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Autore: fra_eater    09/03/2018    2 recensioni
Dal testo: " Ho stretto il gioiello sorridendo felice, ridendo di quel nomignolo, quel Spina; un giochetto stupido associato a mio nome, il Rosaspina della principessa delle favole. Mi aveva fatto sorridere, mi aveva fatto credere di essere una vera principessa per lui.
Ora lo associo a una spina nel fianco, al suo fianco. Una spina fastidiosa con cui convivere, incapace di disfarsene."
Rose scopre la verità sul conto del suo amato Scorpius. Come reagirà, come farà a sopportare il dolore?
Storia partecipante al contest : Hotel Supramonte e cuori infranti, indetto da id_s sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Rosaspina
 
“Rose, devo dirti una cosa.”
Sorridevi. Sorridevi colma di eccitazione ieri sera mentre mi portavi in disparte, al caldo del caminetto, e intorno a noi la festa nella sala comune di Grifondoro era al suo apice. Ti ho seguito curiosa, ma al tempo stesso continuavo a bearmi della felicità in quella sala, orgogliosa di averne contribuito.
“Ieri Scorpius si è dichiarato.”
Cinque parole.
Cinque semplici parole che mi hanno trafitto come uno stiletto impiantato nel cuore che cerca lentamente di trapassarlo.
Poi il colpo di grazia: la tua mano sinistra protesa a mostrarmi un piccolo cerchietto argentato intorno all’indice. Ho smesso di respirare.
Non ti ho mai vista più bella e radiosa come in quel momento, Dominique. Sei sempre stata bellissima, ma la luce dell’amore ti dona particolarmente e accentua la tua bellezza.
Ti ho sorriso. Ho fatto violenza contro me stessa per sorriderti e non urlare.
“Ma, ti prego, tienilo per te” i tuoi occhi ghiacciati mi hanno scrutato con preoccupazione. Hai temuto che il mio sorriso forzato fosse il presagio di un rimprovero?
“Scorpius non vuole che si sappia. Sai, Al e James potrebbero non prenderla bene. Figurati zio Harry o tuo padre e…”.
Perdonami, Dominique, non ti ho ascoltato più. Non sono più riuscita a comprendere i suoni che uscivano dalla tua bella bocca con le labbra sottili, riuscivo solo a immaginare quelle labbra che si posavano avidamente su quelle di qualcun altro. Qualcuno che adesso sto aspettando in quest’aula del terzo piano.
Quando mi hai mostrato quell’anello, quel piccolo simbolo d’amore, istintivamente ho portato la mano sul mio torace, all’altezza della clavicola.
Il peso dell’anello argentato con la pietra nera era ancora lì, più pesante del solito, come aggravato dalla menzogna.
Non ti ho ascoltato più, non sentivo più niente intorno a me perché, come una stupida, pensavo proprio a questo anello, a questo piccolo pezzo di metallo giunto in allegato con una lettera pochi giorni fa, il giorno del mio compleanno; una lettera vera di notte falsa di giorno, alla luce di questo giorno che mi pone di fronte a uno specchio in cui ho paura di riflettermi.
“Buon compleanno, mia piccola Spina.
Un commento sarcastico, un sorriso inaspettato, una serie di bugie.
Ero così felice quando Scorpius mi ha allungato la lettera in biblioteca, attento, circospetto. Un occhiolino complice, la carta sottile che finiva tra le pagine del mio libro. Ho dovuto aspettare la sera per poter correre in camera, eccitata di leggere quelle poche parole impressionate da inchiostro verde. Ho stretto il gioiello sorridendo felice, ridendo di quel nomignolo, quel Spina; un giochetto stupido associato a mio nome, il Rosaspina della principessa delle favole. Mi aveva fatto sorridere, mi aveva fatto credere di essere una vera principessa per lui.
 Ora lo associo a una spina nel fianco, al suo fianco. Una spina fastidiosa con cui convivere, incapace di disfarsene.
La tengo qui la lettera, nella tasca dei jeans. La vorrei lacerare, dar fuoco insieme a quest’aula che si rimpicciolisce intorno a me come le sbarre di una prigione, come una fitta rete di falsi ricordi che assumono una luce sempre più sinistra, sempre più innaturale.
Che ho fatto per meritarmi questo? Ero così felice.
Felice.
Felice.
Felice per ogni bacio. Felice per ogni abbraccio, per ogni incontro nascosto. Ero eccitata ogni qual volta sapevo di incontrarlo; non stavo più nella pelle al pensiero di sentire le sue dita tra i miei ricci, le sue labbra contro le mie, il suo odore nelle mie narici.
E ora?
Ora mi sento vuota.
Non ho pianto ieri sera.
Sono andata via dalla festa. Non ho risposto a nessuno mentre salivo le scale del dormitorio. Tutto intorno a me, le voci, la musica, le grida, erano solo un rumore soffocato, un ovattato sottofondo che mi dava fastidio, che rimbombava come un cuore posto da solo in una cassa di risonanza.
Bum-bum.
Bum-bum.
Bum-bum.
Mi sono messa a letto senza togliermi i vestiti.
Sono stata a pensare a qualsiasi segnale, a qualsiasi cosa che mi fosse sfuggita o che non avessi voluto vedere.
Nella mia mente c’era solo l’immagine delle mani di Scorpius che lasciavano il mio corpo per stringere quello di Dominique, delle sue labbra che mi mordevano brutalmente e baciavano dolcemente le sue, dei suoi occhi spietati che mi guardano morire dentro.
Queste immagini mi hanno torturato per tutta la notte.
“La campionessa di Grifondoro in tutto il suo splendore.”
Sei arrivato, finalmente.
Mi alzo in piedi per osservarti meglio.
Non hai nulla di diverso rispetto ai nostri ultimi incontri.
Sei bello. Sei bello con i tuoi occhi grigi che sorridono con te, con i tuoi capelli biondo platino che sposti con il dorso della mano; ti lamenti della loro lunghezza, eppure sei così vanitoso da non volertene privare.
Ti avvicini e mi baci.
Sai di buono. Sai di falso. Ed è qui che stringo le labbra: non riesco a fingere con te. Non voglio fingere con te.
Ti allontano con un’espressione smarrita “Ti senti bene?” mi chiedi, levando la mano per spostarmi una ciocca di capelli che fermo subito.
Sei confuso.
“Lei ti bacia meglio di me? È migliore di me?”
Lo smarrimento nei tuoi occhi lascia spazio alla costernazione. Respiri a fondo mentre ti porti una mano tra i capelli, scompigliandoteli.
 Hai distolto lo sguardo. La mia piccola speranza che fosse un errore, che fosse tutto falso è appena crollata, disseminata come polvere al vento, come l’ultima briciola di controllo che avevo.
“Lei è migliore di me?” il mio urlo rimbomba nell’aula, piombando su di te come le grida di un coro tra i banchi deserti.
“Rose, calmati” cerchi di afferrarmi, ma mi allontano prima che tu possa farlo.
“Non mi toccare, lurido, schifoso…”
“Ti posso spiegare.”
“E cosa c’è da spiegare? Sono stata il tuo passatempo, il tuo trastullo passeggero, la tua puttana del momento?”
“Rose, non ti ho mai trattato come una puttana.”
“L’hai appena fatto.”
Non riesco più a trattenermi. Comincio a piangere e le lacrime scorrono veloci sulle mie guance. Il mondo mi sembra cadere addosso così come le forze. Mi accascio su una sedia e affondo le dita tra i miei capelli, osservando il pavimento. Le punte delle mie scarpe vengono presto picchettate dalle gocce che scendono dal mio viso. Non voglio che mi vedi così, non ne hai il diritto; ma non riesco a trattenermi.
“Non ti ho mai trattato come una puttana.”
La tua voce è calma, non è titubante.
“E come allora?” non riesco a guardarti in faccia. Tutto ciò sfugge alla mia logica.
“Avevo chiesto a Dominique di non parlarne con nessuno.”
“Non dare la colpa a lei” strillo, ritornando a guardarti.
I tuoi lineamenti sono duri, freddi. Sembri veramente furente. È la vergogna di essere stato scoperto che ti dona questa maschera?
“Tu mi hai fatto credere di amarmi” trovo la forza di mettermi in piedi, di ignorare queste gambe pesanti.
“Ma dove, dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore. Quello che dicevi che ti dava la forza per ignorare tutto, quello che doveva essere il nostro scudo una volta usciti da questa scuola. Mi hai solo usata!”
“Rose, finiscila! Sapevi benissimo che tra noi non sarebbe mai potuta durare. Insomma, guardaci!”
Non riesco a comprendere. Vedo le tue braccia aperte verso di me, verso quest’aula vuota, come se ci fosse qualcuno a vederci, ad ascoltarci. Il tuo sorriso finto, diplomatico, ormai lo conosco fin troppo bene per credergli.
“Io e te siamo così diversi.”
“Fino a poco fa sembrava andarti bene.”
Sbuffi. Quel piccolo spostamento d’aria che esce dalle tue narici incarna perfettamente il tuo stato d’animo.
Stai pensando a come cavarti da questo impiccio, come salvare la tua reputazione, come evitare che Albus conosca questa tua natura infida.
Perché me l’hai ripetuto tante volte “Non credo che Al la prenderà bene, se lo scopre”.
 I miei cugini potevano non approvare, Albus poteva pensare male. Siamo stati un anno a nasconderci, a cercare i posti più remoti di tutta Hogwarts per stare insieme; lontano dalle nostre Case, dai nostri parenti e amici bigotti che poteva non capire, non andare al di là dell’etichetta su noi imposta; ma forse il problema non era Albus, forse lo era Dominique.
Ora voglio sapere tutto.
“Da quanto tempo?”
“Cosa?”
“Da quanto tempo ti vedi con mia cugina?”
Non mi guardi; batti il piede destro a terra, nervoso.
“Porca puttana, Scorpius!” mi ritrovo a urlare “Da quanto tempo va avanti questa storia?”
“Tre mesi” gridi per sovrastare la mia voce.
Sento le mie palpebre alzarsi e gli occhi lucidi uscire dalle orbite e puntarsi sul tuo volto rosso di rabbia.
“Tre mesi?” mi manca il fiato “Sono tre mesi che vedi mia cugina a mia insaputa? Con che razza di coraggio da tre mesi a questa parte ti sei presentato da me? Come cazzo hai fatto a presentarti da me, a baciarmi, a prendermi in giro per tre fottuti mesi?”
“Non credere che ne vada fiero.”
“Ah, lo dubito! Cos’è? Dovevi vantarti con gli altri Serpeverde che il grande Scorpius Malfoy è riuscito a mettere a novanta non una, ma ben due delle cugine del suo migliore amico? Oppure ci sei riuscito anche con le altre? Dimmelo, ora sono veramente curiosa di sapere se ti sei fatto tutta la famiglia Weasley.”
“Non c’è nessun’altra e ti prego, Rose, non essere così volgare. Non è da te!”
Alzo le mani. Piango.
Continuo a piangere come una fontana, camminando all’indietro finché non sento il freddo muro di granito contro la mia schiena.
Quanto vorrei spaccare la tua testa vuota contro di esso. Quanto vorrei rompere la mia di testa e scordare tutto.
“E come sono io, Scorpius?”
Mi osservi con attenzione. Stringi le labbra ma non rispondi.
Infilo la mano nella camicetta e strappo la catenina con l’anello. Non mi sono fatta male. Il dolore interno combatte contro quello esterno e vince.
“Ecco come sono. Sono una pietra nera, una storia da tenere nascosta, da vergognarsi. Sono la tua spina nel fianco, la tua bestia immonda che usi solo per i tuoi comodi, per prendere e lasciare al momento opportuno. Non degna delle tue complete attenzioni, non all’altezza di stare al fianco di un Purosangue, non è vero?”
“E io allora? A vederti sognare in grande, a dover essere lasciato in disparte. La figlia degli eroi, la prima della classe, la Cacciatrice di Grifondoro, la regina rossa. Non sei forse tutte queste cose, Rose?”
Ti avvicini furente, veloce come un centauro. Il tuo volto è a pochi centimetri dal mio.
“Ti andava bene questa relazione proprio perché segreta, proprio perché nessuno avrebbe mai scoperto che te la facevi con me.”
“Io non mi sono mai vergognata di te. Io non ti ho mai tradito.”
“Per tradirsi bisogna amarsi.”
Un altro colpo. Chiaro, netto. La testa che scoppia, il cuore in frantumi.
Lo sento.
 Sento ogni piccola inclinazione nel mio cranio. Il tempo si ferma per permettermi di fissare queste iridi grigie, per vedere gli occhi furenti che fino a ieri credevo che mi amassero.
Ti allontani di scatto, permettendomi di scivolare lungo la parete che mi graffia la schiena attraverso la stoffa.
Sto piangendo Scorpius. Sto piangendo senza lacrime per le tue parole, per i tuoi gesti, per questo mio cuore che si è ormai sgretolato.
“Non doveva dirtelo Dominique, avevo intenzione di farlo io.”
“Quando?” la voce mi esce a singhiozzi. Ti volti a fissarmi, la tua espressione è meno dura. Devo farti pena.
“Non lo so. Non oggi sicuramente, forse domani.”
“La ami?”
Ridi.
Sento distintamente il tuo risolino di scherno. Quella piccola risata che mi dedichi quando dico una cosa al di fuori dalla comune logica, quel risolino che usi per uscire dall’imbarazzo e che mi ha fatto innamorare ulteriormente di te.
“Non lo so” rispondi e forse per la prima volta vi leggo onestà nelle tue parole “Non so dirti cosa sia l’amore.”
“E allora perché stai con lei?”
“Perché è la più bella di Hogwarts e di certo con lei non devo affaticarmi per essere alla sua altezza.”
 C’è troppa leggerezza nelle tue parole. Fa male, sempre più male.
La mia mano si muove veloce, quasi di sua coscienza. Prendo la bacchetta e te la punto contro.
Ti volti ma non fai una piega.
“È solo la bellezza che conta per te?”
“Che vuoi fare con quella bacchetta?”
 Hai ignorato la mia domanda, sai perfettamente quanto la cosa mi irriti.
“Vuoi forse uccidermi, Rosie?”
“Non chiamarmi Rosie! Glacius!”
Il getto di ghiaccio viene prontamente dirottato dalla tua controfattura. Hai la bacchetta stretta in pugno e io me ne accorgo solo ora. Mi conosci così bene da aver previsto che ti avrei attaccato.
“Impedimenta!” urli contro di me.
Non credere che sarà così facile.
Artis Temperus! Bombarda! Ebublio! Pietrificus Totalus! Bombarda! Expelliarmus!”
Divincoli la bacchetta in aria, continuando a urlare incantesimi che non ascolto mentre avanzo facendomi strada a suon di fatture.
Hai scelto lei perché è più bella di me. Hai scelto lei perché non ti fa sentire a disagio. Hai scelto lei senza amarla. Hai scelto lei perché non riesci ad amare me?
Expelliarmus!”
“Expelliarmus!”
I nostri urli all’unisono.
Sei stanco. Lo sono anche io.
Come siamo arrivati a tutto questo?
Se ripenso a un anno fa, quando timidamente mi baciasti su una guancia dicendomi “Sei bellissima” non avrei mai pensato che saremmo giunti a questo. Non avrei mai immaginato che i nostri momenti ad Hogsmeade, i nostri baci sotto il Mantello dell’Invisibilità di Albus, le nostre carezze e sorrisi fossero solo una mera menzogna, che per te non significassero nulla.
Crollo sulle mie gambe, sfinita.
Sento il pavimento freddo sotto i jeans. La mia felpa nera non riesca a proteggermi dai tremiti.
Che cosa mi hai fatto, Scorpius? Come hai potuto ridurmi così? A una pallida imitazione di me stessa?
Ho ancora il tuo anello stretto in mano. Mi raccontassi che apparteneva a una zia di tuo padre, che era un oggetto tramandato di generazione in generazione.
Mi ero sentita importante.
 Era solo una bugia, l’ennesima che ora preme sui miei organi come un tumore in rapida crescita; una metastasi disseminata che occlude arterie e vene, che preme sui polmoni e fagocita quei pochi brandelli di cuore che si ostinano ad andare avanti.
Sento i tuoi passi sul pavimento che si avvicinano a me.
Le tue scarpe nere sono lucide.
Le tue dita fredde mi passano sotto il mento e mi costringi a sollevare il volto, a vedere di nuovo i tuoi occhi grigi e non trovarci nulla se non il mio riflesso scarno, consumato.
“Non facciamoci ancora del male, Rosie.”
 Stringo i pugni. Solo mio padre può chiamarmi così.
“Sapevamo entrambi che non poteva durare oltre. Domani sarà un giorno nuovo e ci resterà un bellissimo ricordo.”
Irrigidisco la mascella e sollevo la bacchetta. Non te ne accorgi, sei troppo impegnato a guardarmi con dolcezza.
Ora basta con le tue bugie.
 “Sectumsempra.”
Non fai in tempo a realizzare. La maledizione ti colpisce in pieno petto, la tua bacchetta cade a terra e il tuo sangue ricade caldo sul mio volto, prendendo il posto delle lacrime che sgorgavano dai miei occhi.
Cadi a terra all’indietro con un rantolo sordo. Osservo il tuo corpo riempirsi di ferite, la tua camicia bianca divenire cremisi. Il tuo corpo trema come in preda a delle convulsioni, il tuo bel viso gronda sangue che lentamente si riversa sul pavimento di pietra.
Mi alzo per vederti meglio. Non mi suscita nulla vederti in questo stato pietoso.
“Hai ragione, Malfoy. Domani sarà un giorno lungo e senza parole.”
Poggio l’anello che mi regalasti sul tuo petto “Mi spiace, non posso accettare oggetti maledetti.”
I tuoi occhi cercano i miei e leggo il dolore; le tue labbra articolano il mio nome, ma non riesco a provare pietà nel vederti così incapace di contorcerti, di urlare, di chiedere aiuto.
Non provo più nulla.
Ed è solo merito tuo.
Vado via lasciando la porta dell’aula aperta. Non sono un mostro. Fra poco il corridoio sarà gremito di studenti e professori e qualcuno ti troverà.
Ora farò meglio a togliermi questo sangue di dosso.
Non voglio più nulla che appartenga a te.
 


N.d.A. Come detto nell'anteprima, questa storia partecipa a un contest indetto sul forum di EFP. Prima di questa, la storia ha subito due altre stesure dove vi erano altri personaggi coinvolti, partecipi, dove Dominique aveva un ruolo più preponderante e Rose era meno spietata. Ma con questa storia ho voluto mettere in evidenza la graduale rabbia che prende il sopravvento su una ragazza lucida, razionale, che non accetta di essere il bambolotto di nessuno. Scorpius dal canto suo è freddo, pericolosamente egoista e bugiardo e carico di insicurezze. Vuole Dominique per una facciata, per vanità, la stessa vanità che lo porta a essere colpito forse dall'unica persona che non ha il coraggio di amare come meriterebbe. 
Ho preferito dar luce a questa versione per far vedere come il dolore, pian piano, alla luce della verità, diventi follia in Rose. 
Spero di aver reso appieno la mia idea.
  
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