Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Jay_Myler    15/03/2018    1 recensioni
Si alza dal letto, io scatto in piedi e mi avvicino alla finestra.
Sembra pronto a parlare, ma anche a ricambiare il favore, quindi resto in guardia e tengo la difesa alta.
Lui mi copia ed iniziamo a camminarci intorno, scrutandoci a vicenda; questa situazione mi è più familiare, questa è un combattimento non c'è alcun dubbio, i presupposti sono quelli.
“Mi vuoi dire che non te ne accorgi proprio?”
Mi sferra un pugno che evito prontamente; non reagisco ai suoi attacchi, cerco solo di schivare ed appena possibile di atterrarlo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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Da qualche parte nel Wall Rose

 

Erano arrivati lì ormai da poche settimane e nonostante tutti i loro sforzi non avevano comunque raggiunto alcun risultato degno di nota. La tensione incominciava a farsi tangibile, anche se non era esattamente il momento più adatto per far prendere il sopravvento a queste emozioni ma dall'altra faccia della stressa medaglia non ci sarebbe stato alcuna occasione migliore per farsi prendere dal panico, dal terrore e dalla fretta. Le ultime teorie sulla reale provenienza dei giganti era quanto meno sconcertante, nessuno riusciva a crederci e quei pochi che lo facevano erano un misto tra disgustati ed atterriti; un clima così allarmistico non si era mai visto nemmeno negli ultimi anni di attacchi, nessuno riusciva più a guardarsi negli occhi o a fidarsi del proprio compagno, per paura che dietro quel viso amico potesse nascondersi un gigante. Non era di certo una novità per i soldati dell'Armata di Ricognitiva, ben cinque dei loro migliori cadetti si erano rilevati dei giganti sotto mentite spoglie, tra cui anche lo stesso gigante corazzato ed il gigante colossale che pochi anni prima avevano devastato Shiganshina, abbattendo il muro per far penetrare altri giganti che prontamente invasero la città, seminando morte, caos e terrore. Ma proprio grazie a quella disgrazia, la loro arma segreta, il loro più grande sogno di vittoria, si era unito al corpo di ricognizione con una fretta allarmante; Eren Jager aveva deciso di arruolarsi già da molto tempo e quel disastro non fece altro che velocizzare il suo avvenire. Eren non era un ragazzo come gli altri, nemmeno un soldato come il resto dei suoi compagni, ma non era una grande abilità a contraddistinguerlo, ma la ormai riconosciuta e risaputa capacità di trasformarsi in un gigante; a differenza degli altri giganti scoperti, il ragazzo era all'oscuro di questa sua capacità e prontamente si era dimostrato ben portato nel collaborare e combattere per l'umanità. Non che fosse stato creduto da subito, ma la prontezza d'animo dei suoi amici e vari soldati veterani pronti a scommettere tutto su di lui, gli avevano dato la possibilità di continuare a vivere e di combattere contro i giganti. Ormai la fiducia in lui era stata riposta da molte persone, era solo il suo temperamento a far temere per la sua e degli altri, incolumità; per questo c'erano due persone in particolare che vegliavano sulle sue azioni, sia da soldato che da gigante: Mikasa ed il comandante Levi. Mikasa ed Eren erano una famiglia a modo loro, pur non avendo nessun legame di sangue il loro incontro si rivelò decisivo per il loro rapporto, nonostante questo attaccamento fraterno, Eren aveva sempre avuto un complesso di inferiorità nei confronti di Mikasa, in quanto molto più forte e propensa a seguire ovunque il ragazzo per proteggerlo costantemente. Anche il Comandante Levi lo aveva protetto, anche se a modo suo; doveva ringraziare lui ed i suoi modi poco garbati e violenti se ad oggi poteva ancora dire di vedere il sole e respirare in tranquillità. E con questo pesante fardello sulle sue spalle, Eren era l'unica speranza del genere umano, più passava il tempo più capivano quanto quel ragazzo fosse di vitale importanza sia da uno schieramento che dall'altro; ma ad oggi si sentiva sempre più sconfortato, senza alcuna capacità ed inutile, in quanto erano giorni e giorni che non avevano alcun tipo di risultato sperato e quando i risultati non c'erano, significava solo una cosa: era tempo di fare pulizie.

Letteralmente.

 

POV Mikasa

 

Sono ormai settimane che stiamo in questo posto e non ho visto altro che volare insulti, sentire grida e stare in guardia; ormai è risaputo che il corpo di Gendarmeria ha deciso di darci la caccia, come se poi noi fossimo i veri cattivi della situazione, come se delle scemenze politiche possano davvero servire effettivamente a qualcosa. Tutta questa storia non ha senso, dovremmo stare fuori ad uccidere giganti, a chiudere la falla nel muro, a riconquistare e continuare la nostra missione per salvare il genere umano; invece stiamo chiusi qui, come topi nascosti nel buio, sperando che non ci rintraccino, mentre chiedono ad Eren, il mio Eren, di prendere sulle sue spalle tutto il peso di questo mondo, come se potesse farcela da solo poi. Sarà anche pieno di un carattere forte ed indomabile, ma è proprio questo che mi preoccupa, il suo modo sfrontato di agire, di non pensare alle conseguenze e quella sua voglia di autodistruzione che perennemente lo segue. Ha questa voglia matta di stare lontano da me in un modo o nell'altro, si fa rapire, corre incontro ai pericoli e gioca a fare l'eroe, come se davvero lui non contasse niente ma fosse solo un espediente per la causa. Non lo è, lui non è nessuno, lui è qualcuno, qualcuno di importante e non soltanto per me, gioca un ruolo importante in questa guerra come lo ricopre nella mia vita. Lui è la mia famiglia. È a lui che devo la mia vita, non posso permette che gli succeda qualcosa, devo proteggerlo a tutti i costi, me lo sono ripromessa ormai tanti anni fa, quando ho abbracciato il calore di questa sciarpa e ho ripetuto a me stessa che non mi sarei fatta sopraffare mai più da nessuno e che nessuno mai avrebbe fatto del male a me ed a lui, il mio salvatore. E pensare che una volta dovevo proteggerlo solo dai ragazzini che volevano fare i bulli ed evitavo che nelle risse si facesse troppo male, ma nulla, se non ritornava con qualche ferita di guerra non poteva ritenersi soddisfatto, che fosse un occhio gonfio, un taglio sul viso, le mani rotte, era come se si sentisse indistruttibile e pensare che adesso lo è davvero, si fa mozzare arti come se piovessero. Non posso sopportare di vederlo in difficoltà, nessuno dovrebbe fargli del male, nemmeno sé stesso.

Lo scruto giorno e notte per farlo stare al sicuro, ormai è il mio compito anche nella nostra squadra, non solo nella mia vita e devo dire che come cosa non mi dispiace affatto; posso passare più tempo possibile con lui, scrutarlo, tenerlo d'occhio. Controllare che non si comporti da ragazzino e vegliare su di lui; ormai è un'abitudine dormire nella stessa stanza, raramente anche nello stesso letto, il capitano ce lo concede di buon grado, contento che la nostra arma speciale sia sempre tenuta sotto vista, soprattutto se a guardarla ci sono io, che darei la vita per non fargli accadere nulla. Eppure il Capitano Levi, per quanto freddo e calcolatore non mi sembra esserne comunque contento, lo accetta e non fa storie, ma sembra essere più severo con noi da quando accade. Ha sempre voluto tenere tutto sotto il suo sguardo vigile, tutto in ordine e pulito, ultimamente ci massacra con le sue pulizie maniacali, e probabilmente è proprio il fatto che non possa vigilare su di noi la notte che lo porta ad infastidirsi. Quell'uomo non mi è mai stato simpatico e non credo entrerà mai nelle mie grazie, ma è solo grazie a lui che Eren è al sicuro ed è ancor vivo; gli devo tutto.

La giornata promette bene, almeno a livello meteorologico, mentre dentro fanno pulizie io sono qui a montare di guardia e da quassù ho un'ottima visuale su Eren che si allena con il caposquadra Hanji; nonostante non siano riusciti a fare nulla fino ad adesso il loro impegno è costante.

Sono questi momenti di finta quiete che mi portano a credere che forse c'è ancora speranza e che non siano mai esistiti i giganti; l'aria è fresca, il sole è tiepido e mi scalda appena, la stagione primaverile è alle porte e la mia sciarpa rossa continua a scaldarmi, come sempre, come una compagna fedele. Mi sembra assurdo pensare che questa calma sia una menzogna, non mi sembra così assurdo chiedere di vivere un vita tranquilla con Eren, da qualche parte, in un villaggio tranquillo, senza pensare che questo possa essere l'ultimo istante in cui possiamo respirare.

Mi fanno segno da laggiù, mi chiedono di raggiungerli, salto e con il movimento tridimensionali in pochi istanti sono già da loro; è bello vederli tutti da vicino e non come minuscole formiche da lassù.

“Mikasa per oggi abbiamo finito, ti darò io il cambio della guardia fino al prossimo, accompagna pure Eren nelle sue stanze”.

Mi giro verso Eren, dopo aver fatto un cenno di assenso alla caposquadra e senza dirgli nulla, semplicemente mi avvio sapendo che mi seguirà, senza essersi prima lamentato ovviamente, non mi aspetto nulla di meno.

“Posso andare da solo nelle mie stanze, non mi serve che Mikasa mi accompagni; ormai viviamo in simbiosi da settimane”.

E come mi aspettavo, la lamentela non è tardata ad arrivare, ma sento comunque i suoi passi dietro di me, si lamenta e fa storie, ma poi obbedisce quando gli ordini vengono da un superiore, che persona incoerente e testarda.

“Suvvia Eren, non fare quella faccia, mi sembra che a Mikasa alla fine non dispiaccia così tanto”.

Mi girò per guardare il caposquadra mentre dice certe cose, non dovrebbe dirle, non davanti a noi, non ad alta voce e non sarebbe nemmeno vero, vorrei controbattere ma ormai la vedo scomparire verso l'altro mentre ci strizza un occhio in modo ammiccante.

Non si dovrebbe comportare così un caposquadra.

“Te lo avevo detto, guarda com'è diventata rossa!”

Mi nascondo dietro la sciarpa, come può dire una cosa simile, io non posso crederci, non posso rispondere di certo male per così poco e lei sicuramente non può aver visto bene da così lontano, ma per sicurezza nascondo comunque il volto prima che Eren mi guardi. Mi giro molto velocemente per evitare il suo sguardo, ma inevitabilmente lo incrocio e mi accorgo che mi sta guardando incuriosito, meglio accelerare il passo e camminare davanti, la sciarpa sta bene sul mio viso, non vorrei che la caposquadra avesse ragione.

Mi butto di impeto davanti a camminare, sperando che dietro tenga il mio passo, non potrei mai girarmi indietro dopo quella scena imbarazzante, non fanno per me queste cose, non so nemmeno di cosa stesse parlando Hanji; è ovvio che non mi dispiaccia stare con Eren, alla fine è l'unico membro della mi famiglia ancora vivo e ci tengo che rimanga tale.

Sento una folata di vento lateralmente e il mio braccio destro viene tirato all'indietro, nonostante opponga resistenza continuo ad essere trascinata. Prima di girarmi a vedere chi mi sta portando via, incrocio lo sguardo di Eren e per fortuna è incolume e sta bene ed ecco che arriva la conferma di chi sia a trascinarmi, prima ancora che mi giri, la sua voce ormai mi è inconfondibile.

Eren vai nelle tue stanze e non muoverti, Armin è già lì che ti aspetta non farlo attendere troppo”.

Quella voce è così fredda, così penetrante e ferma.

Eren risponde qualcosa ma non capisco bene, il passo del comandante Levi è così svelto che vedo appena la sagoma del ragazzo che stavo accompagnando.

Il cuore mi batte forte, non so se sia stato lo spavento, il fatto che mi sia preoccupata per Eren o il fatto che mi stia allontanando da lui, l'unica cosa certa è che ogni due, un battito mi salta e sento dentro un calore che solo la rabbia mi porta; sciolgo la stretta del capitano e mi unisco a lui nella camminata, il suo passo è svelto ma non quanto il mio, di poco lo precedo, sentendomi ancora ribollire per essere stata allontanata così dal mio incarico.

Continuiamo per il corridoio sempre dritto, non mi ha ancora rivolto la parola, mi sento calma ma abbastanza a disagio, tranne che per il combattimento io e lui non passiamo molto tempo insieme, fortunatamente; il suo aspetto è molto giovanile, so che ha molti anni in più rispetto a me, ma non ne dimostra così tanti, forse solo quelle sue occhiaie calcate possono tradirlo leggermente, per il resto è uguale a tutte noi reclute; il suo sguardo invece, è completamente diverso, nei suoi occhi vedo tutti i suoi anni, forse anche qualcuno in più ne dimostra e da quelli capisco che anche lui è come noi, anche lui ha sofferto.

Arriviamo alla zona est dello stabile, giro a sinistra per andare nella stanza che abbiamo adibito al controllo tattico della zona, oltre questo non c'è nulla che potrebbe portarci qui, in questo momento, senza alcun preavviso.

Ackerman, per di qua”.

Mi blocco di colpo e mi giro per vedere che il capitano ha svoltato verso destra.

Non mi accingo proprio a chiedere, corro incontro a lui ed inizio a camminare al suo fianco; è circa un dieci centimetri più basso di me, ma questa cosa non lo intimorisce e non lo frena dal darmi ordini senza alcuna remora; Jean anche se più alto di me ha timore perfino nel parlarmi, anche gli altri sembrano temermi, dicono che gli incuto un certo timore. Questo non vale per il soldato più forte dell'umanità, Levi, che mi parla come se fossi più piccola di una formica, quando si tratta di dare ordini; in quanto freddezza mi batte sicuramente, i ragazzi dicono che ci somigliamo molto, alla fine l'ho preso come un complimento, se lo impari a conoscere non è male il capitano. Procediamo per il corridoio secondario e svoltiamo per altre due volte.

All'improvviso il Capitano si gira e mi aggredisce; prontamente me ne accorgo e lo schivo, evitando il suo colpo alle gambe, salto in alto, con il movimento tridimensionale, mi accingo a raggiungere il soffitto, lì senza alcun macchinario Levi non potrà raggiungermi.

In meno di un secondo, poco prima di raggiungere il soffitto, mi trovo il capitano di faccia, i nostri volti a pochi centimetri di distanza e sento un forte dolore intercostale, i fili si staccano ed io cado a terra.

Ammortizzo la caduta come meglio posso, cadendo sul sedere, spalle al muro e mi trovo Levi addosso, che mi fissa a pochi centimetri, l'attrezzatura ormai lontana.

Apro bocca ma vengo interrotta.

Ackerman cosa credi di fare?”

Le sue grida riecheggiano per tutti i corridoi, che qualcuno le senta e mi venga a salvare.

I suoi occhi sono piantati nei miei, il suo sguardo è truce, arrabbiato, forse deluso, una mano la sbatte nel muro alle mie spalle, mi sta ancora più addosso, sento il suo respiro flebile sulla mia pelle; c'è così tanto silenzio adesso che sento i battiti accelerati del capitano.

Voglio capire di più, ma rimango a fissarlo, con gli occhi sgranati, mentre abbassa la testa con fare inquietante; è sempre stato un tipo particolare, anche pericoloso a volte, ma solo con chi gli ha dato motivo di esserlo.

Io non ho fatto nulla.

Ackerman...

Mi sussurra in un orecchio appoggiando la testa al muro.

Il suo respiro mi solletica il collo.

I suoi capelli mi accarezzano il viso mentre la sua mano scende lentamente giù per il muro fino a toccare il pavimento.

“Signore...” è l'unica cosa che riesco a dire.

Il calore che provavo prima, inizia a crescere sempre di più, sento caldo anche sulle guance, su tutto il viso, sotto i vestiti.

Fa così caldo che non lo sopporto.

Fa così caldo che adesso sarò davvero arrossita.

Questo caldo è insopportabile, potrei addirittura togliermi la sciarpa, anzi devo farlo o morirò in questo preciso istante.

Alzo una mano e prendo un'estremità della mia sciarpa rossa, inizio a sfilarla delicatamente cercando di non infastidire il comandate e di studiare la situazione; non posso rischiare movimenti bruschi o di ferirlo o di ferire me, altrimenti non potrei più seguire Eren.

Il capitano dovrebbe essere debole si è ripreso da poco dalle sue ferite, ma ha una forza davvero incredibile.

Mi sento tirare la sciarpa, Levi l'ha afferrata, livido di rabbia, si ferma per un istante e poi la tira via con una tale cattiveria che non ho mai visto in un essere umano.

La sciarpa vola via, cade a terra, poco lontana da noi, il capitano si alza, la raccoglie, se la mette in tasca e si aggiusta i vestiti, con una nonchalance unica; continuo a fissarlo per evitare che mi prenda di nuovo alla sprovvista.

In un attimo mi solleva da terra e mi carica a spalla, come fossi un pacco da consegnare o un sacco di patate.

Inizio a divincolarmi a fare leva sul suo braccio ma la presa è molto salda, potrei urlare, o combattere, ma decido di non fare nulla, rimango inerme ad aspettare dove voglia andare a parare; iniziamo a salire delle scale a chiocciola, sempre più ripide che ci portano davvero in alto, stiamo in una delle torrette, dove...

Dove il capitano alloggia.

Levi sfonda la porta con un calcio, mi butta su qualcosa di morbido, e risistema la porta incastrandola dove prima era attaccata; sollevo appena la testa, la stanza è buia, ci sono le tende tirate, ma è giorno e la luce penetra comunque nella stanza; è molto piccola e sterile, profuma di buono, di pulito, la sistemazione è maniacale e nemmeno un singolo granello di polvere osa entrare e posarsi da qualche parte.

Ora spiegami perché...” esordisce il capitano, lanciandomi la sciarpa addosso e togliendosi il fazzoletto che porta al collo.

...Ackerman...” Si toglie la giacca.

Si alza il vento e le tende iniziano ad oscillare.

... devi sempre...

Inizia a sbottonarsi la camicia

...darmi sui nervi?

Si siede difronte a me, con la camicia sbottonata ed il suo sguardo freddo come il ghiaccio; ha i pettorali scoperti e gli si intravedono gli addominali; il capitano può vantarsi di essere davvero un bell'uomo senza alcuna ombra di dubbio. Tutta questa vicinanza però mi mette molto a disagio, mi soffermo spesso a guardarlo negli occhi, soffermarmi da qualche altra parte potrebbe sembrare abbastanza imbarazzante, come se la situazione non lo fosse così già di suo. Non mi è mai piaciuto essere la parte debole di un confronto, Eren mi ha insegnato a non arrendermi ed a combattere sempre, nonostante questo non sia una rissa, sento comunque di dover fare qualcosa; Levi continua a guardarmi, anche se la situazione può sembrare intima, il suo sguardo esprime rabbia pura. Mi trovo completamente disarmata, non ho mai nessun tipo di contatto diretto con il capitano quindi non riesco a capacitarmi del perché di tutto questo, non posso avergli fatto qualche torto, eppure i suoi occhi mi dicono esattamente il contrario. La stanza è permeata da tutta questa tensione, più passa il tempo più diventa tangibile, il letto a baldacchino su cui stiamo inizia a prendere il calore dei nostri corpi ed io inizio a sentire freddo. Cerco di stare seduta il più dritto possibile, con il capitano seduto davanti che mi sovrasta e non mi permette di appoggiare la schiena alla testiera; non siamo sul campo di battaglia, eppure mi pare di sentire chiaramente i suoi stratagemmi dalla sua testa, preparare un piano per vincere questa guerra silenziosa; sta cercando di stancarmi, inizio a sentire le braccia pesanti, solo loro mi aiutano a tenermi rialzata. Questo è un gioco psicologico, sta aspettando di farmi crollare, cedere o quanto meno intaccare per fare la sua mossa, sa che sono la migliore del mio corso, quindi evita in tutti i modi di mettermi in una situazione a me comoda o di vantaggio. Non pensavo che una situazione simile in questi tempi di guerra, potesse accadere anche qui, nel corpo di ricerca, anche qui a me medesima. Non vola una mosca, non si sente fiatare, siamo rimasti in questa posizione a squadrarci senza dire nulla, aspettando che l'altro ceda o faccia qualcosa; le parole di Eren mi rimbombano nel cervello sempre più intensamente, non devo essere alla mercé di nessuno, devo reagire, devo combattere.

Alzo la mano sinistra, incanalo quanta più forza posso in essa per cercare di liberarmi senza essere troppo aggressiva; il mio colpo prende di sprovvista il capitano, che sgrana gli occhi, se riesco ad andare a segno e considerando quel suo sguardo ce la farò, avrò una posizione di vantaggio e mi libererò.

Levi continua a fissarmi anche quando la mano arriva a pochi centimetri dal suo viso, ma stranamente non sento nessuno schiocco, né il suo viso sotto il mio palmo; la mia mano è a mezz'aria ferma, mantenuta per il polso.

Il braccio destro comincia a farmi male.

Il capitano ripete il mio nome, è poco meno di un sussurro, lo sento appena, inizio a pensare di essermelo immaginata; sarà il dolore; il braccio sinistro è in tensione, tirato verso l'alto adesso e mi duole, il destro sotto inizia a tremare.

Il capitano mi tira ancora di più il braccio poi sento una fitta alla spalla che scende e si propaga per il braccio, il gomito e l'avambraccio; mi blocca l'arto sinistro dietro la schiena e mi avvicina ancora di più a lui; non sono nemmeno le sue azioni a farmi sentire in pericolo, o il fatto che siamo da soli o che mi stia procurando dolore, quello che mi spaventa sono i suoi occhi fissi nei miei.

Con la sua mano libera l'uomo fa una leggera pressione sulla mia scapola destra, il braccio mi cede, inizio a perdere l'equilibrio ma lui mi tiene prontamente la schiena, stringendo ancora più il braccio girato.

“Capitano...” mi scappa biascicato tra i denti, cercando di trattenere un qualsiasi mugugno di dolore.

Vedo qualcosa di diverso nei suoi occhi.

“Capitano la prego...” insisto, forse sta reagendo d'istinto e non si rende conto di quello che sta succedendo.

“Capitano, mi sta facendo male...” Quel minimo di barlume di speranza che credevo di aver visto nel suo sguardo, rifugge via immediatamente quando inizia stringermi ancora più forte il braccio; il dolore è davvero lancinante, sento tutti i muscoli tirati allo stremo; non capisco cosa stia succedendo, non si tratta di una rissa, non è un confronto a questo punto non credo nemmeno che sia più un impulso fisico, mi trovo del tutto nuova in questo argomento ma che io sappia il sesso non dovrebbe essere così, nemmeno l'inizio, è soltanto tutto così surreale e doloroso ma soprattutto inquietante.

“Levi.”

Il capitano continua a fissarmi ma ora sembra anche vedermi, inizia a percepire la mia presenza come un essere umano.

Vede la mia sofferenza e mi lascia.

Cado di botto sul letto, con la schiena sul materasso e le gambe piegate.

Non doveva andare così, Ackerman
Mi risponde finalmente l'uomo, scostandosi da me e mettendosi la faccia tra le mani; continuo a non capire, ma colgo l'occasione e balzo via dal letto, mi metto in piedi e cerco con gli occhi la porta; scatto in avanti, la giacca mi si impiglia in qualcosa, non ci penso e continuo a camminare, lacerandomi tutta la stoffa del braccio sinistro, compresa la camicia.

Il capitano sembra completamente assorto nei suoi pensieri, io continuo a dirigermi alla porta, sperando non si sia bloccata quando è stata reinserita nei cardini; è pesante il legno, ed è leggermente incassata, ma non ci metto nulla nello spalancarla e fiondarmi giù dalle scale.

Non arrivo nemmeno al primo scalino, che mi fermo.

Questa non è una situazione di pericolo, ma nemmeno una situazione di normalità; con il mio attuale nemico avrò a che farci e coabitarci per chissà ancora quanto, se ora io scappassi avrei vinto la battaglia ma non la guerra; mi ricordo quando la mamma mi diceva di essere gentile con gli altri, di ascoltarli ed aiutarli. Erano passati così tanti anni da quando avevo visto e parlato con la mia vera madre ed erano decenni che avevo adottato una filosofia di vita diversa, una filosofia che mi aveva portata a sopravvivere fino a questo momento, ma adesso posso fare uno strappo alla regola, posso fermarmi e capire cosa sta succedendo. Rientro senza scompormi più di tanto, chiudo la porta alle mie spalle e mi inginocchio davanti al Capitano, la più grande risorsa dell'esercito è crollata davanti a me; gli sposto le mani dal viso e finalmente incrocio di nuovo il suo sguardo.

Socchiude le labbra.

Non doveva andare così, Ackerman, ma tu... tu devi sempre trovare un nuovo modo di farmi uscire fuori di me!

Non aspetto un secondo e questa volta il mio colpo va a segno; gli tiro un cazzotto dritto in faccia e lo colpisco in pieno senza alcun tipo di rancore o paura.

“Smettila di comportarti come uno psicopatico! Sarai anche il Capitano Levi, ma io sono Mikasa Ackerman e non sopporto che qualcuno mi tratti in questa maniera senza che nemmeno sappia il perché”

Il capitano si pulisce il sangue che inizia a scorrergli sul lato della bocca e sorride.

Tu non lo sai eh? Sei davvero così ingenua come fingi di essere?

Si alza dal letto, io scatto in piedi e mi avvicino alla finestra.

Sembra pronto a parlare, ma anche a ricambiare il favore, quindi resto in guardia e tengo la difesa alta.

Lui mi copia ed iniziamo a camminarci intorno, scrutandoci a vicenda; questa situazione mi è più familiare, questa è un combattimento non c'è alcun dubbio, i presupposti sono quelli.

Mi vuoi dire che non te ne accorgi proprio?

Mi sferra un pugno che evito prontamente; non reagisco ai suoi attacchi, cerco solo di schivare ed appena possibile di atterrarlo.

Da quando sei così vicina ad Eren?

Calcio basso.

Schivo.

Mi manca il fiato, il battito accelera.

“Da sempre Capitano, lui è la mia famiglia o meglio quello che ne rimane, farò di tutto perché rimanga con me e non gli succeda nulla di male”

Cazzotto al viso, poi punta allo stomaco e dopo non essere andato a segno indietreggia.

Abbassa la guardia, scuote la testa e inizia a sogghignare mentre si toglie la camicia dai pantaloni e la butta a terra; rialza la guardia.

Per questo motivo hai iniziato a fargli da scorta?

Pugno sinistro.

Poi hai iniziato a stargli addosso tutto il giorno, tanto che io stesso ti ho assegnato alla sua guardia

Gancio destro.

Schivo i suoi colpi, sono molto deboli e non sono dati con l'intenzione di colpirmi, più per sottolineare quello che dice.

Dopo di che hai deciso di sorvegliarlo anche tutta la notte; passavi le nottate davanti alla sua porta per controllare che tutto andasse bene

Sinistro, destro, destro.

Sei così devota che Armin ti ha lasciato la sua branda nella stanza di Eren, per non farti stancare troppo la notte; così potevi riposare e controllarlo allo stesso tempo

Calcio alto.

Non ho detto nulla, non mi sembrava un cattiva idea in fin dei conti
I suoi capelli erano increspati dal vento che si stava alzando e girava per tutta la stanza, facendo danzare le tende.

Ma alla fine nemmeno ti bastava, dovevi controllare la situazione più da vicino, non è vero Ackerman? Non sia mai che si strozzasse durante il sonno
“Signore...”
Calcio basso, sinistro, sinistro, destro, sinistro.

Dimmi era perché ci tieni alla tua famiglia o volevi da lui qualche altro tipo di attenzioni?

Sento il calore avvampare sul mio viso e sono io che continuo il combattimento; inizio a colpirlo, lui continua a parare e non so davvero che cosa fare in questo istante, non capisco cosa voglia da me.

“Signore, lui è tutta la mia famiglia e non farò in modo che qualcosa o qualcuno me lo possa portare lontano da me.”
Ci fermiamo entrambi, con il fiato corto e ci scrutiamo.

Sei sicura Ackerman? O Volevi attenzioni diverse?

Sento il sangue ribollirmi dentro, con crescente rabbia esponenziale salirmi al cervello e scendere nelle mani.

Attenzioni di questo genere ad esempio”.
Il capitano scatta così velocemente che a stento riesco a seguirne i movimenti, me lo ritrovo dietro di me, il suo petto appoggiato alla mia schiena, percepisco la differenza tra le nostro altezze, la sua testa arriva poco più della metà della mia; la sua mano sinistra trova la lacerazione dei mie vestiti, ci affonda dentro e mi stringe il seno sinistro con forza. La mano destra si appoggia sullo stesso fianco.

Le mie gambe cedono e cado sulle ginocchia, il capitano segue i miei movimenti senza lasciarmi; non sono mai stata considerata come una donna da nessuno, nessuna di queste attenzioni così esplicite mi erano mai state rivolte, è tutto così strano, nuovo per me; non mi aspettavo fosse così, non che mi dispiaccia in realtà. Magari avrei preferito che fosse qualcuno di più giovane a proporsi, qualcuno con cui ho più confidenza, qualcuno di più stretto, qualcuno tipo... Eren.

Lui non ti toccherà mai così, Mikasa; è pronto per immolarsi per la causa, non pensa al fatto che potrebbe lasciarti sola, pensa solo a sé stesso ed a quanto possa essere utile agli altri. Non capisce quello che provi, forse non lo capisci nemmeno tu, sei così giovane, così sciocca a credere ancora che lui possa essere tuo”.
Mi crolla il mondo addosso, non ho mai avuto il tempo di pensare a questo genere di cose e non è la nostra priorità, abbiamo il destino dell'umanità tra le mani e pensare a cosa potrei o non potrei essere per Eren non svetta tra i primi argomenti a cui pensare; ho visto spesso reclute e soldati, anche nel mio stesso reggimento fare sesso tra di loro, l'ho notato, cercano di non destare più di tanto sospetti o di attirare l'attenzione, ma io li noto sempre, lo vedo da come si guardano, dai loro gesti e la loro postura se stanno andando a fare sesso da qualche parte. E una cosa fisiologica, mi ripetevo sempre, ma adesso non riesco a capire perché io non ne abbia mai sentito l'impellenza, non abbia mai voluto provare con qualcuno, non abbia mai affrontato l'argomento. Nessuna delle ragazze in realtà ha molta confidenza con me, molti evitano addirittura di rivolgermi la parola, divento essenziale ed importante solo quando c'è un combattimento in corso; Jean spesso mi rivolge la parola ma non sembra che nemmeno lui sia interessato a questo genere di cose; o sono io ad essere davvero così ingenua; che stessi cercando del calore umano da parte di Eren durante tutte queste notti passate nel suo letto? Lui non mi ha mai detto nulla, mi faceva posto per stare accanto a lui, ma non mi ha mai sfiorata, passato una mano tra i capelli o appoggiato la mano sulla spalla; spesso sembrava infastidito dal fatto che io gli stessi vicino. Mi sente come se fossi la sua carceriera, forse mi vede anche lui come un membro della sua famiglia, qualcuno con cui può avere solo un tipo di rapporto e quello non comprende ciò che il capitano mi sta facendo sentire.

Iniziano a scorrermi le lacrime senza riuscire a fermarle, scendono impetuosamente come una cascata che non si ferma mai, che continua a gettare acqua; il capitano mi lascia e mi asciuga le lacrime.

Non è così che doveva essere e non è questo quello che volevo, Mikasa”.

Mi lascia andare, cerco di coprirmi meglio che posso, lo squarcio nei vestiti si è allargato e non riesco a coprire più la spalla ed il seno; continuo a piangere, sto cercando di smettere ma non ne sono capace, devo cercare di capirci qualcosa in tutto questo, adesso o non riuscirò a continuare così. Inizio a correre, il capitano non mi rivolge una parola, mi faccio tutte le scale con la vista appannata, cerco di non perdermi tra i corridoi e spero di non incontrare nessuno.

La mia testa è piena di pensieri, cerco di capire che cosa stia succedendo attorno a me, cerco di capire le motivazioni di quel comportamento, non capisco nulla, mi sento tanto sciocca, come se il mondo andasse avanti ed io rimanessi indietro, a Shiganshina, ancora bambina a giocare e salvare Eren ogni volta ne avesse bisogno.

Capisco che qualcosa non va, ma non è negli altri, sono io ad avere qualcosa che non va; sono normali pulsioni, mi continuo a ripetere.

Il capitano è davvero un uomo stupendo, non sono immune neanche io al suo fascino, ma prima di adesso non lo avevo mai notato, mi ero soffermata solo su di lui quanto nostro capitano e componente del corpo di ricerca; non avevo pensato mai a lui come un uomo, forse non avevo pensato mai a nessuno come tale. Ogni tanto speravo solo che Eren mi stesse vicino e mi stringesse la mano di rimando, non che dovessi aspettare la notte per stringergli la mano mentre dorme.

Giro l'angolo, sono quasi arrivata, ma c'è qualcuno sotto la lampada che sta camminando nella mia direzione opposta; è biondo e porta in mano dei libri.

Armin mi urla dietro di fermarmi, ma io continuo per la mia strada e per fortuna non mi rincorre.

Arrivo davanti alla porta della stanza.

Le lacrime sono ormai finite, ma sento che le ultime scese continuano a rigarmi il viso; non mantengo neanche più i vestiti a dosso, voglio capire e non mi importa di quanto patetica e fragile io possa apparire in questo momento; anche Mikasa Ackerman è umana e solo per oggi può mostrarlo fieramente, è l'ora di capire e fare i conti con tutto questo.

Apro la porta e la lascio scivolare senza metterci alcuna forza, accompagno solo il movimento con la mano fino a quando è abbastanza aperta da porte entrare; la chiudo dietro di me e mi ci appoggio sopra; Eren è seduto sul letto, sta leggendo qualcosa, cosa che fa molto di rado in verità; chiudo a chiave la porta.

“Mikasa, era ora sei...”

Eren alza lo sguardo quando sente il rumore del chiavistello, mi guarda e sgrana gli occhi; mi guarda come se non mi avesse mai vista in vita mia e vedo lo stesso odio e la stessa rabbia, che aveva il capitano, salirgli ala testa.

Nessuno che mi guardi mai con tenerezza.

Si alza dal letto e mi corre incontro, mi prende per quello che rimane del mio colletto e mi sbatte nella porta; non glielo avrei mai permesso in altra occasione, ma continuo a guardarlo e sento la freddezza dei miei occhi, anche se non riesco a vederli.

“Chi ti ha fatto questo, Mikasa?! Chi è stato?!”

Continua a corrugare la fronte, il suo sguardo è carico di impulsività e sfrontatezza, sta pensando così ardentemente a vendicarmi, a proteggermi, come ho sempre fatto io con lui, che nemmeno si accorge che sono mezza nuda davanti a lui.

Mi lascia andare e chiaramente innervosito si affaccia alla finestra, sbuffando e perdendo le staffe, come se fossi io in prima persona quella che lo sta facendo andare fuori dai gangheri; che ragazzino immaturo, non vuole proprio capire il perché io sia qui, sento che lo sa, che sta cercando di reprimere tutto, che finge di non vedere e non sapere, lui mi vuole nascondere qualcosa, vuole che io sia inferiore a lui.

“Eren, cosa ne pensi di me?” mi esce quasi sottovoce, ma lui mi sente, perché si gira e mi guarda incuriosito.

Non mi risponde, continua solo a guardarmi.

La sciarpa che mi ha regalato l'ho legata in vita prima che potessi lasciarla nella stanza del capitano, la sciolgo e la poggio sul suo letto, avvicinandomi a lui.

“Cosa ne pensi di me?”

Eren continua a fissarmi senza dire nulla; sul suo viso non leggo imbarazzo o vergogna, solo uno sguardo molto fermo.

Mi sfilo la giacca rotta e la faccio cadere a terra; finalmente si accorge dei miei vestiti laceri.

“Mikasa cosa è successo alla tua...”
Non gli do nemmeno il tempo di finire, afferro lo squarcio con la mano opposta ed inizio a tirare fin quando la stoffa cede e comincia a strapparsi tutta la camicia; la finestra ha le tende aperte, siamo a vista di chiunque, ma questo non mi scoraggia a continuare, devo capire che cose provo io e che cosa prova lui.

Metà della camicia cade a terra, rotta, oramai è solo uno straccio rotto, un pezzo inutile; tiro anche l'altra metà ed addosso non mi rimangono che le cinghie, sopra il reggiseno.

Eren continua a fissarmi senza dire nulla e mi lascia continuare.

Mi sbottono le cinghie, la cintura, tolgo il pantalone e gli stivali, tolgo anche l'intimo e rimango ferma, immobile davanti a lui e credo anche a qualcuno altro che ci sta fissando dalle finestre opposte; Eren non fa nulla.

Mi avvicino a lui.

Lui accosta le tende.

Si avvicina al letto e prende la sciarpa rossa, quella che lui mi regalò tanti anni prima.

Me la avvolge intorno al collo ed al seno e mi stringe forte a sé.

“Chi ti ha fatto questo Mikasa?”

Ascolto le sue parole e mi penetrano nel cervello come acido puro; mi allontano da lui, lo guardo intensamente negli occhi e mi tolgo per la seconda volta la sciarpa di dosso, rimanendo nuovamente nuda di fronte a lui.

“Cosa ne pensi di me, Eren?”

Raccoglie la sciarpa da terra, non sembra imbarazzato dal doversi chinare vicino a me completamente nuda e mi avvolge di nuovo la sciarpa al collo, cercando di coprirmi il più possibile.

Questo silenzio mi avvelena l'anima ancora di più di prima.

Sta ancora cercando di coprirmi come può, quando gli tiro uno schiaffo in pieno viso, così forte che cade all'indietro.

“Cosa ho che non va?” gli chiedo flebilmente.

Lui non mi risponde.

“Che cosa ho che non va?” urlo con quanto fiato ho in corpo.

Spalanco le tende ed inizio a gridare alle persona dall'altra parte, chiedendo cosa non vada in me, ma nessuno mi risponde.

Quindi è questo l'effetto che faccio alle persone.

Quando mi vedono si congelano e non fanno nulla, non dicono nulla, come se fossero terrorizzate da me.

“Mikasa”

Mi giro ed Eren si è rialzato, sta dietro di me e mi abbraccia da dietro.

“Sei la mia famiglia, l'unica cosa che mi ricollega al passato, ai miei genitori e una delle cose che mi fa continuare ad andare avanti; non potrei mai farcela senza di te, sei tutto quello che mi resta, ti proteggerò ad ogni costo”.

“Io... per caso non ti piaccio, Eren?” la mia voce è gelida, senza alcun tono.

“Certo che mi piaci Mikasa, come potresti mai non...”
“Intendo come donna, non ti piaccio?”

Sento colpi alla porta, qualcuno sta bussando, sembra la voce di Armin che ci chiede di aprirgli e se tutto va bene.

Niente qui va bene, non so nemmeno cosa sia un bene.

Le voci sembrano aumentare, è sempre più forte il brusio, deve rispondermi ora Eren, non voglio essere interrotta.

“Certo che mi piaci come donna.”

Mi giro di scatto, rimanendo tra le sue braccia; lo guardo, non ancora convinta, deve dimostrarmelo.

“Allora prendimi, adesso.”

Il caos fuori dalla porta è sempre più forte, ma mi sembra così distante in questo momento, che è come se non ci fosse.

Eren mi bacia, stringendomi a sé, sento il calore del suo viso, ma sento un freddo gelido che mi percorre la spina dorsale; questo bacio è vuoto, è sterile, è incompleto, senza alcuna passione.

“Mikasa io non... io non posso”.

Le sue parole mi arrivano dritto al cuore, mi sento debole, sento la testa vuota, le gambe pesanti – cado sulle ginocchia, oggi per la seconda volta – mi sento sollevata.

Un tonfo mi accompagna quando cado ed inizio a capire che non era questo che volevo e non volevo nemmeno che andasse così; quando mi aveva detto di no, ho compreso che nemmeno io lo volevo, che non lo desideravo come uomo, ma ho sempre e solo voluto averlo con me. Cerco di tornare al presente e mi accorgo che la porta non c'è più; ci sono molte persone nel corridoio ma nessuno si permette di entrare.

Non siamo più soli nella stanza, Eren guarda dietro di me, io continuo a fissarlo.

Rimanda il mio sguardo quando qualcuno mi solleva da terra; gli mormoro un grazie, appena accennato sulle labbra, poi mi lascio trasportare, il quell'abbraccio caldo, che mi ha avvolto il una coperta e poi mi ha portato via da terra. Passiamo tra la folla curiosa che si era accalcata davanti a noi, ma non temo di incrociare i loro sguardi, ormai sono al sicuro e sento che come sempre, hanno anche solo timore a guardarmi.

Mi accoccolo per qualche minuto, poi apro gli occhi; riconosco all'istante chi mi sta portando con sé.

E' ancora a petto nudo, anche se indossa di nuovo la camicia sulle spalle e sono avvolta in quello che credo sia la sua mantella; tra il tepore del mantello e la sciarpa, mi vien voglia di addormentarmi.

 

Apro gli occhi, è tutto scuro, ad illuminare la stanza c'è solo una candela e qualche raggio di luna, quando la tenda viene spostata dal vento.

Mi sento ancora spossata, nonostante questa non sia la mia camera accetto di buon grado il letto comodo e le calde coperte.

Sento un cigolio dal fondo, la porta si apre ed entra lui.

Non mi rivolge subito la parola, mi accenna appena un sorriso.

Mikasa

Cerco di mettermi a sedere, senza scoprirmi troppo.

Perché devi essere così testarda?

Si avvicina al letto e si siede a fianco a me; i suoi occhi non sono più pieni di rabbia, hanno uno strano alone di dolcezza.

Se volevi dormire nel letto di qualcuno, avresti potuto dormire nel mio dal principio sai” mi dice alzandomi il viso da sotto il mento.

Non ti ribelli più?

Esco da sotto le coperte, senza prestare il minimo problema al fatto che non indosso nulla; mi siedo a fianco a lui.

“Non lo volevo, sai; quando tu me ne hai parlato, ho creduto davvero che io potessi volerlo, ma quando mi sono trovata in quella situazione e lui non mi ha toccata... mi sono sentita bene, leggera, quasi sollevata che non lo avesse fatto.”

Nemmeno sarebbe stato capace di farlo bene; ma adesso è tardi devi riposare

“Ma Levi...”

Allungo la mano sulla sua spalla; lui mi prende la mano e la sfiora con le labbra, poggiandoci un bacio sopra.

Non così Mikasa, non è così che deve essere; sarò anche io, ma non potrei approfittarmi di te, così ed adesso, fragile come sei”.

Il mio sguardo si incupisce, lo sento, come mai nessuno mi vuole come donna, ho davvero qualcosa che non va?

Con Eren è stato un bene ma sento che questo invece lo voglio, lo desidero davvero, voglio che avvenga e subito; non starò dietro a quello che decide lui di fare.

Mi siedo a cavalcioni su di lui, senza chiedergli il permesso, non comanda lui questo genere di cose, sarà anche il mio capitano ma su questo non può darmi ordini.

Mikasa, ti prego, basta; ho sbagliato a parlarti in quel modo prima, i miei modi son bruschi, me ne rendo conto, ma le mie parole sono state anche peggiori”.

“Capitano Levi”

Appena alza il viso, lo bacio.

Lui ricambia, ma lo sento distante, combattuto; spesso si ferma e si allontana, per poi ricominciare a baciarmi ed accarezzarmi ovunque.

Inizio ad allargargli il bavero ed a sbottonare i primi bottini della camicia, lui continua a seguire l'incavo della mia schiena e la curva dei mie fianchi; sento che lui mi vuole, sento la differenza tra Levi ed Eren.

Poi si ferma, di nuovo, mi prende di peso e mi stende sul letto.

Ti prego Mikasa, non ora” mi sussurra baciandomi il collo ed abbottonandosi la camicia.

C.Jay Myler © ALL RIGHT RESERVED ©
  
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