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Autore: Flos Ignis    13/03/2018    0 recensioni
Seconda classificata al contest "True Colours (of Your Soul)" indetto da Laodamia94 sul forum di EFP.
Terza classificata al contest "Un personaggio in cerca d'autore" indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP.
AU!Fantasy
Due anime spezzate sono destinate a incontrarsi: il loro passato, per quanto diverso, li rende due creature uniche al mondo e solo la presenza dell'altro potrà salvarli. Anche se loro ancora non lo sanno.
Il crollo di una miniera metterà in moto gli eventi: un soldato, inviato per prestare soccorso, incontrerà una giovane ferita nel corpo e nell'anima e deciderà di proteggerla. Non sa ancora che sarà grazie a lei che la spirale di vendetta in cui è invischiato da molti anni sarà interrotta, come non sa che lui stesso porrà fine alla depressione in cui era precipitata la giovane, dandole uno scopo.
Una strega bambina animata dalla vendetta, un soldato maledetto che ha fatto voto di proteggere, una ragazza con un grande sogno ed un corpo spezzato.
Volete scoprire come va a finire? Benvenuti in un Giappone antico in cui la magia può fare grandi cose, sia distruggere che guarire.
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genos, Metal Bat, Nuovo personaggio, Tatsumaki, Zenko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Esodo



Stay and say, that you won't go away
At all, Stay don't turn away
And promise you will heat my call


"Stay", di Ryo Ishido






Fubuki.

Quella ragazzina era la figlia di Fubuki, la Strega che anni prima era stata bandita dal Circolo Magico interno all'Impero a causa dei suoi esperimenti con la magia demoniaca.

Un tempo le era stato assegnato il nome di "Hellish Blizzard", perchè il suo potere era travolgente come una tempesta e i suoi nemici potevano solo pregare per la loro anima prima di finire all'inferno per mano di quella maga bella come una fata.

La sua anima poi aveva ceduto alle nefaste lusinghe del demonio e si era macchiata di crimini indicibili, aveva rubato antichi manuali di stregoneria e ne aveva scatenato i segreti per le strade della capitale, seminando caos e rovina ad ogni suo respiro.

Era stata latitante per più di un decennio, durante il quale in molti avevano sofferto le pene dell'inferno cui lei un tempo condannava i criminali, ma alla fine, come sempre accade, le libertà che si era concessa le si erano ritorte contro.

Perchè a creare un eroe sono le azioni di un cattivo.

Lei avrebbe dovuto saperlo, era stata dalla parte degli eroi, ma le tentazioni e la sete di conoscenza l'avevano spinta dall'altro lato della barricata e aveva lasciato a briglia sciolta i suoi poteri, esercitandoli senza alcun criterio.

Ed era così che Genos era rimasto orfano, aveva conosciuto la perdita e la sofferenza, camminando ad ogni passo affiancato da una Dama capricciosa e imprevedibile che sembrava averlo preso in simpatia. Per quanto lei affilasse la sua lama e la avvicinasse a lui, la sua falce finiva sempre per recidere i legami immortali di un altro essere mortale.

Il desiderio di vendetta di un sopravvissuto ai crimini di Fubuki aveva comportato la sua fine, non v'era nulla di strano in questo fatto.

Era tuttavia ironico che la figlia di colei che gli aveva provocato tanto dolore ora si ergeva davanti a lui, così potente nella sua piccola statura da sembrare quasi frutto di un'allucinazione, ma tanto reale da mozzare il respiro per la pressione della sua aura magica.

Il soldato si chiese quanti anni potesse avere: dodici, o forse tredici. Era persino più giovane di lui quando si era fatto giustizia da sè. La spirale inestinguibile della vendetta si stava restringendo sempre di più, il tempo correva così in fretta da non dare il tempo ai suoi abitanti di prepararsi a sufficienza prima di mettere in scena il primo atto delle tragedie che dovevano interpretare.

Provò compassione per Tornado, per un attimo. I capelli verdi fluttuanti, i piedi scalzi che si vedevano da sotto la gonna di un vestito troppo elegante e austero per quel corpicino acerbo, i pugni tanto stretti da far impallidire le nocche. Era davvero piccola, poco più che una bambina e già era stata così corrosa da sentimenti tanto oscuri e nefasti...

Ma poi la guardò negli occhi e la compassione fu soppiantata da un sentimento ben più egoistico: istinto di sopravvivenza.

Le creature che aveva evocato stavano chiaramente puntando a lui e alle due persone che ora stava proteggendo: se non avesse risolto in fretta la situazione, lo sterminio di quel villaggio un tempo pacifico sarebbe stato completo.

-Come ci si sente ad essere una preda, eh? Adesso capirai cosa ha provato mia madre quando è morta!-

La sua spada fino a quel momento aveva respinto le zanne di quelle creature, solide nonostante l'ombra che dava loro corpo, ma non avrebbe potuto continuare per sempre. C'era una differenza sostanziale tra chi attaccava per uccidere e chi per difendere se stesso e gli altri: il primo non si faceva scrupoli e nella quasi totalità dei casi, ciò lo portava alla vittoria.

Ma Genos non poteva permettersi una sconfitta, perchè già in troppi erano morti e chi era rimasto avrebbe portato la cicatrice di quanto accaduto per tutta la propria vita... lui compreso. Perchè quel giorno, lui aveva indiscutibilmente fallito.

Ma Kin era vicino a lui, gli aveva affidato la sua vita e insieme ad essa anche quella della bambina a cui stava facendo da scudo con il suo corpo per metà paralizzato.

Debole e disperata com'era, Kin aveva comunque trovato il modo per fare del suo meglio in una situazione senza vie di uscita. Proprio come aveva fatto lui, tanti anni prima...

La frazione di secondo in cui si distrasse a considerare le similitudini che lo avvicinavano a quella ragazza gli fu quasi fatale: osservando il mantello stracciato e il braccio sinistro graffiato, capì che se avesse rallentato il ritmo anche solo di un istante quelle bestie lo avrebbero divorato. Come se ciò non bastasse, la magia della piccola strega aveva ripreso a far tremare laterra. Non abbastanza da causare un nuovo terremoto, ma comunque forte a sufficienza da impedirgli di restare troppo a lungo nella stessa posizione, guastandogli l'equilibrio.

Quella situazione di stallo non sarebbe durata a lungo. 

Tornado attaccava, lui difendeva.

Le armi di lei erano la vendetta e la rabbia, lo scudo di lui la compassione e il suo giuramento di soldato.

Per un po' si erano equivalsi, ma era una situazione precaria quanto le vite che erano in gioco.

Sarebbe bastato un minimo elemento di disturbo a rompere la loro concentrazione, e allora la vittoria sarebbe andata ad uno solo.

La spada iniziava a pesare tra le mani di Genos, ma aveva notato che anche la magia di Tornado si era affievolita, troppo indomabile per sottostare ai comandi di una strega così giovane e inesperta, per quanto talentuosa.

Le rispettive difficoltà davano ampi margini di attacco all'avversario, ma erano entrambi dotati di una volontà e una forza d'animo tanto vasti da sorreggere le loro stanche membra anche dopo lunghi e sfibranti scambi di colpi, che ancora non davano i frutti sperati.

L'abilità e l'esperienza del soldato erano superiori a quelle della strega, ma lei non aveva limitazioni, non aveva la necessità di difendere nessuno e questo le forniva un notevole vantaggio tattico.

Incantesimo, schivata, affondo, parata.

Le sequenza di queste azioni si era ripetuta in varie modalità, gli scambi andavano avanti ormai da diverso tempo e la stanchezza aveva fatto sbagliare più volte entrambi, che ora mostravano diverse ferite superficiali sul corpo.

Ciò che avrebbe deciso le sorti dello scontro stava per avvenire.




Non poteva che essere un incubo.

Dal crollo della miniera allo scontro mortale che stava avvenendo intorno a lei, tutto doveva essere stato solo un parto della sua mente, forse complice la stanchezza e la frustrazione che provava sotto pelle da troppo tempo.

Quando aveva visto quei mostri senza volto avvicinarsi con i loro denti aguzzi si era spaventata come mai in vita sua, per cui si era gettata a peso morto su Zenko, sperando di proteggerla come poteva. La bambina si era aggrappata a lei come a non volerla più lasciare andare, ma anche se avesse voluto, e così non era, non avrebbe mai potuto farlo. Difendere quella piccola vita tra le sue braccia era tutto ciò che era in grado di fare e non si sarebbe arresa.

Non era abituata a compiere sforzi del genere, a tenerla sveglia e reattiva era probabilmente solo l'adrenalina dovuta alla situazione, ma percepiva i tremori alle braccia e il dolore dei graffi che si era procurata strisciando a terra, quando aveva cercato di salvare la madre della bambina che ora urlava qualcosa di incomprensibile vicino al suo orecchio destro.

Genos sopra le loro teste combatteva con tutte le sue forze per proteggerle, mentre lei non poteva fare... niente. Tutto ciò che le era concesso era di restare lì a farsi difendere come una principessa delle favole.

Ma lei aveva sempre odiato quelle fiabe, da piccola diceva sempre a suo padre che voleva partire a cercare il suo principe da sola, viaggiando per il mondo e lasciando che fosse solo il suo cuore a decidere, non il mutevole Fato. Nel frattempo sarebbe diventata una Guaritrice, così che nessun altro bambino sarebbe dovuto crescere senza madre come lei, non se avesse trovato un modo per curare tutte le malattie esistenti.

Poi era caduta da cavallo, le gambe avevano smesso di risponderle e suo fratello era morto. I due fatti erano accaduti a distanza di appena un anno e questo l'aveva segnata in modo indelebile, era cambiata e ciò che era diventata era proprio chi aveva odiato da bambina: una ragazza debole, che doveva aspettare un principe che la salvasse, perchè da sola non era in grado di farlo.

Si era lasciata andare, aveva vegetato in silenzio, le sue uniche compagne erano state la natura e la lettura.

Aveva imparato da autodidatta alcune misture per la febbre e contro le infezioni, decotti per trattare raffreddori e piccoli problemi comuni, ma c'era ancora così tanto che lei non sapeva! Per un Guaritore era forse così indispensabile poter camminare?

Eppure era rimasta ferma, immobile, in attesa di un miracolo che sapeva non sarebbe arrivato, perchè era stato più facile convincersi di non potercela fare, che nelle sue condizioni sarebbe stato impossibile realizzare il suo sogno.

Piangere il lutto per Bad, che sempre l'aveva difesa e supportata, era sembrato meno doloroso mentre rimaneva immobile come una statua di cera. Quelle rare volte che aveva tentato di andare avanti, di superarlo in qualche modo, aveva sentito i lembi del suo cuore lacerarsi nuovamente, come se lui stesse morendo una seconda volta mentre lei faceva un passo lontano da lui e dal suo ricordo.

Quindi era rimasta ferma a tanti anni prima, rinunciando a se stessa per non dover abbandonare quell'appiglio che aveva trovato per non annegare in quel mare di dolore che le aveva invaso l'anima.

Papà... mi eri rimasto solo tu, ma ora mi hai lasciata sola!

-Mamma... mamma...-

Zenko ora non piangeva più, ma sembrava sotto shock. La sentiva tremare contro di sè, piccola e fragile nei suoi otto anni appena compiuti, disperata per la sua condizione di orfana.

Non poteva fare niente per Genos, non era una combattente, ma poteva rendersi utile proteggendo Zenko.

-Shh, calmati piccola, ti proteggo io...Stai tranquilla, ci sono io qui con te.-

Non avrebbe mai lasciato che anche lei si facesse male, a costo di morire.

Era terribilmente stanca di restare ferma a guardare gli altri perdere la vita, non l'avrebbe più sopportato. Loro due erano appena rimaste sole al mondo, strette in quell'abbraccio disperato stavano cercando insieme il modo di sopravvivere e se potevano farlo era grazie a quel ragazzo che stava dando il tutto per tutto per battere quella strega e al tempo stesso difenderle. 

Una scossa più forte delle altre fece crepare la terra poco lontano da dove si trovarono, e ciò le fece urlare per lo spavento. Se si fosse aperto un crepaccio sotto di loro non avrebbero potuto fare nulla per salvarsi, sarebbero state spacciate.

Genos si distrasse per controllare che stessero bene dopo averle sentite gridare, ma in battaglia era sconsigliabile distrarsi: la strega ne approfittò generando una decina di ombre in una volta sola, sembravano lupi grandi come cavalli e come un branco avevano attaccato tutti insieme il soldato, che si difese al meglio delle sue capacità.

Non bastò. 

Kin lo vide perdere molto sangue, la spada gli fu strappata via di mano e una delle sue braccia era stata ridotta in pezzi, lei stessa ora poteva vedere a occhio nudo le correnti magiche che animavano quell'arto, ma la sua mobilità era stata annullata.

Ora era disarmato e senza un braccio. Quando Kin vide uno di quei mostri demoniaci avventarsi velocemente su di lui pensò che fosse la fine, credette veramente che quel giovane coraggioso fosse sul punto di essere ucciso.

Il suo nome le uscì spontaneamente dalle labbra, prima con un urlo disperato e poi in un sussurro incredulo.

Una grandiosa esplosione aveva eliminato tutte le bestie evocate dalla piccola strega, la quale aveva perso il controllo sulla sua magia: le scosse smisero di aprire il terreno e le ombre smisero di dare corpo a quei mostri spaventosi.

-Ora... basta. Non sei di certo la prima strega che combatto. Come credi che abbia sconfitto le altre? Senza dubbio le tue evocazioni sono potenti, ma sei ancora solo una bambina. Ti toglierò la tua magia, dopodichè verrai imprigionata per aver sterminato questo villaggio. Arrenditi e risparmiati l'umiliazione di venir sconfitta.-

-Non credi di essere diventato un po' troppo arrogante? Fin'ora mi sembra che ad aver subito maggiori ferite sia stato tu... o sbaglio?-

-Dunque è questa la tua risposta. Come preferisci, non dire che non ti avevo avvertito.-

E poi il cielo e la terra divennero una sola, meravigliosa scenografia per la forza magica che Genos sprigionò: usò il braccio che gli era stato distrutto come innesco per far deflagrare la magia che ancora conteneva, staccandolo dal suo corpo.

Le fiamme furono alimentate dal sangue e un fumo denso e nero appesantì l'aria, rendendo difficoltoso il respiro per tutte e tre le ragazze presenti. L'unico che non sembrava soffrirne era il soldato, che ne approfittò per recuperare la spada e infliggere una profonda ferita alla gamba sinistra di Tornado, troppo concentrata sul suo stesso respiro per accorgersi del pericolo.

Il suo grido di soferenza rimbombò in quella cupa atmosfera, prima che la responsabile di tanta distruzione cadesse in uno stato di incoscienza, esausta per il dispendio di energie e le ferite riportate.

Genos sospirò di sollievo, poi si voltò verso di lei: i loro sguardi si incrociarono, ma Kin fece appena in tempo a percepire il sollievo che era apparso in quegli occhi di tenebre a vederla sana e salva, prima che anche lui cadesse a terra, privo di sensi.

-Genos!-

No no no...

Non poteva succedergli nulla, non doveva morire... non voleva che morisse!

Non le importò nulla di Tornado che venne portata lontano, al sicuro, da una delle sue creature d'ombra, evocata nella semi incoscienza in cui si trovava, non le importò delle ferite che si procurò strisciando verso di lui, non le importò nemmeno che Zenko, ripreso un po' di coraggio, la aiutò a sollevarsi abbastanza da farle raggiungere il loro difensore più velocemente.

Diede velocemente le istruzioni alla bambina su dove trovare la sua borsa con le erbe che conservava per le emergenze, sperando con tutto il suo cuore che ne avesse a sufficienza per curare quel ragazzo dall'animo nobile che aveva rischiato la vita per la loro.

Resta, non andartene!

Continuò a lavorare sui morsi, i graffi e le ustioni più gravi, limitandosi a pulire tutte le altre al meglio delle sue possibilità, e continuò a farlo per molte ore, ignorando la stanchezza e la luce del sole che mano a mano andava scomparendo dietro i monti.

Non andare via, non anche tu! Devi svegliarti e dirmi che stai bene!

Era ormai notte quando si permise di riprendere contatto con la realtà: ormai doveva solo aspettare che Genos si risvegliasse.

Si appoggiò con la schiena ad un masso lì vicino, appoggiando la testa del ragazzo sulle sue gambe. 

-Zenko, vieni qui... inizia a fare freddo.-

Strinse a sè la bambina mora, che pochi minuti dopo cadde in un sonno agitato come quello di molti altri dei bambini del villaggio.

In tanti erano corsi da lei a chiedere aiuto, ma aveva potuto solo dare indicazioni vaghe tanto era concentrata a curare il suo salvatore. Si era poi assicurata che tutti i bambini non fossero feriti e aveva curato i pochi graffi che si erano fatti, ma a preoccuparla di più erano i loro spiriti.

Lei stessa si sentiva devastata dopo quella giornata terribile.

Finalmente, stringendo a sè le due persone con cui aveva affrontato quel terribile giorno, si permise di piangere il suo lutto cadendo in un sonno leggero e tormentato da incubi sanguigni come la terra su cui riposava.




Cosa è successo?

Il suo risveglio fu lento, la sua coscienza galleggiava in un beato mare di pace e i ricordi riposavano docili come neonati, addormentati sul fondo della sua anima.

Provò a muoversi per capire dove si trovava e cosa fosse quell'odore tanto familiare che sentiva, ma una voce dolce, chiaramente femminile, lo dissuase dal suo intento.

-Fermo, non ti muovere. Ho chiuso la tua ferita, ma dovresti aspettare che le erbe curative facciano effetto prima di alzarti, o potresti contrarre una brutta infezione.-

Kin. Erbe curative. Il tuo profumo...

Dunque era quello l'odore che gli era sembrato di percepire addosso alla ragazza: niente di strano che gli sembrasse di conoscerlo, era lo stesso che permeava il laboratorio del Guaritore Kuseno, anche se su di lei era decisamente più gradevole.

Forse perchè era mischiato al profumo dei fiori...

-Mi senti? Spero di aver fatto un buon lavoro. Dovresti dirmi se ti fa male da qualche parte.-

Un impulso inspiegabile lo portò ad aprire gli occhi al solo scopo di incrociare i suoi, del colore delle ametiste, che spiccavano proprio come le gemme a cui avevano rubato la lucentezza su quel volto pallido, incornicaito da morbidi boccolo del colore delle pervinche che crescevano ai margini del paese. Anche spettinata, ferita e sporca di sangue e terra, Genos la trovava bellissima, raggiante nella sua dolcezza. 

Era questa la prima cosa che aveva pensato di lei quando l'aveva vista, nonostante fosse scossa dai singhiozzi e in pena per suo padre lui l'aveva trovata meravigliosa, anche con gli occhi appena arrossati dal pianto.

Si era meravigliato di se stesso quando lo aveva pensato: non credeva di essere ancora in grado di provare qualcosa di tanto genuino, i sentimenti spontanei si erano andati consumando nel corso del tempo, da quando la maledizione gli era stata inflitta ogni giorno che passava su quella Terra era un dono insperato, ma che pagava a caro prezzo.

Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva trovato piacevole la pioggia che bagnava il suo viso o fastidiosa la luce accecante del sole, nè quanto fosse bello avere contatti con le altre persone: l'abbraccio di un amico, le carezze di una ragazza... 

Le aveva mai provate, in verità?

L'ossessione per la sua vendetta gli aveva tolto moltissimo, aveva creduto che una volta portata a termine la sua missione ogni cosa sarebbe andata al suo posto, che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per fare le esperienze che ogni ragazzo della sua età prima o poi sperimenta.

Poi però la strega Fubuki lo aveva maledetto, pochi istanti prima che lui ponesse fine alla sua vita lei era riuscita comunque a riportare una vittoria contro di lui.

Il nero aveva macchiato i suoi occhi come l'inchiostro un foglio di carta, mostrando a chiunque fosse in grado di intepretarne il significato la maledizione che divorava giorno dopo giorno ogni suo moto emotivo, piccolo o grande che fosse.

Un giorno, non molto lontano, quando avesse finito di annullare i suoi sentimenti, il maleficio avrebbe iniziato a divorare quel che restava del suo corpo, divorandolo dall'interno... abbreviando considerevolmente la sua vita, ogni giorno avrebbe consumato le settimane, i mesi in cui avrebbe potuto vedere il mondo e conoscerne le genti.

Genos aveva già accettato la sua sorte.

-Va tutto bene? C'è qualcosa che non va?-

-No... sto bene. Ti ringrazio per esserti presa cura di me.-

-Era il minimo. Anzi, devo essere io a ringraziarti. Mi hai salvato la vita, e hai protetto Zenko... tutti i bambini del villaggio, per dirla tutta. Ti siamo debitori.-

-Non lo siete, davvero. Molti dei vostri sono morti, non ho potuto aiutarli. Sono molto dispiaciuto per questo.-

-Ti prego, non esserlo. Sono io che devo scusarmi, la strega è scappata...-

-La ritroverò, te lo prometto: non lascerò impunite le morti dei tuoi compaesani. Piuttosto, hai visto dei soldati prima che mi svegliassi? Dovrebbero essere in arrivo, sono troppe ore che hanno perso le mie tracce e per una missione del genere ci si aspetta che un soldato la completi in breve tempo. Sempre che... beh, che non ci siano streghe impreviste a complicare le cose.-

-Nessun soldato, no. Ma è un sollievo sapere che stanno per arrivare. Credi sia possibile mi aiutino a dare una degna sepoltura a tutti loro?-

-Ne saremo onorati, Kin.-

-No, tu devi restare fermo. La ferita al fianco è abbastanza grave e io non sono davvero una Guaritrice purtroppo.-

Il volto triste di lei parlava chiaro, era rammaricata della sua mancanza, temeva di non aver fatto abbastanza per aiutarlo. Era dunque suo dovere farle notare quanto fosse in errore.

-Hai fatto tutto il possibile e anche l'impossibile. Come forse potrai intuire da sola, sono stato spesso nella situazione di venir curato, conosco le ferite e so riconoscere la loro gravità. Il tuo lavoro è eccellente: saresti davvero un'ottima Guaritrice, se tu lo volessi.-

-Ti ringrazio, Genos.- gli sorrise, grata come poche volte era stata in vita sua, felice per i suoi complimenti sinceri.

Tra poco sarebbero arrivati i suoi commilitoni, l'avrebbero aiutata a seppellire la sua gente... ma poi? Cosa avrebbe fatto lei? E i bambini? Come sarebbero sopravvissuti?

Si vergognava un po' ad ammetterlo a sè stessa, ma il pensiero che più le dava tormento era l'idea che non avrebbe più rivisto il ragazzo che riposava appoggiato alle sue gambe immobili.

-Ti piacerebbe venire con me?-

-COSA?-

-Il Guaritore Kuseno non è più giovane come una volta, l'ho sentito spesso lamentarsi del fatto che non avesse ancora trovato un apprendista alla sua età. Vorrebbe trasmettere le sue conoscenze a "una mente giovane e sveglia", così mi ha confidato, ma tutti quelli che ha assunto in prova sono durati pochi giorni prima che li cacciasse. Però ho visto di cosa sei capace, potresti davvero fare la differenza con la sua guida. Potrei venirti a trovare, quando non sono in missione. Sai, lui lavora alla base militare cui appartengo.-

Le si mozzò il respiro. Era davvero possibile ottenere ciò che desiderava?

Guardò in giro. Altro che farsi terra bruciata intorno...

Faceva male vedere la sua terra ridotta in quello stato, ma se i Kami le avessero appena posto davanti quella tragedia per consentirle di cogliere l'occasione di andare avanti?

Che avesse trovato il modo di lasciarsi alle spalle il tormento e la depressione che l'avevano trattenuta per così tanto tempo?

Il destino era stato certamente crudele: per quale motivo aveva dovuto perdere suo padre per decidere finalmente di andare oltre quella del fratello?

Voleva davvero accettare quell'occasione. Poteva cambiare tutta la sua vita, darle uno scopo.

Però...

-Ma che ne sarà dei bambini? Qualcuno deve aiutarli a badare a loro...-

-Hai ragione. Ma per provvedere a loro, devi innanzi tutto poter sopravvivere tu stessa. Potremmo portarli con noi, ci sono molte case per gli orfani di guerra nella capitale. Una volta che ti sarai affermata, sarai in grado di aiutare loro e magari anche altri bambini.-

Lei rimase senza fiato per l'emozione: era davvero possibile un futuro del genere? Sarebbe stata in grado di percorrerlo con le sue sole forze, di stare in piedi con le sue gambe paralizzate?

Pareva davvero troppo bello per essere vero. Ma valeva la pena rischiare, perchè questa volta non c'era solo la sua vita in gioco, c'erano quelle di Zenko e di tutti i bambini del paese.

Non avrebbe permesso che crescessero soli per la strada, o che morissero di stenti, non se c'era anche solo una possibilità che lei potesse impedirlo.

Ma prima di ogni cosa, doveva togliersi un dubbio.

-Ma perchè tu fai tutto questo per me? Non mi conosci nemmeno.-

-La verità, Kin, è che non ne sono certo. Credo tu conosca la natura dei miei occhi...- attese un suo cenno di assenso, confermato dal lampo di empatico dolore che le vide sorgere negli occhi, rapido come una stella cadente, prima di continuare: -...ebbene, per qualche motivo tu mi doni un istintivo sentimento di tenerezza, fai fiorire in me il desiderio spontaneo di proteggerti ad ogni costo e di preservare l'innocenza della tua anima.-

Non gli fu chiaro il perchè del violento rossore che le pervase le gote, ma per qualche ragione ciò gli scaldò il petto: era forse piacere quello?

-Vorrei perciò godere al massimo della tua compagnia, sembra che la tua presenza contrasti la mia maledizione. Non mi illudo che tu possa farlo per sempre, ma se tu volessi rendere migliore il poco tempo che mi rimane, portando un po' di luce e calore nella mia misera vita, io ne sarei davvero estremamente lusingato.-

La sua preghiera gli era uscita spontanea, era certo di non averla offesa, almeno non volntariamente. Dunque, perchè lei pareva tanto arrabbiata? 

-Kin... perchè piangi? Ho detto qualcosa di male?-

-Me lo chiedi anche? Sembra quasi che tu ti sia rassegnato al tuo destino! Dio, sembri proprio la protagonista di quella fiaba, quella dove la principessa viene rinchiusa nella torre da una strega malvagia e resta lì, succube del volere altrui... ma sai come va a finire? Il principe la salva e poi la sposa!-

Praticamente gli aveva gridato quelle parole in faccia, ma per quale motivo lo aveva fatto? Era sempre più perplesso, ma anche incuriosito da quella strana creatura...

-Con questo cosa intendi dire?-

-Che tu sei esattamente come la protagonista di quella favola. Per tutti i Kami, io nemmeno le sopporto le principesse delle storie! Eppure...- il suo tono si abbassò, improvvisamente docile, mentre finalmente tornava a incrociare lo sguardo col suo. Non si era reso conto di quanto gli era mancato quel contatto in quei pochi minuti.

-...eppure anche io ero come te. E sai, è buffo, ma anche crudele che io abbia smesso di esserlo proprio ora, proprio oggi in mezzo alle macerie della mia vita. Finalmente ho capito che è ora di andare avanti, ma se tu non ci fossi stato non solo non l'avrai capito, non sarei nemmeno sopravvissuta. Perciò ora sono in debito con te.-

Gli prese il volto tra le mani, mozzandogli il fiato. Era così vicina che i suoi ricci creavano una barriera tra il mondo di fuori e i loro visi, distanti appena pochi centimetri. Poteva contarle le lentiggini che fino a quel momento non aveva nemmeno notato; le donavano, era ancora più graziosa.

-Se prima avrei potuto rifiutare, ora non posso proprio non accettare. Venderò i diritti su queste terre, porterò i bambini con me nella capitale, pregherò il Guaritore di cui mi hai parlato di prendermi come sua allieva e farò il meglio del meglio che mi sarà possibile per imparare. Così un giorno potrò ripagare il mio debito con te. Ti salverò la vita, Genos, che tu lo voglia o no, perciò fino a che quel giorno non verrà... cerca di non morire. Giurami che non te ne andrai. Promettimi che resterai con me.-

L'intensità delle sue parole era forte come quella di mille uragani, come il più ammaliante dei sortilegi i suoi occhi impedivano a quelli di Genos di sfuggirle. Non che lo desiderasse.

Non si accorsero del tempo che passò, delle prime voci dei soldati che erano venuti a cercare il loro commilitone scomparso, dei bambini del villaggio che correvano loro incontro raccontando con la paura negli occhi tutto ciò che avevano vissuto.

Nel chiarore che precede l'alba, Genos giurò.

Nessuno dei due ragazzi sapeva ciò che sarebbe accaduto da quel momento in poi. Non avevano idea della grandezza di quella promessa, delle difficoltà che avrebbe comportato, del legame indissolubile che si era appena saldato intorno ai loro cuori.

Le loro fronti si toccarono, un ricordo che avrebbero gelosamente custodito per sempre, mentre l'ultima battuta della tragedia che era appena andata in scena spettava a lui, da cui tutto aveva avuto inizio.

-Tu devi promettermi la stessa cosa. Di stare con me, di non andartene... Dimmi che resterai e che, se un giorno dovessi aver bisogno di te, risponderai alla mia chiamata.-

-Promesso.-






Note:.-
Complimenti a tutti voi che siete arrivati fin qui!
Non sono brava, ma proprio per niente, a descrivere le scene di battaglia, ma spero davvero di non aver combinato un completo disastro.
Ho cercato di mantenere il carattere e i poteri dei protagonisti il più simile possibile, almeno per quanto è possibile in una AU... e considerando anche il fatto che ciò che conosco del fandom è limitato alla prima stagione dell'anime e ai racconti della mia più cara amica, che è letteralmente innamorata da quando l'ha scoperto.
Mi scuso se sono finita leggermente OOC, ma giuro che non è stato intenzionale.
Per ora vi saluto, ringraziandovi per la pazienza. Un grazie particolare a Manto, che mi ha dato l'idea per questa storia grazie al suo contest e la passione per scrivere su questo fandom grazie alle infinite chiacchiere su di esso di cui mi ha investita.
Ti voglio bene, questa breve long è tutta per te e per tutti quelli che amano One-Punch Man quanto te!
Flos Ignis



  
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