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Autore: Lilith_Luna    17/03/2018    0 recensioni
Una leggenda narra di una creatura del mare che, attratta dalle lacrime provocate dalla sofferenza, spinge le donne a suicidarsi su una scogliera. Lui è conosciuto con diversi nomi, tra cui Principe delle sirene, ma nessuno sa il suo vero nome, forse non ne ha uno.
Questo essere pericoloso sarà molto attratto da Eileen, una ragazza in lotta con se stessa che non piange mai. Le offrirà in cambio delle sue preziose lacrime e della sua vita in fondo al mare con lui, un Cuore d'oceano.
Ovvero un cuore freddo come il ghiaccio, come quello delle sirene.
Genere: Dark, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Underground
 
 
  
 
     Quella sera aveva iniziato a piovere e in poco tempo le stradine lastricate e irregolari del paese si erano riempite qua e là di pozzanghere, rendendo il percorso verso il locale una sorta di campo minato. Le ragazze, tutte con stivali alti col tacco (tranne Ace, ovviamente) si tenevano a braccetto per cercare di rendersi più stabili a vicenda.
     ‹‹Maledizione!››, imprecò Amy alla terza volta che rischiò di prendersi una storta sul tratto di strada acciottolato, avendo calcolato male la profondità di una pozza, ‹‹lo sapevo che avrei dovuto mettere gli stivali bassi››.
     ‹‹Lo dici ogni volta ma non lo fai mai. Secondo me nemmeno ce li hai degli stivali senza tacco››, la punzecchiò Lisanna.
    ‹‹Certo che ce li ho, solo che non ho mai avuto il tempo di cercarli››. Così dicendo pestò il piede in una grossa pozza che non aveva visto, schizzando acqua sulle gambe scoperte delle amiche. Poi drizzò le orecchie come un segugio in direzione del resto del gruppo che camminava davanti, intuendo che stavano parlando di loro ed esortandoli ad alzare la voce.
     Ace si girò, cogliendo la provocazione. ‹‹Le solite cose, amore, ci stiamo lamentando di quanto siete lente sui tacchi››. Soffiò un bacio ad Amy ed iniziò ad entrare nel pub, Liam e Brad al seguito. Ash stava fumando, quindi le ragazze si fermarono con lui.
    I lampioni a lanterna che illuminavano le strade davano un tocco fiabesco alle vie semivuote: il maltempo aveva dissuaso gran parte della gente dall’uscire di casa e i pochi impavidi, noncuranti del vento che sferzava i loro visi, andavano a rifugiarsi nei locali.
    Il Borderline era quasi sempre pieno. Nemmeno una tempesta avrebbe potuto tener lontani i suoi frequentatori fedeli. Eileen alzò lo sguardo verso l’insegna al neon scarlatta debolmente illuminata, una linea a sbarrare il nome scritto in maiuscolo.
      ‹‹È la prima volta che ci vieni?››, le domandò Ash buttando a terra la sigaretta che si spense in un rivolo d’acqua.
     ‹‹Sì. Ne avevo sentito parlare a Dublino perché dei miei amici si sono esibiti qui una volta››. Non sapeva per quale motivo, ma Eileen si sentiva un po’ in soggezione davanti ad Ash. Forse perché aveva capito che lui non sarebbe stato uno di quelli facilmente ammaliabili con cui aveva sempre avuto a che a fare.
     ‹‹Ti piacerà. I live sono sempre molto coinvolgenti››, affermò sorridendo. Fece per aprire la porta, ma si fermò per chiedere qualcosa a Liz, che gli rispose con una spinta scherzosa. Ash entrò con stampato in faccia un sorriso furbo e le ragazze rimasero da sole sotto la tettoia.
   ‹‹Ti ha chiesto di Shane?››, volle sapere Amy. Adorava sapere tutto di tutti, non aveva paura di porre domande scomode o sfacciate. Nonostante l’apparenza era una persona che sapeva cosa tenere per sé e cosa poter dare in pasto ai pettegolezzi; per questo nessuno temeva di confidarsi con lei.
     ‹‹Sì, voleva sapere se verrà. Oggi abbiamo discusso di nuovo, quindi immagino di no››, si strinse nelle spalle, visibilmente dispiaciuta.
    ‹‹Vorrà dire che potrai fare liberamente la zoccoletta con Ash››, Amy le diede di gomito allusivamente, cercando di strapparle un sorriso, ottenendo invece un’alzata d’occhi di Liz. ‹‹E tu Ellie? Ti dai da fare stasera?››
    Lei allargò le braccia con fare permissivo. ‹‹Sono single, perché no!››
    Entrarono nel locale con Lisanna che scuoteva la testa ed Amy che ancheggiava in modo vistoso, elettrizzata. L’interno era caldo e accogliente, con i muri dipinti di rosso – dove riuscivi a scorgerli, perché le pareti erano tappezzate di foto e ritagli di band e dischi autografati. Sopra il lungo bancone scuro erano appesi un basso a cinque corde e delle chitarre elettriche mozzafiato; di una c’era solamente il manico. Un piano superiore correva lungo parte del perimetro del locale come una balconata protetta da una ringhiera in ferro battuto, decorata con lucine come se fosse Natale.
     Eileen si tolse la leggera giacca rossa di pelle, rimanendo con una maglietta che lasciava le spalle scoperte. ‹‹Wow, sono tutte foto di gruppi?››, chiese sistemando le calze a rete che erano scese un po’ nel tragitto. Fu Liz a rispondere.
     ‹‹Sì! Figo, vero? Non è rimasto quasi un buco libero. Sulle colonne invece sono appese le foto dei clienti e delle band che si esibiscono qui. Ce ne sono alcune nostre che fanno ridere, se vuoi vederle››.
     Eileen promise che le avrebbe raggiunte di sotto dopo aver fatto un giro, così Liz si lasciò trascinare via per mano da Amy e sparirono lungo una rampa di scale di fianco al bancone. La ragazza, rimasta sola, si fece strada tra la folla per avvicinarsi alla colonna più vicina. Era ricoperta dalla cima fino alla base da scatti di gente ubriaca e che si divertiva: un gruppo di amici che giocava a beer pong, una ragazza bionda sdraiata sul bancone con una fila di chupiti sulla pancia… Eileen si avvicinò per guardarla meglio e non si stupì nel riconoscere Amy. Spostando lo sguardo sulla foto subito sottò però, il cuore fece una piccola capriola. Ritraeva tre amici sorridenti, abbracciati, uno di loro aveva il viso arrossato per via dell’alcol. Era Shane, il ragazzo di Lisanna. Ed era ancora più bello visto da vicino.
     La fiammella nera dentro di lei iniziò a sfrigolare, le palpebre si socchiusero languidamente osservando quel viso rosso e quei lucidi occhi azzurri. Una voce sconosciuta interruppe i suoi pensieri prima che si facessero più spinti.
     ‹‹Quella sera tornai a casa sui gomiti››. Eileen si voltò e si trovò a guardare gli stessi occhi della foto, con la differenza che questa volta erano limpidi, e molto vicini. ‹‹Io sono…››
     ‹‹Shane. Lo so››. Gli tese la mano per presentarsi. ‹‹Io sono Eileen››.
     ‹‹Lo so››, ribatté lui stringendola. Eileen sentì il sangue pulsarle contro il polsino di cuoio, dove si era tagliata prima di uscire. Ritirò la mano chiudendo il pugno lungo la coscia. ‹‹Hai visto Lisanna?››, glielo chiese con occhi tristi, come se immaginasse già la risposta.
     Eileen si schiarì la gola, non sapendo cosa dire. ‹‹È andata giù con gli altri. Tra poco inizieranno a suonare, credo››.
    Shane spostò lo sguardo, a disagio, un angolo della bocca si sollevò in un sorriso forzato. Preferì cambiare discorso. ‹‹Suonano anche loro stasera››, disse indicando la foto che stava guardando lei poco prima, ‹‹sono i miei migliori amici: Robin e Adam››, indicò prima il ragazzo biondo alla sua destra, poi quello con i lunghissimi capelli neri a sinistra. Erano oggettivamente più belli di Shane, di una bellezza più raffinata, dai tratti decisi. Shane era una bellezza comune, al contrario, semplice, di quelle a cui solitamente Ellie non faceva molto caso.
     ‹‹Tu non suoni?››, gli chiese inclinando la testa con fare civettuolo, appoggiandosi alla colonna. Eccola la sua metà oscura, quella egoista e lussuriosa. Quel lato di Eileen che voleva aver il controllo su tutto si risvegliava al minimo ostacolo: in questo caso un ragazzo impegnato. Desiderava essere desiderata. Voleva che la scelta fosse solo sua.
     ‹‹Pizzico le corde di una chitarra ogni tanto, non so se si può definire suonare››. Un sorriso sghembo gli fece spuntare una fossetta ed Eileen ne rimase affascinata all’istante.
    ‹‹Potrei giudicarlo io. Mi piacerebbe sentirti››, gli propose con un ampio sorriso che aveva sempre conquistato tutti. Per un attimo sembrò funzionare anche su Shane, poi qualcosa alle spalle della ragazza lo scosse e lui cambiò atteggiamento. Si dileguò con un frettoloso ‹‹Ci becchiamo dopo il concerto, magari››. Ed Eileen rimase di nuovo da sola.
     Si guardò attorno e notò che gran parte delle persone che prima affollavano il pub ormai dovevano essere scese per il live; così si diresse anche lei verso le scale. Una ringhiera in ferro battuto decorata di lucine color miele come quella della balconata portava ad un piano interrato, anch’esso tappezzato di foto di gruppi e ritagli di giornale, pagine del Rolling Stones, principalmente, e altre riviste di musica. Eileen si trovò su uno spoglio pianerottolo occupato soltanto da un alto tavolino tondo già pieno di bicchieri vuoti e da un cartello che indicava la via per il bagno. Una pesante tenda rossa di velluto separava il locale dei live da quell’intermezzo freddo e triste, attutendo il chiasso che proveniva dall’altra parte. Una scritta luminosa appesa sopra di essa recitava “Underground”. Scese nel sottosuolo e ne fu inghiottita.
     Il locale sotterraneo era gremito di gente che ballava, si agitava e alzava i pugni al cielo in direzione della band che stava suonando.
Immaginando che le sue amiche sarebbero andate sottopalco, iniziò a farsi strada tra la folla. Un ragazzo le rovesciò addosso un po’ della sua birra senza neanche accorgersene, preso dalla musica. Ed eccole lì, in seconda fila: due bionde che applaudivano e si scatenavano al ritmo di un rock dai tratti glam.
     ‹‹Eccoti! Dove eri finita?››, le domandò Lisanna, tirandola per mano per farle superare l’ultimo ostacolo formato da una coppia avvinghiata.
    ‹‹Stavo facendo un giro del locale››, spiegò lei passandosi una mano sul collo. Aveva già caldo. Non disse di aver parlato con Shane, voleva tenerlo per sé.
     ‹‹Il prossimo gruppo è quello degli amici di Shane››, la informò, come se avesse letto negli occhi di Ellie il suo piccolo segreto.
Il cantante presentò i membri della sua band e annunciò che quella sarebbe stata l’ultima canzone prima di cedere il palco agli Isarcourt. Per mantenere l’interessamento del pubblico conclusero con una cover dei Guns ‘n’ Roses, Sweet child o’ mine. E tutti cantarono. Tutti tranne Eileen, che si ritrovò pietrificata, le suole degli stivali inchiodate al pavimento e una stretta al cuore. Era la canzone che Mark le cantava in quelle sere in cui stavano nel suo appartamento ammuffito a fumare erba e bere birra economica guardando vecchi film quasi sconosciuti.
     L’intro di quella canzone era come una pugnalata per lei, ma furono le parole della seconda strofa a spezzarla all’altezza dell’addome come una matita.
 
 
 
She's got eyes of the bluest skies
As if they thought of rain
I hate to look into those eyes
And see an ounce of pain
 
 
 
    L’incantesimo che la teneva ancorata all’appiccicoso pavimento dell’Underground si ruppe quando il cantante, spostandosi il ciuffo verde con un gesto soddisfatto, lasciò che a proseguire a cantare fosse il pubblico. Eileen si sentì soffocare, i polmoni pieni di aria calda e il fumo artificiale dal profumo dolciastro che l’avvolgeva come una trappola a gas. Iniziò a muoversi tra le persone alla cieca, cercando la via d’uscita, urtando corpi e bicchieri; prendendosi insulti e spintoni per via del suo indelicato modo di farsi strada, presa dal panico. La copia dell’insegna luminosa che aveva visto all’esterno era la sua meta, lontana e ondeggiante come un miraggio mentre sentiva di essere lì lì per svenire.
    Raggiunto il fondo del locale poté respirare una boccata d’aria a pieni polmoni, benché non fresca. Le girava la testa e si sentiva instabile sulle gambe. Con lo sguardo basso per vedere dove metteva i piedi, i lunghi capelli sul viso, cercò il muro affianco alla tenda di velluto per appoggiarsi un attimo, ma ciò che le sue mani incontrarono furono un petto solido e due braccia sicure che la sorressero. Eileen incrociò gli occhi cupi di Shane che con decisione la scortò oltre i drappeggi e fino al bagno delle donne. Il ragazzo attese fuori dalla porta come un bodyguard mentre Eileen si bagnava il collo e la scollatura, aspettando che il suo respiro affannoso si calmasse. Quando il tremolio delle mani cessò si guardò allo specchio, incontrando un paio di occhi che le restituì uno sguardo disperato. Non le era mai capitato di avere un attacco di panico. Ora poteva capire come si sentivano quelle persone che dicevano di non avere più il controllo di sé e di sentirsi quasi morire; la voglia di lottare mista a quella di abbandonarsi lì, sul pavimento.
     Cercò di darsi una sistemata prima di uscire: tolse l’eccesso di nero che si era allargato sotto gli occhi, spinse indietro le ciocche di capelli che le si erano appiccicate alle guance e al collo e infine, per darsi una “scossa” premette con il pollice lo spesso bracciale che copriva i tagli sul polso. La scarica di dolore che ne seguì le rianimò gli occhi annebbiati.
     Shane la stava aspettando appoggiato al muro scuro di fronte alla porta, risvoltandosi le maniche della camicia aperta, mostrando una maglietta nera con il logo di una band che lei non riconobbe. ‹‹Ti senti meglio?››, la interrogò preoccupato.
     Eileen si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e gli restituì un timido sorriso. ‹‹Sì, è stato solo un attacco di panico. Lì in mezzo non si respira››.
    ‹‹Sicura che sia solo questo? Ti ho vista piangere oggi, alla spiaggia››. Lo disse come un bambino che è stato beccato a spiare i genitori, aspettandosi da lei una reazione brusca, che non venne.
    ‹‹Problemi di cuore, diciamo. Nulla di nuovo per gli umani, no?›› Eileen riuscì a ridere, si sentiva molto meglio ora che c’era Shane ad interessarsi a lei.  Il ragazzo aggrottò le sopracciglia alla sua risposta sarcastica.
    Forse poteva evitare di nominare i problemi di cuore visto che le cose con Liz non andavano bene, ma non se ne pentì, in fondo. Eileen sapeva come giocare le sue carte, era sempre stata brava nell’ammaliare i ragazzi, fosse per scroccare da bere in un pub o per farsi perdonare qualcosa dalle persone che frequentava e poi mollava, dopo aver finito di usarle.
     ‹‹Mi accompagni fuori a prendere aria?››, gli propose stringendosi nelle spalle con fare innocente.
     ‹‹Certo››, la rassicurò lui, ‹‹per stasera sei sotto la mia responsabilità. E poi non voglio stare qui››.
 
 
 
 
 
     Quando furono sotto la tettoia del pub, al riparo dalla pioggia, Eileen scroccò una sigaretta da una coppia ed estrasse dalla tasca dei pantaloni uno zippo per accenderla. ‹‹Non fumo spesso››, mentì, temendo che a Shane desse fastidio. Lui scrollò le spalle, indifferente.
     ‹‹Come mai hai un accendino del genere, allora?››, indagò incuriosito dall’oggetto.
    Eileen si rigirò tra le mani lo zippo decorato in madreperla e glielo passò per mostrarglielo. ‹‹È del 1968. Era di mio nonno››. Shane non osò chiederle della sua famiglia ed Ellie gliene fu grata. ‹‹Come mai non vuoi stare qui stasera?››, gli chiese tirando una lunga boccata.
     ‹‹Problemi di cuore, diciamo››, le fece il verso, poi più serio: ‹‹ho promesso al mio amico Robin, il batterista, che non mi sarei perso questo live››.
     ‹‹Però te lo stai perdendo››, gli fece notare l’ovvio, dispiaciuta.
     ‹‹Si potrebbe dire che ci siamo salvati a vicenda, stasera››. Le sorrise in modo amichevole, ma Eileen trasformò quella gentilezza in un gesto malizioso, perché così voleva che fosse.
     La pioggia aumentò all’improvviso, costringendo i ragazzi ancora fuori dal locale ad affrettarsi ad entrare per ripararsi dalle folate di vento bagnate. Un lampo illuminò l’acciottolato pieno di pozzanghere, seguito poco dopo dal rombo di un tuono.
    Aspettarono che tutti furono entrati, poi Shane la precedette dandole le spalle mentre Eileen buttava a terra la sigaretta fumata a metà, quando un secondo lampo di luce illuminò la grande pozzanghera ai suoi piedi. Due occhi glaciali brillarono sotto la superficie sottile, contornati da un volto cadaverico.
Eileen strillò inciampando all’indietro nei suoi stessi stivali; l’accendino che aveva ancora in mano cadde a terra. Una mano bianca come la luna le afferrò una caviglia e la strattonò, facendola cadere in ginocchio. Spaventosa fu la sorpresa quando, aspettandosi di pestare le ginocchia contro le pietre, si sentì sprofondare fino al bacino. Agendo d’istinto si aggrappò con le unghie ai ciottoli, terrorizzata; scalciò con le gambe nell’acqua fredda, riuscendo a portare un ginocchio in superficie, ma una seconda mano sbucò dall’acqua per tirarla giù, strappandole le calze e facendola sprofondare ancora.
     Qualcosa si accese alle sue spalle illuminando la strada di arancione. Un sibilo acuto riverberò nella pioggia poi, qualunque cosa fosse a tirarla nella pozzanghera, smise. Due braccia ormai conosciute l’aiutarono a rialzarsi, stringendola.
      ‹‹Lo hai visto anche tu!››, lo aggredì Eileen aggrappandosi a Shane.
     ‹‹Sì, sì, è andato via adesso, tranquilla››. La presa forte sulle braccia di Ellie la calmarono leggermente, abbastanza da permetterle di notare che Shane non aveva più la camicia, ma che era rimasto in maglietta. ‹‹L’ho tolta per darle fuoco››, le spiegò rispondendo alla sua domanda inespressa.
      ‹‹Cosa?›› Eileen non riusciva a capire, era ancora scioccata.
     ‹‹Ho dato fuoco alla camicia per lanciarla su di lui. Le creature dell’acqua hanno paura del fuoco››.
     Eileen sgranò gli occhi incredula e si separò dall’abbraccio di Shane, riconquistando l’instabilità. Si accasciò a terra contro il muro e si strinse le ginocchia cercando di contenerne il tremito. Shane si sedette accanto a lei. Entrambi erano zuppi ormai, quindi non fecero caso agli scrosci obliqui di pioggia che li investivano. Eileen strinse gli occhi e i denti, tentando di scacciare dalla mente l’immagine di quella faccia sotto il pelo dell’acqua. Quando li riaprì cercò conforto nello sguardo del suo salvatore, pronta ad affrontare l’argomento.
     ‹‹Quando lo hai visto la prima volta?››, le chiese Shane, serio.
    ‹‹Ieri… ieri sera››. Le sembrava tutto incredibile, anche il fatto che fosse successo soltanto la sera prima. ‹‹Shane, come…››, non sapeva come continuare, ‹‹esiste››, finì per dire, in un tono misto fra il rassegnato e il meravigliato.
     Lui le restituì lo zippo con cui aveva dato fuoco alla camicia, ma lei respinse la sua mano. ‹‹Tienilo pure. È la seconda volta che mi salvi, stasera››, poi tornò ad abbracciarsi le gambe.
  
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