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Autore: Arya Tata Montrose    16/03/2018    3 recensioni
"[..] le sue dita corsero veloci dal pulsante di pausa ora trasformato in avvio alla tastiera, digitando in fretta un nuovo messaggio, senza curarsi del fatto che forse poteva essere una cosa stupida e che forse avrebbe dovuto pensarci di più. Questo venne dopo, non appena il testo venne portato nel balloon del programma di messaggistica.
Jirou:
Posso chiamarti?
Sto ascoltando la musica ma… è come se mancasse qualcosa
Voglio sentire la tua voce
03:38"
***
[Kaminari/Jirou][1.200 words][Introspettiva e forse fluff][Future!Fic]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaminari Denki, Kyoka Jiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Rythm of the Night
 
 
 
Sdraiata sul fianco e avvolta nel lenzuolo leggero, Jirou sentiva la musica vibrarle fin dentro le ossa. La stanza era silenziosa ed illuminata solamente dal bagliore dello schermo del cellulare, limitato al minimo perchè non le ferisse gli occhi; oltre la finestra, il buio era calato ormai da ore, contrastato solamente dello spettacolare quanto intenso inquinamento luminoso della città.
Le sue dita battevano veloci sui tasti immateriali dello schermo, impegnate a formulare una risposta all’ultimo della sequela di messaggi di una conversazione senza senso logico, iniziata dall'ennesima stupidaggine che Kaminari le aveva inviato quando ancora il sole bagnava la sera estiva. Avevano continuato quella conversazione a suon di battute pungenti e domande argute, osservazioni che avevano una logica tutta loro e punteggiate di talmente tanti inside jokes che spiegarli a chiunque sarebbe stato pressoché impossibile. 
Le piaceva quella loro dinamica, quella silenziosa che non avevano mai perso nonostante tutti gli anni che erano passati e il non essersi visti per così tanto tempo. La prima cosa che le aveva chiesto, esaurita la battuta iniziale, era come fosse conciata la sua chitarra. Jirou aveva preferito sorvolare e Kaminari aveva digitato una risata. E poi, ore dopo, aveva sentito un nodo di cui prima non si era accorta stringerle la gola, assieme a quel rinato sentimento di pura nostalgia che l’aveva accompagnata per tutta la serata del falò, quando si era sentita di nuovo una ragazza normale dopo tanto tempo, senza seguire Present Mic sul lavoro o, quelle rare volte, alla U.A.. Quel sentimento si era fatto quasi opprimente, ora, e l’aria più pesante, come se le fosse schiacciata addosso dalla pressione di una bolla distaccata dal resto del mondo.
    
     Jirou:
     Stai dicendo sul serio?
                                   03:37
                                                                                      Kaminari:
                                                                                      Lo giuro, non invento nulla!
                                                                                      03:37
     Jirou:
     Siete incredibili, haha
                                   03:37
 
Era come se la musica avesse preso una connotazione diversa, come se il ritmo e la melodia si fossero fatti tristi tutto d’un tratto. D’altra parte, rifletté Jirou, era anche questo il fascino, l’ unicità della musica: poteva cambiare a seconda di come ti sentivi, e potevi cogliere diverse sfumature ogni volta che l’ascoltavi, triste o felice che fossi. Questa volta, Jirou sentiva che alla canzone mancava qualcosa. La sentiva incompleta, come se una parte della melodia non fosse, tutto d’un tratto, più lì. Era… Era… Non lo sapeva nemmeno lei. Semplicemente, qualcosa non suonava più tanto bene. La spense immediatamente e le sue dita corsero veloci dal pulsante di pausa ora trasformato in avvio alla tastiera, digitando in fretta un nuovo messaggio, senza curarsi del fatto che lui non avesse ancora risposto, che forse poteva essere una cosa stupida e che forse avrebbe dovuto pensarci di più. Questo venne dopo, non appena il testo venne portato nel balloon del programma di messaggistica.
 
     Jirou:
     Posso chiamarti?
     Sto ascoltando la musica ma… è come se mancasse qualcosa
     Voglio sentire la tua voce
                                                                                                         03:38
 
Se ne pentì quasi immediatamente, ma non potè non accorgersi che il nodo alla gola si era un po’ allentato e che la pressione sulle sue spalle si era fatta più debole. Si sentì immediatamente meglio, libera di quella zavorra di cui non si era mai accorta – o che lentamente le era cresciuta addosso e a cui poco a poco s’era abituata. 
Si morse il labbro inferiore, mentre quell’attimo di ritrovato benessere faceva spazio all’ansia del tempo che sembrava dilatarsi, nell’attesa di una qualsiasi risposta da parte di Denki. Guardò l’orologio, nella speranza di vedere il 38 mutato in 39. Nell’attesa, l’unica luce che rischiarava il suo viso ed i contorni della sua camera si spense con lo stand-by del cellulare. Non aveva visto il numero cambiare.
Improvvisamente, prima che potesse muovere le dita a sbloccare nuovamente l’apparecchio, la luce dello schermo la investì di nuovo, accecandola per qualche secondo, prendendo a vibrare tra le sue mani. Quando riuscì nuovamente a mettere a fuoco, Kyouka vide il faccione sorridente di Kaminari che riempiva lo schermo, accompagnato dal suo nome in lettere bianche e dalle icone verde e rossa di risposta e rifiuto alla chiamata.
«Che succede?» Il tono preoccupato che la investì come pigiò sull’icona verde le fece accennare un sorriso. Un suono genuino, come le sue risate e le sue lamentele ai tempi della U.A., che sembravano parte di un passato lontano, come lo era sembrato solo qualche sera prima alla riunione della classe A, quando aveva rivisto tutti di nuovo dopo molto tempo. Era stata felice, quella sera, di trovarsi come catapultata indietro di cinque anni, come se non si fossero mai separati. Come qualcuno aveva detto, erano cambiati tutti senza cambiare affatto. Certe cose semplicemente rimanevano così com’erano. Come Kaminari, eterno bambino con il sorriso stampato in volto e la sincerità a volte ingenua che risuonava in ogni sua parola. Un balsamo per le sue orecchie, una vibrazione familiare e rassicurante che le faceva salire in petto una sensazione a cui non era stata capace di dare un nome.
«Io… Sono solo un po’ triste, non so perché. Po– Possiamo solo continuare a parlare?»
Kaminari tacque per qualche secondo, nonostante Jirou potesse sentire il suo respiro sul microfono, alla disperata ricerca delle parole. Non sapeva cosa dire, improvvisamente sprovvisto di aneddoti e battute idiote di cui solitamente il suo cervello era saturo. Era come se il suo personalissimo archivio di stronzate fosse andato in blackout in quel preciso istante, lasciandolo senza nulla di idiota da rifilarle. Inconcepibile. Miracolosamente, venne in suo soccorso l’assurdo collegamento tra l’inconcepibilità del vuoto cosmico che regnava nella sua mente – cosa c’entrano i gatti ora? – e quella della mancanza di sufficienti cibo e alcolici – e fondi – da portare al falò di qualche giorno prima.
«Ah, ecco! Ti ricordi che siamo stati io e Kirishima a organizzare il tutto, l’altra sera? Ecco, senti che è successo al supermercato», iniziò. Kaminari parlava e Kyouka ascoltava, talvolta commentando o ridendo solo ad ogni colpo di scena di quell’avventura che di normale aveva ben poco – persino per il concetto riadattato ai loro standard di normale. Anche se lui non poteva vederlo, il sorriso della ragazza si allargava sempre di più, mentre lei ascoltava in silenzio il suono della sua voce modellare concetti, immagini e forme, riverberandole nel corpo attraverso i suoi lobi-jack. A sentirlo, Jirou si sentiva meglio e fino al ritrovo aveva scordato quanto le piacesse, anche se da ragazzina si ostinava a sostenere quanto fosse idiota e fastidioso. Be’, idiota lo era rimasto.
«Come stai ora?» le chiese, e Jirou si riscosse dai suoi pensieri. 
Era passato qualche secondo, in cui non aveva prestato attenzione al ritrovato silenzio.
«Oh, sì. Ora va molto meglio», balbettò, senza sapere esattamente cosa dire. Si era persa nella sua voce, nel limbo del pensiero, cullata da quel suono allegro, mentre scivolava lentamente nel sonno. «Grazie»
«Oh, figurati. Ehi, ti va se domani ci troviamo per un caffè? Ora mi pare un po’ tardi per finire la storia, così finisco di raccontartela!» 
«Certo, volentieri.»
«Facciamo nel pomeriggio, perché dubito di svegliarmi prima di mezzogiorno», rise e Jirou fece lo stesso, assentendo.
«Allora a dopo, Jirou.»
«A dopo, Kaminari.»
 
Non fu lei a chiudere la chiamata, già con gli occhi chiusi ed i muscoli rilassati, mentre nelle sue orecchie echeggiava ancora la voce di Denki ed oltre le sue palpebre si era fatto tutto più brillante. Forse era merito dell’alba. O,  forse, di quella voce che ancora le ronzava nella testa, colorando i suoi sogni di un giallo elettrico.









 
Note autrice:
 

Ehilà!

Una precisazioncina, se non fosse già evidente dal testo: la storia è ambientata qualche giorno dopo Corde sulla sabbia, come Brought by rain
Comunque, l'ispirazione è arrivata una sera di studio matto e disperatissimo che spero abbia dato qualcosa di più produttivo della mia interrogazione. Non ho idea se i personaggi siano IC o meno, li ho trattati solo una volta in Corde sulla sabbia, appunto, e non saprei proprio che cosa dire. Tutto sommato, comunque, mi è piaciuto scriverla!
E come sempre ringrazio NanaLuna per avermi sia dato l'idea che betato la storia.

Mi spiace tantissimo di non essere riuscita a pubblicare martedì come avevo detto su Twitter, ma ho avuto tanti di quei problemi in una sola settimana che metà bastano. 

A presto, si spera, 
Tata ❤︎

   
 
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