato una pomata rinfrescante.
- Perché non mi piace stare al centro dell’attenzione. – rispose sospirando di beatitudine, le mani calde dell’uomo erano piacevoli sulla sua pelle fredda.
- Vada a pulire i suoi strumenti. – la congedò – Per stasera abbiamo fatto abbastanza. – l’orologio della Scuola suonò 12 rintocchi.
- È mezzanotte. – sorrise Clarice – L’ora delle streghe, come diceva sempre mia mamma.
- Che sciocchezza. – roteò gli occhi il Pozionista.
- Mia madre è nata e cresciuta tra Babbini, professore. – spiegò con un’alzata di spalle – La sua famiglia era scappata dall’Inghilterra Magica e, per anni, hanno vissuto nella parte non magica.
- Non sono affari che mi riguardano, signorina. – la zittì brusco.
- Ha ragione. – sobbalzò – Ma visto che è per colpa sua se mi sono tagliata, pensavo volesse ascoltarmi.
- Colpa mia? – chiese inarcando un sopracciglio.
- Le sue mani. - ammise a denti stretti e voce bassa - Mi sono incantata ad osservare le sue mani al lavoro.
- Sciocchezze. - sbottò allontanandosi di scatto, come se lo avesse punto - Lei vaneggia, signorina. - e, indicandole la porta con un gesto, la invitò ad uscire.
Clarice, ricacciando indietro alcune lacrime, raccolse tutte le sue cose e, arrotolando con cura i propri strumenti di lavoro, osò alzare lo sguardo sull’uomo che si era messo in disparte perso nel suo mondo.
- È molto tardi. Torni nel dormitorio.
- Se preparassi ora l’Amorentia, sono certa che sentirei odore di vecchi libri, ingredienti per pozio...
- La smetta. - la zittì facendo un passo verso di lei - Non deve neanche pensarle queste cose. Se ne vada. - e le girò le spalle, tremando di rabbia.
- Buona notte signore. - mormorò prima di uscire, il cuore gonfio di angoscia.

La notte trascorse lenta e dolorosa per entrambi. Clarice non riuscì a riposare e lasciò vagare il proprio cervello in libertà, immaginando chissà quale futuro per lei che era una Pozionista così naturalmente portata. Avrebbe voluto studiare, approfondire le ricerche e le scoperte fatte finora, ma immaginava che i suoi genitori avessero per lei altri piani. Magari un matrimonio combinato e la conseguente interruzione dei suoi studi. Una lacrima dispettosa le accarezzò la guancia, nessuno sembrava mai interessato a sapere cosa lei avrebbe voluto fare “da grande”. Sembrava che tutti dessero per scontato che lei sarebbe stata una moglie ubbidiente, una madre amorevole. Ma, in quel momento, lei voleva essere tutt’altro che una “sforna bambini”, voleva dimostrare al mondo magico quanto valesse come ricercatrice. Ma, nessuno, si fermava mai abbastanza a lungo per ascoltare realmente la risposta che teneva celata nel cuore.
Severus, dal canto suo, non appena la ragazzina uscì dall’aula, raggiunse i propri alloggi e, dopo essersi tolto toga e mantello, si versò una generosa dose di whisky, lasciandosi sprofondare nella sua poltrona preferita.
Sospirando, dopo aver finto di bere, estrasse dalla camicia un ciondolo da cui non si separava mai e lo aprì.
Dal ciondolo, prese “vita” una miniatura di Lilian Evans che lo fissava coi suoi occhi grandi e troppo sinceri.
- Oh Lily. - gemette alzando verso di lei il bicchiere con il liquore - Possibile che ogni, dannato, anno sia sempre la stessa storia?
La figura fece un mezzo giro su sé stessa, poi mosse pochi incerti passi, sembrava stesse pattinando sul ghiaccio. L’uomo la osservò con un sorriso triste.
- Perché allontani sempre tutti, Piton? - parlò una voce, era quella della “sua” Lily - Perché non cerchi di...
- Andare avanti? - ringhiò Piton chiudendo il ciondolo - Tu lo hai fatto, Evans. Hai scelto Potter, lo hai sposato e generato un figlio con lui. Ed io... - scagliò il bicchiere contro il camino - Io ho ucciso entrambi... io... - un singhiozzo lo fece zittire e, troppo stanco per sopportare oltre la tensione della giornata, decise di andare a letto aiutando il proprio sonno con una delle sue formidabili pozioni.

Il mattino dopo, il Castello, si svegliò con il chiacchiericcio allegro degli studenti. Era sabato, c’era uno spiraglio di sole, non c’erano lezioni e tutti erano più felici e rilassati.
Clarice, che non sopportava il cicaleccio delle sue compagne di casa, prese le sue cose per disegnare e raggiunse il lago nero. Scovò un posto isolato, al sole, ed iniziò a disegnare. Dapprima, fece una bozza del paesaggio circostante; poi iniziò a disegnare ciò che più di tutto l’aveva ossessionata: le mani di Severus Piton. Era così concentrata sul proprio disegno che si accorse di non essere più sola, solo quando una voce parlò, facendole cadere di mano il suo prezioso album.
- È dotata di molti talenti, vedo.
- Professore. - balbettò raccogliendo i disegni - Non è buona educazione spaventare una persona in questo modo.
- Persona? - arcuò un sopracciglio - Mai considerate persone i miei studenti. Comunque, ad ogni buon conto, non volevo spaventarla. Di solito non trovo mai nessuno qua.
- Non avevo mai notato questo posto. - mormorò con gli occhi bassi - Vedo che ha compagnia. - continuò indicando il libro con la mano fasciata - La lascio alla sua lettura. Buona giornata, signore.
Clarice raccolse i carboncini e le matite, si era legata i capelli usando un pennello, il professore non riuscì a trattenere un sorriso.
- C’è abbastanza spazio per entrambi. - la fermò, stupendosi lui stesso di averlo detto - Come sta la sua mano, signorina?
- Non bene. - ammise - Sono passata da madama Chips, che ha provveduto a medicarla e darmi delle pozioni. - la studentessa si arrischiò a guardarlo negli occhi - Ho avuto una reazione simile anche lavorando con le radici di Mandragora in serra, professore. - fece un mezzo sorriso - Forse sono allergica alla radice.
- Ne sono desolato. - replicò con un cenno del capo.
- Colpa mia e della mia inettitudine, professore. - cercò di usare un tono allegro, ma risultò talmente finto che Severus cercò con lei il contatto visivo. Clarice sentì il tocco della mente del giovane insegnante e, scuotendo la testa, continuò - Occlumante naturale, professore. Non insista.
- Una Serpeverde dotata di molteplici talenti. - ghignò - Abile Pozionista. Ambiziosa. Disegnatrice. Occlumante. Che altro?
- Innamorata della persona sbagliata. Intrappolata in una famiglia retrograda. Costretta ad un matrimonio combinato. - si strinse nelle spalle - Disperata, perché odia la propria vita fuori da questa Scuola.
- Fatalista. Esagerata. Degna Serpeverde.
- Già. - Clarice aveva terminato di sistemare le sue cose - Buona lettura, professore. - e si incamminò lungo il sentiero, senza voltarsi mai indietro.
 
Severus la osservò chiedendosi se stesse sbagliando a chiuderla fuori dalla propria vita. Poi si osservò: cosa avrebbe potuto dare lui, un uomo nero dentro e fuori, a quel tenero fiore? Sospirando, tentò di leggere, ma gli occhi d’ambra di Clarice non sembravano volerlo lasciare in pace.
Sulla via del ritorno al Castello, trovò Silente che stava parlando con un gruppo eterogeneo di studenti di case ed età diverse.
- Ooh mio caro ragazzo. - lo accolse con il suo sorriso sereno - Va tutto bene?
- Buongiorno Albus. - lo salutò con un breve inchino - Sì, ho dormito poco.
- Problemi di cuore? - chiese il Preside della Scuola.
- Hm?
- Una delle studentesse migliori della tua Casa, - continuò invitandolo a passeggiare - questa mattina mi ha chiesto di poter essere esonerata da alcune lezioni. - lo guardò da dietro gli occhiali a mezza luna - Mi ha detto che vorrebbe dare i MAGO in quelle materie da privatista.
- E chi è costei, Preside?
- Johnson...
- Clarice Johnson? - sobbalzò trattenendo il fiato il Pozionista.
- Sì lei. Mi ha detto che ha problemi di salute e che deve fare dei controlli.
- Bugie. - ringhiò e, chiedendo scusa, lasciò l’uomo da solo e sparì in un frusciar di mantello.
Rapido, Severus raggiunse il dormitorio della sua Casa e, dopo essere entrato, chiese agli studenti rimasti dentro a poltrire, se avessero visto la loro Prefetto. Tutti risposero di no, si erano visti a colazione e poi la ragazza era come sparita. Il professore li ringraziò con un cenno della testa, poi uscì a cercare la studentessa. La trovò al limite della Foresta Proibita che, seduta per terra su un cuscino di muschio, stava disegnando un cucciolo di Trestal.
L’arrivo del professore spaventò il cucciolo che, emettendo il suo particolare verso, raggiunse il resto del branco.
- Oh è lei. - lo accolse Clarice.
- Aspettava qualcun altro?
- In verità no. - ridacchiò - Di solito passa Hagrid a ricordarmi che ho perso troppo tempo a disegnare, credevo fosse lui. - lo guardò dritto negli occhi, trovandolo bellissimo contro lo sfondo delle chiome degli alberi della Foresta - Ho capito che non poteva essere Hagrid, quando il piccolo Trestal è fuggito. Non conosce il suo odore, professore, lo ha spaventato. - mandò la testa di lato chiedendo - Lei li vede?
- Sventuratamente sì. - rispose acido.
- Scusi. - sobbalzò lei mordendosi il labbro - Ho la tendenza a parlare senza riflettere. - gli fece un piccolo sorriso, a cui lui rispose con un breve sospiro.
- Ha del talento. - disse indicando il disegno.
- Dice? - storse la bocca, critica - Avrei potuto fare meglio. È un po’ come per le pozioni.
- Sciocchezze. - la interruppe con uno sbuffo - Se fosse più brava di così, sarebbe lei dietro la cattedra ad insegnare.
Clarice avvampò deliziosamente, si alzò dal cuscino di muschio e si ripulì i pantaloni che aveva indossato quel giorno.
- Potrei vedere alcuni dei suoi disegni?
- Certo. - la strega passò il fascicolo di disegni al professore e lui iniziò a sfogliarli osservandoli con attenzione.
C’erano disegni di paesaggi, alcuni di compagni di Scuola e molti dedicati al laboratorio durante la preparazione di alcune pozioni. C’erano anche disegni più “leggeri”, come di uno Snaso che sembrava vero, oppure il ritratto dettagliato di un Boccino d’Oro e, quello che lo fece arrossire leggermente, fu il disegno che la ragazza aveva dedicato alle sue mani.
- Quando ha fatto questo? - domandò con la sua voce strascicata il Pozionista. Clarice, che non ricordava quali disegni avesse portato con sé quel giorno, sobbalzò osservando le mani del professore.
- Lo stavo disegnando stamattina al Lago, signore.
- Quando ha osservato così ossessivamente le mie mani?
- Ieri sera, gliel’ho detto, professore. - rispose a disagio.
- Perché ha chiesto di essere esonerata dalle mie lezioni?
- Non è stata una mia scelta. - si strinse nelle spalle - I miei genitori hanno deciso che ad anno nuovo sarò la perfetta moglie di un qualche Lord di Durmstrang. - si strinse nelle spalle - Studiare è accessorio. Farò meno lezioni perché... - lacrime di rabbia e singhiozzi ruppero il sarcastico fiume di parole della giovane strega.
- Non è giusto. Lei è tra le migliori del suo anno di studio. Ha molte possibilità di fare la differenza.
- Grazie signore. - mormorò Clarice.
- Ci sarà qualcosa che possiamo fare.
Lei scosse la testa e spiegò al professore che i suoi genitori avevano previsto per lei una serie di visite ed esami al San Mungo per garantire che fosse in grado di generare figli e in buona salute; e poi una serie di sedute presso un centro estetico per renderla gradevole agli occhi di quello che lei stessa definì il suo compratore.
- Mi sento una bestia da riproduzione. - ammise con un sorriso triste.
- Non è troppo tardi per cambiare la sua vita, signorina. - le mise una mano sulla spalla in un gesto rassicurante.
- Dice, professore? In sette anni di Scuola non ho stretto legami con nessuno. Sono uscita con un paio, forse tre, ragazzi.
- Ha solo 17 anni, non può permettere ad altri di decidere per lei. Davanti alla legge magica lei è maggiorenne, i suoi devono ascoltarla.
- In un mondo perfetto, signore. Nello stesso mondo dove nessun mago oscuro sarebbe mai esistito, dove lei ed io potremmo essere felici e dove io avrei il coraggio di rubarle un bacio. - Clarice mandò la testa di lato aspettando un gesto, una carezza, un sorriso da parte di Severus; ma lui restò lì ad osservare qualcosa dietro le spalle della giovane strega senza dire o fare niente.

Clarice prese i suoi disegni dalle mani dell’uomo e, silenziosa come la neve che cade, scappò in direzione del Castello nuove lacrime a rendere lucidi i suoi occhi color ambra.
- Albus, da quanto sei lì? - domandò Severus.
- Non volevo ascoltare, lo giuro. - si palesò il Preside - Ero venuto a passeggiare quaggiù per sfuggire da Minerva e dai suoi fastidiosi resoconti.
Il Pozionista fece un mezzo sorriso, raggiunse il Preside e camminò in silenzio al suo fianco per alcuni minuti.
- Ma davvero esistono famiglie così tradizionaliste?
- Le famiglie purosangue. - annui l’uomo più anziano.
- Ma è solo una bambina.
- È una giovane donna. - lo contraddisse il Preside - Cresciuta per ubbidire alle richieste dei genitori e del marito. Lei ha tanti sogni nel cassetto. Vorrebbe viaggiare, studiare. Ma farà quello che le hanno ordinato di fare perché la famiglia ha bisogno di questo matrimonio per tornare importante, per azzerare alcuni debiti del padre che ha fatto una serie di investimenti errati.
- Capisco. Ma non è giusto.
- La vita è ingiusta. Non ami ripeterlo come un mantra anche tu, Severus?
- Non è divertente sentirselo dire, signore. - borbottò.
- Fa tu qualcosa per lei.
- Sì, e cosa?
- Datti una possibilità di essere felice.
- Felice? Io ho amato una sola donna e...
- Ed è morta per proteggere il figlio dell’uomo che amava. Lei ha scelto James Potter, Severus. Sono anni che ti struggi nei sensi di colpa e nei rimpianti. Non è giusto, mio caro ragazzo. Lily non avrebbe voluto questo per te.
 Severus distolse lo sguardo e ripensò agli occhi tristi e pieni di lacrime di Clarice.
- Va da lei. - gli suggerì il Preside.

Severus annuì, salutò con un sorriso incerto il suo mentore e tornò verso il Castello in uno svolazzar di veste e mantello. Rientrando, sentì la voce di uno dei suoi Serpeverde carica di lascivia e malizia.
- Dai, cosa ti costa essere carina con me, bambolina? Tra qualche mese sarai sposata, tuo marito apprezzerà un po’ di esperienza.
- Prima di fare esperienza con te, lurido verme, mi lancio dalla Torre di Astronomia. - la voce femminile era quella di Clarice.
- Signorina Johnson? - la chiamò Severus entrando - Mi è sembrato di sentire la sua voce.
- Lasciami Black. - sibilò la strega - O vuoi essere punito dal nostro Capocasa? - un lampo di terrore attraversò gli occhi del codardo compagno di Casa che la lasciò scappando in uno dei corridoi.
- Signorina? - la richiamò il professore.
- Sono qui. - uscì dall’ombra massaggiandosi un braccio.
- Sta bene? Chi era?
- Quel coglione di Black, mi ha solo colto di sorpresa. Di solito è troppo codardo per fare una mossa. Come ha sentito la sua voce, è scappato.
- Sicura di stare bene?
- Sì, grazie. - gli sorrise sincera - Grazie signore.
- Ha da fare?
- No, niente. - si strinse nelle spalle.
- Potrei offrirle un the?
- No, grazie. Lei è ancora uno dei miei docenti.
- Ma lei ha subito una violenza. È scossa. È mio compito occuparmi di lei.
- Preferisco occuparmi di me stessa. - fece un breve inchino e mormorando un “con permesso”, fu pronta per allontanarsi da lui.

Severus guardò con attenzione il corridoio: era deserto e, seguendo l’istinto, raggiunse Clarice e la bloccò. Prima che lei potesse dire o fare qualcosa, il Pozionista la baciò, bloccando sul nascere ogni protesta o recriminazione della ragazza. Il bacio durò una manciata di secondi, erano troppo esposti per poterlo rendere migliore.
- Professore...? - mormorò lei sgranando gli occhi.
- Le ho già ripetuto che non è consentito a nessuno studente l’accesso alla Foresta Proibita. - sbottò lui che aveva sentito dei passi - La smetta di inventare scuse e mi segua, pulire i calderoni le metterà un po’ di sale in quella testa dura.
Clarice aprì la bocca per replicare ma l’arrivo della professoressa di Trasfigurazione è uno stuolo di Grifondoro, le fece cambiare idea.
- Tutto bene Severus? - domandò la donna fermandosi ad osservarli.
- Sì Minerva. Mentre raccoglievo radici per le pozioni, ho visto questa ragazzina sgattaiolare nella Foresta.
- Signorina Johnson... Da lei non mi sarei mai aspettata un simile comportamento. - bofonchiò la donna.
- Professoressa, come ho tentato di spiegare al mio Capo Casa, ero lì solo per disegnare.
- La punizione è irremovibile. Se continua ad essere così petulante, sarò costretto a levare punti alla nostra Casa ed affidarla alla professoressa. Così scontrerà con lei ed i suoi Grifoni la punizione.
- Preferirei leccare le spire del serpente di Salazar piuttosto che stare con i Grifondoro in punizione, signore. - ansimò sbiancando - Starò zitta e buona, lo giuro.
- Ottimo. Mi segua.
In silenzio, i due Serpeverde raggiunsero l’aula di Pozioni e, non appena entrarono, l’uomo la sigillò con una serie di incantesimi.
- Sto per baciarti ancora. - la avvisò facendo un passo avanti.
- Professore, non è divertente. - ingollò a vuoto lei - La prego di smetterla di prendersi gioco di me. Cosa ha fatto, una scommessa? Oppure è sotto una maledizione? Sono due anni che mi struggo d’amore per lei, ma non ero mai abbastanza e ora...
- Grosse lacrime avevano ripreso a rotolare lungo le guance di Clarice, ma Severus non rispose, limitandosi ad abbracciarla, stringendola contro il suo petto, cullandola fino a che non si calmò.
- Nessuna maledizione. Nessuna scommessa. Sono cinico e meschino, ma non giocherei mai con un cuore. - le accarezzò i capelli con un gesto gentile.
- Grazie per avermi lasciato piangere. - mormorò staccandosi dal petto dell’uomo - Vorrei andare nella mia stanza. La prego.
- Certo. - Severus la lasciò andare lentamente e, in silenzio, la guardò uscire dall’aula di Pozioni.

Trascorsero alcuni giorni dopo il loro “bacio rubato“e Severus non ebbe più la possibilità né di parlarle né di restare da solo per alcuni minuti con lei.
Clarice non era mai sola, non era più tornata al Lago Nero né al recinto dei Trestal. Era diventata come invisibile e questo rendeva il Pozionista più nervoso e rabbioso del solito.
Un giorno, dopo che uno studente del secondo anno di Corvonero aveva quasi fatto esplodere il suo laboratorio, Severus uscì dall’aula intossicato e fu lì che la vide che lo guardava con gli occhi sgranati.
- Professore! - lo raggiunse facendo cadere i libri che teneva stretti - Sta bene?
- Scoppio di salute, non vede? - rispose saccente.
- Mi aspetti qua. - sorrise prima di entrare in classe e riparare con pochi incantesimi ai disastri combinati dai suoi compagni.
- Grazie. - mormorò.
- La porto in Infermeria?
- No, per carità. - scosse la testa - I miei alloggi sono...
- Dopo la mia camera, lo so. - annuì arrossendo.

In silenzio, i due Serpeverde, raggiunsero gli appartamenti del Pozionista che aveva iniziato a respirare meglio rispetto a prima.
- Grazie signorina. - le sorrise rapido sprofondando nella sua poltrona preferita.
- Le preparo un bagno, - annunciò - puzza di fumo e ingredienti di Pozioni. Un mix tutt’altro che gradevole. - gli sorrise dolcemente notando il volto annerito del suo professore preferito.
- Può chiamare un elfo domestico, non ho bisogno di una bal... - ma non terminò la frase perché Clarice lo stava baciando come se da quello dipendesse la sua stessa vita.
Quando entrambi conclusero l’aria nei polmoni, Clarice, fu costretta a porre fine al bacio e, con le guance in fiamme, disse:
- Lo faccio perché mi va. Non perché hai bisogno di una balia. - gli rubò un bacio a stampo e corse verso la stanza da bagno dove iniziò a riempire la vasca con acqua calda e sali profumati. Non appena fu soddisfatta del risultato, la ragazza andò a chiamare il suo professore.
- Clarice... - sospirò vedendola tornare, si era tolta la toga ed aveva arrotolato le maniche della camicia sopra i gomiti.
- Per favore, lasciami fare questa cosa perché lo voglio. Non perché qualcuno lo pretende.
Severus si alzò dalla poltrona e la tirò contro il suo petto, riprendendo a baciarla con passione crescente, fino a quando lei gemette contro le sue labbra. Le mani grandi, bianche e calde del Pozionista, accarezzavano dolcemente la schiena di Clarice che, senza fiato, si staccò dalle labbra dell’uomo gemendo di piacere.

Clarice fece un passo indietro e, con un sorriso audace, si allentò la cravatta verde argento e sbottonò i primi bottoni della camicia bianca senza mai lasciare il contatto visivo con lui.
- Fermati, per favore. - la pregò mentre già intravedeva il reggiseno di pizzo - Non oggi. Non così. - le sorrise.
Clarice si tolse ugualmente la cravatta, ma chiuse la camicetta sorridendo all’uomo che amava.
- Va bene. - annuì - Ma lascia che ti aiuti.
- Grazie. - le dedicò uno dei suoi rari sorrisi e Clarice sentì le guance avvampare per l’emozione.
Severus la osservò senza capire poi, scuotendo la testa, raggiunse il bagno dove lo aspettava la vasca già pronta. Clarice lo aiutò a togliere gli strati superficiali di vestiti e, quando restò solo con i pantaloni, lui la fermò. La giovane strega osservava il torace muscoloso del suo professore in un mix tra rispetto e curiosità artistica. Severus, notandolo, le domandò:
- Ti piace ciò che la veste cela?
- Direi di sì. - mormorò seguendo il guizzare dei muscoli mentre si muoveva - Mi piacerebbe molto disegnarti. - lo guardò da sotto le lunghe ciglia.
- Dammi il tempo di lavarmi.
- Esco subito. - annuì lei.
- Non così in fretta. - le bloccò il polso e lei sentì la pelle calda contro la propria - Mi hai baciato già due volte, ed ancora non ho sentito il mio nome uscire dalle tue labbra.
- Non è corretto, professore. Ci siamo baciati tre volte, Severus, non dovresti essere così approssimativo nei calcoli.
- Ottima osservazione. Dieci punti a Serpeverde per la brillante risposta della strega migliore del mio corso.
Clarice, con un sorriso ed un bacio uscì dal bagno, lasciando al giovane uomo la privacy di cui aveva bisogno per lavarsi e mandare via la tensione accumulata durante le ultime ore di lezione.
Lei lo aspettò pazientemente nel salottino dei suoi appartamenti e, quando sentì la porta della stanza da bagno aprirsi, si alzò in piedi per raggiungerlo.
Ciò che vide la lasciò completamente senza salivazione. Severus era uscito dal bagno con solo un paio di pantaloni aderenti addosso, il torace era nudo ed era ancora imperlinato di minuscole gocce di acqua. Il docente, si stava asciugando i capelli con un asciugamano, sembrava distratto, quasi sobbalzò quando vide Clarice nella stanza.
- Non sei andata via?
- No. Volevo vedere come stavi.
-  E con le tue lezioni?
-  Recupererò. - rispose stringendosi nelle spalle - Severus, posso ritrarti così? Sei semplicemente perfetto.
- Adolescenti. - bofonchiò a disagio il Pozionista.
- Lo prendo per un sì. - ridacchiò Clarice che, con pochi e mirati colpi di bacchetta, creò un ambiente migliore per poter disegnare.
Severus, con un sorriso sornione disegnato sulle labbra, prese posto nella poltrona che lei aveva preparato e, portandosi la mano sinistra ad accarezzare il mento in una posa sensuale, non staccò mai i suoi occhi di opale da quelli oro liquido di lei. Clarice, dopo aver ingoiato a vuoto un paio di volte, sistemò una tela vuota sul cavalletto e, mai sazia di ciò che Severus le mostrava, iniziò a ritrarlo. Restarono in silenzio per tutto il tempo che la strega impiegò per rendere più verosimile possibile il disegno dell’uomo sulla tela.
Severus, osservava affascinato le rughe di espressione della giovane strega e, più di una volta, si ritrovò a sorridere notando come si era sporcata il viso.

 La giovane strega, si fermò verso l’ora di pranzo. Aveva le mani ed il viso imbrattati di carboncino.
-  Sei bellissima.
 Clarice si osservò e, ridendo, rispose:
- Ooh lo immagino. Posso usare il bagno?
- Accomodati pure. - acconsentì l’uomo indicandole con un gesto la porta semiaperta in fondo al corridoio.
Con un sorriso, la giovane strega raggiunse il bagno e restò senza parole notando in che stato si fosse conciata per un ritratto: occhi lucidi, guance arrossate, labbra gonfie ed umide come se fosse stata baciata a lungo. Mordendosi il labbro inferiore con un gesto nervoso, la ragazza cercò di ritrovare un minimo di contegno.
“Smetti di sognare ad occhi aperti, ragazzina!” Disse mentalmente alla sua immagine allo specchio “Cosa ci proverai ad illuderti così. Lui non ti vorrà mai. Tu sei una sciatta purosangue Serpeverde, non potrai mai occupare un posto importante nel suo cuore.”
Si dedicò un sorriso di scherno, poi si lavò le mani ed il viso e, non appena si sentì pronta, tornò dal docente.
- Ho abusato fin troppo della sua gentilezza, professore. - parlò tornando al lei, facendogli indurire la mascella.
- Per me è stato piacevole. - biascicò - Ho chiesto ad uno degli Elfi Domestici della Scuola di portare il pranzo per entrambi.
- Non doveva disturbarsi. - arrossì.
- Perché mi stai dando del lei nuovamente?
- Perché quando uscirono da qui, tutto tornerà come prima. Io sarò solo una delle studentesse della Scuola. Figlia di una famiglia Purosangue, promessa ad un tipo che non ho mai visto. Venduta per pagare i debiti dei miei. - lo guardò, cercando di sorridere ma con scarsi risultati.
Severus la raggiunse e la strinse contro il proprio petto, in quel momento l’Elfo portò il pranzo e disse al mago che era tutto pronto e caldo per mangiare. Il mago lo mandò via con un cenno della mano, continuando a tenere stretta la giovane strega, proteggendola dagli sguardi indiscreti della creatura che lavorava nelle cucine della Scuola.
- Mangiamo. - le accarezzò i capelli con un gesto gentile, rabbrividendo alla sensazione del respiro caldo di lei contro il proprio torace.
- Non mandarmi via. - lo pregò affondando il naso contro il collo dell’uomo. Severus la cullò con dolcezza, poi la prese per mano e la condusse al tavolo apparecchiato.
Mangiarono in silenzio, gustandosi i manicaretti della cucina della Scuola; alla fine del pasto, Clarice fece evanescere i piatti e si mosse a disagio sulla sedia.
- Cosa ti piacerebbe fare? - domandò lui godendosi un sorso di liquore.
- Baciarti. - ansimò osservando le sue labbra. Severus annuì, appoggiò il bicchiere sul tavolo e le tese la mano.
Clarice sorrise, sedette di traverso in grembo a Severus ed appoggiò le sue labbra morbide contro quelle mascoline dell’altro.

 Si baciarono a lungo, assaporandosi con lentezza. La bocca di Clarice fu invasa dal sapore del liquore di lui; mentre nella bocca di Severus esplose il sapore del dolce ai mirtilli mangiato a pranzo da lei.
Quando si separarono, ansimanti, lei appoggiò la fronte contro la spalla nuda del docente mormorando:
- Mi sento leggermente ubriaca.
-  Per un bacio innocente?
-  Santo Salazar. - squittì arrossendo - Bacio innocente questo?
- Era il tuo primo bacio? - domandò accarezzandole il viso.
- Nossignore. - sorrise - Ma mai, nessuno, è stato così coinvolgente.
- Perché hai baciato qualche moccioso con la bocca sporca di latte. - bofonchiò lui tra il serio e il faceto e, prendendo nuovamente il bicchiere in mano, bevve un rapido sorso di liquore.
- Posso? - domandò curiosa lei.
- Sì, ma non così... - Severus bevve ancora e, trattenendo il liquido in bocca, accostò le sue labbra a quelle di lei, baciandola profondamente.
Clarice chiuse gli occhi e si aggrappò alle spalle dell’uomo gemendo contro le sue labbra. Il liquore bruciava, era forte ma delizioso mescolato al sapore di Severus. Il professore, pose fine al bacio lentamente, senza fretta di farlo cessare.
I due maghi Serpeverde, restarono insieme per l’intera giornata. L’uomo giustificò la propria assenza dicendo che non si sentiva bene a causa dei fumi respirati in laboratorio; e, la ragazza, non si presentò alle lezioni lasciando che fossero i suoi compagni a trovare scuse plausibili per la sua assenza.

Fino a che restarono in compagnia l’uno dell’altra, Clarice fu calma e tranquilla. Raccontò a Severus qualcosa di sé, dei suoi sogni e dei progetti che aveva e che, a causa di quel dannato matrimonio, non avrebbe mai potuto realizzare. Severus, dal canto suo, la ascoltò annuendo appena. Era una questione complicata e lui non sapeva che fare per aiutarla.
Restarono in silenzio ad osservare il caminetto per alcuni minuti, poi lei si alzò e, facendosi audace, sedette in grembo all’uomo, intrappolando il bacino di lui con il proprio.
- Cosa vorresti fare, Occlumante naturale? - le domandò con un ghigno serafico.
- Sedurre l’uomo che amo. - rispose poggiando le sue braccia sulle spalle muscolose di Severus.
- Non credo sia una buona idea, Clarice. - ansimò mentre lei muoveva sensuale il proprio bacino contro il suo.
Fu così che iniziò la relazione tra il Capocasa Serpeverde e la sua migliore studentessa, tra dubbi, paure e perplessità da parte dell’uomo e determinazione e voglia di vivere da parte di lei. Dopo la loro prima volta, Severus la abbracciò strettamente dicendo:
- Sarei stato più gentile se...
- Non volevo gentilezza. - lo zittì con un bacio - Volevo sentirmi viva. Volevo sentirmi importante e desiderata.
- Sei splendida. - le sorrise accarezzandole la schiena nuda - Una perfetta Serpeverde.
- Grazie Severus. - ghignò lei alzando il viso per guardarlo - Posso dormire qui?
- Non credo sia una buona idea.
- Sono Caposcuola. Ho una camera singola, nessuno si interessa realmente di me. - mormorò disegnando arabeschi sul suo petto muscoloso - Nessuno si accorgerà della mia assenza.
Il Pozionista sospirò godendosi le carezze di lei, ed annui quando la mano di Clarice scese sotto le lenzuola per accarezzare la sua virilità che si stava lentamente risvegliando.
- Tu mi farai morire. - gemette perdendosi nelle sensazioni piacevoli che lei gli stava trasmettendo.
- Ti amo Severus Piton. - gli soffiò sulle labbra baciandolo.

Continuarono a frequentarsi, imparando a conoscersi, facendo l’amore dove capitava (anche sulla Torre di Astronomia una volta, o nelle aule vuote), fino a quando Clarice restò una studentessa della Scuola.
I controlli sulla sua salute al San Mungo, avevano dato ottimi risultati: era in buona salute e molto fertile e lei usò questa sua peculiarità per farsi mettere incinta dall’uomo che amava. Aveva saputo dai suoi genitori che la famiglia del suo futuro marito non avrebbe gradito una moglie impura (non vergine), e lei, per essere certa di non doverlo sposare, fece in modo non solo di perdere la verginità ma anche di farsi mettere incinta. Si sentiva meschina nei confronti di Severus, usare suo figlio per essere libera non lo trovava giusto, ma non voleva nemmeno costringere il professore a vivere con lei visto che mai, in tutti quei mesi, le aveva detto di amarla. Troncare la loro relazione fu doloroso per entrambi, Severus riuscì a mascherare di più il proprio dolore e consolò la studentessa cullandola a lungo.
- Non dimenticarmi. - lo pregò.
- Non lo farò. - le sorrise asciugandole le lacrime.
- Ho una vera ossessione per le tue mani, Sev. - mormorò baciandole e vezzeggiandole dolcemente.
- Adori sentirle addosso alla tua pelle nuda. È eccitante farti gemere usando solo i polpastrelli. - le mormorò nell’orecchio facendola tremare.
- Devo andare. - mugolò triste - Tra poco i miei carcerieri saranno qui.
-  Non andare. - le disse - Potrei dire loro che...
- Che la loro perfetta figliola ha avuto una relazione con il suo docente di Pozioni? - scosse la testa - Mi accuserebbero di averti lanciato un incantesimo, oppure di averti dato dei veleni e di averti minacciato.
- Non potresti farmi niente coi veleni. - le baciò la punta del naso - Lo sai vero?
- Io sì, ma loro non crederebbero mai che hai scelto me liberamente. Penserebbero che sei costretto a... - e concluse la frase con un gesto stanco della mano.
I due, restarono abbracciati in silenzio per un lungo momento, ognuno perso nel proprio dolore. D’un tratto, uno degli allarmi anti intrusione del Pozionista si azionò, rivelando la presenza di qualcuno al di là della porta.
- Chi è? - domandò.
- Severus, sono io Albus. - le porte si aprirono, Clarice era davanti al camino, gli occhi lucidi.
- Buongiorno Preside. - lo accolse il Pozionista.
- Buongiorno figlioli. - fece un sorriso mesto - Clarice, sono arrivati. Sei certa di non voler salutare nessuno?
- Ne sono certa, signore. - annuì senza forza - Non ho stretto legami di amicizia in questi anni. Troppo secchiona e solitaria per molti di loro.
- Ma non per me. - le strinse la mano Severus, certo che Albus non li avrebbe né giudicati né smascherati.
- Grazie. - mormorò emozionata lei - Posso dargli un ultimo bacio, signor Preside?
- Vi concederò dieci minuti. Dirò ai tuoi genitori che stai salutando alcuni compagni di studio di Pozioni.
- Grazie. - sorrisero i due, gli occhi spenti.
Albus lasciò gli appartamenti di Severus in silenzio, tornò verso il suo studio e, puntualmente, dopo dieci minuti Clarice lo raggiunse stringendo contro il proprio petto Blackie, la gatta nera che l’aveva accompagnata ad Hogwarts.
- Madre. Padre. - salutò senza alzare gli occhi, un forte senso di nausea a stringerle lo stomaco.
- Clarice. - la chiamò la donna che l’aveva messa al mondo per dovere e non per amore - Se sei pronta, andiamo.
- Non sono pronta. Ma ormai mi avete venduta, quindi è inutile che fingiate di essere i migliori genitori del mondo. - guardò il Preside- Grazie per tutti questi meravigliosi anni, signore. Qui, ho capito il vero significato di amore, famiglia, amicizia e rispetto. Non dimenticherò mai niente.
- Le porte della scuola saranno per sempre aperte per te, signorina. - mormorò il Preside avvolgendola in un rapido abbraccio.
Clarice mormorò un commosso grazie, poi seguì i genitori fino ai confini della scuola dove si sarebbero smaterializzati. Un attimo prima di svanire, Clarice lanciò il suo Patronus (una bellissima lince) chiedendole di dare un ultimo messaggio a Severus. La lince scattò tra le rocce della scuola e scomparve nei sotterranei nell’attimo stesso in cui Clarice si ritrovò nella sua vecchia ed asettica stanza.

La mattina di Natale, Clarice era ormai al terzo/quarto mese di gravidanza, la famiglia Johnson andò a Durmstrang, per iniziare i preparativi per le nozze che sarebbero avvenute il primo giorno del nuovo anno.
Clarice si preparò con attenzione, indossando un bell’abito elegante che celava le sue forme arrotondate, pettinò i capelli e scese nel salone, dove i suoi la aspettavano vicino ad un vecchio calice di ottone, trasformato in Passaporta.
Il Castello del suo promesso sposo, era costruito con enormi blocchi di pietra nera, era tetro e decadente. Però emanava potenza e solidità, in fin dei conti quella era una delle famiglie più ricche ed antiche del posto. Clarice sospirò e si accarezzò con un gesto rapido il ventre, era preoccupata e il suo bambino (o bambina) percepiva il suo stato d’animo, amplificando le sensazioni negative percepite all’inizio.
La famiglia di Durmstrang, li accolse sulla porta. Erano allineati in ordine di importanza: padre, madre, figlio primogenito e il resto dei suoi fratelli, le sorelle erano ultime e quasi nascoste dall’ombra del Castello.
La giovane strega storse il naso davanti a quell’ostentazione di potere, ma non disse niente, limitandosi a sospirare ed inchinarsi non appena il padre disse il suo nome; poi si isolò nel proprio mondo pensando a Severus ed alle sue magnifiche mani.
- Posso accompagnarti in sala da pranzo? - la voce dal forte accento bulgaro del giovane uomo la riportò bruscamente alla realtà e, presa in contropiede, non le restò che annuire ed appoggiare la propria mano sul braccio muscoloso di lui - Il tuo nome è difficile per me da dire. - le confessò - Dopo sposati, chiederò al sacerdote un nome bulgaro per te.
- Perché non una moglie bulgara, allora. - mormorò sentendo le guance arrossarsi per la rabbia.
- Perché le poche streghe rimaste, sono quasi tutte mie cugine. Volevo portare sangue nuovo in famiglie. - spiegò come se avesse imparato a memoria quella nozione.
- Ooh. - si limitò a mormorare Clarice, affatto interessata ai discorsi del fidanzato.
Il pranzo si svolse nel più completo ed imbarazzato silenzio. I commensali gustarono i piatti senza mai alzare gli occhi dal tavolo e, durante tutto il tempo, Clarice sentì una presenza nella sua testa, qualcuno che voleva provare a spiare. Appoggiandosi allo schienale della poltrona, chiuse gli occhi e si portò una mano alla fronte. Respirando come le aveva insegnato Severus, respinse facilmente quell’attacco fastidioso creando un’onda di magia potente che investì il capo famiglia, facendolo oscillare.
- Tutto bene, caro? - lo osservò la moglie sobbalzando.
- Avremo una nuora interessante. - sorrise cattivo - Sei un’occlumante naturale, signorina? - le chiese.
- Sì, signore. - annuì - Non creo volutamente simili barriere. È la mia mente che non gradisce ospiti indiscreti. - concluse pulendosi la bocca nel tovagliolo, non aveva quasi toccato cibo, ma si sentiva sazia.
- Interessante. - mormorò l’uomo.
Il resto del pranzo passò senza altri incidenti, alla fine del pasto Ian (il promesso sposo), in compagnia dei suoi fratelli e sorelle, propose alla famiglia di Clarice di fare un giro del Castello e, mentre la giovane strega stava per rifiutare, la madre accettò entusiasta per entrambe. Il padre di Clarice e quello di Ian, restarono nel salone per concludere alcuni punti importanti del loro contratto matrimoniale. La strega sorrise e, osservando il “suocero”, disse:
- È prevista una visita da uno dei vostri maghi guaritori, vero?
-  Sì, signorina. Prima di firmare questi fogli, tu sarai accuratamente visitata. Non vogliamo una sposa difettosa.
- Mi trova d’accordo con lei, signore. - sorrise Clarice che salutò con un profondo inchino, seguendo senza gioia alcuna Ian ed il suo noioso seguito.
Alla fine del tour del Castello, Clarice venne scortata in una stanza per gli ospiti dove trovò una vasca piena di acqua calda e dei teli puliti. Sospirando, si tolse l’abito che aveva indossato e si infilò nella vasca sospirando beata. Accarezzandosi il ventre, si permise di versare alcune lacrime. Severus le mancava terribilmente e avrebbe voluto lui vicino in quel momento.
Come se il mago avesse sentito il turbamento della giovane strega, evocò il suo Patronus a forma di cerva e, dopo averle affidato un messaggio, la osservò scomparire per raggiungerla.
 Clarice, che si era finita di lavare, sobbalzò quando vide apparire la cerva luminosa e pianse lacrime di gioia quando sentì la voce di Piton uscire dalla bocca del Patronus:
- Non sei costretta a sposarlo se non vuoi. Puoi diventare una grande Pozionista, non lasciarti vendere.
 Clarice accarezzò la cerva e la osservò sparire non appena terminò il suo messaggio. Con un nuovo sorriso ad illuminarle gli occhi, lei stessa evocò la propria lince sussurrandole un messaggio per il suo professore: “non mi lascerò comprare da nessuno, Sev. Non dimenticarmi... Ti amo...”.

Fece appena in tempo a far uscire la lince che bussarono alla porta. Era il medimago di famiglia che, con alcune infermiere al seguito, era arrivato per visitarla. La giovane strega si strinse il telo al petto, poi sorrise al medimago e lo seguì verso il lettino per permettergli di visitarla.
 Il medico osservò con attenzione le pergamene inviate dai colleghi del San Mungo, appuntò lui stesso alcuni promemoria poi si apprestò a visitare la ragazza che aveva girato il viso verso la finestra, evitando di guardare i presenti in faccia. L’uomo la comprendeva, quelle visite erano umilianti per le giovani donne e lui stesso pregava che quella pratica retrograda finisse in fretta.
 Per fortuna, già il primo incantesimo di diagnostica rivelò qualcosa di nuovo ed il medimago si apprestò a fare esami più mirati nella zona del ventre.
- Sei incinta. - le disse osservandola con attenzione.
- Lo so. - annuì lei - Volevano una vergine. Io non lo sono. Il mio bambino ne è la prova.
- Non desideri questo matrimonio?
- Lei vorrebbe essere venduto per salvare la famiglia dalla bancarotta? La stessa famiglia che in 17 anni non le ha mai dato un briciolo d’amore?
- Credo che non lo farei.
- Ma lei è un uomo, può farlo. Io in quanto donna, almeno nella famiglia Johnson, non ho diritto di replica. - ingollò a vuoto - La vita è preziosa, ed è degna di essere vissuta. Non mi sarei mai potuta uccidere. Mi sono innamorata. Ho fatto l’amore con la persona che mi ha amata ed accettata per ciò che sono. Aspetto un figlio da lui. Questo figlio salverà la mia vita. Non sarò schiava della famiglia di Ian. Non diventerò una giumenta da riproduzione. - concluse.
Il medimago le sorrise comprensivo, poi le propose di continuare la visita per verificare lo stato di salute del suo bambino. Clarice accettò sorridendo felice, osservò il medico armeggiare sul suo ventre piacevolmente rotondo ed osservò le prime immagini del suo bambino riflesse sul muro e pianse emozionata e felice.
- Il bambino sta bene. Le dimensioni sono corrette per i suoi mesi, ma devi iniziare subito a prendere alcune pozioni. - gliele scrisse su una pergamena - E mangia regolarmente. Mangia ogni volta che hai fame. Il tuo puntino deve crescere. - le sorrise.
- Grazie dottore. - annuì con un sorriso lei - Adesso faccia scoppiare lo scandalo. Voglio andare via da qui. Il prima possibile.

Il medimago annuì, le disse di vestirsi ed uscì per parlare con il signore del Castello ed i suoi genitori. Non appena l’uomo annunciò dello stato di gravidanza di Clarice, il Castello fu invaso da urla di ogni tipo e dal fracasso di vetri rotti.
La giovane strega Serpeverde sorrise e, finendo di allacciarsi le scarpe, aspettò il teatrale ingresso dei suoi genitori che non tardò ad arrivare. Il padre aveva gli occhi iniettati di sangue e rabbia, le si avvicinò minaccioso, pronto a percuoterla così forte da farle perdere il bastardo che aveva in grembo, ma il medimago si frappose fra lui e Clarice dicendo:
- Ogni vita è preziosa, signore. Se lei farà del male a sua figlia o al suo bambino, io la denuncerò e lei trascorrerà il resto della sua inutile vita in prigione.
-  Quella puttana non è mia figlia.
- Meglio puttana che vacca da riproduzione, signor Johnson. - rispose Clarice accarezzando il suo ventre.
- Cosa faremo ora? - pigolò la madre.
- Io sparirò. - annunciò Clarice osservando i suoi patetici genitori - Mi darete i soldi che mi spettano, o farò scoppiare uno scandalo di dimensioni epiche. - li guardò con un sorriso cattivo - Serpeverde fino al midollo. - concluse fiera.
- Non hai modo di fare scoppiare uno scandalo.
- Ooh sì invece. - sorrise serafica, aveva programmato tutto - Quel coglione di Ian è venuto ad Hogwarts per uno studio sulle Pozioni. Noi abbiamo il miglior Pozionista di sempre, no? È lì che mi ha sedotto. Dirò ai giornali che mi ha costretta a fare sesso con lui più e più volte durante il suo soggiorno perché suo padre gli aveva ordinato di fare esperienza prima del matrimonio e che le Pozioni anticoncezionali che mi ha dato erano difettose. Quando ha scoperto che dovevo essere io sua moglie, ha rifiutato perché mi aveva già sverginata e mi ha abbandonata pur portando suo figlio in grembo. - Rise davanti allo sconcerto dei suoi - E dirò anche che voi mi avete abbandonata, che avete creduto a lui ed alla sua famiglia solo perché hanno pagato i vostri debiti per farvi sbarazzare del mio bambino.
-  Non ne hai il coraggio. - tremo’ la madre.
- Ho già scritto tutto, madre. - la contraddisse - I miei articoli a tutti i giornali partiranno domani mattina se non tornerò a casa con voi e non mi darete tutto ciò che ho chiesto.

 Così, la famiglia Johnson lasciò le fredde terre della Bulgaria senza che i tre si guardassero più in faccia.
 Il signor Johnson firmò tutta una serie di documenti a favore di Clarice mentre lei preparava le valigie aiutata dagli elfi domestici. Il mattino dopo, la giovane strega, spedì le sue cose nella casa irlandese della sua ava Pozionista poi, in compagnia della madre, andò in banca per mettere in chiaro la sua situazione finanziaria.  Alla fine di tutto, Clarice osservò la madre provando per lei una pena infinita.
-  Addio signora Johnson. - la salutò.
- Non andare ti prego. - la implorò.
- È tardi. - si strinse nelle spalle - Non ho più niente che mi trattiene qui. Devo girare pagina. Essere una persona migliore, una madre migliore per mio figlio. Non ve lo lascerò usare come avete fatto con me.
- Sei cambiata. - sobbalzò.
- Merito dell’uomo che amo. - confessò, poi la salutò con un rapido abbraccio e si smaterializzò davanti alla porta della sua nuova casa.

La giovane strega si guardò intorno respirando a pieni polmoni, quel piccolo paese le trasmetteva un senso di serenità difficile da spiegare. Lei non era mai stata in Galles, ma aveva letto molto su quella Nazione dove aveva deciso di andare a vivere. Il villaggio dove si era appena materializzato non era molto grande, si affacciava sul Mare d’Irlanda e la casa della sua ava aveva una meravigliosa vista su una scogliera.
Clarice, entrò nella piccola casa aprendo magicamente tutte le finestre e la porta sul retro. Quella casa era rimasta disabitata per lunghi, lunghissimi anni e lei impiegò settimane per darle un aspetto vivibile, chiedendo l’aiuto di alcuni elfi domestici della famiglia Johnson che le erano comunque fedeli.
Quando la casa della sua bis bis bis bis nonna tornò linda e pinta, Clarice cercò un lavoro che fosse adatto a lei e alle sue competenze. La sua vicina, una sua coetanea incinta del suo secondo bambino, le indicò la bottega della curatrice che era già da tempo che cercava un aiuto.
La ragazza la ringraziò con un sorriso e, grazie alla pazienza della vecchia curatrice del villaggio, imparò molte cose nuove, come gestire il negozio ed i suoi affari. La giovane strega scoprì che la donna, che l’aveva accolta come sua apprendista, aveva frequenti commerci con la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, infatti tutti gli ingredienti per le Pozioni destinate a Severus partivano da lì.
- Clarice? - la chiamò la vecchia e saggia strega - Stai bene?
- Madame Sullivan, è sicura che mai nessuno della Scuola si è mai presentato qui?
- In tutti questi anni, non ho mai visto nessuno di persona. Molte comunicazioni, ma niente di più. - le sorrise - Intuisco che il padre del tuo bambino non sappia che lui sta per arrivare, vero?
- Sono stata egoista. Quando ho scoperto di essere incinta, dovevo sposare un altro uomo. Non ho detto niente al suo vero padre, non mi aveva mai detto che mi amava, non volevo che si sentisse costretto a sposarmi... - spiegò con un sorriso triste la strega più giovane.
- Dai tempo al tempo, bambina. Prima o poi tutto si aggiusterà. - le picchiettò con affetto la vecchia curatrice sulla mano, tornando poi al proprio lavoro.

Clarice, dopo quella conversazione, decise di scrivere una pergamena al Preside dove gli raccontò che non si era sposata riuscendo a scappare da quelle nozze indesiderate e che era andata a vivere nel villaggio della curatrice che riforniva la Scuola di erbe ed ingredienti per pozioni.
Lo pregò, inoltre, di non raccontare niente a Severus o agli altri insegnanti. L’uomo accettò a condizione che lei si diplomasse; fu con entusiasmo che Clarice accettò, studiando proficuamente e superando tutti gli esami con il massimo dei voti.
Gli anni trascorsero inesorabilmente. La guerra colpì di striscio il piccolo villaggio anche se nell’intera comunità magica si sparse la voce del negozio di erbe e ingredienti più rifornito di sempre e, molto spesso, i Mangiamorte andavano a fare i gradassi, pretendendo di avere il meglio dei suoi prodotti al minor prezzo. Per fortuna Clarice, aveva imparato a tenere a bada il suo carattere ribelle e, seguendo gli insegnamenti della sua tutrice, aveva sempre evitato di entrare in conflitto con chi credeva di essere in diritto di trattarla male perché più ricco. La giovane strega, poco dopo il suo trasferimento, aveva cambiato il proprio cognome in Prince sia per non essere riconosciuta sia per non essere facilmente rintracciata da Severus o dai suoi familiari, sia per tenere vivo il ricordo del suo unico vero amore usando il cognome della madre di lui; e, poco dopo, partorì il suo bambino un bel maschietto sano e forte che chiamò Daniel Severus James Prince. Non fu facile essere una madre single, ma lei fece del suo meglio impegnandosi per stare sempre vicino a suo figlio senza trascurare il suo lavoro.
La vecchia curatrice era morta poco dopo il secondo compleanno di Daniel e, non avendo una famiglia in vita, aveva lasciato tutto alla giovane strega che era stata la sua migliore e più capace apprendista.
Clarice si era rimboccata le maniche ed aveva dato nuova vita al vecchio negozio, rimodernandolo e rendendolo meno “cupo”.

  
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