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Autore: Eirynij    09/03/2018    3 recensioni
Questa storia vuole essere un semplice pedinamento dei ninja di Konoha (e non solo) intenti a percorrere il loro viaggio più lungo: la vita. Piccole cronache del quotidiano mentre una minaccia si addensa ancora una volta per gettare ombra sul mondo conosciuto da Naruto Uzumaki e dai suoi amici. Non mancheranno avventure, paure, emozioni di ogni sorta e briciole di comicità miscelata al romanticismo mentre i fili rossi del destino si intrecciano inesorabili.
La coppie: NaruHina, SasuSaku, ShikaTemari, SaiIno, ChojiKarui e davvero molte altre sia inserite come riferimenti e che protagoniste.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Sai/Ino, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Temari
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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6. Il dolore della perdita
 
 
Maledizione, maledizione! Perché sono sempre l’ultimo a sapere le cose? Naruto imprecò per l’ennesima volta nella sua mente.
Stava beatamente mangiando la sua scodella di ramen da Ichiraku quando era comparso il maestro Iruka tutto meravigliato nel trovarlo lì invece che alle calcagna di Sasuke. L’ex membro del team sette era tornato e non si era minimamente fatto vivo con il biondo ma avrebbe sentito presto le sue lamentele: non poteva certamente credere di scampare alla ramanzina che il Grande Naturo Uzumaki aveva da propinargli. Il Jinchuriki superò di gran carriera la cinta muraria che segnava l’ingresso nel quartiere Uchiha precipitandosi fino all’unica casa con la luce accesa dove entrò senza bussare, quasi divellendo la porta.
Percorse con più calma i corridoi sbirciando in ogni stanza ma non trovò nient’altro che ciarpame ammuffito e cocci rotti, tanto che temette che lo shinobi dallo Sharingan fosse già ripartito per il suo errare eterno.
‹‹Sasuke?›› chiamò attraversando la cucina e raggiungendo il patio interno ‹‹Sasu…››.
La voce gli morì in gola vedendo il moro con la schiena appoggiata ad una delle colonne di legno intarsiato con Sakura che dormiva sul suo petto. Le ciocche rosa si diramavano nascondendole parzialmente il viso e formando una ragnatela sulla casacca scura dell’Uchiha. A Naruto bastò osservare le sopracciglia distese della giovane per capire che, finalmente, era felice.
Sasuke alzò il braccio sano lanciandogli un saluto silenzioso poi accarezzò dolcemente la testolina dell’Haruno facendo scorrere le dita tra i capelli setosi.
Naruto percepì ogni muscolo del suo corpo diventare rigido e pesante, cercò di riscuotersi invano da quell’immobilismo per fare una battuta o dare semplicemente il bentornato all’amico, ma qualcosa di primitivo gli bloccava il cervello e gli inaridiva la lingua. Gli sembrò di tornare indietro di almeno quindici anni, quando era solo l’orfano che tutti schivavano e che provava invidia per quel bambino considerato un genio. Si sforzò di ricordare che lui e Sasuke erano simili, erano amici, che aveva combattuto e smosso mari e monti per riaverlo a Konoha, che lottare insieme per la salvezza del mondo dei ninja era stato come aver ritrovato un fratello perduto, tuttavia la sensazione che l’Uchiha fosse ancora una volta un passo avanti a lui inondava ogni sua cellula.
Abbassò gli occhi sulla ragazza che riposava pacifica. Non è giusto. Lui era stato bastone che aveva permesso all’albero di ciliegie di crescere dritto e forte ma ora era un altro uomo a raccoglierne i frutti. Sono un illuso. Riportando a casa Sasuke aveva pensato che Sakura si sarebbe accorta finalmente di lui e l’avrebbe amato e scelto a discapito dell’Uchiha, ci aveva creduto davvero ma vedendoli abbracciati gli era crollata addosso la consapevolezza di essere stato sconfitto.
Alzò il braccio chiudendo la mano a pugno. Pensò che un cazzotto ci sarebbe stato proprio bene. Estrasse il pollice verso l’alto mentre contraeva i muscoli del volto costringendosi a sorridere. Le lacrime gli pungevano fastidiosamente gli occhi, le trattenne con grande sforzo: nemmeno lo scontro con Kaguya aveva richiesto un simile sacrificio.
Erano i suoi migliori amici e meritavano la sua benedizione. Non riusciva a parlare quindi aveva raccolto tutti i suoi sentimenti positivi in quel pollice alzato accompagnato da un sorriso.
Corse via prima che la maschera si spezzasse davanti a loro. I polmoni erano in fiamme mentre percorreva le strade semideserte del Villaggio, ormai era tardi e le persone si erano già ritirate al caldo nelle abitazioni e nei letti ornati da trapunte pesanti. Era un autunno freddo.
Anche Naruto aveva freddo: era gelato da sentimenti estranei, iniettati per errore nelle sue viscere e che lo facevano stare male. Gelosia nei confronti di Sakura, invidia contro Sasuke ma, soprattutto, rabbia verso se stesso perché non avrebbe dovuto sentirsi in quel modo.
Moccioso la Volpe intervenne notando lo squilibrio del suo Jinchuriki guarda che il tuo stato d’animo è normale.
No. Dovrei essere felice per loro.
Ogni tanto devi accettare di essere un uomo come gli altri rincarò il Bijuu.
Taci Kurama.
Il demone si ritirò chiudendo gli occhi scarlatti ignorando volutamente il ragazzo, lo conosceva troppo bene per non sapere che qualunque altra parola non avrebbe sortito alcun effetto positivo, anzi l’avrebbe solo irritato ulteriormente.
L’Uzumaki si pentì immediatamente di aver maltrattato il suo amico peloso ma decise che si sarebbe scusato in seguito, in quel momento provava solo il desiderio di distruggere tutto e non di aggiustare i torti fatti.
Inciampò ma, invece di ritrovarsi con il mento appiccicato ai ciottoli della strada, la sua caduta fu attutita da qualcosa di ben più morbido.
‹‹Naruto›› il sussurro strozzato di Hinata schiacciata dal peso del ragazzo riscosse il biondo che si alzò rapidamente scusandosi un paio di volte.
‹‹Stai bene?›› la mora aveva capito immediatamente che covava un problema.
‹‹Scusa›› ripeté il ragazzo prima di fuggire nuovamente verso l’ignoto, si sentiva denudato dall’empatia della Hyuga e non voleva mostrarsi a nessuno in quello stato.
Le gambe si muovevano da sole mentre l’aria cruda gli sferzava il volto. Quando finalmente i suoi piedi si arrestarono si ritrovò nel campetto circondato dagli alberi dove aveva svolto il primo addestramento con gli altri membri del team sette guidati dal maestro Kakashi. Poteva rivedersi inesperto e individualista cercare di dimostrare il proprio valore, sgattaiolare da un cespuglio all’altro per afferrare i campanelli del sensei guadagnando solo lividi, contusioni e un paio di dita dritte nel fondoschiena.
‹‹Naruto›› Hinata sussurrò il nome del giovane che si stagliava in mezzo la radura, alla luce della luna le ciglia chiare luccicavano intrise di lacrime.
Si avvicinò. Anche a lei erano giunte le voci sul rimpatrio dell’Uchiha e non dubitava che Sakura avrebbe tentato ancora una volta a perorare il suo amore per lui. Capì immediatamente che la sua amica aveva avuto successo e che l’Uzumaki aveva appena ricevuto la più grande delusione della sua vita.
lo abbracciò da dietro posando la guancia sulla schiena tremante: per la prima volta da quando lo conosceva riconobbe la fragilità in Naruto.
‹‹Ehi›› sussurrò.
‹‹Umh…››.
‹‹Considerami il tuo pozzo›› suggerì la Hyuga ‹‹riversa in me tutti i tuoi sentimenti negativi, io li custodirò al tuo posto e dal mio cuore non riaffioreranno mai››. Pensò di aver appena detto la cosa più stupida del mondo, l’avrebbe presa per scema e anche per invadente considerando che era ancora avvinghiata a lui. Non avrebbe approfittato di quel momento di debolezza per farsi avanti, desiderava solo confortarlo in qualche modo. Lasciò la presa allontanandosi di un passo, le guance imporporate rivelavano che era ancora la bambina timida di un tempo.
Il biondo si passò la manica della felpa davanti agli occhi asciugandosi le scie salate che gli solcavano la pelle. Si voltò.
‹‹Grazie, Hinata›› sorrise, questa volta senza sforzo. Il contatto con la ragazza gli aveva permesso di liberarsi un po’ del suo tormento, si era tranquillizzato e la stanchezza si stava impadronendo delle sue ossa.
‹‹Io ci sono sempre per te›› affermò la mora decisa ‹‹quindi se hai bisogno di parlare di qualcosa…››.
‹‹Sto bene›› la interruppe ‹‹andiamo a casa, Hina-chan››.
La accompagnò fino alla villa della sua famiglia, il tragitto fu scandito solo dal rumore dei loro passi ma il silenzio non era causato dall’imbarazzo, al contrario la Hyuga non aveva bisogno di parole per capire Naruto e lui non necessitava di sentire la voce della giovane per sapere che era al suo fianco, gli bastava avvertire il leggero e sporadico tocco della mano di lei che sfiorava la sua.
Si lasciarono al cancello stringendosi le mani con affetto. L’Uzumaki attese di non vedere più il profilo sinuoso di Hinata prima di avviarsi verso il suo appartamento.
Kurama… chiamò dentro di sé, doveva scusarsi con la Volpe.
Moccioso. Il demone rispose subito, era permaloso e avrebbe preferito tenergli il broncio per almeno un paio di giorni, ma l’osservazione che doveva fargli non poteva aspettare così tanto: credo che tu fino ad ora sia stato innamorato della ragazza sbagliata.
 
***
 
‹‹Che palle! Siete proprio una compagnia di merda›› Kankuro sbuffò sonoramente ‹‹Gaara continua a sospirare, fa pena! E tu, Temari, dovresti raccontarmi cosa è successo con il tizio delle ombre››.
‹‹Non sono affari tuoi›› rispose seccata la kunoichi ‹‹concordo, invece, sul fatto che il nostro fratellino dovrebbe sputare il rospo››.
Erano in viaggio verso Konoha da qualche giorno e questa conversazione si era ripetuta già un’infinità di volte.
‹‹Dai, dicci marmocchio›› il marionettista afferrò per le spalle il rosso.
‹‹Per te sono il Kazekage›› Gaara lo allontanò rapidamente non amando affatto il contatto fisico.
‹‹Ehi›› lamentò immediatamente lo shinobi ‹‹siamo una famiglia, dobbiamo volerci bene e confessarci reciprocamente i nostri segreti››.
‹‹Allora inizia pure a parlare dei tuoi problemi mentali, Kankuro›› sogghignò la ragazza ‹‹ti ameremo comunque per il demente che sei››.
‹‹Vi odio entrambi›› ringhiò scrocchiandosi le dita.
Camminarono per un po’ in silenzio, non mancava molto al Villaggio della Foglia e tra qualche ora sarebbe sorto il sole.
‹‹Mia moglie›› iniziò improvvisamente il kage con un sussurro ‹‹cioè quella che non lo è diventata…››.
‹‹Sanshouo non Jun›› specificò la bionda.
‹‹Si… ecco, non è affatto come sembra›› pronunciò il più giovane dei tre fratelli.
‹‹Ce l’hai già detto›› sbottò Kankuro ‹‹hai ripetuto la storia almeno dieci volte››.
‹‹Perché tu sei duro di comprendonio›› lo rimbrottò il Jinchuriki.
‹‹Aspetta›› li zittì Temari colta da un’illuminazione ‹‹ti sei preso una cotta per lei››.
‹‹Forse… so solo che mi viene spesso in mente… molto spesso›› ammise Gaara.
‹‹Credo che sia patologico questo attaccamento alla tua potenziale omicida, dovresti mettere più miglia possibili tra te e lei›› lo schernì il marionettista.
‹‹Quando eravamo piccoli una volta ho quasi ucciso anche te in una delle crisi in cui l’Ichibi si impossessava del mio corpo, eppure sei ancora qui, Kankuro. E poi doveva solo…››.
La giustificazione da parte del rosso fu interrotta dal coro dei suoi fratelli: ‹‹salvare suo nipote!››.
‹‹Senti, io non capisco perché ti piaccia ma se vuoi che faccia parte della tua vita, non come amica, devi dirglielo chiaramente›› l’ammonì la sorellona.
‹‹Una dichiarazione?›› Kankuro si intromise schioccando le dita ‹‹Buona idea! Fiori, una serenata e quando sarai sotto le coperte con lei…››.
Gaara lo guardò allibito mentre le sue guance si imporporavano.
Temari sorrise teneramente. Aveva sempre pensato che “impassibile” era il termine più corretto per definire Gaara: fin da bambini, eccetto la rabbia, non trapelava nulla da lui. Da quando avevano incontrato Naruto Uzumaki, però, i sentimenti negativi avevano lasciato l’animo del fratello dal quale avevano iniziato a provenire rare e sporadiche manifestazione di affetto, ma la bionda non l’aveva visto mai visto travolto da un’emozione tanto forte e spontanea. Per il ragazzo, cresciuto senza l’affetto dei genitori, concetti quali la famiglia e l’amore erano relativamente recenti.
‹‹Dietro al ginocchio è un punto…›› il castano continuava a spargere consigli il più delle volte assurdi.
La kunoichi si decise ad intervenire vedendo il minore in seria difficoltà davanti i racconti spinti del marionettista al quale mollò un destro nello stomaco: ‹‹Taci, pervertito!››.
Gaara si rilassò riacquistando un colorito normale. ‹‹Solo passando il più tempo possibile con lei saprai se è quella giusta›› gli sussurrò Temari all’orecchio.
Tempo… le riunioni coi kage gli avrebbero occupato la maggior parte delle giornate, nelle ore restanti avrebbe dovuto rielaborare quanto detto nelle assemblee, lavarsi, mangiare, dormire e andare da Jun per capire se avesse o meno qualche speranza con lei. A quale di queste cose posso rinunciare?
‹‹Fratello, per il tuo bene›› lo ammonì Temari ‹‹dimentica tutte le indicazioni che Kankuro ti ha dato su come si conquista una donna!››.
‹‹Tsk! Si da il caso che io sia un vero esperto›› esclamò indignato il ragazzo dal volto dipinto.
‹‹Certo›› ridacchiò ironica la kunoichi ‹‹ventitré anni vergine e nessuna speranza››.
 
***
 
Appena arrivata a Konoha, poco dopo l’aurora, Temari aveva lasciato i fratelli con una scusa e si era diretta in tutta fretta all’appartamento che Shikamaru occupava nel quartiere Nara: aveva abbandonato la casa dove era cresciuto appena dopo la morte del padre. Sua madre era forte ed occupava ancora quelle stanze impregnate di ricordi ma per lui era troppo, si sentiva soffocare.
Si era precipitata dal ragazzo dandosi della stupida per sentirsi come una scolaretta impaziente ma non vedeva l’ora di rincontrarlo. L’unica sosta che si era obbligata a fare era stata in una panetteria della via principale del Villaggio per acquistare un sacchetto di focaccine calde e fragranti.
Bussò senza ottenere risposta, quindi afferrò la maniglia notando che la porta era aperta.
Entrò titubante. Aveva visto l’abitazione solo dall’esterno senza mai percorrere il corridoio o visitare le stanze. Addentrarsi nel regno dello shinobi delle ombre le fece sorgere un sorriso eccitato sul suo viso. Starà ancora dormendo?
Raggiunse la sala principale che formava un open-space con la cucina mentre dalla finestra che il moro aveva dimenticato di chiudere con le imposte filtrava la lattiginosa luce del giorno.
Ma cosa…?
La kunoichi guardò l’oggetto morbido che aveva calpestato. Erano un paio di mutande viola in pizzo. Rimase sorpresa per la visione inaspettata e impiegò più tempo del necessario per capire che quella biancheria non era da uomo e, pertanto, non doveva assolutamente trovarsi lì. Osservò il circondario addizionando alla lista di articoli fuori luogo un paio di scarpe col tacco, un reggiseno intonato alle mutande e un vestito che giaceva stropicciato su una maglietta nera, stavolta maschile, con il simbolo della casata Nara.
Posò lo sguardo sul divano dove giacevano i corpi intrecciati di Shikamaru e Ino. Credette di essere nel posto sbagliato, in un mondo parallelo e irreale. È come essere in un sogno. Non riusciva a distogliere gli occhi verdi dal corpo della Yamanaka nudo e sinuoso adagiato su quello dell’uomo.
È più magra di me.
Shikamaru aprì gli occhi disturbato dalla luce. Sbatté un paio di volte le ciglia squadrando l’ambiente circostante. Aveva un mal di testa assurdo e non ricordava nulla della sera precedente se non che aveva brindato con la sua amica di infanzia in memoria dei loro padri almeno una ventina di volte. Una coppia di bottiglie vuote di sakè coricate sul pavimento ne erano la prova. Poi cos’è successo?
Sentì il corpo appesantito da quello di Ino. Perché diavolo è nuda? E io? No, io porto ancora i pantaloni… Allungò una mano per toccarsi la cintura: era slacciata. Con il dito percorse l’elastico dei boxer, almeno quelli erano al loro posto. Positivo, molto positivo. Guardò il soffitto bianco pitturato di fresco.
Merda. Ma l’abbiamo fatto o no? Devo smetterla di bere così tanto. Comunque non posso averlo fatto con lei… no, ubriaco com’ero non mi sarebbe andato nemmeno in tiro soppesò.
Alzò la nuca per guardare l’amica. Scusami Ino, non è cortese nei tuoi confronti, ma vorrei che qui al tuo posto ci fosse Temari.
‹‹Temari…›› davanti a lui si ergeva la kunoichi di Suna.
Sentendo pronunciare il suo nome la ragazza si riscosse, con estrema calma appoggiò le focaccine ancora fumanti sul kotatsu vicino il divano e si voltò andandosene a passo lento e controllato.
Il Nara si levò di dosso la ragazza che mugugnò una lamentela e corse appresso alla giovane della Sabbia chiamando il suo nome. Quando la raggiunse era finalmente riuscito ad allacciarsi i pantaloni e con le mani libere la bloccò prendendola per le spalle. Si aspettava di vedere le lacrime zampillare dagli occhi verdi, invece trovò solo il gelo e il silenzio pesante che sgorgava dalle labbra sigillate ermeticamente.
‹‹Di’ qualcosa… piangi, picchiami, sbraita, fa di me quello che vuoi ma non ignorarmi›› la implorò Shikamaru.
Temari si liberò dal ragazzo. ‹‹La riunione dei Kage inizierà tra poco. Ti conviene prepararti›› furono le uniche parole che riuscì a pronunciare con la voce incrinata.
‹‹Io, giuro, non è successo nulla›› si giustificò il ragazzo mentre la bionda si dileguava con uno slancio da parte delle gambe robuste lasciandolo scalzo e semisvestito davanti ad un errore incorreggibile.
La kunoichi non avrebbe pianto, l’ultima volta che l’aveva fatto era stato per la morte di sua madre e da allora aveva classificato la tristezza come un sentimento inutile. Si toccò la guancia mentre correva a perdifiato, saltando da un tetto al successivo, per raggiungere Gaara e accompagnarlo all’assemblea. Allora perché il mio dito è bagnato?
 
***
 
La conferenza dei cinque Kage era appena terminata dopo dieci ore di scambio di informazioni e di discussioni riguardo alle strategie più disparate: Gaara aveva concluso con un sospiro che la situazione era più tragica del previsto e, sebbene lo Tsuchikage consigliava una tattica attendista, la guerra era ormai inevitabile. L’Insurrezione di Ai aveva preso il controllo sui Paesi della Pioggia, dell’Erba e, a sentire quelli del Fulmine, anche del Paese della Cascata oltre che un’isola impervia a nord di nome Torinoshima abitata solo da animali selvatici.
Dopo aver salutato con un inchino rispettoso i colleghi, il Kage di Suna si avviò verso la residenza degli Hyuga dove dimorava Sanshouo no Jun. Erano diverse settimane che non la vedeva e percepiva a livello dello stomaco un leggero senso di oppressione. Mentre percorreva le vie affollate di Konoha scrutava nei negozietti e nelle botteghe per individuare un presente da portare alla giovane e a suo nipote.
‹‹Gaara›› il giovane si voltò vedendo che Naruto lo chiamava a gran voce e lo attese sollevato: trovava sempre rassicurante il volto energico dell’amico.
‹‹Come va? Il Sesto mi ha proibito di partecipare alle riunioni ma avevo proprio voglia di parlare un po’ con te›› il Jinchuriki della Volpe diede una pacca affettuosa sulla spalla dell’altro.
‹‹Mi fa piacere vedere che sei in forma›› il rosso ricambiò il sorriso ‹‹sto andando alla residenza Hyuga per vedere Jun, ti va di accompagnarmi?››.
‹‹Certamente!›› accettò immediatamente l’Uzumaki anche se i suoi pensieri erano rivolti a Hinata piuttosto che alla kunoichi della Pioggia: voleva ringraziarla per essergli stata vicino nel momento di grande difficoltà che aveva vissuto la notte precedente. ‹‹È quasi ora di cena, perché non portiamo alle ragazze un po’ di ramen?›› aggiunse mentre dal suo stomaco provenivano sommessi borbottii.
Dopo essere passati da Ichiraku, con sei porzioni abbondanti di ramen fumate (dose doppia per Naruto), i ragazzi furono ricevuti con riluttanza da Hyashi Hyuga che, nolente, si costrinse a rispettare le regole dell’accoglienza e li fece accomodare in una stanza con la figlia maggiore e l’ospite augurando loro buon appetito prima di dileguarsi enfatizzando la necessità di adempiere una marea di impegni prima di notte.
‹‹Tanuki›› il piccolo Shinki non faceva che ripetere in continuazione quella parola gettandosi sul rosso che, un po’ impacciato, cercava di assecondarlo al meglio delle proprie capacità.
‹‹Vieni qui a mangiare›› Jun cercò di convincere il nipote porgendogli la scodella.
‹‹Shinki mangia con Tanuki›› decise il bambino sedendosi in braccio a Gaara sebbene i rimproveri della zia gli ordinassero di non disturbare il ragazzo.
La cena trascorse allegra e spensierata: Naruto cercava di carpire informazioni sulla riunione dei Kage al ninja di Suna che, al contrario, non si sbottonava mentre Hinata, pacatamente, raccontava aneddoti dell’Accademia spiegando a Jun che il carattere irruento dell’Uzumaki risaliva a molti anni prima. Nel frattempo anche Shinki non perdeva occasione per attirare l’attenzione di Gaara costringendolo a dare alla sabbia la forma di innumerevoli animali finché, soddisfatto e con la pancia piena, si addormentò in braccio al Kage.
‹‹Finalmente è crollato›› sospirò la zia.
‹‹Già, è davvero vivace›› sorrise il rosso. Si sentiva negato nell’accudire bambini eppure non si era mai divertito tanto permeato dalla sensazione di essere normale: niente epiteti onorifici, nessuno a guardarlo col terrore dipinto negli occhi. Sono solo io.
‹‹Ti chiedo scusa›› riprese la ragazza ‹‹ti ha importunato tutta sera››.
‹‹Niente affatto›› Gaara scosse la testa accarezzando i capelli che crescevano radi sul testolino dell’infante.
‹‹Papà…›› mormorò Shinki nel sonno avvinghiandosi alla casacca del Jinchuriki dell’Ichibii.
A tutti i presenti sfuggì una risata sommessa vedendo la faccia stupita di Gaara. ‹‹Anche a me ogni tanto chiama “mamma”›› lo giustificò Jun ‹‹sono figure importanti per un bambino così piccolo, spero tu non voglia offenderti. Ora sarà meglio se lo porto nel suo lettino››.
‹‹Ci penso io›› si affrettò a dire Hinata che aveva stabilito un buon rapporto con la ragazza della Pioggia. Sollevò delicatamente il corpicino dormiente uscendo dalla stanza per tornare indietro subito dopo: ‹‹Naruto, accompagnami per piacere››.
L’Uzumaki si precipitò in soccorso della mora. Appena richiuse la porta scorrevole dietro le loro spalle, la kunoichi, con un filo di voce, gli disse: ‹‹Mi scuso per averti fatto scomodare ma mi sembrava opportuno lasciarli un po’ da soli››.
‹‹Si, è una buona idea›› approvò Naruto.
‹‹Jun non ha fatto altro che chiedere notizie sulla salute del Kazekage nelle ultime settimane›› spiegò la Hyuga avviandosi per il corridoio semibuio ma, vedendo che il suo compagno tardava a raggiungerla, si voltò ‹‹non starai origliando?››.
Lo shinobi non poteva negare l’evidenza: il suo orecchio era troppo vicino alla parete perché potesse inventare una scusa plausibile: ‹‹Vorrei solo che, per una volta, a Gaara andasse tutto bene››.
‹‹Sarà così›› lo tranquillizzò la ragazza.
‹‹Hinata, io ti devo ringraziare per ieri sera›› soffiò l’Uzumaki di getto.
‹‹Non ce n’è bisogno›› la mora scosse il capo ‹‹per te ci sono sempre››.
La luce della luna filtrava, lattiginosa, dalla finestra vicino alla fanciulla facendole risplendere gli occhi perlacei in contrasto coi capelli scuri. Le forme floride le conferivano un aspetto sensuale e materno al tempo stesso, in lei tutto aveva il sentore di famiglia.
Ma quanto è bella? Si ritrovò a pensare Naruto.
Lo è sempre stata, cieco di un marmocchio borbottò Kurama.
 
***
 
Shikamaru si era infiltrato nel casermone dove alloggiavano i Kage facendo finta di dover consegnare un messaggio per conto del Sesto. Non era riuscito a parlare con Temari dopo la riunione: la ragazza si era dileguata mentre lui era rimasto incastrato in una discussione con Kakashi riguardante le scartoffie che avrebbe dovuto consegnare entro il mattino successivo. Tuttavia, il Nara, invece di adempiere ai suoi doveri, si trovava a bussare a una porta sigillata da ormai diversi minuti.
‹‹Ti prego›› sospirò senza ricevere risposta.
Si accasciò con le spalle al muro disponendosi per rimare lì l’intera nottata se fosse stato necessario, prima o poi la kunoichi di Suna sarebbe dovuta uscire da quelle quattro mura.
‹‹Starei cercando di dormire io›› Kankuro dall’altro lato della porta rispetto lo shinobi delle ombre infilò la testa sotto il cuscino ‹‹perché diavolo non gli rispondi?››.
‹‹Fatti i fatti tuoi›› grugnì la sorella fissando insistentemente il soffitto nel buio della stanza.
Il marionettista decise di alzarsi poiché la scontrosità della ragazza era eccessiva anche rispetto il solito. ‹‹Fammi spazio›› la spintonò infilandosi sotto le coperte con lei ‹‹e dimmi cosa c’è che non va››.
‹‹Hai ancora pura del buio come da bambini?›› lo schernì Temari.
‹‹Non era il buio a spaventarmi ma Gaara›› le ricordò il ragazzo ‹‹e anche tu eri terrorizzata a dormire nella stessa stanza con lui››.
‹‹È cambiato tanto il nostro fratellino e adesso è anche innamorato›› la kunoichi si girò per guardare in volto il consanguineo, era strano vederlo senza i suoi minacciosi dipinti viola. ‹‹La mamma sarebbe orgogliosa di lui›› aggiunse.
‹‹E di te›› Kankuro le diede un buffetto sul braccio ‹‹quindi ora dimmi perché il tuo ragazzo si sta umiliando impedendomi di sognare beatamente››.
‹‹È finita, l’ho trovato con un'altra›› soffiò la ragazza ‹‹e ora riposa››.
Il castano sgusciò fuori dal letto e, con rapide falcate, raggiunse la porta aprendola.
‹‹Tema…›› Shikamaru sentendo la serratura si era alzato immediatamente.
Ricevette un pugno in faccia.
Diretto e cattivo.
L’occhio sinistro aveva iniziato a pulsare dolorosamente mentre un rivolo di sangue colava pigramente dal lato della bocca: si era morso la lingua. Si sentì sbalzato all’indietro e batté la schiena contro il muro alle sue spalle provocando un tonfo sordo. Il marionettista aveva bloccato il Nara coi fili di chakra e lo faceva penzolare a un metro da terra come un fantoccio di stoffa impedendogli ogni movimento così che non potesse sfoderare la sua tecnica delle ombre.
Kankuro l’avrebbe pestato fino a renderlo irriconoscibile se non fosse comparso, allarmato dai rumori, il drappello di ninja della Foglia a guardia della palazzina. Anche i sottoposti di Suna erano usciti dalle loro stanze arraffando le prime armi che capitava loro sottomano.
Lo shinobi del Deserto era furioso e il desiderio di vendicare la sorella gli scorreva bollente nelle vene: non pensava che Temari necessitasse di protezione, era la donna più forte che conosceva, ma voleva fare qualcosa per lei dimostrandole il proprio sostegno. Tuttavia, nella sua zucca era rimasto sufficiente buonsenso per comprendere che, se avesse proseguito col linciaggio, avrebbe creato un incidente diplomatico grave, minando il fragile clima di distensione che aveva caratterizzato, fino a quel momento, l’assemblea dei Kage. I massimi esponenti dei Villaggi sarebbero comunque stati informati di quello screzio e lui ne avrebbe probabilmente dovuto rispondere l’indomani. Lasciò la presa sul moro che si accasciò come uno straccio e, augurando la buonanotte ai presenti dopo averli rassicurati sull’innocenza delle sue azioni, tornò nella propria branda.
‹‹Shika, che sta succedendo?›› l’Akimichi a capo della sorveglianza notturna aiutò l’amico a ripulirsi dal sangue rappreso.
‹‹Sono un idiota›› cominciò a raccontare il moro riassumendo in poche concise parole l’errore che aveva fatto.
‹‹E Ino?›› chiese Choji sentendosi responsabile per averli lasciati soli ed ubriachi.
‹‹Non ricorda nulla›› sospirò il Nara ‹‹comunque anche lei pensa che non sia successo››.
‹‹Però…?›› il castano conosceva troppo bene l’altro per non sapere che la sua preoccupazione era rivolta altrove rispetto la Yamananka.
‹‹È stata Temari a trovarci›› confessò infine il Nara.
‹‹Merda…›› fu l’unica parola che il ragazzo riuscì a pronunciare.
‹‹Se fosse stata lei a conciarmi così ne sarei stato felice, invece fa finta che io non esista nemmeno›› Shikamaru sentì gli occhi inondarsi di lacrime. Non le trattenne: quella notte aveva già perso l’orgoglio, un’umiliazione in più o in meno non avrebbe fatto molta differenza. Per quanto riguardava la dignità, quella sentiva di averla persa nel momento in cui aveva mancato di rispetto alla kunoichi di Suna sostituendola per una notta con la sua amica di infanzia.
 
***
 
Erano rimasti soli e al giovane Kazekage si era formato un nodo allo stomaco, un groviglio di ansia e speranza. Non era un grande oratore e, anche al suo Villaggio, i giovani chunin, sebbene lo rispettassero molto, preferivano confidarsi con suo fratello piuttosto che con lui. A volte provava ancora la sensazione di essere guardato come il demone sanguinario che era un tempo. ‹‹Non ho idea di come si facciano queste cose›› sospirò frustrato.
‹‹Cosa?›› chiese perplessa la kunoichi della Pioggia.
‹‹Come si debba parlare ad una ragazza›› il Kage si trovava in seria difficoltà. Secondo le teorie di Kankuro avrebbe dovuto sporgersi verso di lei e iniziare a baciarla. Impossibile, non ho mai dato un bacio a nessuno, nemmeno sulla guancia ad un mio familiare.
Jun scoppiò a ridere: ‹‹Credo che tu mi stia sopravvalutando››.
‹‹Niente affatto›› si affrettò a contraddirla il rosso ‹‹sarei onorato di poter trascorrere più tempo con te››.
‹‹Non potrei mai chiederti di prenderti un simile impegno›› lo gelò immediatamente la ragazza ‹‹ho un bambino da accudire e da crescere››.
‹‹Mi sto offrendo io›› il rosso cercò di imprimere tutta la rassicurazione che poteva nella sua voce.
‹‹Sei un ingenuo›› la giovane fu lapidaria.
Respinto. Gaara lesse la freddezza negli occhi verdi dell’erede di Hanzo e tornò a sentirsi un mostro. Con le dita si sfiorò la scritta che si era impresso sulla fronte molti anni prima: amore. Io sono colui che ama solo se stesso. O, almeno, lo ero una volta… Guardò Jun intensamente sperando in un gesto diverso prima di alzarsi e salutarla rispettosamente.
Lei ricambiò l’inchino cercando di rimanere distaccata. Era stata molto combattuta sulla decisione di allontanarlo e aveva voluto concedersi un’ultima serata felice con lui. L’aveva osservato giocare con suo nipote e sorridere impacciato cercando di imboccare il bambino con le bacchette. Lo amava. Era un sentimento nato durante la missione di recupero e cresciuto sebbene la lontananza, nutrito dalle notizie che quotidianamente ricercava e dalle richieste di Shinki di rivedere il suo Tanuki. Ma, appena ricevette la conferma che i suoi sentimenti erano ricambiati, trovò la forza per effettuare la scelta più dolorosa. Addio. Una lacrima solitaria le solcò la guancia.
Trascorse i minuti successivi fissandosi le mani con l’intenzione di convincersi del bene delle proprie azioni, fu riscossa solo dal ritorno di Hinata e Naruto nella stanza: ‹‹Dov’è Gaara?››.
‹‹Se n’è andato›› rispose inespressiva la bionda.
‹‹Come mai?›› chiese la Hyuga apprensiva, le era chiaro che qualcosa non andasse.
‹‹L’ho cacciato›› riconobbe lei. Ringrazio il cielo che non abbia insistito, avrebbe reso il mio compito solo più difficile. Ha già talmente tante responsabilità e io non sarei che un peso.
‹‹Credevo che ci tenessi a lui›› sussurrò la mora.
‹‹A volte amare qualcuno significa lasciarlo andare…››.
Ma le sue giustificazioni furono subito interrotte dall’irruenza di Naruto: ‹‹Codarda! Gaara è gentile, degno di fiducia, tuo nipote lo adora e…››.
Jun si alzò in piedi piazzandosi davanti all’Uzumaki e, con tutta la ferocia che aveva in corpo, urlò: ‹‹Credi che io non lo sappia?››.
Il Jinchuriki rimase interdetto non riuscendo proprio a capire cosa passasse per la testa delle donne. La kuonichi della Pioggia si allontanò da lui e raggiunse la finestra.
‹‹Le nuvole della guerra si stanno addensando, stare vicino a me lo metterebbe ancora più in pericolo. Quando l’Insurrezione di Ai ci attaccherà sarà la mia testa la prima a cadere›› dichiarò Jun.
‹‹Preferisci perderlo che vederlo morire…›› convenne Hinata. Si era lanciata in un attacco suicida per salvare Naruto durante lo scontro con Pain e comprendeva perfettamente la scelta dell’erede di Hanzo. Io avrei fatto lo stesso.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Eccomi di ritorno con un mese di ritardo: per questo chiedo umilmente scusa! Ringrazio infinitamente tutti coloro che sono riusciti a finire questo capitolo particolarmente prolisso, spero di non avervi tediato troppo! Un grazie particolare va a chi vuole lasciarmi le sue impressioni in una recensione (positiva o negativa è tutto bene accetto). Poiché ho scritto la storia un po’ “a rate” spero di essere riuscita a gestire in modo dignitoso tutti i personaggi, sarei mortificata vedendoli rovinati. Attendendo un vostro gentile riscontro…
Un bacio,
Eirynij
   
 
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