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Autore: XtinaA    12/03/2018    2 recensioni
La mia prima storia in questo fandom e non poteva che essere una Thiam
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-Theo cosa ci fai tu qua? Ti ho sempre detto che se devi studiare devi andare alla scrivania della segretaria.- e a quel punto Liam capì di aver scambiato quello stronzetto per il suo psicologo. Studiare? Ma quanti anni aveva il bastardo? -Spero che tu non abbia infastidito il mio ospite. Io sono la dottoressa Tamora Monroe, molto piacere.- disse porgendo la mano a Liam che la strinse senza riuscire a dire una parola.
-Lei è la dottoressa? E questo... chi diavolo è allora?- domandò rivolgendo un'occhiata di fuoco al giovane che stava seduto ora scompostamente e con la braccia poggiate sulla nuca.
-Oh, lui è mio nipote Theo. Viene spesso a trovarmi per farmi compagnia tra una seduta e l'altra.- disse poggiando la mano sulla testa del ragazzo che stava rivolgendo a Liam uno sguardo di aperta derisione.
-Lui mi ha fatto credere di essere il dottore!- sbottò Liam alzandosi così violentemente da far cadere la sedia all'indietro.
La donna si voltò verso suo nipote che rideva di gusto. - Dovresti vedere la tua faccia in questo momento.- diceva tenendosi l'addome per il troppo
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Liam, Liam Dunbar, Theo Raeken
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice:
Salve a tutti! Sono una grande fan di Teen Wolf e ne sono ancora terribilmente orfana ahimè! Non frequento ancora tanto la sezione qua su EFP ma spero di rimediare tempo permettendo.
Questa è la prima ff che scrivo in assoluto su questo bellsissimo telefilm quindi spero di non aver fatto strafalcioni con la caratterizzazione dei personaggi. E' una storia molto semplice senza l'elemento sovrannaturale ma sempre ambiantata a Beacon Hills e qua mi fermo altrimenti vi spoilero tutta la trama.
Spero che vi piaccia nonostante tutto  >_< fatemi sapere cosa ne pensate e se c'è qualcosa che non mi ha convinti.
Ora mi eclisso e vi auguro una buona lettura!



                                                                 A Thiam Story




Se c'era una cosa che Liam Dumbar odiava era quando suo padre lo obbliga a fare qualcosa che lui non voleva fare.
Perché doveva andare a delle sedute con una vecchia psicologa per imparare a controllare la sua rabbia?
Quando mai ne aveva bisogno lui?
Ok, aveva distrutto gli armadietti negli spogliatoi solo perché il coach lo aveva escluso da una partita perché secondo lui Liam non si era rimesso bene da un infortunio, aveva rotto un braccio ad un ragazzo fuori dalla scuola solo perché lo aveva preso in giro per una sconfitta della squadra o solo perché aveva dato fuoco all'auto di un professore che gli aveva dato un brutto voto.
Ma erano davvero così importanti quegli episodi?
Solo per quello aveva dei problemi nella gestione della rabbia? Tutte cazzate, pensò mentre stringeva con forza la sua mazza da lacrosse.
Forse qualche problema lo aveva veramente ma non così grave da dover andare addirittura a colloquio con uno strizzacervelli. Rimise la mazza nel suo armadietto ed uscì dagli spogliatoi sentendo uno strano peso sul cuore.
Sapeva bene che tutti i suoi problemi erano iniziati quando sua madre erano morta di malattia vari anni prima. Crescere con un padre medico poco presente che lo trattava come se fosse ancora un bambino non lo aveva aiutato. Per un certo periodo aveva creduto di aver trovato una ancora di salvezza nei suoi amici, ma anche loro se n'erano andati, lasciandolo solo con la sua rabbia.
Scott, Malia, Lydia, Kira e Stiles erano tutti più grandi di lui di un anno e per questo, essendosi diplomati un anno prima, si erano trasferiti per frequentare il college altrove lasciando quel buco di cittadina che era Beacon Hills, dove le principali attrattive erano il manicomio chiamato Eichen House ed il grande boschetto che circondava la cittadina frequentato assiduamente da lupo selvatici e coppiette in cerca di privacy.
Così Liam si era sentito abbandonato, schifosamente abbandonato e per questo stringeva in maniera quasi dolorosa lo sterzo della sua auto.
Mason era partito per un breve viaggio con i suoi genitori e non poteva neppure contare su di lui per farsi forza e affrontare la maledetta strizzacervelli.
Varcò la soglia dello studio privato ed una segretaria, con un grande paio di occhiali sul naso, gli chiese le informazioni circa il suo appuntamento e lo accompagnò poi fino alla stanza del medico. Era una ampia stanza dalle pareti di un delicato verde, con una grande scrivania al centro.
Dietro vi stava seduto il suo fantomatico psicologo, anche se lui era sicuro di aver capito che si trattasse di una donna, tuttavia pensò che magari con un uomo si sarebbe trovato più a suo agio a parlare dei suoi problemi.
Liam poggiò lo zaino su una sedia e si schiarì la voce per attirare l'attenzione del dottore che aveva continuato a scrivere chissà cosa ignorandolo manco fosse invisibile!
-Mi scusi, non dovremmo iniziare la seduta?- sbottò alla fine. Ecco che alla fine aveva perso la pazienza come al suo solito per colpa di quel gran maleducato.
La penna del dottore si fermò di colpo e sollevò di poco lo sguardo per capire chi lo avesse disturbato. Liam non riuscì a compiere un solo passo in avanti, inchiodato com'era per terra da quegli occhi così terribilmente azzurri. Se per qualche istante aveva pensato di gettarlo dalla finestra, che si trovava proprio alle spalle della scrivania, quando quegli occhi si erano posati sui suoi Liam aveva perfino dimenticato come si chiamasse.
Deglutì a fatica e si ricordò di respirare prima di svenire per la mancanza di ossigeno ma solo quando l'altro distolse lo sguardo.
Liam era sicuro di non aver mai visto occhi come quelli e ne era rimasto totalmente affascinato.
-E lei è il signor ...?- gli chiese avvicinandosi ai numerosi fascicoli che c'erano sulla scrivania.
-Liam Dumbar. Ha preso mio padre l'appuntamento.- rispose Liam prendendo posto sulla poltroncina di fronte alla scrivania nonostante nessuno gli avesse detto di accomodarsi.
Il giovane uomo prese allora un piccolo fascicolo su cui svettare il suo nome e lo consultò rapidamente.
-Problemi di gestione della rabbia a quanto vedo signor Dumbar. O posso chiamarti Liam?- gli chiese lui con un sorriso angelico che ipnotizzò Liam, che persa ogni dignità pensava che quel medico se avesse voluto avrebbe potuto fargli quello che voleva, non limitandosi a chiamarlo solo per nome. Lo fissò imbambolato per qualche istante fino a quando l'altro non sollevo un sopracciglio.
-Ah... eh... certo che può chiamarmi Liam.-
Di nuovo un sorriso ampio e gentile che fece fare al cuore di Liam numerose capriole degne di un campione olimpico. Ma cosa diavolo gli stava succedendo?
Quasi rimpiangeva di essersi lamentato di dover fare le sedute con una vecchia megera. Almeno non lo avrebbe distratto continuamente con quel profilo così perfetto e quelle labbra così perfette che Liam non poté che passare la lingua sulle sue tanto lo stava attraendo quelle del medico.
-Quando sono iniziati i primi segnali di questo tuo problema? Qua dice al liceo ma tu credi che ci siano altri segnali riconducibili alla tua infanzia o comunque al periodo pre-liceale?- chiese lui unendo le mani davanti al viso.-
-Non che io ricordi. O forse si... Una volta ho squarciato il pallone di un bambino che non voleva farmi giocare con lui. Si può considerare come un segnale?-
-Temo proprio di si, Liam. Ti capita di avere molti episodi a scuola comunque. Cosa fa scaturire questa rabbia a scuola secondo te?-
Liam ci rifletté per parecchi istanti ma non riusciva proprio a darsi una risposta. Quando stava per rispondere una giovane donna di colore entrò nella stanza con numerosi fascicoli tra le mani che minacciavano di cadere da un momento all'altro.
-Mi scuso per il ritardo ma sono stata trattenuta al telefono.- disse e quando si voltò e vide che la sua scrivania era già occupata dal giovane, gli scoccò un'occhiataccia -Theo cosa ci fai tu qua? Ti ho sempre detto che se devi studiare devi andare alla scrivania della segretaria.- e a quel punto Liam capì di aver scambiato quello stronzetto per il suo psicologo. Studiare? Ma quanti anni aveva il bastardo? -Spero che tu non abbia infastidito il mio ospite. Io sono la dottoressa Tamora Monroe, molto piacere.- disse porgendo la mano a Liam che la strinse senza riuscire a dire una parola.
-Lei è la dottoressa? E questo... chi diavolo è allora?- domandò rivolgendo un'occhiata di fuoco al giovane che stava seduto ora scompostamente e con la braccia poggiate sulla nuca.
-Oh, lui è mio nipote Theo. Viene spesso a trovarmi per farmi compagnia tra una seduta e l'altra.- disse poggiando la mano sulla testa del ragazzo che stava rivolgendo a Liam uno sguardo di aperta derisione.
-Lui mi ha fatto credere di essere il dottore!- sbottò Liam alzandosi così violentemente da far cadere la sedia all'indietro.
La donna si voltò verso suo nipote che rideva di gusto. - Dovresti vedere la tua faccia in questo momento.- diceva tenendosi l'addome per il troppo ridere.
-Theo piantala immediatamente e chiedi scusa. Quando la pianterai con questi stupidi scherzi?- lo rimproverò la donna con le mani appoggiate sui fianchi.
-Figurati se chiedo scusa a questo sfigato. Se c'è cascato è solo colpa sua.- disse uscendo dalla stanza, ma non prima di aver rivolto un altro ghigno strafottente all'indirizzo di Liam.
Il giovane ragazzo fece per seguirlo fuori dalla stanza per pestarlo selvaggiamente quando la voce calma e controllata della dottoressa lo fermò.
-Liam sta pensando bene a quello che stai per fare? Capisco bene che mio nipote abbia esagerato, e per questo mi scuso e ti prometto che lo punirò personalmente, ma noi siamo qui proprio per questo, vero? Se ti sederai qua davanti a me e ne parleremo sarà il primo passo verso l'obiettivo che ci siamo prefissati io e tuo padre. Non vuoi sapere qual è?- gli chiese.
Liam sentiva gli occhi indagatori della donna fermi sulla schiena e, per quanto desiderasse rovinare i lineamenti di quel bastardo, non poteva negare che la donna aveva ragione.
Si voltò e rimise al suo posto la sedia prima di sedersi nuovamente. In fondo il bastardo aveva ragione a dire che era stata colpa sua se aveva creduto a quello scherzo di pessimo gusto.
-La ascolto.- disse facendo un profondo respiro.
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Quando Liam uscì dallo studio della dottoressa Monroe si sentiva effettivamente molto più calmo e rilassato di quando era entrato. Avevano parlato e tanto anche ed era servito a Liam sfogarsi come non faceva da tempo.
Le aveva confidato che quando sentiva che la rabbia stava per prendere il sopravvento si rifugiava nella musica. Ascoltare le sue canzoni preferite lo aiutava a distendere i nervi. Anche se c'erano delle volte in cui era così furioso che neppure la musica lo aiutava.
La dottoressa lo aveva ascoltato attentamente e gli aveva donato, o meglio prestato fino a quando ne avesse avuto assoluto bisogno, un piccolo oggetto rotondo che aveva chiamato Triskele.
Gli aveva detto che tenerlo per mano e ripetere tre parole che avevano un certo significato, lo avrebbe sicuramente aiutato. Liam era alquanto scettico riguardo quello strano oggetto ma apprezzo il gesto della dottoressa.
Sperò che almeno lei non fosse uno spreco di soldi per suo padre e che lo avrebbe aiutato per davvero con il suo problema.
Salì in macchina con il cuore leggero e quando si sedette si ritrovò il nipote della dottoressa seduto accanto a lui come se nulla fosse.
-E tu che cazzo ci fai qua?- ringhiò mentre stringeva con forza il Triskele che si trovava nella tasca della sua giacca. Provò a chiudere gli occhi e a ripetesi mentalmente tre parole che Scott gli aveva insegnato. Erano le tre cose che non possono essere nascoste: il sole, la luna e la verità.
Si ricordò di quando il suo amico più grande, che poteva considerare quasi come il fratello maggiore di cui aveva sempre sentito il bisogno, e sentì la rabbia lentamente fluire dal suo corpo.
-Voglio solo scusarmi con te per prima. Non volevo divertirmi a tue spese.- gli disse l'altro con un sorriso sul volto.
-Ti ha costretto lei non è vero?- gli chiese Liam scettico. Dubitava seriamente che dopo quel pessimo scherzo lo stronzo si fosse veramente pentito.
Theo fece un sorriso storto che parve sincero almeno per una volta. -Si, mi hai scoperto. Mi ha minacciato in modi che neanche vorresti sapere se non fossi venuto a scusarmi. Ma riconosco di essere stato uno stronzo e di essermelo meritato.-
Liam tamburellò sullo sterzo non sapendo se credergli o meno.
-Sì, sei stato molto stronzo e non credo che mi accontenterò delle semplici scuse.- disse Liam con una luce malefica negli occhi chiari.
Theo lo guardò confuso, il che non gli capitava quasi mai visto che era bravo a capire le persone e a portarle dalla sua parte con pochi sforzi.
-E cosa dovrei fare? Non ho intenzione di chiederti scusa in ginocchio.-
-Non servirà.- disse Liam prendendolo per il bavero della felpa e attirandolo a se per dargli quel bacio che aveva voluto dargli appena lo aveva visto.
All'inizio Theo ne rimase sorpreso e distaccato e mantenne le labbra serrate ma, mentre Liam stuzzicava la sua bocca con la lingua, la dischiuse per approfondire quel bacio.
Fece scorrere le nani lungo il collo ed il viso del più piccolo quasi come se non volesse interrompere quel contatto.
Quando entrambi furono costretti a staccarsi per riprendere fiato furono lieti di essere seduti, dato che le loro gambe erano diventate  molli come gelatina.
Theo si lasciò sfuggire un sorriso. -Wow, non ho mai baciato un semi sconosciuto nella sua macchina.-
-Beh se ti può consolare anche io solitamente prima di baciare qualcuno preferisco conoscere meglio la persona.- disse Liam sorpreso ma non pentito di quello che aveva fatto.
-Allora vediamoci di nuovo.- disse Theo voltandosi verso Liam.
-Mi stai veramente chiedendo di uscire dopo quello scherzo di merda?-
-Non dirmi che ce l'hai ancora con me per quello?- gli chiese con un sorrisetto strafottente sul volto.
-E va bene, ci sto.- annuì Liam soddisfatto.
-Bene. Allora ti scrivo il mio numero.- disse Theo prendendo un taccuino dalla tasca dei pantaloni.- Ci sentiamo al più presto per metterci d'accordo.-
-Certo.- rispose Liam non riuscendo a trattenere un sorriso. Diede un altro rapido bacio a Theo prima che il ragazzo uscisse dall'auto per rientrare nello studio.
Liam mise in moto con ancora quello stupido sorriso sul volto ed accarezzò il Triskele prima di partire verso casa sua.
La prima cosa da fare sarebbe stata sicuramente ringraziare suo padre per averlo costretto a recarsi all'appuntamento con la dottoressa Monroe.
Era strato un incontro fruttuoso sotto diversi punti di vista.
   
 
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