"Il povero Alessandro non si muoveva, non si muoveva più: era morto. [...] La sera prima era toccata a Prisco, e Giovanni e Luciano gli avevano legato una corda al collo e l’avevano buttato nel Tevere, il vecchio Prisco. [...] Ma ora c’era qualcosa di diverso, qualcosa di più spaventoso e cupo.
Quello non era Prisco, o Alessio o Sergio, quello che giaceva steso sulla pancia, con le mani chiuse a pugno accanto alla testa, era Alessandro, il piccolo Alessandro di Roma Nord, che aveva vent’anni ed una famiglia che gli voleva tanto bene e lo stava cercando.
Ma come ci era finito lì, a morire per un’ overdose di eroina steso su due coperte accanto ad una decina di quarantenni senza tetto e con nulla da perdere?"