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Autore: DonutGladiator    09/03/2018    0 recensioni
Spoiler free~
Sklance (Shiro/Keith/Lance) molto soft in cui il nostro ex paladino rosso scopre di non essere invincibile e si becca l'influenza.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Rimpianto


 

Non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva preso l’influenza, ma è più che sicuro che quella strana sensazione di nausea che sente in quel momento, non debba essere niente di più che un po’ di stanchezza. Anche il fatto che per un attimo gli era sembrato che ci fossero due Lance, sicuramente era attribuibile alla stanchezza. Ne era sicuro.
Non si ammalava mai, lui.
Non riesce a capire perché il castano gli stia così addosso, insistendo da qualche minuto nel farlo andare a letto, dopo che l’ha beccato in un momento di debolezza, appoggiato al muro, con gli occhi chiusi, a riposare per pochi istanti.
Non si è fermato un attimo da quando è entrato nella Spada di Marmora, ma non può permettersi di riposare se vuole raggiungere i suoi obiettivi.
Non vuole avere rimpianti ma solo dare il 100% in ogni missione che gli viene affidata.
Per essere utile agli altri paladini ha deciso di lasciare ad Allura il posto che un tempo ricopriva lui, per aiutare tutti in un altro modo.
Non poteva permettersi di riposare, non quando doveva dare ancora di più se voleva essere veramente un aiuto nella missione di fermare l’Impero dei Galra una volta per tutte.
Se non si fosse impegnato dopo aver rinunciato a una cosa così importante, avrebbe sicuramente passato il resto dei suoi giorni a rimpiangere di aver preso quella decisione, che, per quanto dura, era l’unica che gli era parsa necessaria in quel momento.
In realtà, una parte di lui, nel profondo, la rimpiangeva già in quel momento, dato che vedere quelli che erano diventati per lui una famiglia era diventato molto più difficile.
Ma a Lance non aveva detto niente di tutto quello. Aveva insistito che Shiro lo stava aspettando nella sala delle simulazioni ma Lance non era stato convinto e ora continuava a parlare, dicendo qualcosa che lui non stava ascoltando.
-Keith! Ehi Keith, mi stai ascoltando?- domanda Lance, con quella sua voce decisamente troppo alta e fastidiosa.
-No.- risponde, sincero, spostandolo con un gesto della mano e facendosi largo dentro la stanza di simulazione, cercando di far reggere le ginocchia che sentiva cedere sempre di più verso il basso.
-Keith, sei in ritardo.- la figura del ragazzo sembra lontana anni luce dalla sua posizione.
Sa che non riuscirà ad arrivare fino a lui in quelle condizioni ma continua a camminare verso di lui, facendosi forza per continuare.
-Scusa Shiro.- biascica il ragazzo, facendo qualche metro verso di Shiro, che lo sta guardando preoccupato. Poggia una mano sulla spalla di Lance, che sta di nuovo dicendo qualcosa riguardo a quanto gli dia fastidio il suo atteggiamento e cerca di rimanere in piedi. Lance lo guarda dubbioso ma quando fa per sfiorarlo il ragazzo si stacca da lui malamente.
-Keith!?- domanda Shiro, visibilmente preoccupato, avvicinandosi ai due ragazzi.
-Tutto ok.-
-No, non stai bene. Shiro, non sta bene.- fa Lance, iniziando a elencare a Shiro tutti i sintomi che ha evidenziato in Keith. Il ragazzo capta la parola “influenza dello spazio” e gli scappa una smorfia divertita. Ancora con quella stupida storia.
-Non mi ammalo mai io. E l’influenza dello spazio non esis- non fa in tempo a finire la frase che sente di nuovo la stessa sensazione di poco prima. Non può permettersi di cedere.
Non può smettere di lottare, ma le gambe sono pesanti e non riesce a tenerle dritte, lo sguardo si fa offuscato e l’ultima immagine prima di perdere completamente i sensi è il volto dei due ragazzi che si protendono verso di lui, chiamando il suo nome.
Poi, c’è solo il buio.
Shiro lo ha afferrato al volo, prima che l’altro potesse cadere e sbattere la testa e Lance sta guardando entrambi con aria terrorizzata di chi non ha la minima idea di cosa fare in un simile momento ed è semplicemente terrorizzato.
-Sapevo che aveva qualcosa che non andava. Prima mi ha sorriso, Shiro. Ed è stato terribile.-
Shiro alza le spalle e osserva il volto di Keith. Ha le guance arrossate, ma il respiro è regolare e la sua espressione sembra tranquilla, sicuramente è provato per il ritmo che negli ultimi tempi deve tenere tra tutti quegli impegni. Il ragazzo stringe appena le labbra, pensando che anche lui ha caricato troppo quelle spalle e poi guarda Lance con dolcezza, sorridendogli complice, certo che l’altro lo avrebbe aiutato a far sentire meglio Keith: -Portiamolo in camera sua, sono sicuro che con un po’ di riposo tornerà il solito Keith.-
Lance annuisce e fa per avvicinarsi a Shiro, per aiutarlo a portare Keith, ma il ragazzo lo blocca sistemando meglio l’altro tra le sue braccia.
-No, tranquillo, ci penso io. È leggero.- è con poca fatica che Shiro solleva il corpo di Keith. È così leggero che il ragazzo si appunta a mente che deve fargli un bel discorso su come mantenere il suo corpo in maniera sana e che una buona quantità di cibo e di riposo sono assolutamente indispensabili per evitare simili situazioni.
Lance si avvicina a loro e posa una mano sulla fronte di Keith, misurandogli la febbre.
-Ah! Lo sapevo! Vedi? Avevo ragione io, scotta!- dice, come se la cosa più importante della situazione fosse che avesse ragione lui.
Shiro gli sorride e entrambi si avviano nella stanza di Keith, accompagnati dalla voce di Lance che non li lascia per tutto il tragitto.
 
Apre leggermente gli occhi e cerca di mettere a fuoco il luogo in cui si trova. Sbatte le palpebre per un po’ di volte prima di capire che è nella sua stanza.
Si sente malissimo in quel momento. È una stanchezza diversa rispetto a quando è uscito dalla prova della Spada di Marmora. Sente le ossa a pezzi, gli occhi pesanti e sa di non aver fatto niente per provare quella sensazione.
-Shi..ro.- sussurra, chiamando la figura vicino a lui, seduta a braccia incrociate.
Il ragazzo sussulta nel sentire quella voce, non si è accorto che l’altro si è svegliato.
-Ehi, Keith. Tutto bene?- domanda la voce anche troppo alta di Lance e che lui conosce troppo bene. Non sa perché ma sentire la sua voce e non quella calda e rassicurante di Shiro lo lascia per un attimo deluso. Cerca di alzarsi a sedere ma Lance lo trattiene in posizione sdraiata sul letto.
-Converrebbe riposare ancora un po’.- dice Shiro, sbucando da un punto cieco della stanza: -Non sei ancora in forze Keith, cerca di dormire ancora.-
Keith si rilassa quasi senza accorgersene nel percepire la sua voce e appoggia nuovamente la testa sul cuscino: -Mi dispiace.-
-Fai bene a dispiacerti. Pensa se fossi svenuto in missione. Avresti creato solo problemi.-
-Lance.- lo rimprovera Shiro, facendogli segno di stare più tranquillo: -Quello che Lance cercava di dire è che non puoi continuare così Keith. Stai facendo troppo, è ora di fermarti e lasciar fare qualcosa anche agli altri.-
-Faccio solo quello che posso.- Keith socchiude di nuovo gli occhi. Gli piacerebbe sentir parlare ancora entrambi, ma si sente così debole e così stanco che vuole solo tornare a dormire. Stava facendo un sogno prima di risvegliarsi, forse, se avesse avuto fortuna, avrebbe potuto riprenderlo da dove si era interrotto, con il volto di suo padre che sorrideva mentre gli passava un termometro.
Sorride mentre chiude di nuovo gli occhi, tornando a sognare quel ricordo. In realtà si è ammalato una volta quand’era più piccolo e suo padre gli era stato accanto per tutto il tempo, viziandolo e dandogli tutto il calore di cui aveva bisogno.
La voce di Shiro e Lance diventa a poco a poco più flebile mentre perde di nuovo i sensi.
Non vuole essere un peso per nessuno ma, in qualche modo, sentire che ci sono quelle persone su cui può contare è confortante. Sa che oltre a Shiro e Lance, ci sono anche gli altri che si saranno sicuramente preoccupati per lui e in quel momento vorrebbe solo alzarsi dal letto per far vedere a tutti che sta bene, che non devono preoccuparsi di nulla.
È un calore diverso quello che prova quando si trova in loro compagnia, un senso di appartenenza a una famiglia che ci sarebbe sempre stata per lui e che non provava da troppo tempo. L’affetto di qualcuno che l’avrebbe sostenuto e ci sarebbe stato se fosse caduto.
   
 
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