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Autore: Bluemoon Desire    17/03/2018    5 recensioni
[L\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\'Allieva ]
Nel tentativo di proporre una continuazione ideale delle avventure dei protagonisti de "L'Allieva", questa storia riparte lì dove il finale della prima serie si è interrotto, con la nostra simpatica Alice divisa tra gli amori della sua vita, Claudio ed Arthur.
Forse nel suo cuore la decisione è già presa, ma riuscirà a perseguirla senza più paure ed incertezze? [ ATTENZIONE: La storyline e la caratterizzazione dei personaggi prendono spunto sia dalla fiction Rai che dai romanzi di Alessia Gazzola]
Genere: Commedia, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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                            CAPITOLO 9 -  NESSUNA TENEBRA DURA PER SEMPRE

 
The most important things are the hardest to say. ”
— Stephen King 
 
 
« Lo abbiamo rinvenuto circa un'ora fa lungo la diramazione Nord dell'A1, ad una decina di chilometri di distanza dallo svincolo per Fiano Romano...  » riferì brevemente uno degli agenti della Polizia Scientifica, porgendo a Calligaris e Visone un piccolo sacchetto di plastica trasparente, di quelli utilizzati per conservare le prove, all'interno del quale si distingueva chiaramente la sagoma di uno smartphone. 
 
« La dottoressa potrebbe averlo abbandonato lungo la strada per aiutarci a rintracciarla... » si lasciò sfuggire Visone ad alta voce, dopo aver riservato un paio di sfuggenti occhiate all'oggetto. 
 
Calligaris si grattò il mento con aria pensierosa.
 
« Conoscendola, è più probabile che le sia sfuggito di mano per sbaglio! » s'intromise un'altra familiare voce maschile alle loro spalle, attirando immediatamente su di sé gli sguardi dei presenti.
 
« Conforti... » lo accolse Calligaris, con un mesto cenno del capo. 
 
Con i capelli bruni e scarmigliati che si agitavano selvaggiamente al vento e l'aspetto stanco e abbacchiato di chi ha già perso fin troppe ore di sonno, Claudio si accostò maggiormente al gruppetto per poter dare un'occhiata più da vicino all'oggetto rinvenuto dalla Scientifica. 
 
« E' il cellulare di Alice, riconosco la cover » affermò poi con sicurezza, scambiando un'occhiata d'intesa con Calligaris « Hai idea di dove possa averla portata, Roberto? » 
 
« Abbiamo già delle squadre che stanno setacciando palmo a palmo l'intera zona, cercando di coprire più terreno possibile, ma come potrai immaginare, Conforti, ci vorrà del tempo » spiegò Calligaris, visibilmente provato da quelle lunghe ore di angoscia. 
 
« Tempo... » ripeté a mezza voce Claudio, il tono che lasciava trasparire tutta l'impazienza e la frustrazione che ormai lo stavano divorando « Non c'è più tempo! A quest'ora Alice potrebbe essere già-- »
 
Ma prima che potesse completare la frase, Calligaris tese un braccio verso di lui e glielo posò sulla spalla, in un silenzioso gesto di conforto. 
Riusciva a comprendere benissimo la snervante frustrazione che derivava da quell'attesa apparentemente infinita, costellata da pensieri negativi e pessime aspettative. Era un tipo di sofferenza per lo più astratta, ma che purtroppo non faceva altro che rendere ancor più aspro quel clima generale di sopraffazione ed impotenza.
Quel cellulare rappresentava l'indizio decisivo che avevano a lungo inseguito nel corso delle ultime dodici ore. 
Dovevano solo continuare ad indagare, senza rinunciare alla speranza. 
Era quello che avrebbe fatto la loro Alice. 
 
 
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Cominciava ad avvertire una strana inquietudine addosso. 
La stessa che aveva provato il giorno in cui si era resa conto che non sarebbe mai diventata un medico. 
Quella dolorosa consapevolezza di ritrovarsi al cospetto di un bivio decisivo, quello con la "B" maiuscola, dal quale - nel bene e nel male - sarebbe potuto dipendere il resto della sua vita. 
Peccato non poter esercitare, stavolta, la medesima e riflessiva facoltà decisionale a cui si era affidata per la scelta della specializzazione. 
 
Seppur con la coscienza annebbiata da un lieve e generale senso d'intontimento, non riscì ad evitare di notare che il suo aguzzino non si faceva più vedere nè sentire ormai da molto tempo, forse perfino alcune ore.
Le risultava piuttosto difficile riuscire a misurarsi realisticamente con il passare del tempo, quando era imprigionata in un luogo tanto buio ed angusto, senz'acqua né cibo sufficienti a far smaltire al suo corpo gli effetti di un potente sedativo come il Midazolam, che Marchesi le aveva iniettato a tradimento per consentirle di rilassarsi e dormire un po'. 
 
A proposito...che fine aveva fatto quel piccolo codardo? 
Aveva deciso di scomparire nel nulla, lasciandola lì a morire, da sola, e in preda agli stenti?
Bel comportamento da vigliacco. 
Detestava ammetterlo, ma cominciava seriamente a temere di non poter mai più rivedere la luce del giorno.
 
« Hai dormito per quasi cinque ore...pensavo di aver esagerato con le dosi del sedativo » 
 
La voce di Marchesi la colse talmente alla sprovvista da farla saltare su a sedere come una molla, mentre l'urlo che stava per prorompere dalla sua gola si tramutò rapido in un mugolio soffocato quando intravide la sua sagoma emergere dalla penombra. 
Non si era neppure resa conto che fosse con lei nella stanza. 
 
« Pensavo che fossi scappato » ammise Alice con un fil di voce, raddrizzandosi piano con la schiena contro la parete.
 
« E a cosa servirebbe? Sono spacciato » rispose caustico il giovane aguzzino, dando l'idea di aver già analizzato a fondo ogni singola possibilità senza riuscire a trovare una via di fuga ragionevolmente ottimistica. 
 
« Se ti consegni spontaneamente alla polizia, terranno conto del fattore accidentale...non rovinare per sempre la tua vita, per favore! E soprattutto, non trascinarmi a fondo con te. TI PREGO. » provò a convincerlo Alice, il pensiero angosciato rivolto alla sua famiglia, ai suoi amici e ai suoi colleghi dell'Istituto e della Polizia. 
In particolar modo, ad uno di loro. 
 
« La mia vita è finita il giorno in cui il cuore di Riccardo ha smesso di battere » sentenziò Marchesi per tutta risposta, avvicinandosi a lei abbastanza da farle notare quel luccichìo malinconico nel suo sguardo « Cerca di rimetterti un po' in forze... » aggiunse poi, spingendo verso di lei con il piede una bottiglietta d'acqua piena per metà « ...dobbiamo lasciare questo posto. INSIEME. » 
 
Alice strabuzzò incredula gli occhi. 
 
« Lasciare questo posto? E per andare dove? » lo apostrofò con ostentata irriverenza, allontanando con un calcio la bottiglia in segno di protesta « Sono stanca, dolorante e non ho più la forza di muovere un solo muscolo... se devi uccidermi, non prenderti tanto disturbo e facciamola finita qui ed ora! » 
 
Il primo colpo la raggiunse con inaudita violenza all'altezza della clavicola destra, procurandole un'acuta fitta di dolore che quasi le mozzò il respiro. Un orrendo pensiero le balenò all'istante nella mente: stavolta l'avrebbe uccisa davvero. Non aveva più nulla da perdere, l'aveva detto lui. Così, quando vide il bastone calare nuovamente su di sé, qualcosa dentro di lei scattò, e prima che Marchesi potesse colpirla di nuovo, gli si lanciò contro a peso morto, disarmandolo e stordendolo a sua volta, in modo tale da poter guadagnare abbastanza tempo per raggiungere la sola via di fuga presente nella stanza. 
 
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« Come diavolo è possibile che ancora non siano riusciti a rintracciarli? Pensavo che Calligaris fosse uno dei migliori investigatori della Capitale! Mio padre lo ripete in continuazione... » sbottò Arthur, scattando in piedi dalla poltrona con piglio stizzoso.  
 
Molti dei presenti in Questura si voltarono a guardarlo. 
 
« Vedi di calmarti, Indiana Jones » lo redarguì Claudio, scoccandogli un'occhiataccia di disapprovazione « Qui non siamo all'FBI e non abbiamo risorse infinite per coprire l'intero territorio laziale...dagli tempo. La troverà. »
 
A dire il vero, per quanto detestasse ammetterlo, Malcolmess Jr non aveva tutti i torti.
In caso di rapimento, le prime 48 ore rappresentavano il primario range temporale di riferimento.
Superato quel periodo, le possibilità di poter ritrovare la vittima ancora in vita si riducevano drasticamente. Ovviamente avrebbe preferito ingoiare un intero barattolo pieno di larve, piuttosto che ammettere di essere d'accordo con il suo punto di vista. Ma questo era un altro discorso. 
 
« Come fai a restare così calmo? » lo apostrofò Arthur, ma non v'era alcuna nota d'accusa nella sua voce.
Piuttosto del sincero sconcerto.  
 
Claudio gli restituì fieramente lo sguardo e fu solo allora che si rese conto di quanta preoccupazione e frustrazione trapelassero dal volto del giovane rampollo del Supremo. Quello spilungone teneva davvero ad Alice. 
Magari avrebbero trascorso il resto delle loro vite a detestarsi civilmente da lontano, chi poteva dirlo, ma in quel preciso momento, sentiva che nessun altro meglio di Arthur Malcomess avrebbe potuto comprendere cosa gli stesse passando per la mente.
 
« Infatti non lo sono » si lasciò sfuggire alla fine, quasi senza neppure rendersene conto. 
 
E il silenzioso scambio di sguardi che accompagnò queste parole, bastò a mettere un punto definitivo a quella conversazione. Almeno fino a quando la porta dell'ufficio di Calligaris non si spalancò con violenza davanti ai loro occhi, riversando nell'atrio della Questura uno stuolo febbrile di agenti diretti di corsa verso l'uscita dell'edificio. 
 
« Che succede, Roberto? » esclamò d'istinto Claudio, piazzandoglisi con prepotenza alle calcagna, seguito a ruota da Arthur che non sembrava minimamente intenzionato a rimanere in panchina.  
 
« Sembra che i ragazzi della Scientifica abbiano rintracciato delle tracce di sangue in uno dei vecchi edifici inclusi nella nostra area di ricerca » fargugliò Calligaris con voce lievemente ansante, senza accennare a voler rallentare il passo « Se volete venire con noi, stateci dietro. Ma non fatemene pentire. »
 
Arthur e Claudio si scambiarono una rapida occhiata d'intesa e, dopo aver oltrepassato insieme la soglia d'uscita dell'edificio, si diressero all'auto di Claudio, prendendovi posto.
 
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L'erba alta e rinsecchita dal sole le pizzicava fastidiosamente i polpacci mentre, spinta dal desiderio di allontanarsi il più possibile dal suo aguzzino, filava a gran velocità lungo il sentiero che attraversava l'intera proprietà, senza mai voltarsi indietro, i piedi che pestacciavano rumorosamente il terreno fangoso sottostante, impregnato dell'acqua delle abbondanti piogge che si erano abbattute sull'intera zona nelle ultime ore.
Non sapeva quanto vantaggio potesse aver effettivamente ottenuto su Marchesi, né tantomeno se lui si trovasse ancora lì sdraiato a terra, svenuto, oppure se fosse già vicino a raggiungerla.
Tutto ciò a cui riusciva a pensare era allontanarsi il più possibile da lui e dalla sua lucida follia. 
 
La stanchezza le annebbiava la mente e il dolore alla testa ormai era così accecante da impedirle quasi di vedere chiaramente ciò che si stendeva davanti ai suoi occhi. 
Ma nonostante il dolore e lo sfinimento, continuò a correre, ancora e ancora, senza mai fermarsi.
Poi, di colpo, come un fulmine a ciel sereno, il silenzio circostante venne spezzato bruscamente dal rumore sordo di uno sparo. Uno sparo isolato, esploso da una distanza piuttosto elevata, ma che bastò a pietrificare ogni singolo muscolo di Alice sul posto, impedendole di muovere un altro solo passo verso la libertà.
 
« Alessandro, ti prego, stai facendo un grosso errore...ti prego, non devi-- »
 
Ma non riuscì a completare la sua frase.
Un improvviso groppo alla gola le mozzò letteralmente il respiro, costringendola a rimanere in silenzio, nel tentativo di riuscire a tenere a bada quel fiume di lacrime, ormai incontenibili, che le scivolavano silenziose lungo le guance. 
Lo sguardo glaciale ed inespressivo di Marchesi si posò ancora una volta su di lei, mentre le si avvicinava lentamente con la pistola spianata, pronto a far fuoco al minimo accenno di movimento.
 
« ...questa è la nostra fermata, dottoressa Allevi... »
 
Le sue parole suonavano così vuote, spettrali perfino.
Come se a pronunciarle non fosse neanche più lui, ma l'ombra di ciò che era stato un tempo.
L'ombra di un uomo che ormai non esisteva più. 
Poi il giovane si mosse di nuovo...lentamente. 
 
Il volto di Alice impallidì all'istante e, per un breve attimo - che le sembrò durare un'eternità - ebbe come l'impressione che il suo cuore avesse smesso di battere.  
La pistola era ora puntata dirtta all'altezza del suo petto e l'indice di Marchesi ne sfiorava appena il grilletto, come se stesse aspettando il momento più giusto per premerlo e mettere fine ai giochi, una volta per tutte. 
E in quel preciso istante, un solo terribile pensiero attraversò la sua mente. 
Le persone che amava non avrebbero mai saputo quanto realmente tenesse a loro...i suoi genitori, la sua adorata nonnina Amalia, Marco, Silvia, Lara, Yukino...e Claudio. 
Era stata così dannatamente sciocca a rinnegare i sentimenti che provava per lui per così tanto tempo, e adesso che cosa le restava? Un enorme vuoto nel cuore e un rimpianto che l'avrebbe accompagnata oltre la morte. 
 
Era talmente concentrata su quei pensieri balordi, che quasi non si rese neppure conto di ciò che si stava scatenando attorno a lei. Un colpo di pistola lacerò sferzante l'aria, spingendola istintivamente a gettarsi a terra in cerca di riparo. 
In pochi istanti, si ritrovò immersa in un autentico inferno. 
Urla che si sovrapponevano confusamente nell'aria, le sirene della polizia spiegate al vento e gli schiamazzi disperati e inconsulti di Marchesi che le riecheggiavano inquietanti nelle orecchie.  
All'improvviso, qualcuno le sfiorò con dolcezza una spalla, chiamandola per nome. 
Persa nella confusione del momento, quasi trasecolò per lo spavento a quel contatto.
Sollevando piano lo sguardo verso l'alto, incrociò gli occhi inteneriti e terrorizzati di Arthur e soltanto allora, per la prima volta da quando quell'incubo aveva avuto inizio, permise a se stessa di sfogare tutte le sue lacrime. 
 
« Elis...ti senti bene? » le domandò Arthur in un sussurro, aiutandola a risollevarsi sulle proprie gambe per poi stringerla in un forte abbraccio consolatorio « Abbiamo sentito quegli spari e pensavamo che quel bastardo ti avesse-- »

La voce del giovane Malcomess si spezzò di colpo, senza riuscire a completare la frase.
Non che ve ne fosse un reale bisogno, comunque. 
Non era difficile immaginare quale potesse essere stato il loro timore in quel frangente. 
 
« Arthur, io sto bene...sono solo un po' stanca » soggiunse Alice, con il tono più rassicurante che riuscì a simulare, anche se il suo aspetto la diceva piuttosto lunga a riguardo.

La verità era che non aveva mai provato così tanta solitudine e paura in tutta la sua vita.
 
E fu proprio in quel momento che, distogliendo leggermente lo sguardo da Arthur, si rese conto della SUA presenza.
Se ne stava lì in piedi, alle spalle di Calligaris, lo sguardo arcigno e intriso d'odio fisso su Marchesi, quasi come se fosse sul punto di strangolarlo a mani nude. A quella vista, il volto di Alice si addolcì di colpo, e quando finalmente i loro sguardi s'incrociarono a metà strada, le sue labbra s'incurvarono in un timido sorriso.
Il pensiero di Claudio le era stato d'immenso conforto durante tutta la durata della sua prigionia, e adesso che si trovavano a soli pochi passi l'uno dall'altra, non riusciva neanche a trovare il coraggio di sollevare una mano per salutarlo. Inaspettatamente, però, fu lui a fare la prima mossa. Lo vide superare con innata prepotenza la barriera della polizia e avanzare con passo spedito attraverso il prato, puntando dritto verso lei ed Arthur.
Per un folle istante, Alice nutrì il vago timore che volesse farle una lavata di testa davanti a tutti i presenti, ma contrariamente alle sue catastrofiche previsioni, Claudio non aprì bocca.
In un inconsueto impeto d'affetto, la cinse in un abbraccio così forte da mozzarle il respiro, impregnando le sue narici del caratteristico - e ormai dolcemente familiare - odore del suo dopobarba.
Non sembrava neanche più lo stesso Claudio Conforti che lei ricordava. 
Continuava ad accarezzarle i capelli e a stringerla a sé, quasi come se temesse di vederla svanire di nuovo se solo l'avesse lasciata andare. E in quei brevi intensi attimi, Alice provò una stranissima sensazione.
Confortante ma allo stesso tempo estremamente destabilizzante. 
 
« Claudio... » 
 
Come ridestatosi di colpo da una specie di trance, Claudio mollò subito la presa e si allontanò di qualche passo da lei. Sembrava alquanto imbarazzato e, conoscendolo, non escludeva che lo fosse davvero. 
Non era da lui reagire in modo tanto emotivo. Soprattutto, poi, di fronte a così tanti estranei. 
 
« Allevi, se non avevi voglia di uscire con me, bastava dirlo...non serviva mettere su una simile tragedia! » la apostrofò, dopo una breve pausa di silenzio, recuperando al volo quel suo solito tono un po' burbero e un po' ironico che da sempre lo contraddistingueva.
 
Alice lo fissò con incredulità per qualche istante, senza riuscire a capire se stesse dicendo sul serio o se si stesse semplicemente prendendo gioco di lei. 
Poi all'improvviso, scoppiò a ridere. Tra le lacrime.
Rideva e piangeva...era tutto così assurdamente irreale! 
E senza più preoccuparsi della polizia o di Arthur o di qualsiasi altra cosa al mondo, gli gettò con trasporto le braccia al collo e lo abbracciò stretto, affondando il volto nel suo petto.
Non desiderava nient'altro che perdersi nel suo calore, sentire il battito del suo cuore cavalcare all'unisono insieme al suo...e che diavolo...sì, desiderava da impazzire poterlo baciare di nuovo.
E così lo fece. D'istinto, senza neanche rifletterci. 
Cercò le sue labbra e le baciò avidamente, con passione, assaporandole con misurata lentezza, così come si assapora un frutto proibito particolarmente gustoso. 
Forse tra loro non avrebbe mai funzionato, o forse sarebbero stati felici per il resto della loro vita...chi poteva saperlo? L'unica cosa certa, al momento, era che lo amava. Profondamente e follemente.
E chissà, magari erano solo dei pensieri trasognanti partoriti dalla mente di una stupida ragazzina innamorata, ma dal modo in cui Claudio la stringeva a sé, era piuttosto certa che anche lui la amasse. 
Le sembrava folle anche solo pensarlo, ma forse - alla fine - aveva sempre avuto ragione lui.
Meglio vivere pienamente le gioie del presente e lasciare il "per sempre" alle favole. 






ANGOLO DELL'AUTORE: Prima di tutto, gente, volevo chiedervi umilmente scusa per l'imperdonabile ritardo con cui ho aggiornato questa storia! Purtroppo a volte la vita "vera" s'infila a tradimento tra le pieghe della nostra creatività e finisce per mandare allegramente all'aria i nostri piani...ma l'importante è riuscire a rimettersi in piedi e riprendere la corsa, giusto? 
Perciò, eccoci di nuovo qui, al penultimo capitolo di questa ff. 
La storia è ormai quasi conclusa, ma i nostri cari beniamini potrebbero riservarci ancora qualche piccola sorpresa...chissà! ;) 
AL PROSSIMO (ED ULTIMO!) CAPITOLO! 
   
 
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