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Autore: rekichan    14/03/2018    0 recensioni
Sakura la abbracciò di slancio e rise. Rise come non faceva quasi mai, spensierata, libera e serena. Riempì il volto di Hinata di baci, incurante degli altri passanti, e la fece roteare; la gonna della compagna che si sollevava appena sotto la brezza veneziana. Mise male il piede, caddero in acqua e Sakura continuò a ridere, mentre un uomo urlava loro qualcosa di incomprensibile in italiano. Forse le stava insultando, forse voleva solo invitarle ad avvicinarsi al bordo del canale per aiutarle a uscire dall’acqua, forse a Sakura, in quel momento, non importava affatto, perché rideva ancora e nuotava verso Hinata che cercava di tenersi a galla. Quando le fu abbastanza vicina, le baciò la punta del naso.
«Sei la mia die erhellten Nachte de Sehnsucht»
[SakuHina][Per Hatta]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sakura Haruno
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Per Hatta,

continua a brillare sempre come un piccolo raggio di sole, anche in questo nuovo anno.

 

 

Io sono fatto per la luce: – è quasi l'unica cosa di cui non posso assolutamente fare a meno e che non posso sostituire: la luminosità di un cielo sereno.

[Nietzsche]

 

Die erhellten Nachte der Sehnsucht[1]

 

 

«Da che parte dobbiamo andare?»

Sakura girò altre tre volte la cartina, senza riuscire a orientarsi. Sapeva che avevano superato Piazza S. Marco, con più piccioni che esseri umani, ma trovare la strada giusta per il Canal Grande sembrava un’impresa al di fuori delle sue capacità.

«Non ne ho idea! – protestò frustrata – Queste mappe sono così confuse!» accartocciò la cartina con stizza. Si girò sconsolata verso Hinata e sgranò gli occhi verdi quando la vide cercare di nascondere il riso dietro la mano. Al suono di quella risata cristallina, Sakura si acquietò un poco. Le prese la mano, scoprendo il sorriso luminoso e lo catturò con un bacio. Un moto di soddisfazione la pervase nello scorgere il rossore sulle gote di Hinata e nel non sentirla scostarsi, come quando erano a casa, per paura che qualcuno le vedesse.

Organizzare quel viaggio in Europa per il loro primo anniversario era stata un’ottima idea; avevano entrambe bisogno di un posto in cui non essere additate, guardate, tenute a distanza solo perché la loro amicizia era scivolata in amore. Anche tenersi per mano, nella città in cui abitavano, era diventato difficile. La paura era il terzo elemento della loro relazione che Sakura cercava continuamente di scacciare, ma da cui non riusciva a liberarsi. Da quando Hiashi Hyuuga aveva cacciato Hinata di casa, Sakura era sempre arrabbiata, sempre indignata, feroce e intenzionata a proteggere la sua donna come una leonessa con i propri cuccioli e sempre – sempre! – impaurita che potesse succedere qualcosa, che quell’amore che tanto le dava ogni giorno potesse degenerare, che Hinata una mattina si alzasse e potesse pensare che no, quello che facevano era sbagliato, che aveva commesso un errore di valutazione quando aveva scelto lei invece della sua famiglia. Lei, Sakura Haruno, la studentessa lesbica e scapestrata, cacciata dalla facoltà di Filosofia per comportamenti indecorosi; lei, che era finita in prigione durante la rivolta di Stonewall per aver spaccato una sedia sulla testa di un poliziotto, che osava indossare i pantaloni e tagliare i lunghi capelli in segno di protesta…

La sua sete di giustizia era incontenibile; la sua bramosia di poter essere se stessa, di vivere in un mondo migliore, era più forte di qualsiasi altra cosa… Almeno finché non aveva conosciuto Hinata in una giornata piovosa.

Era appena stata sbattuta fuori da Yale, complici i suoi trascorsi con la legge, il suo orientamento sessuale fin troppo manifesto e i comportamenti inaccettabili per «una signorina dabbene». Il futuro le era sembrato completamente nero; si era sentita come se ogni goccia di felicità e d’energia fossero state risucchiate in un enorme vortice, cupo come le nubi temporalesche che rovesciavano su di lei carichi e carichi di pioggia. All’improvviso, l’acqua aveva smesso di grondare sulla sua testa. Sakura aveva alzato lo sguardo e Hinata era lì, con un ombrello azzurro a proteggere quella sconosciuta dalla pioggia e un sorriso dolce sul volto, i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle e gli occhi di un azzurro chiarissimo che la avevano osservata con una gentilezza di cui Sakura non era stata più oggetto da tanto tempo. In quel momento, nella frase piena di premura: ­«Non dovresti stare sotto la pioggia, finirai con l’ammalarti», Sakura aveva rivisto la luce del sole.

«Ora capisco cosa intendeva Platone… - aveva mormorato. Hinata aveva sgranato gli occhi, un po’ perplessa – Il mito della caverna… Quando l’uomo comincia finalmente a vedere i corpi celesti e poi scorge il sole e capisce che è “esso a produrre tutte le cose del mondo visibile e a essere causa di tutto quello che...” – si era interrotta bruscamente, aveva scosso il capo e, imbarazzata, aveva teso la mano – Mi chiamo Sakura».

Da quel momento, Hinata era stata la sua luce, la sua Sehnschut; il suo desiderio… Aveva desiderato con tutto il cuore proteggerla e preservarla. Tuttavia, Sakura si era presto trovata, dopo essere andate a convivere, nel vortice di due struggimenti che l’affliggevano e la tiravano in direzioni opposte senza potersi conciliare a vicenda: il desiderio di una vita tranquilla con Hinata – la sua fragile, dolce e femminile Hinata – e le lotte che portava avanti ogni giorno, per sé, per lei, per tanti altri come loro rinnegati dalle proprie famiglie e dai propri cari, colpevoli solo di amare una persona del proprio sesso, con l’aggravante di esser donne, nel loro caso, e non volersi sottomettere a una vita con un uomo. Persone che volevano solo essere felici e, come sosteneva S. Agostino, non potevano non voler essere tali.

Nei suoi primi, goffi, tentativi di proteggerla e tenerla distante da quella realtà, Sakura nascondeva i lividi delle percosse della polizia; camuffava i continui arresti durante le manifestazioni come improvvisi impegni familiari, celava agli occhi innocenti di Hinata la cattiveria del mondo dietro un illusorio velo di Maya che non desiderava la ragazza varcasse. Quello che Sakura non aveva capito era che, lungi dall’essere lontana dall’uscita della caverna, gli occhi di Hinata erano ben aperti. Non aveva pianto quando si era presentata al misero appartamento di Sakura con una valigia, chiedendole ospitalità perché a casa «non era più la benvenuta»; non piangeva o si disperava quando la compagna, costretta dalla convivenza a stracciare la patina di tranquillità dalla loro relazione, si presentava con i segni delle percosse che medicava gentilmente, né quando le chiedeva di raggiungerla alla sede di polizia più vicina per pagarle la cauzione e farla uscire.

Hinata, semplicemente, sorrideva e l’accoglieva; curava ogni ferita di Sakura, fisica o mentale che fosse, e combatteva silenziosa la sua stessa battaglia. Riuscire tramite lavoretti occasionali a portarla finalmente a Venezia, quella città che la ragazza amava tanto e che aveva visto solo sui libri d’arte, era stato per Sakura un traguardo enorme; una liberazione, un attimo di quiete da una realtà fin troppo turbolenta e difficile…

…una pessima idea, visto che non riusciva a raggiungere quel maledetto Canal Grande. Si rabbuiò di nuovo, osservando quel disastro cartaceo che era diventata la cartina dopo il suo sfogo. Irritata, la gettò a terra e le tirò un calcio. Questa finì dritta nell’acqua e, lentamente, affondò assieme alle speranze di Sakura di condurre Hinata in una romantica gita lungo il Canale.

«Sakura… - sentì la mano della ragazza stringere la propria. Le dita di lei erano fresche al tatto e Sakura si sentì in parte rinfrancata da quel contatto - …Perché non andiamo di nuovo a S. Marco? – propose – Mi è piaciuta tanto la chiesa, vorrei vederla di nuovo».

Sakura la abbracciò di slancio e rise. Rise come non faceva quasi mai, spensierata, libera e serena. Riempì il volto di Hinata di baci, incurante degli altri passanti, e la fece roteare; la gonna della compagna che si sollevava appena sotto la brezza veneziana. Mise male il piede, caddero in acqua e Sakura continuò a ridere, mentre un uomo urlava loro qualcosa di incomprensibile in italiano. Forse le stava insultando, forse voleva solo invitarle ad avvicinarsi al bordo del canale per aiutarle a uscire dall’acqua, forse a Sakura, in quel momento, non importava affatto, perché rideva ancora e nuotava verso Hinata che cercava di tenersi a galla. Quando le fu abbastanza vicina, le baciò la punta del naso.

«Sei la mia die erhellten Nachte de Sehnsucht» sussurrò sulle sue labbra.

E fu felice.

 

 

N/A: Auguri in ritardo Hatta! Perdonami l’attesa, ma ci si è messa Cartoomics di mezzo, più non so quanti impegni di lavoro.

Purtroppo non è venuta un granché. Non credo di riuscire a muoverle bene, né che siano particolarmente IC, ma l’ho scritta davvero senza pretese e… Beh, spero che ti piaccia <3.

 



[1]Illuminate notti del desiderio

   
 
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