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Autore: Debby_Gatta_The_Best    10/03/2018    1 recensioni
Ad ogni fandom equivale una AU scolastica uguale e contraria, e come poteva il famigerato universo di Mario esentarsi da questa legge della fisica? Aprendo questa storia, vi ritroverete di fronte al solito brodo riscaldato di bulli, fighetti, protagonisti stereotipati... o forse no?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Consilia/Farfalà, Daisy, Luigi, Peach, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[Rosalinda, 3^ persona]

Inizio novembre, notte



Sotto una tenda di coperte, accompagnata da una piccola torcia, Rosalinda leggeva alla meno peggio il libro scritto in un austero funghese medievale. Le lettere erano consumate dal tempo e la grammatica appariva alle volte incomprensibile, addirittura più di quella di certi individui su Facekoop.

Un trillo allegro la fece sobbalzare dallo spavento, e per un attimo si sentì gelare la schiena. Gettò all’aria le coperte, per poi guardare con occhi accusatori il piccoletto rumoroso.

«Che cosa ti ho detto prima?» sussurrò, modulando per quanto possibile un tono amaro.

L’esserino luminoso piroettò nell’aria, come a sottolineare il suo menefreghismo.

«Devi fare silenzio, okay? Non è così difficile… dormono tutti, non vogliamo destare sospetti, giusto?»

L’altro la guardava con i piccoli occhi neri, simili a due semi di fragola, senza capire.

La ragazza sospirò, poi spense la luce della torcia elettrica. Le finestre erano sbarrate dalle persiane scure, la fessura sotto la porta era stata tappata con un cartoncino fissato con lo scotch, e per sicurezza ogni luce era spenta. Eppure, Rosalinda continuava a temere per la sua privacy. Dopo tutto quello che le aveva detto il Sig. Pennington, vedeva ogni cosa attorno a sé come una potenziale minaccia.

E se all’inizio aveva pensato che forse tutte quelle strambe precauzioni potessero essere da paranoici, ora stava iniziando a ricredersi.



Stavo seguendo una pista molto intricata - aveva spiegato quando lei era andata a trovarlo in ospedale, qualche giorno dopo l’incidente - che mi ha portato sulle tracce di questo gruppo di criminali. Gentaglia immischiata nel contrabbando, spaccio di funghi, questo genere di cose… be’, sembrava un caso semplice, fino a che non ho scoperto qualcosa di più! Infatti, questi farabutti erano alla ricerca di qualcosa. Qualcosa di inimmaginabilmente prezioso, stando ai loro discorsi! Si erano accordati di recuperare questo qualcosa, ma sembra che qualcuno sia arrivato prima di loro. Li ho seguiti per tutta la notte, ma ad un certo punto uno di loro si è accorto di me, e pensa un po’, hanno pensato che fossi stato io a rubare quella cosa misteriosa! Io ovviamente ho spiegato loro che non potevo essere stato io, perché li avevo pedinati per tutto il tempo, ma loro non mi hanno creduto e mi hanno rivoltato la borsa, mi hanno anche rubato i soldi! E poi, be’, poi mi hanno probabilmente dato una botta in testa, non ricordo molto, e devono avermi gettato sotto la macchina sperando di sbarazzarsi di me! Ma non sapevano che nessuno può sbarazzarsi di Holmut Pennington così facilmente!”

Dopo un’ora di racconto, nella quale Rosalinda aveva utilizzato ogni energia per tenere alta l’attenzione, l’investigatore occasionale aveva concluso che, secondo lui, un’organizzazione criminale ancora più criminale doveva aver rubato quella cosa! E, visto che, secondo lui, i farabtutti in cui si era imbattuto non erano semplici briganti urbani o ladruncoli da quattro soldi ma veri e propri criminali organizzati, questi avrebbero fatto di tutto per riprendere questa cosa a loro rubata.

A quel punto, la ragazza si era sentita così male da rischiare di svenire.

Era dovuta tornare al suo dormitorio, al campus, per chiudercisi dentro e sbarrare ogni fessura con la crescente paura di essere spiata. E quando aveva preso il telefono con l’intento di chiamare Peach, si era dovuta fermare un attimo a riflettere.

E aveva capito che non avrebbe dovuto coinvolgere nessuno in quella faccenda, neanche la sua migliore amica.

Aveva iniziato a fare ricerche, spulciando la biblioteca scolastica con compulsiva ossessione; aveva girato sei librerie, alla ricerca di trattati sulle creature spaziali, e aveva cercato dei corsi extrascolastici dedicati alle forme di vita aliene, senza però avere successo.

Si era intrufolata senza permesso nella casa di Peach, rubandole un vecchio libro di favole a cui era molto affezionata, e il tutto mentre cercava di tenere nascosto quell’affarino luccicante dagli occhietti neri e innocenti.

Un affarino che però sembrava capace, da solo, di gettare all’aria ogni suo provvedimento.



«Sto cercando solo di salvarti. E tu mi ripaghi trillando come una campanella nel mezzo della notte?»

La creaturina non disse niente. Si limitò ad avvicinarsi timidamente alla ragazza, che allungò un braccio verso di lui e lo cinse delicatamente.

Rosalinda sentì il debole calore emanato dal corpicino pervaderla come una sorta di energia. Quella creatura nascondeva qualcosa di magico, sicuramente.

Abbracciandolo, se lo cinse al busto. Con la sua debole luce, continuò a leggere il vecchio libro per gran parte della notte.



«Allora, che ne dici di questo?»

Infilando una zolletta di zucchero oltre la cerniera del borsone, cercò di non dar nell’occhio mentre cercava di offrire il dolcetto a quello strano ospite.

In poco tempo la ragazza dai capelli platino era arrivata alla conclusione che il modo migliore per prendersi cura di quell’esserino era portarselo dietro. Seppur scomodo e rischioso, rimaneva meno pericoloso che lasciarlo nella sua camera, al dormitorio. Chiunque avrebbe potuto facilmente fare irruzione e rapirlo, oppure lui - o lei, qualunque cosa fosse - sarebbe potuto fuggire o farsi scoprire. Il modo migliore per occuparsene era, per la giovane, nasconderlo nella borsa e tenerlo costantemente sott’occhio.

Mentre con la sinistra teneva il segno al libro che stava leggendo, faceva attenzione alle mosse della creaturina. Sentì il flebile calore di questo accarezzarle il palmo della mano, e poi si sentì sottrarre la zolletta dalle dita.

«Rosy?»

Rosalinda sobbalzò, ritirando di scatto la mano dalla borsa e alzando lo sguardo. Si ritrovò a fissare negli occhi una Peach dall’aria vagamente confusa.

«Oh, ciao Peach.»

Nel dirlo, si portò la borsa in collo.

L’altra tentennò un attimo, guardandosi intorno, poi spostò la sedia del tavolino e si sedette di fronte a Rosalinda.

«Be’ - inizió con tono vagamente sospettoso - ciao...»

«Sta per caso succedendo qualcosa?» chiese con sorriso innocente lei, iniziando a pensare ad un milione di modi nefasti con i quali Peach avrebbe potuto carpire il suo segreto in quel momento.

«...no? Dimmelo tu, pensavo che fossi tu

Rosalinda faceva finta di non capire, ma in realtà capiva benissimo. In quegli ultimi giorni aveva risposto sfuggevolmente ai messaggi dell’altra, si erano viste di rado e aveva tenuto nei suoi confronti un atteggiamento misterioso.

«Vedi, non voglio saltare a conclusioni affrettate… - iniziò Peach con tono vago - ma, insomma, è una mia sensazione… o mi stai evitando?»

Rosalinda, distaccandosi per un attimo dall’aria composta e seria che teneva sempre, finse un’espressione accigliata.

«Evitando? No, no, cosa te lo fa pensare?»

Peach iniziò ad intrecciare le dita delle mani, con visibile nervosismo.

«Sembri un po’ strana… volevo solo sapere se va tutto bene, o per caso c’è qualcosa che non va tra… noi.»

«Non c’è niente che non vada tra noi! - Rosalinda sorrise, appoggiando una mano sulla sua - Sono solo un po’ stressata in questi giorni… sai, tra non molto avrò due esami e sto cercando di prepararmi al meglio...»

La ragazza avrebbe davvero voluto poter dire a Peach la verità. Peach era la sua amica, lì  al campus, e si conoscevano dalla prima superiore. Però questo era davvero troppo complesso da spiegare… e troppo pericoloso.

Peach, dal canto suo, abbozzò un sorrisetto poco convinto.

«Sono felice di non essere il problema - ridacchiò con una punta di nervosismo nella voce - insomma, mi stavo facendo venire dei dubbi… ma… sei davvero sicura che vada tutto bene?»

L’altra annuì con decisione, mentre chiudeva la zip della borsa senza farsi vedere.

«Vedi… è che mi sembra di star sbagliando tutto con tutti, in questo periodo...»

«Cosa intendi?»

«Ecco, forse l’avrai già notato, ma Daisy e io… c’è qualcosa che non funziona più tra noi. Però la conosco da sempre e non riesco a capire cosa la turbi… e credo di essere io il problema.»

«Non puoi dirlo con certezza, non accollarti una colpa di cui non sei certa» commentò lei mentre cercava di tener fermo il borsone senza dare nell’occhio.

«Ahh, sono abbastanza sicura di essere io che la sto facendo allontanare… da me.»

Sospirò, guardandosi sempre le mani. Poi alzò lo sguardo verso di lei, e continuò.

«Poi c’è Farfalà… non so se te l’ho fatta conoscere, mi sa di no, ma è una nuova che sto cercando di - gesticolò in modo buffo - “integrare” nella scuola… eppure anche lei sembra così distaccata, come se io la… come dire, la mettessi a disagio. Non riesco a capire se è il suo carattere o sono io che la metto effettivamente a disagio...»

Rosalinda iniziò a spostare lentamente la sedia. Dalla tasca aveva fatto scivolare fuori degli spiccioli, per pagare la colazione al bar.

«...e… anche Mario sembra evitarmi… lo vedo spesso parlare con Pauline e inizio a pensare che...»

«No, questo non dirlo neanche - la interruppe lei alzandosi con discrezione - li ho osservati, non hanno niente in comune oltre che l’amicizia. Sono amici d’infanzia, non succederà mai una cosa del genere!»

«Come puoi esserne certa?»

Mentre scivolava al bancone, Rosalinda fece una pausa per pagare e poi si voltò verso l’amica.

«Ti faccio un esempio pratico. Ti metteresti mai con Daisy?»

«Co… che diamine, no! Certo che no! Siamo cugine, e poi… che schifo! No, con Daisy proprio no!»

Rosalinda si divertì a contare il numero di “No” che Peach continuò a sfornare per qualche secondo.

«E non te lo dico perché non sono gay - aggiunse con voce più bassa - ma perché Daisy… eww»

«La tua faccia disgustata parla da sola - sorrise vagamente Rosalinda - ed ecco la risposta alla tua domanda. Mario e Pauline andavano alla scuola materna insieme, si conoscono da troppo tempo per piacersi… in altri sensi!»

Peach tirò un gran sospiro.

«Probabilmente hai ragione - sorrise - anche se… il sentimento di gelosia che covo sarà duro da abbattere...»

«Ricordati sempre che Mario non ti appartiene - l’ammonì con aria da saggia la ragazza - o finirai a pensarla come Bowser.»

L’altra a questo nome rabbrividì.

«Non sono come lui, lo sai bene!»

Rosalinda imbracciò la borsa e imboccò la via d’uscita, seguita a ruota da Peach.

«Ora… devi perdonarmi ma devo proprio scappar-»

La Principessa le afferrò il braccio con imprevista decisione.

«Rosy» Peach la costrinse a voltarsi verso di lei e a guardarla negli occhi

Lei rabbrividì nello specchiarsi nei profondi occhi dell’amica.

«Ti hanno fatto qualcosa?» sussurrò questa.

«No, che...»

«Seriamente Rosy, è una questione seria.»

Rosalinda dovette mordersi la lingua per non raccontarle tutto. Anche se dal profondo del cuore sentiva di doversi confidare con qualcuno, non poteva e non voleva mettere in pericolo altre persone.

«Non… mi hanno fatto niente… suppongo, cosa intendi?»

Peach lasciò la presa sbuffando e scuotendo la testa, indietreggiando di qualche passo.

Si spostò il ciuffo via dagli occhi stringendo un pugno dall’evidente frustrazione.

«Sei strana da… quando, due settimane fa? Quando ti è successo l’incidente in auto e sei tornata alle tre di notte!»

Rosalinda stava per ribattere, ma l’altra la fermò e continuò.

«Non mi hai voluto dire cosa stesse accadendo, ora ti comporti in modo strano, io non so più come comportarmi! Se ti hanno solo torto un capello, e a me puoi dirlo, giuro sul Rettore della scuola che...»

«Non mi è successo niente quella sera! E’ stato solo un incidente senza danni, davvero, nessuno mi ha fatto niente e io non mi sono fatta niente.»

Peach sospirò.

«Non mi hai ancora spiegato di preciso cosa eri andata a fare nel Quartiere Os-»

«Shhh!» si lasciò sfuggire lei, sull’attenti. Si guardò di sfuggita intorno, ma nessuno dei ragazzi che scivolavano dentro e fuori la Hall sembrava star prestando loro attenzione.

«Shhh? Che...»

«Stavi urlando! Vuoi spaventare tutto il campus?»

Rosalinda si sentì in pericolo. La borsa a tracolla si mosse, e per un attimo temette che l’amica l’avesse vista.

«Rosalinda, ma che ti sta succedendo?»

Le due si guardarono negli occhi per parecchi secondi. L’una accigliata, l’altra impassibile.

«Peach!» una voce chiamò la prima, che si voltò.

Rosalinda ne approfittò per indietreggiare di qualche passo e tirar fuori la bacchetta che teneva sempre nella tasca assieme al portafoglio. Un tocco, e si fu teletrasportata via.



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Commento d'autore

Perdonatemi i ritardi, ma sono davvero impegnata in questi ultimi tempi.


  
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